L'ateneo fiorentino è - forse - riuscito a spiegare il segreto del continuo 'borbottio' di Stromboli, vulcano attivo dell'arcipelago delle isole Eolie in Sicilia. Ogni ora, o anche meno, è pronto ad affascinare i turisti con le sue esplosioni, visibili a poca distanza in relativa sicurezza. Un'attività che rende Stromboli il "Faro del Mediterraneo", e che talvolta lascia spazio a spettacolari eruzioni.
Dal 2002 a Stromboli lavorano i ricercatori del Laboratorio di Geofisica Sperimentale dell'Università di Firenze, struttura di ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra, che sorvegliano con un monitoraggio quotidiano l'attività eruttiva e ne studiano le dinamiche per la mitigazione del rischio vulcanico. Il frutto delle ricerche coordinate da Maurizio Ripepe, ricercatore di Geofisica della terra solida, - è stato recentemente pubblicato su Nature Communications ("Volcano seismicity and ground deformation unveil the gravity-driven magma discharge dynamics of a volcanic eruption" DOI: 10.1038/ncomms7998) e segna un punto di novità rilevante in questo settore.
"Finora la comunità scientifica – spiega Ripepe - reputava che le colate di lava fossero alimentate dal magma profondo (7-10 km di profondità), che periodicamente, invece di risalire nel cratere principale, si incanalava verso le bocche laterali, fuoriuscendo lungo le pendici non abitate del vulcano (Sciara del Fuoco) fino al mare. Confrontando dati geofisici, che vanno dalla deformazione del suolo al monitoraggio termico e sismico – prosegue Ripepe - abbiamo, invece, concluso che gran parte del magma eruttato è in larga parte già presente nella parte alta del vulcano: la sua effusione è guidata, dunque, dall'azione della gravità e sarà tanto più violenta quanto più bassa è la posizione della bocca eruttiva. Per cui le fasi iniziali saranno quelle più forti quando il carico del magma sopra la bocca effusiva è maggiore, per poi diminuire d'intensità, come un serbatoio che si svuota progressivamente dal basso perdendo pressione".
Il Laboratorio di Geofisica Sperimentale dell'Ateneo fiorentino si occupa da anni anche della sorveglianza di vulcani di tutto il mondo (Islanda, Ecuador, Argentina, Giappone, Cile), della dinamica delle valanghe (Italia, Svizzera, Austria, Norvegia e Groenlandia) e dei problemi legati alla microzonazione sismica.
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