I sanitari "stranieri" residenti in Italia e non utilizzati
Strano paese l'Italia. Gli ospedali italiani hanno fame di medici e paramedici. Per questo arrivano spariti gruppetti di personale sanitario dalla Cina ed da Cuba. Sono ben accetti e messi subito all'opera. Eppure il governo italiano, i rappresentanti sindacali, l'ordine dei medici, la Protezione Civile sanno che sul territorio italiano ci sono migliaia di medici stranieri, moltissimi con documentata esperienza ospedaliera, che potrebbero entrare subito in servizio. In questi mesi di sofferenza e di morte negli ospedali italiani per il coronavirus potrebbero essere di grande aiuto. Perchè non si pensa ad una sanatoria per facilitare il loro iter? L'Italia è sempre stata il paese delle sanatorie. Ma nessuno muove un dito per l'utilizzo della loro professionalita'. Perche'?
UN ESERCITO CHE ABBANDONA IL NOSTRO PAESE
Un esercito di Professionisti abbandona il nostro Paese, laureati e specializzati che preferiscono andare a lavorare in Università, Ospedali e Cliniche del Medio Oriente, del Nordafrica, dell’Europa dell’Est ed anche della Gran Bretagna. Negli ultimi due anni, infatti, ben 5mila tra Medici e professionisti hanno lasciato il nostro Paese. In un periodo nel quale il dibattito politico si concentra in modalità pressoché dominante sulle tematiche migratorie, sembrerebbero i “cervelli” stranieri ad essere in fuga per primi.
Foad Aodi, Presidente dell’Amsi, che raccoglie i Medici Stranieri di tutto il Bel Paese dichiara: “Siamo preoccupati del ‘fuggi fuggi’ dall’Italia dei Medici e Professionisti stranieri, occorre inserirli nel Ssn prima che sia tardi!’ Questi sono: “Un esercito di professionisti purtroppo invisibili – spiega a QS Aodi -. Invisibili perché in un momento in cui si parla solo di immigrazione clandestina, di discriminazioni, di razzismo, siamo in mancanza di politiche per l’integrazione dai vari Governi, visto che ad oggi è stato prodotto poco. Le nostre statistiche parlano di una realtà molto importante in Italia, che purtroppo tante volte non vede i propri diritti rispettati. Come la partecipazione ai Concorsi, come la mancanza di partecipazione al corso per essere Medici di Famiglia, e anche negli ospedali – che tra l’altro potrebbero arricchire la conoscenza e lo scambio socio-sanitario con gli italiani autoctoni. Tutto ciò non è possibile perché non si può partecipare ai concorsi senza cittadinanza, anche quando si è medici o professionisti della Salute e della Sanità”.
“Molti professionisti – spiega ancora a QS il Presidente dei Medici Stranieri -, vedendo che dopo 2-3 anni non hanno risolto i loro desiderata, cercano lavori in altri Paesi d’Europa e del Mondo. Inoltre, si viene pagati anche 7 euro all’ora, allora i Medici e i Professionisti magari cercano lavoro in altri Paesi, come i Paesi arabi, o in Inghilterra”, sono insomma professionisti, laureati, specialisti qualificati (cosiddetta “immigrazione di qualità”) che noi perdiamo.
I dati
Secondo il Bilancio dell’Amsi, realizzato in collaborazione con il movimento Uniti per unire e l’Unione Medica Euro Mediterranea (Unem), sino a settembre del 2019:
1) In Italia i professionisti della Sanità risultano 75mila, -5mila unità rispetto a 24 mesi prima. In Italia ci sono ben 20mila Medici stranieri, 5mila Odontoiatri e 36mila Infermieri; 5mila Fisioterapisti; 5mila Farmacisti; 1000 Psicologi; tutti Professionisti laureati che esercitano in Italia (oltre a 3000 Professionisti in attesa di riconoscimento titoli conseguiti all’Estero, nella Patria d’origine o in altre Nazioni e Stati);
2) Questi sono in misura maggiore Professionisti provenienti da Paesi Africani e Arabi e paesi dell’Est che hanno caratterizzato le tre fasi dell’Immigrazione di massa nel nostro Paese;
3) Ultimamente si registra che negli ultimi 2 anni circa il 30% dei professionisti stranieri tornano nei loro Paesi di origine (in particolare paesi dell’Est e Paesi Arabi) e fanno parte di due categorie: i Giovani Precari, quelli in Pensione e quelli che hanno subito discriminazione e sfruttamento lavorativo e violenza verbale;
4) il 60% dei Professionisti laureati della Sanità e della Salute non ha Cittadinanza Italiana (in particolare quelli della seconda e terza fase dell’Immigrazione, vale a dire prima a seguito della Caduta del Muro – 1989 - di Berlino e quindi della cosiddetta Primavera – 2011 – Araba);
5) l’80% di loro lavora nelle strutture private (Cliniche; Centri di Fisioterapia; Centri Analisi; Pronto soccorso; Guardia medica; Studi medici e poliambulatori privati), anche a causa delle difficoltà ad inserirsi nel sistema pubblico in virtù in primis dei concorsi riservati ai cittadini italiani;
6) il 10% di questi Professionisti d’origine straniera esercita come Medici di Famiglia (Medici di Medicina Generale, MMG) e Pediatri convenzionati;
7) ma anche il 10% degli Stranieri esercita presso le strutture Pubbliche (in particolare Pronto Soccorso; Medicina interna; area chirurgica;
8) negli ultimi due anni si registra una diminuzione di arrivo dei Professioni tranne dall’Egitto, dalla Tunisia, dalla Siria e dal Messico;
9) negli ultimi 2 anni si sta registrando una diminuzione di arrivo di studenti stranieri.https:(quotidianosanita.it)
L.P.
LE STORIE di Felice Florio
Entro il 2025, nel servizio sanitario nazionale ci sarà una carenza di circa 16.700 medici. Un po’ per i pensionamenti anticipati previsti da Quota 100, che potrebbero portare all’uscita di 52.500 dottori; un po’ perché lo Stato finanzia poche borse di specializzazione rispetto al numero dei neolaureati, ritardando il loro ingresso nel mondo del lavoro (e negli ospedali).
Per colmare questa lacuna si potrebbe fare affidamento sui medici di origine straniera, che però non possono partecipare ai concorsi pubblici a causa delle leggi sulla cittadinanza. Il 2025 potrebbe essere l’annus horribilis della sanità pubblica: la gobba pensionistica raggiungerà il suo apice e, senza manovre per correggere l’andamento entrate-uscite dalla professione, molti ospedali resteranno senza chirurghi, anestesisti, ortopedici e ginecologi.
«Eppure i medici, nel nostro paese, ci sono: sono più di diecimila i giovani laureati e poi imprigionati nell’imbuto formativo, perché non vengono finanziate sufficienti borse per specializzarli. E, senza correttivi, diventeranno 19 mila già nel 2021, quando si laureeranno gli studenti immatricolati in sovrannumero per ricorso al Tar», racconta a Open il dott. Foad Aodi, fondatore e presidente dell’Amsi, l’Associazione medici di orgine straniera in Italia.
«A loro si aggiungono i 19 mila medici, per lo più specialisti, di origine straniera, che lavorano con contratti a termine e che, in mancanza della cittadinanza, non possono accedere ai concorsi pubblici. Ma anche loro se ne stanno andando dall’Italia, attratti da offerte di lavoro più convenienti e più stabili in altri Paesi, tra i quali quelli d’origine», spiega Aodi.
«Il paradosso è che i medici stranieri arrivati negli anni scorsi in Italia, oggi cominciano ad abbandonarla: registriamo un aumento del 20% dei medici intenzionati a tornare a casa. Mentre è aumentata addirittura del 35% la percentuale di quelli che preferiscono, in ogni caso, esercitare in un paese diverso dall’Italia».
Foad Aodi, fondatore e presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia
Dottor Aodi, come mai ha deciso di fondare l’Amsi?
«L’abbiamo fondata nel 2000 io e altri medici delle più diverse nazionalità perché all’epoca c’erano molte problematiche nella categoria legate agli stranieri, ad esempio non era facile per noi iscriverci all’ordine. Dopo un anno e mezzo sono stato eletto consigliere dell’Ordine dei medici di Roma e, dall’interno, sono riuscito a far parlare di tematiche molto importanti come la sanità a livello internazionale e la cooperazione tra Paesi per aiutare quelli meno sviluppati».
Ma la questione forse più importante per la categoria non è stata ancora risolta: parlo della cittadinanza italiana obbligatoria per la partecipazione ai concorsi pubblici.
«È l’ultima delle nostre sfide per abbattere in Italia le differenze tra medici di serie A e medici di serie B. Ci sono 19 mila medici iscritti all’ordine, che pagano le tasse e rispettano tutti i doveri della professione e delle leggi italiane. Eppure non possono ancora sostenere i concorsi pubblici e il corso di studi in medicina generale. Ovvio che la cittadinanza è un tema importante, ma bisognerebbe abbreviare il tempo necessario per ottenerla: noi proponiamo che dopo 5 anni di lavoro documentato e di residenza fissa, venga permesso l’accesso ai concorsi con l’obbligo di portare a termine quanto prima l’iter per ottenere la cittadinanza italiana».
Una misura che potrebbe risolvere l’annoso problema della carenza di medici nel Servizio sanitario nazionale.
«Certo. considerate che siamo sommersi di richieste di medici che dall’Asia e dal Medio Oriente chiedono le certificazioni per venire a esercitare qui in Italia. In Europa, pensate, ci sono mezzo milione di medici di origine straniera e molti Paesi li integrano nel sistema nazionale per merito, non per adempimenti burocratici lunghi e sconfortanti com’è concepita la cittadinanza oggi».
E cosa succede, dopo il diploma, a un medico straniero che ha studiato e si è specializzato in Italia?
«Potrei raccontarvi tante storie: molti si presentano ai concorsi e poi scoprono di non poterli sostenere. Altri vengono assunti in modo alternativo per pochi mesi ma smettono di lavorare quando devono per forza fare il concorso pubblico. Prima di pensare a chissà quali misure per risolvere il problema della carenza di medici, io dico che bisogna integrare nel mondo ospedaliero prima gli italiani che restano bloccati nel limbo tra laurea e scuole di specializzazione, ma anche i medici di origine straniera che sono perfettamente integrati nel nostro Paese. Sono 19 mila, l’85% di loro, non avendo la cittadinanza, lavora nelle cliniche private perché è escluso a priori dai concorsi pubblici».
Quali sono, secondo lei, tre soluzioni per arginare l’emergenza delle corsie degli ospedali senza medici?
«Innanzitutto, con una corretta programmazione, formando un numero adeguato di specialisti nelle specialità per le quali sarà più grave la carenza. Per prima cosa, dunque, dobbiamo specializzare i medici che escono dalle nostre università: ci associamo all’appello della Fnomceo per avere già da quest’anno almeno 10 mila borse, in modo da formare gran parte dei medici oggi prigionieri dell’imbuto formativo.
In secondo luogo, velocizzando il riconoscimento dei titoli per i medici stranieri già specializzati che vogliono lavorare in Italia. Poi, migliorando le condizioni contrattuali, in maniera da far rimanere in Italia i medici, italiani e stranieri, che già lavorano sul territorio, e da far tornare coloro che sono emigrati all’estero. Infine, permettendo l’accesso ai concorsi anche ai medici stranieri che già lavorano da tempo in Italia, a condizione che, una volta superato il concorso, ottengano la cittadinanza».
Qual è la sua storia e come mai ha deciso di spendersi così tanto per la causa, avendo lei già ottenuto la cittadinanza italiana?
«Io sono un palestinese, arabo-israeliano, nato vicino a Tel-Aviv. Sono venuto qua nell’83 perché in Israele c’era il numero chiuso per l’accesso alla facoltà di medicina. Ho fatto un corso di lingua a Siena, mi sono integrato, e poi ho preso la laurea in medicina. Dopodiché ho cominciato a lavorare, specializzandomi nell’ambito della fisiatria e dell’ortopedia.
Oggi dirigo quattro grandi centri di riabilitazione a Roma e una clinica polispecialistica. Lavorano con me 150 medici e fisioterapisti: cerco di aiutare i giovani, dando loro una chance lavorativa basandomi solo sul merito. In Italia mi sono fatto conoscere per i trattamenti delle patologie vertebrali e dell’ernia al disco. Ho istituito un protocollo, conosciuto come protocollo-Aodi, per evitare l’intervento di alcune ernie: adesso il 90% dei pazienti non si opera più».
Avete provato a portare la questione al ministero?
«Sì, ne ho parlato con il ministro Giulia Grillo e il sottosegretario alla Salute, Armando Bartolazzi: mi hanno ascoltato con molta attenzione e si sono mostrati sensibili alle tematiche. Ma l’incontro verteva principalmente su un altro tema, quello della circoncisione. Abbiamo presentato delle statistiche che dimostrano che, delle 11 mila circoncisioni annue in Italia, il 35% avviene in modo clandestino. Sono morti dei bambini per questo.
Abbiammo fatto richiesta di una legge nazionale che introduca nel Servizio sanitario nazionale la circoncisione preventiva. Scolleghiamola dalla questione religiosa, tema oggi più divisivo che mai. La comunità di religione ebraica ha un accordo con lo stato italiano, nel loro caso è ancora più vincolante perché per la dottrina è obbligatoria farla sui bambini entro 8 giorni dalla nascita. Qui stiamo parlando di una misura che tuteli il diritto di tutti».(open.online)
ANCHE IL TAR DEL LAZIO IN FAVORE DEI MEDICI EXTRACOMUNITARI
I ricorrenti, di diverse nazionalità, chiedevano l’annullamento del provvedimento ministeriale che negava loro il riconoscimento dei titoli (specializzazioni in dermatologia e chirurgia estetica ed in un caso la stessa laurea in Medicina) ed il conseguimento del bene finale della vita ovvero l’essere ammessi, previa “conversione” del titolo, ad esercitare sul territorio
Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso proposto dall’avv. Lorella Mazzeo per conto di alcuni medici extracomunitari, ai quali era stato ingiustamente negato, da parte del Ministero della Salute, il riconoscimento del titolo accademico, indispensabile ai fini dell’esercizio della professione sanitaria sul territorio nazionale.
La questione era già stata sottoposta all’attenzione della magistratura amministrativa diversi mesi fa, quando un medico egiziano, stabilmente residente a Messina, si era rivolto all’avv. Mazzeo lamentando la perdita di numerose occasioni di lavoro presso prestigiose strutture ospedaliere italiane, a causa della mancanza di convenzioni bilaterali in materia, di un dialogo tra ambasciate e di un iter chiaro, che gli avrebbero impedito di ottenere il riconoscimento in Italia della specializzazione in cardiologia.
In quell’occasione il Tar aveva accolto il ricorso, consentendo al ricorrente di radicarsi sul territorio nazionale, anche professionalmente, ed in queste ore, a distanza di pochi mesi, l’avv. Lorella Mazzeo, coadiuvata dal dott. Francesco Mazzeo, registra un’altra importante vittoria in favore di un gruppo di professionisti extracomunitari.(tempostretto.it)
E LA RUSSIA DI PUTIN AIUTA L'ITALIA
Il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro italiano Giuseppe Conte hanno tenuto una conversazione telefonica in cui hanno discusso la pandemia del coronavirus e le misure per combattere la diffusione dell'infezione, l'ha riferito l'ufficio stampa del Cremlino.
La conversazione tra il presidente russo Vladimir Putin ed il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha avuto luogo su iniziativa russa. Secondo quanto affermato dall'ufficio stampa del Cremlino, i leader hanno discusso a fondo le misure adottate in entrambi i paesi per contrastare il coronavirus.
Putin nella conversazione telefonica con Conte ha espresso sostegno alla leadership e alla popolazione dell'Italia durante la situazione epidemiologica estremamente grave.
"Abbiamo convenuto su una stretta interazione nella lotta contro il coronavirus. In risposta all'appello della parte italiana, il presidente russo ha confermato la volontà di fornire tempestivamente l'assistenza necessaria e ha delineato i suoi parametri specifici" , si legge nel messaggio del Cremlino.
Mosca sta per inserire nel paese mezzi di protezione, sistemi mobili per la disinfezione e attrezzature mediche per combattere il coronavirus. Si prevede inoltre di inviare in Italia un gruppo di specialisti russi.
"Le consegne saranno effettuate dal Ministero della difesa con l'uso di mezzi aerei", ha riferito il servizio stampa del Cremlino.
Il primo ministro italiano ha espresso la sua gratitudine alla Russia per l'aiuto e il sostegno in un momento così difficile.
Secondo i dati dell'ultima conferenza stampa conclusasi pochi minuti fa, il numero totale di casi di Coronavirus in Italia è salito a 53578. Nel giornaliero bollettino comunicato da Angelo Borrelli durante la conferenza stampa, il primo dato è stato quello dei guariti, con 943 nuovi dimessi nella giornata di oggi, che portano ad un totale di 6072 dimessi. I deceduti delle ultime 24 ore sono stati 793, raggiungendo un totale di 4825. I casi di nuovi contagi da Coronavirus sono stati 4821, numero che porta ad un totale di 42681 attualmente attivi.(it.sputniknews.com)