di Concetto Alota
Commissione Antimafia: il “Sistema Montante”, persecuzioni e spionaggio dei giornalisti della testata “Centonove”
Nella relazione conclusiva della Commissione regionale Antimafia presieduta da Claudio Fava, entra il caso del periodico d’inchiesta “Centonove” e del suo direttore Enzo Basso, giornalista scomodo contro i poteri forti.
Una sequela di pagine nella relazione della Commissione che diventa davvero difficile credere ai contenuti sui “buoni rapporti” con l’informazione, ma anche degli attacchi e le persecuzioni di giornalisti che non si sono sottomessi al potere e alle lusinghiere attrazioni fatali.
Scrive la Commissione Antimafia: “Nel suo rapporto con l’informazione, Montante mette in campo tutte le tecniche di seduzione (o di intimidazione): blandisce, compra, promuove, assume, ascolta, gioca di volta in volta ad fare da editore, finanziatore, datore di lavoro, commensale, ospite, confidente. Ma sa anche colpire: minacce, dossier, pedinamenti, indagini illegali, querele a volontà. La misura è semplice: gli amici sugli altari, gli ostili (o più semplicemente i cronisti che fanno il proprio mestiere senza chiedere permesso) sul libro nero. O in un dossier” (…).
“Tu scrivi ed io ti controllo. Illegalmente, illecitamente, clandestinamente: ma ti controllo”. È quello che nei fatti accadde ai componenti della testata Centonove di Messina, divenuta ancora più scomoda avendo rivelato la notizia delle indagini a carico di Montante in anticipo di qualche giorno rispetto ai colleghi di Repubblica. L’editore e direttore del giornale, Enzo Basso, ha spiegato alla Commissione come venne a conoscenza di tale attività investigativa.
Basso: Un giorno che ero a passeggio con il mio cane incontrai un avvocato di cui non ho difficoltà a fare il nome, che si chiama Ugo Colonna, lo vidi particolarmente stanco e mi ha detto «vivo a Torino perché seguo molti pentiti di mafia però da un po’ di tempo sono costretto ad andare a Caltanissetta perché difendo più pentiti che stanno parlando di Montante».
Fava, presidente della Commissione. L’epoca di questo incontro?
Basso. Non c’era ancora nessuna notizia sul caso Montante se non alcune mie perplessità sul personaggio… Uscì due settimane dopo una notizia breve nella rubrica che si chiamava “Top secret”. Mi colpì la determinazione dell’avvocato Colonna perché mi ha detto « del personaggio non si può parlare perché è Commissione Antimafia ARS: Il “sistema Montante”.
“Adeguatamente pericoloso e legato ai servizi” può essere solo una battuta, anche se i legami di Montante con i vertici dell’AISI e con il suo direttore Esposito sono un capitolo centrale del processo in corso a Caltanissetta nei confronti di Montante. Casagni, comunque, un giornale su cui scrivere di Montante lo trova: Centonove. Tocca sempre all’editore Basso arginare le pressioni che arriveranno ad ogni nuovo articolo. (…)”.
Basso. “Continuavano ad uscire gli articoli di Casagni e io continuavo ad essere invitato a cambiare strada. Una volta fui invitato da Crocetta per un chiarimento a Piazza Cairoli a Messina e mi ha detto: «ma lo sai che il giornalista Casagni è vicino all’imprenditore Di Vincenzo e rappresenta la mafia e ti stati prestando a un gioco mafioso». “Mentre Crocetta parlava ho preso il telefono e gli ho passato a Casagni. Gli ho detto: spiegaglielo a lui. (…) Via via che sono venute fuori tutte le notizie che riguardavano Montante, si è capito che ci si trova di fronte a una lobby di potere molto ben strutturata che aveva un livello politico e diramazioni che passavano dai sindacati per arrivare poi negli apparati statali”.
“Un altro dei giornalisti della redazione di Centonove spiati è la giornalista Graziella Lombardo. Evocando nelle sue risposte il tenore di molte delle dichiarazione del collega Basso, la Lombardo ha riportato alla Commissione anche le perplessità già espresse all’Ordine dei giornalisti di Sicilia in relazione alla sua scelta di indicare nell’avvocato Nino Caleca il legale di riferimento dell’Ordine per i contenzioni riguardanti i giornalisti. Perplessità, spiegava la Lombardo, legate al fatto che l’avvocato Caleva faceva parte del collegio difensivo di Antonello Montante, e che molte delle cause su cui l’Ordine era chiamato a dare assistenza erano proprio querele sporte da Montante, o dai suoi sodali, nei confronti di giornalisti siciliani”. (…).
Ai più attenti non è sfuggito il caso dello storico settimanale messinese “Centonove” e del suo editore e direttore, Enzo Basso. Sfogliando questa cattiva storia, troviamo le tracce dello spionaggio e depistaggio messo in piedi dal “Sistema Montante”, e poi una lunga Odissea tra i vicoli deviati della giustizia che l’imputato principe alla fine si scopre che non è colpevole. Enzo Basso è il capo di quella coraggiosa redazione, rea solamente di aver denunciato in lungo e in largo per la Sicilia dei gattopardi, il malaffare della politica e dei poteri forti che la governano da sempre, cambiando solo la facciata e la denominazione.
Nella terra di Sicilia, dove sono stati assassinati dalla mafia tanti giornalisti coraggiosi, il diritto di essere informati dai cronisti che portano avanti con sacrifici e tanti rischi il giornalismo più scomodo peri i potenti, quello d’inchiesta, è severamente vietato dai poteri forti e ostacolato dai servizi segreti privati, cosiddetti deviati. A differenza del passato, oggi si contrappone la forza dominante dei poteri forti, trasversale al governo dello Stato democratico della terza e quarta Repubblica, dove per i guai e i pochi meriti la tentazione di giornalisti che vogliono far finta di non sapere, sono davvero, purtroppo, tanti. Meglio scegliere un padrone, politicante, affarista, facilitatore, traffichino, se è pure editore, ancora meglio.
Pur tuttavia, negli ultimi anni si è diffusa una certa condizione di libertà e di denuncia che si sovrappone all’omertà diffusa di un passato dominato dalla cultura para-mafiosa. La Sicilia diventa officina di rivoluzione. Una diagnosi fugace a noi vicina rapporta il “Sistema Montate” e il “Sistema Siracusa”, che alla fine come le rette parallele all’infinito si somigliano, ma solo in teoria si toccano. Entrambi quei sistemi sono illegali e sono in azione da anni, ma si scoprono solamente dopo tanti anni e per le mere condizioni in cui si scontrano equilibri di potere e interessi diffusi a Milano, Roma, Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Palermo e Agrigento che grazie ai collaboratori di giustizia, vengono a galla corruzioni a ventaglio, depistaggi, dossieraggi e associazioni per delinquere, in cui sono coinvolti politici, magistrati, giudici, avvocati, giornalisti, imprenditori, uomini delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, amministratori d’industrie, manager e via discorrendo. Insomma, tutte le categorie che contano nella vita sociale dell’Italia moderna.
Nei processi nelle aule dei tribunali il più delle volte siamo abituati ad ascoltare il pubblico ministero a fare la richiesta di condanna per gli imputati; questa volta l’invocazione del sostituto procuratore generale di Messina, Vincenza Napoli, è stata quella di assolvere Enzo Basso editore e direttore del settimanale “100nove”. La Corte di Appello presieduta da Alfredo Sicuro assolve il giornalista Enzo Basso dalla grave accusa di appropriazione indebita con la motivazione chiara e inequivocabile: “Perché il fatto non sussiste”.
Enzo Basso è un veterano e una stella luminosa del giornalismo siciliano. Nato a Ramacca, in provincia di Catania, il 3 maggio 1961, Vincenzo Basso vive a Messina ed è giornalista professionista iscritto all’Ordine di Sicilia dal 1987. Una lunga carriera costruita con la passione nell’anima per il giornalismo d’inchiesta. Ama dire ai suoi allievi: ogni parola deve essere una notizia. Fondatore ed editore del settimanale “Centonove” era accusato, nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società “Editoriale Centonove Srl”, di essersi appropriato indebitamente di alcune migliaia di euro, ma sia i magistrati sia i giudici non hanno ravvisato nella sua condotta comportamenti fraudolenti.
L’inchiesta portò anche al sequestro preventivo e messo all’asta.
Il settimanale “100nove” nato 30anni fa con tanta storia giornalistica, inchieste e cronaca a ventaglio, ma non fu nominato un direttore responsabile quindi, il giornale sospese inevitabilmente le pubblicazioni che coprivano tutta la Sicilia.
Tutto questo fa parte dell’inchiesta principale. La successiva indagine che portò all’arresto del giornalista con l’accusa di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e frode fiscale, partiva da questa prima indagine ed è stata rinviata stranamente al 20 febbraio. In quell’occasione fu sequestrato preventivamente e messo all’asta il settimanale “100nove”.
Nell’aprile scorso il Gup del Tribunale di Messina, Monica Marino, aveva disposto la scarcerazione di Enzo Basso dopo 178 giorni di carcerazione preventiva ai domiciliari sui 180 previsti, dopo l’accertamento, da parte del pubblico ministero Antonio Carchietti, della presenza di una firma falsa sull’interrogatorio di garanzia. Circostanza, questa, che lo stesso Pm che immediatamente si è premunito di segnalare alla Procura della Repubblica, assieme alle risultanze della perizia calligrafica. Così, le motivazioni ” il fatto non sussiste” percepiscono lo sciogliersi come neve al sole di tutto il teorema accusatorio. Spariscono i 24 capi imputazione dell’altro processo, che si doveva svolgere il 2 ottobre, tutti basati su quell’indagine oggi bollata come insussistente. Ma il caso vuole che quel processo sia stato rinviato al prossimo 20 febbraio. Aspetteremo.
In primo grado Enzo Basso era stato condannato a 6 mesi e 600 euro di multa per il mancato passaggio dalla editoriale Centonove alla Consultant srl di un pagamento di 12 mila euro, versati dalla Regione Siciliana per la fornitura del servizio di rassegna stampa. E la domanda sorge spontanea: il suo arresto ha decretato, dopo il sequestro preventivo di “100nove”, piaccia oppure no, per 30anni ha confermato lo stile classico e del coraggio della libertà d’informazione in Sicilia.
La redazione di Centonove entra anche nell’interesse del “Sistema Montante”. Spunta nelle carte e nei file sequestrati nella “stanza segreta” trovata a casa di Antonello Montante, dagli investigatori che durante la perquisizione trovarono altri documenti e pen-drive che riguardano il territorio di Messina. Tra i tanti “spiati” per conto di Montante c’era anche il settimanale messinese “100nove”, intercettati Enzo Basso e la direttrice del settimanale dell’epoca, Graziella Lombardo.
Non è la prima volta che gli editori di una testata giornalisti sono coinvolti e fortemente attaccati perché diventati scomodi. In una terra martoriata e in perenne lotta tra essere mafiosi o persone oneste, è la regola. La chiusura del giornale “100nove” ha portato la sospensione forzata delle pubblicazioni. Cosa o chi c’è dietro questo disastro di tante persone e della libertà dell’informazione, tra tanti silenzi e omissioni, come la firma falsa e tutto il resto, è ancora da scoprire, ma potrebbero esserci degli “errori”. La perizia calligrafica del perito di parte avrebbe permesso di accertare che si tratta di una firma falsa, ma insiste il massimo riserbo su tutta la vicenda.
Infatti, dopo sei mesi agli arresti domiciliari, Enzo Basso torna in libertà. Il Gup del Tribunale di Messina accoglie la richiesta di scarcerazione del suo legale, ma viene fuori il giallo della firma falsa apposta sul verbale dell’interrogatorio di garanzia. Basso, sarebbe stato messo sotto torchio per sei ore dagli inquirenti senza la presenza del suo legale. Alla fine dell’interrogatorio in calce al verbale vi sarebbe apposta la firma di Basso, ma sarebbe falsa. Chi ha apposto quella firma falsa? A fare luce sull’accaduto potrebbe essere la Procura di Reggio Calabria. Infatti, negli ambienti giudiziari non si esclude l’apertura di un fascicolo da parte dei pm della Procura di Reggio Calabria, competente per territorio, per fare luce sulla vicenda. E forse servirà un altro processo e tanta voglia di Giustizia per sapere la verità.
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Ai più attenti non è sfuggito in questi giorni il caso dello storico settimanale messinese “Centonove” e del suo editore e direttore, Enzo Basso. Sfogliando la storia, troviamo le tracce dello spionaggio e depistaggio messo in piedi dal “Sistema Montante”, e poi una lunga Odissea tra i vicoli deviati della giustizia che l’imputato principe alla fine si scopre che non è colpevole. Enzo Basso è il capo di quella coraggiosa redazione, rea solamente di aver denunciato in lungo e in largo per la Sicilia dei gattopardi, i malaffari della politica e dei poteri forti che la governano da sempre, cambiando solo la facciata e la denominazione.
Nella terra di Sicilia, dove sono stati assassinati dalla mafia tanti giornalisti coraggiosi, il diritto di essere informati dai cronisti che portano avanti con sacrifici e tanti rischi il giornalismo più scomodo: quello d’inchiesta, è severamente vietato dai poteri forti, dai servizi segreti privati, cosiddetti deviati. A differenza del passato, oggi si contrappone la forza dominante dei poteri forti, trasversale al governo dello Stato democratico della terza e quarta Repubblica Italiana, dove per i guai e i pochi meriti la tentazione di giornalisti che vogliono far finta di non sapere, sono davvero, purtroppo, tanti. Meglio scegliere un padrone, politicante, affarista, facilitatore, traffichino, se è pure editore, ancora meglio.
Pur tuttavia, negli ultimi anni si è diffusa una certa condizione di libertà e di denuncia che si sovrappone all’omertà diffusa di un passato dominato dalla cultura para-mafiosa. La Sicilia diventa officina di rivoluzione. Una diagnosi fugace a noi vicina rapporta il “Sistema Montate” e il “Sistema Siracusa”, che alla fine come le rette parallele all’infinito, si somiglia, ma solo in teoria si toccano. Entrambi quei sistemi sono illegali e sono in azione da anni, ma si scoprono solamente dopo anni e anni, per alcune le condizioni in cui si scontrano equilibri di potere e interessi diffusi a Milano, Roma, Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Palermo e Agrigento, che grazie ai collaboratori di giustizia, vengono a galla corruzioni a ventaglio, depistaggi, dossieraggi e associazioni per delinquere, in cui sono coinvolti politici, magistrati, giudici, avvocati, giornalisti, imprenditori, uomini delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, amministratori d’industrie, manager e via discorrendo. Insomma, tutte le categorie che contano nella vita società dell’Italia moderna.
Nei processi nelle aule dei tribunali il più delle volte siamo abituati ad ascoltare il pubblico ministero fare la richiesta di condanna per gli imputati; questa volta l’invocazione del sostituto procuratore generale di Messina, Vincenza Napoli, è stata quella di assolvere Enzo Basso editore e direttore del settimanale “100nove”. La Corte di Appello presieduta da Alfredo Sicuro assolve il giornalista Enzo Basso dalla grave accusa di appropriazione indebita con la motivazione chiara e inequivocabile: “Perché il fatto non sussiste”.
Un veterano e una stella luminosa del giornalismo siciliano. Nato a Ramacca, in provincia di Catania, il 3 maggio 1961, Vincenzo Basso vive a Messina ed è giornalista professionista iscritto all’Ordine di Sicilia dal 1987. Una lunga carriera costruita con la passione nell’anima per il giornalismo d’inchiesta. Ama dire ai suoi allievi: ogni parola deve essere una notizia. Fondatore ed editore del settimanale “100nove” era accusato, nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società “Editoriale Centonove Srl”, di essersi appropriato indebitamente di alcune migliaia di euro, ma sia i magistrati sia i giudici non hanno ravvisato suoi comportamenti fraudolenti.
L’inchiesta portò anche al sequestro preventivo e messo all’asta il settimanale “100nove” nato oltre 25anni fa con tanta storia giornalista, inchieste e cronaca a ventaglio, ma non fu nominato un direttore responsabile quindi, il giornale sospese, inevitabilmente, le pubblicazioni che coprivano tutta la Sicilia.
Tutto questo fa parte dell’inchiesta principale. La successiva indagine che portò all’arresto del giornalista con l’accusa di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e frode fiscale, partiva da questa prima indagine ed è stata rinviata stranamente al 20 febbraio. In quell’occasione fu sequestrato preventivamente e messo all’asta il settimanale “100nove”.
Nell’aprile scorso il Gup del Tribunale di Messina, Monica Marino, aveva disposto la scarcerazione di Enzo Basso dopo 178 giorni di carcerazione preventiva sui 180 previsti, dopo l’accertamento, da parte del pubblico ministero Antonio Carchietti, della presenza di una firma falsa sull’interrogatorio di garanzia. Circostanza, questa, che lo stesso Pm che immediatamente si è premunito di segnalare alla Procura della Repubblica, assieme alle risultanze della perizia calligrafica. Così, le motivazioni ” il fatto non sussiste” percepiscono lo sciogliersi come neve al sole di tutto il teorema accusatorio. Spariscono i 24 capi imputazione dell’altro processo, che si doveva svolgere il 2 ottobre, tutti basati su quell’indagine oggi bollata come insussistente. Ma il caso vuole che quel processo sia stato rinviato al prossimo 20 febbraio. Aspetteremo.
In primo grado Enzo Basso era stato condannato a 6 mesi e 600 euro di multa per il mancato passaggio dalla editoriale Centonove alla Consultant srl di un pagamento di 12 mila euro, versati dalla Regione Siciliana per la fornitura del servizio di rassegna stampa. E la domanda sorge spontanea: il suo arresto ha decretato, dopo il sequestro preventivo di “100nove”, piaccia oppure no, per 30anni ha confermato lo stile classico e del coraggio della libertà d’informazione in Sicilia.
La redazione di Centonove entra anche nell’interesse del “Sistema Montante”. Spunta nelle carte e nei file sequestrati nella “stanza segreta” trovata a casa di Antonello Montante, dagli investigatori che durante la perquisizione trovarono altri documenti e pen-drive che riguardano il territorio di Messina. Tra i tanti “spiati” per conto di Montante c’era anche il settimanale messinese “100nove”, intercettati Enzo Basso e la direttrice del settimanale dell’epoca, Graziella Lombardo.
Non è la prima volta che gli editori di una testata giornalisti sono coinvolti e fortemente attaccati perché diventati scomodi. In una terra martoriata e in perenne lotta tra essere mafiosi o persone oneste, è la regola. La chiusura del giornale “100nove” ha portato la sospensione forzata delle pubblicazioni. Cosa o chi c’è dietro questo disastro di tante persone e della libertà dell’informazione, tra tanti silenzi e omissioni, come la firma falsa e tutto il resto, è ancora da scoprire, ma potrebbero esserci degli “errori”. La perizia calligrafica del perito di parte avrebbe permesso di accertare che si tratta di una firma falsa, ma insiste il massimo riserbo su tutta la vicenda.
Infatti, dopo sei mesi agli arresti domiciliari, Enzo Basso torna in libertà. Il Gup del Tribunale di Messina accoglie la richiesta di scarcerazione del suo legale, ma viene fuori il giallo della firma falsa apposta sul verbale dell’interrogatorio di garanzia. Basso, sarebbe stato messo sotto torchio per sei ore dagli inquirenti senza la presenza del suo legale. Alla fine dell’interrogatorio in calce al verbale vi sarebbe apposta la firma di Basso, ma sarebbe falsa. Chi ha apposto quella firma falsa? A fare luce sull’accaduto potrebbe essere la Procura di Reggio Calabria. Infatti, negli ambienti giudiziari non si esclude l’apertura di un fascicolo da parte dei pm della Procura di Reggio Calabria, competente per territorio, per fare luce sulla vicenda. E forse servirà davvero un altro processo per sapere la verità.(siracusalive.it)
NOTIZIARIOEOLIE.IT
Il giornalista Enzo Basso (editore di "Centonove") assolto dall’accusa di appropriazione indebita
Il giornalista-editore, Enzo Basso, fondatore del settimanale “Centonove”, è stato assolto in Appello dall’accusa di appropriazione indebita. La Corte d’appello di Messina, presieduta da Alfredo Sicuro, su richiesta del sostituto procuratore generale Vincenza Napoli, ha assolto “perche’ il fatto non sussiste” il direttore e editore del settimanale di Centonove, Enzo Basso dall’accusa di appropriazione indebita.
Basso era accusato, nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società ‘Editoriale Centonove Srl’, di essersi appropriato indebitamente di alcune migliaia di euro, ma i magistrati non hanno ravvisato suoi comportamenti fraudolenti. La successiva inchiesta che portò poi all’arresto del giornalista lo scorso novembre con l’accusa di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e frode fiscale partiva da questa prima indagine.
In quell’occasione fu sequestrato preventivamente e messo all’asta il settimanale Centonove, che aveva 25 anni di storia, e non fu nominato un direttore responsabile. Il giornale sospese le pubblicazioni.(messinaoggi.it)
----Centosettantasei mattine, centosettantasei notti, chiuso tra le mura del proprio appartamento, niente contatti con l'esterno, tra le prescrizioni anche quella di non potersi affacciare dal balcone o ricevere una telefonata. Tutto questo sino ad oggi, quando è arrivata la notizia dal palazzo di giustizia che, senza equilibrismi linguistici, riferiva che "Quell'uomo, Vincenzo Basso, giornalista ed editore di Centonove, non avrebbe dovuto essere arrestato né tanto meno subire questo lungo isolamento forzato". Insomma, abbiamo scherzato. Inevitabilmente il pensiero va ad un film di Nanni Loy, "Detenuto in attesa di giudizio", che ha come protagonista un magistrale Alberto Sordi. Anche in quel caso, dopo lunghe sofferenze e nessuna spiegazione concreta, il castello di accuse crollò come il ponte che il "geometra Sordi" avrebbe costruito male, causando la morte di un uomo.
Nel caso di Basso, le accuse che si vedono sui giornali riguardano la sua attività editoriale, che non ha causato la morte di nessuno. Anzi: la visione imprenditoriale del giornalista che, per portare avanti le sue idee ha messo in stand-by già dal 2005 il ruolo di caposervizio al Giornale di Sicilia, ha creato una lunga sfilza di giornalisti professionisti e dato opportunità a tanti giovani. Questa è la vicenda umana e imprenditoriale di Enzo Basso. Che è nulla in confronto alla libertà di espressione che il suo settimanale ha garantito nell'ambiguo panorama dei mass media siciliani. E questo è un altro dato di fatto che difficilmente è possibile contestare. Le accuse lette sui giornali sono di "bancarotta fraudolenta", un disegno criminale portato avanti con la creazione di una miriade di società per prendere contributi (che pare non ci siano mai stati) e non saldare i propri debiti.
Che Basso possa aver commesso qualche ingenuità può anche starci per uno che ha la responsabilità di fornire il pane a dei ragazzi diventati padri di famiglia. Del resto ne sapremo di più dal 19 luglio quando, in forza del rinvio a giudizio del giornalista imprenditore, è stata fissata la prima udienza del processo a suo carico, immaginando che anche i giornalisti comincino a ficcare il naso nei risvolti di questa storia, che presenta non poche anomalie come quella, facendo un passo indietro, relativa a un interrogatorio di garanzia a cui è stato sottoposto lo stesso Basso in assenza del suo avvocato. Una pratica illegittima, che la legge non ha consentito neanche per i componenti delle brigate rosse. E c'è anche una storia gravissima relativa ad una firma dello stesso Basso su un verbale di polizia giudiziaria che anche il perito incaricato dal tribunale ritiene palesemente falsa.
Ma non è tutto, altri risvolti relativi alle indagini, spalmate su più di vent'anni di attività imprenditoriale, presentano errori grossolani e scarsa o inesistente documentazione a comprova delle accuse poi formulate. Probabilmente lo stesso processo che si svolgerà nelle aule del Tribunale di Messina dimostrerà che i colleghi del giornalista Enzo Basso hanno perso l'occasione di approfondire i contorni di una vicenda che potrebbe rivelarsi esemplare per le distorsioni che sembra trascinarsi dietro. Del resto, sono passati centosettantasei giorni in cui il detenuto Basso non ha ricevuto una sola telefonata dai colleghi (e questo ci può stare), ma neanche una richiesta di chiarimenti alla controparte rivolta all'avvocato che lo difende, come insegnano nelle scuole di giornalismo. Quindi – salvo informazioni che non abbiamo rintracciato da nessuna parte – limitando la propria attività d'inchiesta ad un mero copia e incolla dei capi d'accusa provenienti dai palazzi di giustizia, possibilmente arricchiti da "sentito dire" più che da dati concreti. Ma anche questo aspetto uscirà fuori fra qualche mese.
Restano invece i cocci di un'attività imprenditoriale che comunque, nel frattempo, è stata affossata. La stessa testata giornalistica, dopo molte difficoltà, era ritornata in edicola e aveva ripreso a far sentire la propria voce con un rinnovato entusiasmo; le attività collaterali, come i servizi di rassegna stampa, continuavano ad essere il fiore all'occhiello della visione imprenditoriale in tempi non sospetti dello stesso Basso. Probabilmente, comunque andranno le cose, di tutto questo resteranno solo le ceneri. Chi lo conosce, e fino a prova contraria, sa che è totalmente incapace di appropriarsi di denaro di cui forse non ha avuto nemmeno la disponibilità (la gestione di attività come quella messa in piedi da Basso ha costi inauditi e difficilmente recuperabili).
Lo stile di vita di Enzo Basso è di una semplicità disarmante, come i suoi mocassini e le sue camicie a quadri rossi e blu. Andrebbe mandato a processo, ma dalla sua stessa famiglia, a cui ha sottratto tempo e risorse per inseguire i suoi sogni professionali. Ma questo è anche il motivo per cui la sua famiglia lo adora(fuoricronaca.alteravista.org).