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Lipari - Nella sagrestia della chiesa dei SS. Cosma e Damiano a Marina Corta Lipari, inaugurata la mostra di Renata Conti "ISOLITUDINE" con il patrocinio del Comune di Lipari.

Le opere in mostra, che hanno preso forma negli ultimi due anni, sono il frutto di una riflessione dell'artista sul vivere nelle isole e in modo più ampio sull'isolamento. Un isolamento non forzato ma che comunque genera la sensazione di trovarsi accolti e allo stesso tempo trattenuti lì dal mare, che circonda tutto e si pone come orizzonte dovunque si guardi, come muro invalicabile.
Di grande ispirazione sono stati per Renata Conti gli scritti di Curzio Malaparte, esule sull'isola di Lipari e gli scritti di Gesualdo Bufalino sulla Sicilia, dal quale, in ultimo è stato tratto il titolo della mostra.

La mostra rimarrà aperta i giorni 15, 16 e 17 giugno dalle ore 18.00 alle 23.00.

L'intervista all'artista Renata Conti 

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L'INTERVENTO

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di Lina Paola Costa

Renata Conti è una donna simpatica.
Sensibile, brava, gentile e di grande intelligenza, verrebbe subito da dire.
Ma è proprio simpatica, mai fuori misura, ironica e profonda: e siccome la ricordo da bambina, anche se non giocavamo insieme perché io sono ben più vecchia di lei, stasera quando si muoveva fra i suoi insospettabili quadri, non potevo fare a meno di pensare alla giovialità di suo padre Fernando, altissimo e indimenticabile animatore delle estati vacanziere a Lipari, e alla grande classe di sua mamma Luisa dall'ombretto azzurro sotto gli occhiali e dai capelli corti e folti.
Perché il frutto cade sempre vicino all'albero.
E lei, Renata, romana de Roma con antenati liparesi, non solo a Lipari ha trovato la misura della sua vita adulta, l'amore, la figlioletta. Lei a Lipari ha trovato il genius loci, l'ispirazione costante che alimenta l'espressione pittorica.
Quel mood speciale che ispira la sua arte, che solletica le raffigurazioni d'ambiente, e declina appunto in emozione la perizia tecnica di chi ha intima consuetudine con i pennelli, mentre con i colori sperimenta nuove cifre espressive.
Isolitudine I, II, III e Isolitudine Primigenia I, II, III, VI sono sette tele, sette interpretrazioni geometriche del rettangolo che di per sé rimanda alla sezione aurea, ma con il 100x90 per sei volte si avvicina quasi del tutto alla simmmetrica perfezione del quadrato. Un'illusione ottica, uno scherzo percettivo giocato intenzionalmente su dieci centimentri di differenza fra lato maggiore e lato minore.
Geometria per contenere il volo, la dissolvenza, il rincorrersi delle nubi e delle tonalità pastello, i piani chiari e scuri scanditi a colpi di luce, e mare e cielo e acqua e aria e ancora acqua... tutta quell'acqua di mare che lei, Renata, definisce barriera ma anche confine, segno dell'isolamento eppure elemento della continguità isole-terraferma.
Intuizione di profili e di sagome, di isole, di barche, di volumi lontani. E primi piani, talmente minimalisti da permetterci di intuire il tempo e lo spazio come vogliamo, distese cromatiche e gorghi di sfumature, e azzurri e rosa e verdi tenui o grigi come solo l'olio su tela consente di dispiegare. Le poesie di Curtino, l'omaggio colto a Bufalino cui si deve il termine Isolitudine, la delicata apposizione di pagine letterarie all'ingresso della mostra sono quasi un delicato accompagnamento, un dire il perché di queste tele, di queste immagini, di queste tinte.
Tele che fanno stupire, perché Renata Conti è nota come acquerellista di paesaggi e di scorci brillanti rubati alla vista di Marina Corta o dei faraglioni o del laghetto di Lingua. La conoscevamo come creativa "rianimatrice" di legni di mare, ma l'olio su tela non ce lo aveva ancora rivelato. Aveva bisogno di tempo e di spazio per stupirci sette volte, aveva bisogno di un telo trasparente per creare un sipario e disvelarci la sua sorpresa, un circle-time appeso a quegli ami così suggestivi, in una sala semplice dove poter entrare spinti dal vento che soffia forte, stasera.
Entrare e immergersi e percepire l'Isolitudine, con la sua voragine di sofferenza e l'estremo fascino dell'ascolto di sé. Perché non è da tutti sopportare l'Isolitudine e farne una risorsa creativa. Perchè entrare nel ciclo delle sette tele stasera m'è parso come entrare a Giverny, nelle immagini liquide e le ninfee umettanti dell'ultimo Monet. Perché Renata Conti ha un pennello eoliano de Roma, ma supera ogni Isolitudine e parla con accento sprovincializzato, usando l'universale linguaggio delle emozioni e dell'arte.

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