di Michele Marangon
Il caos legislativo sulle concessioni demaniali sta evidenziando i primi effetti sugli operatori e sugli enti locali alle prese con l’emanazione delle gare pubbliche che rimettono sul mercato spiagge, stabilimenti balneari, ormeggi: una vasta serie di servizi che, come noto, non riguarda solo le imprese balneari, pur rappresentando il vero nodo da sciogliere nella gestione, poco fruttuosa per le casse dello Stato, dei beni demaniali.
Primi test a vuoto sul litorale romano, con gare andate deserte, mentre anche le isole pontine si preparano alla rivoluzione sulla gestione delle concessioni, con non poche perplessità da parte degli imprenditori locali. Fibrillazione a Ventotene (Latina) che nel suo chilometro e mezzo appena di superficie complessiva, ha messo a gara dieci concessioni demaniali marittime ubicate nel porto romano, con dimensioni importanti perché comprendono ormeggi e pontili, ma anche quelle microscopiche (nemmeno 30metri quadri) asservite ad attività commerciali.
Le gare vengono bandite per il rinnovo delle concessioni sino al 2033, in ossequio ad una decisione governativa assunta nel primo governo Conte - che ha ‘congelato’ la direttiva Bolkestein - tuttora oggetto di una spinosa questione giuridica. Si attende in questi giorni una decisione del Consiglio di Stato: il governo Draghi ha optato per stralciare la questione concessioni dall’imminente ddl concorrenza, con l’obiettivo di disciplinare la materia sulla base di quanto disposto dall’Europa.
In questo intrigo di norme, però, i comuni lanciano i bandi per le concessioni scadute, a Ventotene non l’hanno presa bene. «Penso non sia giusto mettere all’asta le concessioni sulle piccole isole – dice l’imprenditore Pietro Pennacchio – perché si mettono a rischio le tradizioni e la storia di luoghi di cui anche le attività locali sono, in qualche modo, depositari. Abbiamo già visto cosa può accadere quando alcuni imprenditori vengono da fuori per gestire attività sull’isola.
La nostra forza – prosegue – sono la cultura, la storia, l’ospitalità, altro che sushi al porto! Certamente vanno rivisti i canoni delle concessioni, ma cambiare tutto vuol dire distruggere un tessuto di tradizioni che rappresenta la forza di questi territori. La mia idea è di protestare con una serrata delle poche attività rimaste sull’isola, oltre ad interessare il referente delle isole minori Francesco Del Deo, sindaco di Forio d’Ischia, affinché si rifletta sulle conseguenze che la direttiva Bolkestein avrà sulle piccole isole».(corsera.it)