I carabinieri hanno sequestrato beni per un valore di 170 mila euro nei confronti di un pregiudicato di 61 anni, ritenuto contiguo alla famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto. Il provvedimento scaturisce dagli accertamenti di carattere patrimoniale che hanno consentito di documentare come l’uomo, coinvolto in diverse vicende giudiziarie a seguito dl indagini riguardanti il narcotraffico, avesse accumulato un patrimonio risultato sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati da lui e dai suoi familiari.
L’indagato, arrestato il 28 febbraio 2020 nell’ambito dell’indagine «Dinastia», che aveva portato all’esecuzione di 59 misure cautelari, è stato condannato, con sentenza non definitiva dal Tribunale di Messina, a 22 anni di reclusione per associazione finalizzata al traffico dl stupefacenti.
Il sequestro, finalizzato alla futura confisca dei beni, intestati ai familiari o a prestanome riguarda un’abitazione, conti correnti e l’intero capitale sociale con relativo compendio aziendale di una società di Milazzo attiva nel settore della gestione di parcheggi e autorimesse.
CARENZE IGIENICO SANITARIE IN UN’ATTIVITÀ DI RISTORAZIONE AVVIATA SENZA AUTORIZZAZIONE. INOLTRATA PROPOSTA DI CHIUSURA ALL’AUTORITÀ SANITARIA COMPETENTE
I Carabinieri della Compagnia di Messina Sud e del NAS di Catania, reparto speciale dell’Arma demandato a vigilare sulla salute pubblica, nell’ambito dei controlli degli esercizi pubblici dedicati alla somministrazione di cibi e bevande, volti a salvaguardare la salute dei consumatori, hanno controllato un’attività di ristorazione in un Comune della fascia ionica messinese.
All’esito dell’attività svolta, i militari dell’Arma hanno accertato gravi carenze igienico sanitarie e contestato l’errata attuazione delle procedure dell’autocontrollo alimentare, nonché l’inadeguata separazione dei cibi cotti dalle carni crude, con conseguente potenziale rischio di contaminazione.
Inoltre, è stato altresì constatato che l’attività era stata avviata senza le prescritte autorizzazioni, motivo per il quale i Carabinieri inoltreranno una proposta di chiusura all’ASP di Messina, quale Autorità Sanitaria competente, incaricata anche ad impartire le prescrizioni volte ad eliminare le carenze contestate.
A seguito delle irregolarità accertate, a carico del titolare sono state comminate sanzioni amministrative per l’ammontare di seimila euro.
Traffico di rifiuti a Messina, il processo si è chiuso con 15 condanne e un'assoluzione
È stata emessa dal Tribunale di Messina la sentenza del processo Montagna fantasma, con al centro il traffico illecito di rifiuti edili: 15 le condanne, 9 dichiarazioni di prescrizione e un’assoluzione.
Secondo l’accusa, per alcuni anni i principali costruttori della città si sarebbero rivolti al gruppo dei Mancuso, figure di riferimento del clan Romeo-Santapaola per l’esecuzione dei lavori di movimento terra in provincia di Messina, in modo da smaltire illegalmente e a basso costo i loro rifiuti di cantiere in una discarica abusiva tra i boschi di Gravitelli.
Condannati a 2 anni Giovanni Aliberti, Giuseppe Salvatore Aliberti, Domenico De Luca, Antonino Mangraviti, Massimo Mangraviti, Giacomo Mangraviti; ad 1 anno e mezzo Salvatore Amata e Antonio Frasson; a 2 anni e mezzo Santino Fortunato Pagano, Letterio Caronella, Felice e Roberto Giunta; 9 anni e 10 mesi per Daniele Mancuso; 8 anni e 8 mesi per Giuseppe Mancuso; 4 anni e 4 mesi per Giuseppe Puliafito.
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Confiscata la discarica, che dovrà essere bonificata e anche la cooperativa Sofia.it. Inoltre è stato dichiarato il non doversi procedere per la prescrizione del reato, considerato nell’ipotesi meno grave di quello contestato inizialmente, nei confronti di Amedeo Branca, Anna Rosaria Siracusano, Giuseppe Lupò, Rosario De Domenico, Giovanni Denaro, Barbara Urso, Filippo Vinciullo, Vincenzo Vinciullo, Antonino Triscari.
L’unica assoluzione nel merito si è registrata per Giuseppe Mangano, titolare della «Co.m.mam. srl», con la formula per non aver commesso il fatto.