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di Martina Costa

“Natale di Pan di zenzero”: il racconto 

Si è svolto presso la Biblioteca comunale di Lipari l’incontro mensile di lettura. Questo mese, in vista delle prossime festività, abbiamo letto e condiviso dei racconti di Natale scritti da autori italiani e stranieri.
Il Circolo di lettura che, a cadenza mensile, si riunisce in biblioteca è un’opportunità non solo di scambio culturale, ma anche di crescita, trasferimento d’idee e opinioni, socializzazione e tanto calore umano. È gratuito e aperto a chiunque voglia condividere insieme a noi la voglia per la lettura e per il sapere in generale.

Condivido con i lettori del Notiziario delle Isole Eolie il brano che ho scritto in occasione di questo incontro. Le tematiche trattano del tema della guerra e della ricerca di una pace che, per molti, in questo Natale, purtroppo non arriverà. L’invito è quello di voltare, anche per qualche istante, lo sguardo verso tutte quelle parti del mondo che appaiono, oggi, martoriate, deturpate e tragicamente soggiogate. Sono 56 attualmente i conflitti armati nel mondo. In questo momento che scrivo c’è qualcuno che non ha scelto di morire. Basta fare la guerra: nessuno ne uscirà mai vincitore.

Questo racconto si titola “Natale di Pan di zenzero” e l’ho scritto circa un mese fa, quando, guardando il feed di Instagram, vidi l’ennesima foto di bombardamenti agli ospedali, case e scuole…

“Quando ero piccolo aspettavo che scoccasse l'ora magica della notte più bella dell'anno, per andare a scartare sotto un albero, sempre verde, i regali avvolti in una bellissima carta colorata.
Stanotte sono cieco di fronte alla magia, non attendo nessuna mezzanotte: l'albero non c'è, e i regali nemmeno. Ma la cosa che più mi rende triste è che sono scomparsi anche i colori. Tutto è diventato grigio e polveroso.

La mattina del Natale, appena svegli, io e i miei fratelli correvamo verso la cucina dove ad attenderci era il profumo dei biscotti di pan di zenzero appena sfornati, che mamma ci preparava non solo per il giorno di Natale, ma ogni qual volta in famiglia c'era qualcosa da festeggiare.
Stamattina, invece, mi sono alzato, attendendo qualche istante per sentire i rumori al di fuori della mia casa, accorgendomi che nulla, rispetto a ieri, è cambiato.

Ancora più lentamente, rispetto a tutti gli altri giorni, arrivo sulla soglia della stanza dei miei fratelli: letti vuoti e coperte sfatte, ferme ancora a quel giorno nero, quando li vidi, per l'ultima volta, uscire da casa. Un ritorno, per loro, e per molti altri, non ci fu mai. Nessuna risposta alle domande, tanti perchè, e mia madre... Lei, da quel giorno, non ha più il coraggio di sistemare queste coperte.

Come è possibile ordinare ciò che sarà per sempre disordinato?
La morte non è mai cercata, la morte non è mai voluta, la morte, questa morte, non viene mai accettata.
Ricordo ancora quel giorno: gli occhi di mia madre bianchi, annientati dal dolore silente che lacera l'anima.
E mio padre, che fa tanto fatica a esprimere a parole il dolore, quel giorno pianse.

Stamattina non c'è nessuna corsa verso la cucina, nessun pan di zenzero mi attende: la guerra uccide anime innocenti, toglie il sonno con i suoi rumori, toglie la pace. Lo stomaco, anch'esso in trambusto, rotola e brontola perché vuoto d'amore.

E mi chiedo come si possa fare ancora a conservare la gioia del Natale, come posso sentirmi sereno quando fuori dalla finestra di casa mia ciò che resta del paesaggio è qualche sparsa casa senza più un tetto, qualche resto di ospedale che giace in disparte, qualche scuola deturpata e fatta saltare in aria, e tantissimi, corpi senza vita, disfatti, sfigurati, che giacciono tra i marciapiedi infestati dal germe dell'ostilità.
Quando ero bambino, il giorno di Natale nevicava. Da tempo, hanno impedito anche al cielo di esprimersi: niente più candore della neve bianca, a loro piace il rosso del sangue, il grigio della polvere da sparo, il nero della guerra.

E chissà quale colpa abbiamo per meritarci questo, quale colpa ho commesso per vedere la mia famiglia dimezzata, nel numero e dal dolore: siamo la metà di una sorte di cui non c'è dato sapere. Tutti deposti in una mangiatoia di spine, senza luce, né calore.
Da queste parti non si crede più a Babbo Natale, tutti abbiamo paura di tutti e tutto, per le strade, tra i mercati della città, una volta colmi di volti amici che sapevano donarti un caldo sorriso, hanno preso posto, oggi, uomini dalle divise scolorite dal sudiciume delle armi da fuoco.
Ma io voglio crederci, alla speranza, intendo! Voglio porre speranza in quell'uomo che sulla croce, nell'ora più buia, scolando del sangue innocente, ci donò.

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Una risposta, voglio soltanto una risposta come regalo da scartare sotto un albero, che stamattina posso solo immaginare nella mia mente, perchè quest'anno, lì nell'angolo della cucina dove era solito posare, ha preso posto l'immagine dei miei fratelli, scattata il giorno prima della loro morte. Lo ricordo ancora quel giorno "dell'ultimo ricordo": la mattina, appena svegli, correndo in cucina ad attenderci, c'erano loro: i biscotti di pan di zenzero.”

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