di Antonio Famularo
CARO "COMUNISTA", CARA EDDA...
Caro "Comunista", con grande tristezza mi è dispiaciuto davvero che un momento sentimentale della Sua giovinezza sia stato rivoltato come un 'mutandone' felpato in dotazione militare (li ho indossati anch'io durante il servizio di leva in provincia di Udine e sulle colline del Carso), prima tramite la pubblicazione di un libercolo alquanto capzioso negli intenti manifesti, ad opera della penna spuntata di un giornalista mestierante, scaltro e opportunista, buono per tutte le stagioni e le mezze-stagioni (quando c'erano), malato cronico di narcisismo e presenzialista, abitudinario
dei lidi eoliani e dei salotti buoni liparoti, poi mediante una fiction di scarsa qualità raffazzonata e confezionata in fretta per sfruttare commercialmente in maniera sfacciata l'onda della 'risacca' letteraria. Se tale operazione letteraria/cinematografica sia riuscita a soddisfare intimi pruriti (la
Rocca, nuda, riesce ancora ad essere godibile!) non lo so, ma è apparso evidente che da tale operazione Lei ne sia uscito alquanto malconcio, per nulla corrispondente all'immagine che avevo maturato di Lei sia negli anni di scuola che in successive conversazioni nella sua casa ' o' Puzzu', sopra la 'putìa' delle sorelle China, raccontando episodi e aneddoti della sua vita di
soldato. Ricordo ancora il disegno di una sirena (bretone) con una cetra che mi commissionò, chiedendomi più volte di modificare la punta del naso perché, a Suo dire, non corrispondeva al canone estetico tipicamente 'ellenico'. La pazienza non mi è mai mancata e finalmente, con Sua grande soddisfazione, vi riuscii e quel disegno divenne il 'logo' dell'Hotel Piccolo Oriente. In realtà,
caro emerito "Comunista", Lei ricercava il profilo di Edda e io, a quel tempo, non ne sapevo nulla. Signora Edda, su di Lei sono stati scritti tanti libri che se messi tutti a confronto fra loro non avremmo comunque (di Lei) un quadro/ritratto attendibile. o quantomeno imparziale, perché non esistono "storici" imparziali e al di sopra delle parti o delle correnti, e che in ultima analisi, a monte di tutto, la Storia la scrivono sempre i vincitori e gli storici di mestiere (cioè asserviti al regime di turno) sono sempre pronti a salire sul loro carro. Ma Lei, figlia e donna del Suo tempo, cresciuta in un certo tipo di mondo, queste cose le sa di gran lunga meglio di me. L'immagine che ho maturato di Lei è comunque positiva e la Sua "esperienza eoliana" l'avrà sicuramente aiutata a rivedere i
Suoi ideali e gli orizzonti esistenziali afferenti all'esperienza umana. Lipari, pur ristretta nei confini del suo mare, può essere stata anche per Lei un ottimo punto di osservazione e di regolazione nella messa a fuoco di ciò che nella vita sia realmente importante e/o prioritario, potendo guardare alle cose con distacco e un po' di freddezza, come lo stare alla finestra e vedere "fuori" come
evolvono gli avvenimenti. Certo la Sua generazione, nel suo tempo durante "il ventennio", non è stata certo facile e gli eventi sono stati più grandi e infine hanno prevalso stravolgendo sogni, cancellando aspirazioni e progetti, spezzando e seppellendo vite su vite. Certo Suo padre fece i suoi tragici e imperdonabili errori, ma credo pure che fu una grave colpa, umana e storica, giustiziarlo senza un processo e senza che pagassero in qualche modo gli assassini, protetti dal paravento "partigiano", in quella che divenne anche una intestina e odiosa guerra civile.
Della Sua "parentesi" eoliana, più che un "amore" o un "flirt" giovanile, trovo davvero commovente e toccante il fatto che negli anni della piena maturità Lei sia tornata ancora a Lipari, omaggiando un'indimenticabile e irripetibile rispettosa amicizia, a riprova del fatto che a rendere un "Amore" grande, o forte, non è la sua durata in termini di anni o di tempo, ma l'intensità con la quale vi si
crede e vi si concede e il trasporto con cui viene vissuto. Sa meglio di me che esistono unioni e amori "istituzionali" che durano anche oltre un cinquantennio eppure vissuti muovendosi nella routine e nell'abitudine, e amori temporalmente brevi che segnano l'anima per tutta la vita e che aprono il cuore e vi lasciano dentro una traccia indelebile.
Il Suo ritorno a Lipari in età matura è un viaggio nella (Sua) memoria per recuperare una parte di Sé, una maniera di confrontarsi con ciò che si è stati, un modo anche per riconciliarsi con sè stessi e col proprio vissuto nella geografia dei luoghi. Certo non è possibile dire cosa Lei e il "Comunista" ricercavate per Voi stessi nell'età delle "inquietudini", se ritagliarsi, forse, uno spazio
proprio al di fuori della Storia ufficiale e dei suoi sconfortanti eventi e tragici effetti. Lei era già, Suo malgrado, nella Storia, mentre il "Comunista", forse intuendolo, ebbe il timore di entrarvi essendo un peso troppo arduo da sostenere, con tutte le prevedibili e inevitabili implicazioni presenti e future, sacrificandovi la costruzione di un Amore.
Resto altresì convinto che rendere pubblica la Vostra relazione sentimentale, al di là della sua reale portata, sia stata un'autentica porcata, una irriguardosa mancanza di rispetto oltreché di decoro per la Vostra dignità, al di là delle scelte personali e individuali, e di alcuna rilevanza storica. E se non fossi abbastanza navigato nel mare della vita e delle secche pericolose delle relazioni umane, mi sarei alquanto sorpreso che la comunità liparese abbia applaudito a tanto scempio (morale) che nulla di buono o di positivo ha apportato alla cultura eoliana se non una raffazzonata e becera immagine di "set cinematografico" che mal si addice ad una comunità, che nella sua storia potrebbe non riconoscersi più come laboriosa e ricca di umanità.
Che almeno 'all'ombra dei cipressi e dentro l'urne il sonno dei morti vi sia men duro.'
Carissimo Bartolino,
Oggi, qui a Padova, è una giornata piovosa (piove da ieri sera notte) e trovo alquanto
piacevole l'atmosfera meditabonda e interlocutoria che la pioggia riesce a creare.
Ringrazio sentitamente per il messaggio che mi è stato inviato; l'ho letto insieme a mio figlio Andrea, mentre facevamo colazione, ed è stato bellissimo gustarsi le immagini.
Sapere che dopo tanti anni è statp tirato fuori il musicista 'dormiente' che c'è mi riempie il cuore di gioia e mi son tornati in mente gli esordi pieni di entusiasmo di tanti giovani: Massimo, Augusto, Nicola, Dorino e numerosi altri... il "Cinema Ideal"...
Desidero complimentarmi per la lodevole iniziativa in memoria di Pino Daniele, un Artista che ha lasciato una grande eredità musicale ma pure, purtroppo, un grande e incolmabile vuoto. Canzoni a parte, Pino mi piaceva tantissimo come chitarrista.
Purtroppo in tempi recenti se ne sono andati degli Artisti inimitabili e indimenticabili: Pino, Mango, Demis Roussos (due voci solari e mediterranee), Joe Cocker... e, credimi, "sentirsi sempre più soli" non è solo un modo di dire dettato dalle circostanze.
Spero con tutto il cuore che iniziative artistiche e culturali possano continuare a svolgersi nelle nostre adorabili Isole a baluardo contro la dilagante e multiforme irrazionale barbarie.
In questo periodo sto trascorrendo dei piacevoli momenti con Giovanni Ruggiero e proprio mercoledì scorso abbiamo cominciato a parlare ed elaborare un progetto-evento musicale da svolgersi a Lipari e a Salina nell'estate del prossimo anno, date le difficoltà dovute alle distanze, i tempi tecnici e la mancanza, per il momento, di referenti 'isolani'.
Colgo l'occasione per informarti che dal prossimo fine settimana ti invierò gli articoli dei quali ti avevo annunciato in precedenza: si ricomincerà con "Caro Comunista, Cara Edda".
Augurandoti una buona giornata, ti saluto con l'affettuosa stima di sempre e un abbraccio.
G I O V A N N I
Giovanni dove sei?
Non ti si vede più,
Giovanni cosa fai?
E' un po' di tempo ormai
che non ti sento più,
ma dimmi come mai?
Proprio ieri sera
guardando la TV,
sentendo le canzoni
di "Girl" e di "Michelle"
mi sono ricordato
come le cantavi tu.
Rivedo, sai Giovanni,
le chitarre sopra il letto
e son passati gli anni
sui sogni nel cassetto,
e tua madre che ti dice
"E' ora di alzarti",
ti guarda e tu capisci
che ha voglia di ascoltarti,
sentire una canzone
dedicata a lei,
"Il cielo in una stanza"
oppure "Yesterday".
Giovanni non lo so
che vita è questa qua,
vorrei tornare un po'
a tanti anni fa,
di giorno alla scogliera
e di sera in balera.
I nostri vecchi "miti"
adesso non ho più,
son morti o son finiti,
ci credi pure tu,
siamo rimasti soli
coi dubbi e i perché.
A volte suono ancora,
faccio un po' di "piano-bar",
così per qualche ora
credo di essere una "star",
"I favolosi Anni Sessanta"
su dischetti in digitale
da tutti gli Anni Novanta
ma che noia mortale!
Tra "Sapore di sale"
e "Una rotonda sul mare"
ma come sa di sale
vivere e cantare.
-- Da " UN VIAGGIO... Tra Musica e Canzone d'Autore ", di Antonio Famularo.
IL RINGRAZIAMENTO.
di Giovanni Giardina
Gentile direttore,
mi lasci ringraziare il mio amico Antonio per la bellissima poesia che mi ha dedicato. I suoi versi scritti magistralmente in dialetto eoliano descrivono e ripercorrono alcuni anni della nostra gioventu'! Grazie Antonio, sei un grande artista, mi hai fatto rivivere alcuni anni tra i piu' belli della mia vita!
---All' artista liparese Giovanni Ruggiero, un grande cantautore e compositore, un ottimo 'compagno di viaggio'... un amabile e carissimo Amico.
TI RICORDI ANCORA, JOE ?
Ti ricordi ancora, Joe,
quei lunghi giorni trascorsi in cantina?
A suonare per ore canzoni
sognando l'America.
E lo 'stereo' sempre acceso
e col disco una "mela" che gira
e "Sgt. Pepper" che suona nell'aria
con la sua "Banda".
Ti ricordi ancora, Joe, ti ricordi?
Come il tempo scivolava tra le mani
e non esisteva niente, solo la Musica.
E attaccammo le prime chitarre
ai nostri primi amplificatori
e cominciammo a parlare alla gente
cantando canzoni.
E si suonava fino all'alba
per pochi soldi e un po' di gloria
e si viveva da lontano
il "sogno americano".
Ti ricordi ancora, Joe, ti ricordi?
Come il tempo ci ha rubato tutti quegli anni
e non ci ha lasciato niente, forse un po' di musica.
E quegli anni sono volati,
forse li abbiamo dimenticati
e chissà se nel cuore anche noi
siamo cambiati.
E sul 'lettore' gira ancora
la nostra musica preferita
e nel cuore c'è un po' di rabbia
e un po' di vita.
Ti ricordi ancora, Joe, ti ricordi?
Come il tempo scivolava tra le dita
e non esisteva niente, solo la Musica.
Ti ricordi ancora, Joe, ti ricordi?
Come il tempo s'è portato via tutti quegli anni
e non ci ha lasciato niente, solo un po' di musica.
- Da " UN VIAGGIO... Tra Musica e Canzone d'Autore "
di Antonio Famularo -
---M E M I
Memi aveva i capelli neri
e gli occhi come le stelle di notte,
le labbra rosse e sulla pelle alcuni nei
e una testa piena di pensieri.
Memi era serena come il cielo,
era pulita dentro come il mare;
era capace pure di farti sognare,
con un sorriso ti rubava il cuore.
Memi aveva pure i suoi silenzi
quando ascoltava piano i suoi pensieri
e le chiedevo "Memi, a che cosa pensi?"...
Ma come passa presto il tempo
eppure sembra come fosse ieri...
Memi sono sceso al porto,
nel nostro vecchio angolo di mondo,
e ogni cosa era fuori posto,
mi son sentito estraneo nel profondo;
seduto poi vicino al mare
la mia mente cominciò a pensare...
Memi ti sapeva anche parlare,
non ti annoiavi mai ad ascoltare;
con lei tutto era facile e reale,
con i suoi modi si faceva amare.
E quando lei cantava le canzoni
ti trasmetteva tante sensazioni,
aveva nello sguardo un mondo di poesia
e nella voce un velo di armonia.
Memi aveva le sue convinzioni,
lei mi parlava delle sue emozioni
e mi diceva "Stai un po' su, ragazzo.
Dai, non farci caso se adesso
il mondo è diventato pure pazzo"...
Memi ormai è andata via
e mi ha lasciato un po' di nostalgia,
un vuoto dentro grande come il mare,
qualcosa che non riesco più a colmare,
che non riesco a dimenticare,
così ogni tanto resto qui a pensare...
- Da " UN VIAGGIO... Tra Musica e Canzone d'Autore "
di Antonio Famularo -
---" Mi ricordo... Sì, io mi ricordo "...
N A N N A R E L L A
Tutte le mattine
ti vedevo lì al porto,
vicino alle vetrine
con lo sguardo un poco assorto,
un po' persa nei pensieri
a sognare il grande amore,
anche oggi, come ieri,
niente di nuovo sotto il sole.
Con quel corpo da modella,
capelli lunghi sulle spalle,
occhi neri e labbra rosse
come il rosso dei coralli;
tra conchiglie e cartoline,
e collane e souvenir,
mi sembravi una bambina,
Nannarella mon amour...
Nannarella, il nostro tempo
è stato come un temporale,
è passato così in fretta
e ogni giorno è sempre uguale.
Nannarella, questo tempo
come vedi passa in fretta,
si dilegua come il vento
e l'Amore non aspetta, non ci aspetta.
Era bella nei tuoi occhi
l'esuberanza della vita,
i tuoi gesti come giochi
di una favola infinita.
Ricordo di quel posto
i momenti spensierati,
mi ero pure innamorato
e non te ne eri accorta.
Mi capita ogni tanto
di pensare a quel tempo,
chiudo gli occhi un istante
e ti vedo nella mente.
E oggi com'è strano
ripensare a distanza
a quel tempo ormai lontano
e salutarti in lontananza.
Nannarella, il nostro tempo
è stato come un temporale,
è passato così in fretta
e questa vita fa un po' male.
Nannarella, questo tempo
come vedi passa in fretta,
si dilegua come il vento
e la Vita non aspetta, non ci aspetta.
( Da " UN VIAGGIO... Tra Musica e Canzone d'Autore ",
di Antonio Famularo )
---C'è sempre una 'Rosa' nella vita di ognuno di noi; della 'mia' ne ho sempre apprezzato
il tenue profumo e il delicato colore dei petali ignorando le 'sue' spine...
R O S A
Rosa, eri veramente una rosa,
fresca, delicatamente odorosa.
Io rimanevo a guardarti
e non potevo non amarti,
due occhi come le stelle
e capelli ambra sulle tue spalle.
Rosa, sei rimasta sempre la 'mia' Rosa,
bella fra tutte le 'mie' più belle rose;
anche se il tempo è passato
di te non mi sono scordato,
coltivo ancora il ricordo
e gli occhi tuoi dolci non scordo.
Rosa, Rosa, Rosa,
potevi essere sposa
ma mai nessuno ti è stato vicino,
e mai nessuno ti ha preso per mano,
nessuno ha colto il tuo profumo.
Rosa, Rosa, Rosa,
occhi bagnati di pianto,
fuga le ombre e il rimpianto,
oggi c'è il sole di un nuovo mattino
e il tordo che canta ti vola vicino.
Rosa, eri pronta per essere sposa,
bella come tutte le più belle spose,
eri appena sbocciata
ed eri nel tempo migliore,
e già vedevo in te
la stagione dei frutti maturi.
Rosa, come mai nessuno ti ha raccolta
ora che il tempo tuo se n'è andato
e ti ha lasciato dei doni
che tu non avevi cercato
e quel bisogno d'amore
che tu non hai mai domandato.
Rosa, Rosa, Rosa,
l'amore è passato oltre,
forse non è tempo di aspettare
ora che il vento comincia a soffiare
e anche i capelli ti sta a scompigliare.
Rosa, Rosa, Rosa,
Bagnata come una sposa
in una sera di primavera
con i tuoi occhi che stanno a brillare
come le stelle di notte sul mare.
- Da " UN VIAGGIO... Tra Musica e Canzone d'Autore "
I T A C A...
Quelle afose sere agostane,
quelle lunghe spensierate giornate...
E i naufragi che ho fatto
sulle mie convinzioni,
le volte che mi son perso,
trascinato alla deriva
da impercettibili correnti,
da quelli che ritenevo
fossero miei punti di riferimento,
i sentimenti e i ricordi,
ai quali ero rimasto attaccato.
Non tornerò mai più,
quanto meno non da solo,
in quelle Terre d'acqua
popolate da fantasmi
che dilaniano il cuore
come fameliche Sirene.
Ammiro la determinazione
di coloro che se ne sono andati via
e hanno avuto l'accortezza
di non voltarsi indietro
per non rimanere impietriti
dallo sguardo di Medusa.
Itaca ti resti sempre nella mente,
il suo approdo segni il tuo destino
ma non affrettare il tuo viaggio,
che duri ancora tanti anni
e che infine vi attracchi da vecchio;
sazio di ciò che guadagnasti in via.
Itaca ti ha regalato il viaggio,
senza di lei non lo avresti intrapreso
e nient'altro ti può dare.
Lei pur misera non ti ha lusingato,
reso saggio dall'esperienza
avrai compreso cosa sia Itaca .
( Da " UN VIAGGIO... Tra Musica e Canzone d'Autore " )
AAA: Ai Lettori vicini e lontani del Notiziario delle isole Eolie, a quelli rimasti a "Itaca" e a quelli andati anche oltre "le colonne d'Ercole".
Dove eravamo rimasti?... Come ci eravamo lasciati?... Ah, sì! Ora mi ricordo: col testo di una canzone... anzi due. E col testo di un'altra canzone Vi ritrovo e vi riscrivo...
A R G O
E tu, mio vecchio cane,
mio compagno di scorribande,
rimasto fedele nel tempo,
io non credevo che mai
ti avrei rivisto
dopo tanti lunghissimi anni.
Certo anche il tempo
è passato su noi
lasciandoci i segni suoi,
ora tutto è stravolto,
qui tutto è cambiato,
anche la gente intorno a noi.
Come un estraneo mi aggiro per strada,
come un mendicante vestito di stracci
vado alla ricerca di un mondo mio che fu,
coi compagni di un tempo
che non mi riconoscono più
e sanno dire solo cose vuote,
e sanno dire solo cose vuote.
Come è stata lunga
e dura da seguire
la via per fare ritorno,
e come fan presto
a crescere i rovi
sugli abbandonati sentieri.
E ritornare ancora
dove tutto ha un senso
per la memoria
per scoprire che il tempo
ha cancellato
anche la storia.
Anche il nibbio riconosce il suo scoglio
dove tornare per riposare
ma certa gente di mare
non ha più coscienza di sé
e della sua identità,
vive ormai un'altra realtà,
vive ormai un'altra realtà.
E tu, mio caro Argo,
che mai ti sei stancato
di aspettare il ritorno,
anche dal passo
e dal mio odore
hai riconosciuto il padrone.
Se il tuo corpo
non ha più energie
lo sguardo non si è offuscato,
hai rimandato il tempo
di chiudere gli occhi
aprendo il tuo cuore.
Come un animale ferito
mi aggiro nei pressi del porto
di questo 'universo' di mare
dove nient'altro rimane
se non di riprendere il mare
col vento che ritorna a soffiare,
col vento che ritorna a soffiare...
P.S.: A tutti i cani e i 'meticci' delle Isole Eolie.
(Da " UN VIAGGIO - Tra Musica e Canzone d'Autore " )
---Convinto che l'istruzione sia uno degli strumenti più efficaci per cambiare in meglio il mondo,
invio un sincero augurio di serenità e pace vera per Tutti, in particolare ai bambini del mondo,
con un 'canto d'innocenza e un canto d'esperienza'...
TEMPORALE
"Babbo dimmi se anche tu le vedi
quelle nuvole un po' nere
che mi fanno paura
e voglio stringermi a te."
"Figlio mio non è questo tempo
che noi dobbiamo temere,
le nuvole donano pioggia
e piove anche per te.
Voglio stringermi anch'io con te,
voglio stringerti a me."
"Babbo dimmi se anche tu li vedi,
quei bagliori sopra le colline
che mi fanno un po' paura
e voglio stringermi a te."
"Figlio mio non è il sole
che noi dobbiamo temere,
anche se finisce il giorno
sorgerà anche per te.
Voglio stringermi anch'io con te,
voglio stringerti a me."
"Babbo dimmi se anche tu li senti
quei rumori che squarciano il cielo
che mi mettono paura
e voglio stringermi a te."
"Figlio mio non è il temporale
che noi dobbiamo temere,
presto il tuono fuggirà
e il sereno tornerà.
Voglio stringermi anch'io con te,
voglio stringerti a me."
"Voglio stringermi anch'io con te,
voglio stringerti a me."
BAMBINA DELL'EST
Sotto un cielo di nuvole senza colori,
in un prato bruciato senza più fiori,
dopo la pioggia dovrebbe tornare il sole,
dopo i giorni dell'odio tornare l'amore.
Tu che giocavi con gli altri compagni di scuola
in quella piazza distrutta sei rimasta sola,
forse è rimasto qualcuno in periferia,
sono fuggiti in tanti, sono andati via.
E nei tuoi occhi grigi di malinconia
passa il tuo tempo migliore, ti sfiora e va via;
con una nave che passa e lascia una scia
vorrei portarti lontano, bambina mia.
Vorrei parlarti di un mondo non tanto lontano
dove la gente è serena e si tiene per mano,
dove la 'guerra' è soltanto una vecchia parola
pronunciata un giorno sui banchi di scuola.
Vorrei passare il mio tempo a giocare con te
e ritornare bambino dentro di me,
e vedere il mondo con gli occhi tuoi
e cambiarlo e rifarlo come tu vuoi.
E riempire i tuoi occhi di serenità
con un volo di aironi in libertà,
e colorare di rosa la tua malinconia
e tenerti per mano, bambina mia.
Sotto un cielo di nuvole senza colori,
in un prato bruciato senza più fiori,
dopo la pioggia ritornerà il sole,
dopo la guerra, vedrai, ci sarà l'amore.
- Da ' Grafemi e Fonemi '
di Antonio Famularo,
cittadino del mondo -
' STAIRWAY TO... SEA '
'There's a Lady who's sure all that glitters is gold and She's buying a stairway to... sea...
' SAPORE DI SALE '...
Sapore di sale, sapore di mare,
un gusto un po' amaro di cose perdute...
---ETERO O NON ETERO... E' QUESTO IL DILEMMA?
Quando, da ragazzo, nella cerchia di amici o di conoscenti si parlava o si apostrofava di 'ricchiuni' e 'fròci', il più delle volte lo si faceva in termini di sfottò... E la cosa si esauriva lì. Quelli che realmente lo erano si guardavano bene dal fare 'outing' e la 'cosa' veniva circoscritta in àmbiti riservati alla sfera privata. Sin da quegli anni giovanili, pur sapendo che l'omosessualità o 'gayezza' è vecchia quanto la storia dell'uomo e della donna (come del resto anche la prostituzione), di genere 'maschile', 'femminile' e 'neutra', pensavo comunque che una tale 'scelta' fosse l'eccezione anziché la regola.
Oggi l'omosessualità, in tutte le sue modalità, non fa più notizia; sempre più innumerevoli persone manifestano apertamente di essere gay sbandierando anche pubblicamente il loro 'gay-pride' (sono, stranamente, molto attenti e suscettibili badando a come se ne parli), ed essendo ormai considerata un diritto civile la 'cosa' è divenuta materia di discussione nelle sedi legislative chiamate a decidere sugli aspetti legali che tali 'unioni' comportano, come, ad esempio, registrazione dei matrimoni, aspetti di natura fiscale, assistenziale ed economica, adozione di figli e loro educazione, gestione dei medesimi nati o ereditati da precedenti matrimoni, problematiche relative ai possedimenti di beni mobili e immobile, eventuale divisione degli stessi, beni e lasciti in eredità, eventuali separazione o divorzio, relazioni con i nuovi parenti acquisiti. Ce n'è abbastanza per poter affermare che la Società come
l'abbiamo studiata sui banchi di scuola e nei libri di Storia è stata scossa in quelli che fino ad un cinquantennio fa erano ancora considerati i suoi cardini fondanti: la famiglia, i genitori, i figli, con i loro rispettivi ruoli e compiti assegnati. E grazie alla disposizione consolidata della 'famiglia' la società umana ha potuto espandersi demograficamente e perpetuarsi come 'specie' fino ad oggi.
Prevalentemente i media in generale, gli opinionisti e i tuttologi che 'cazzeggiano' quotidianamente nei salotti dei network, si occupano del 'fenomeno' (che poi tanto fenomeno non è) dissertando sulle implicazioni civili, ma tralasciano quelle (a mio parere molto più importanti) di natura morale, mostrando i limiti del loro pensiero debole, temendo altresì di essere considerati retrogradi e moralisti.
Ma cosa significa tutto questo? Lasciamo da parte il legislatore, i sindaci d'assalto e le loro giunte comunali progressiste, e poniamo la questione sul piano squisitamente morale.
Il Cristianesimo, una delle tre grandi religioni monoteistiche (insieme alla religione ebraica e quella Islamica), di cui Roma è la sede centrale, pone fra i suoi cardini fondanti e portanti i valori morali.
Se inizialmente Gesù, con la sua scala di valori morali, fu l'ideologo del cristianesimo inteso come modello di pensiero e stile di vita, San Paolo ne fu l'esecutore materiale fornendo con i suoi numerosi scritti una chiara e corretta chiave di lettura del medesimo e, nel contempo, dando una struttura e un assetto organizzativo alla chiesa primitiva. E a ragione Paolo viene considerato uno dei Padri della Chiesa. Qual era dunque, per le implicazioni di natura morale (e spirituale), il pensiero dell'apostolo Paolo in relazione all'omosessualità e a coloro che oggi dichiarano di essere 'gay'?
Nella sua 'Lettera ai Romani', al capitolo 1, i versi da 24 a 28, Paolo dichiara: ..." Perciò Dio, secondo i desideri dei loro cuori, li ha abbandonati ad impurità, affinché i loro corpi siano disonorati fra loro, essi, che hanno cambiato la verità di Dio in menzogna e hanno venerato e reso sacro servizio alla creazione anziché a Colui che creò, il quale è benedetto per sempre. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a vergognosi appetiti sessuali, poiché le loro femmine hanno mutato il loro uso naturale in uno contro natura; e similmente anche i maschi hanno lasciato l'uso naturale della femmina e nella loro concupiscenza si sono infiammati violentemente gli uni verso gli altri, maschi con maschi, operando ciò che è osceno e ricevendo in se stessi la piena ricompensa dovuta al loro errore.
E siccome non hanno approvato di ritenere Dio nell'accurata conoscenza, Dio li ha abbandonati a un disapprovato stato mentale, affinché facciano le cose sconvenienti "... Il pensiero di Paolo è chiaro e non lo si può certo definire antiquato o moralista. Ignorarlo significa considerare di alcun conto nella propria vita il cristianesimo e il Suo fondatore, che col suo pensiero e il suo modo di vivere ha lasciato un coerente esempio e un eccellente modello da imitare. Pertanto chi si considera cristiano, praticante o no, vorrà considerare attentamente i seri fattori di natura morale che sono implicati anche nella scelta relativa alla sfera affettiva e sessuale. San Paolo parla di 'piena ricompensa dovuta al loro errore', e quella 'ricompensa' spesso ha avuto effetti tragici e devastanti sotto forma di gravidanze indesiderate, aborti e malattie veneree... l'AIDS è ancora una epidemia globale ben lungi dall'essere (stata) debellata, anche se non se ne parla quasi più e sembra che non faccia nemmeno granché paura.
Personalmente ho sempre considerato l'unione di un uomo e una donna la forma più armoniosa di bellezza estetica, l'insondabile mistero in cui due universi, quello maschile e quello femminile, possano incontrarsi, ritrovarsi, fondersi e completarsi, dando vita a ulteriori nuovi universi. Da uomo, musicista e disegnatore, ritengo che la Donna sia il più straordinario capolavoro che l'Uomo possa apprezzare e ammirare estasiato, la più bella partitura musicale che sia mai stata composta e sicuramente da
ascoltare con attenzione e rispetto. Ritengo altresì che due persone dello stesso sesso non potranno mai completarsi, come una moneta/banconota con la stessa immagine su entrambi i lati: è una contraffazione e non ha valore né può avere corso legale. La violenza e i crimini a sfondo sessuale mi sconvolgono e mi addolorano, come pure quando entrambi i sessi vanno agli eccessi, entrano in competizione nei loro tentativi di emularsi, superarsi, realizzarsi, emanciparsi, prevaricandosi a vicenda e disconoscendo la natura altamente nobile e dignitosa dei propri ruoli assegnati da una 'Natura' che non per caso ha concesso la facoltà di procreare solo dall'unione di entrambi. Al di là di quanto disposto da una 'Madre Natura' o da un 'Creatore Dio', vi è solo sterilità e alcuna prospettiva di futuro, per quanto lontano da noi possa essere.
*Insegnante e Scrittore
---SOGNO DI UNA NOTTE DI FINE ESTATE - Orizzonte perduto...
Di Antonio Famularo *
La mattina del 23 Settembre, alle ore 9.00, in perfetto orario, il Boeing 737 dell'Alitalia decollò
dall'aeroporto veneziano 'Marco Polo' e io mi sentii un po' emozionato al pensiero di ritornare a
Lipari e rivederla dopo un anno vissuto tra la nebbia padana a corrente alternata all'afosa umidità.
Alle 10,30 io e gli altri passeggeri fummo felici di atterrare all'aeroporto 'Efesto' di Vulcano-Piano e con un sentito applauso ringraziammo e salutammo l'intero equipaggio. Con un bus-navetta color giallo-limone, sulle cui fiancate vi era scritto "Io vado a energia solare", scesi al Porto di Ponente e mi imbarcai sulla 'Vulcanello II' (la prima 'Vulcanello' era stata fatta esplodere a causa di un attentato terroristico e affondata nel mare della Grecia) diretta a Lipari. A bordo domandai a un marinaio com'è che non vi fosse in navigazione alcun aliscafo e molto gentilmente mi disse che alle Eolie, per unanime volontà popolare, le imbarcazioni veloci erano state bandite, essendo stata adottata una nuova e migliore gestione dei servizi nel trasporto marittimo dei passeggeri e delle merci, in elogio della lentezza e in ossequio della serenità di tutti, isolani e turisti.
Mi spiegò che una nave proveniente da Milazzo, la "Eolo I°', due volte al giorno, la mattina e la sera, faceva capolinea con Vulcano, trasportando i passeggeri da e per Milazzo; le merci, che non viaggiavano più su 'gomma', venivano scaricate tutte al Porto di Levante, stoccate in un deposito e da lì smistate nelle altre Isole per mezzo di imbarcazioni e battelli locali che
quotidianamente facevano la spola. E similmente avveniva a Stromboli, con la nuova nave 'Strombolicchio 2' a fare la spola tra l'isola e Napoli, oltre ad altre piccole navi che giungevano dalla costiera sud della penisola. Così la vecchia e gloriosa 'Basiluzzo' garantiva ancora quotidianamente i collegamenti fra Stromboli, Ginostra e Panarea; la 'Panarea II' garantiva quelli tra Panarea e Salina, 'La Canna' serviva i collegamenti tra Alicudi e Filicudi e la 'Didyme' quelli tra Filicudi e Salina, che si collegava a Lipari con la 'Nuova Lipari' (la 'vecchia era stata demolita, a sua tempo, ad Ancona). E la 'Vulcanello II', appunto, a bordo della quale, da
Vulcano, stavo giungendo a Lipari, finalmente!
Sbarcato a terra notai subito la meravigliosa atmosfera di cordiale ospitalità che si respirava: tutti erano felici e sorridenti, i vigili urbani e le loro omologhe 'quote rosa' erano gentili e disponibili e con i loro corpi snelli, scolpiti e ben curati, e le loro divise attillate e ben ordinate, rendevano un eccellente contributo, un ottimo 'biglietto da visita', alla buona 'immagine pubblica' e al decoro urbano del paese.
Dove un tempo c'era la vecchia stazione di rifornimento carburante della 'Esso' vi era ora una piccola vasca, al centro della quale si ergeva un minuscolo obelisco in pietra con sopra una bella riproduzione bronzea del 'Vascelluzzo'.
Mancava poco a mezzogiorno e così decisi di farmi un giro per il paese.
Era un vero piacere passeggiare: lungo il corso principale non vi era traffico di macchine nè fiumana di persone e ovunque si respirava serenità e spensieratezza; tutti erano come rinati o ringiovaniti. Andai 'sulla Cìvita' e vidi che le aiuole e il verde erano ben curati. Rimasi affascinato alla vista della nuova fontana: una grande vasca dove dal 'fondale' risalivano i rilievi della dorsale
tirrenica e sulla superficie del livello dell'acqua si stagliavano, ridotte in scala, le Isole Eolie nella loro ubicazione geografico/marina e i loro inconfondibili profili. Dove un tempo vi erano i tendoni di un rinomato ristorante era sorta una piazza sul cui pavimento centrale era stato realizzato un grande mosaico, con vari tipi di pietra locale, che riproduceva la 'Rosa dei venti'; e quella piazza era diventata un'agorà per gente che aveva voglia di discutere o conversare su qualsivoglia argomento. Da lì la vista a colpo d'occhio era mozzafiato: a ridosso di tutta la 'Marina Lunga erano sorti una piscina pubblica, dove si potevano praticare alcuni tipi di sport, e nella zona limitrofa vi era un circuito per go-kart. Scendendo lungo la Via Garibaldi sono arrivato a Marina Corta e lì, con mia grande meraviglia, ho visto che il naturale 'salotto' a cielo aperto dell'isola era stato sapientemente restaurato e la gente lo frequentava per intessere nuove amicizie, coltivare buone relazioni e dedicarsi ad un sano gossip; la Penisoletta delle anime del Purgatorio si stagliava all'orizzonte come logo e simbolo dell'isola e i due precedenti orribili bracci di cemento posti ai suoi lati erano stati eliminati; negli edifici a lato della Chiesa dei Santi Cosimo e Damiano vi era una Stazione Meteorologica e un 'Museo del mare e della navigazione'; la vecchia 'Pescheria' era diventata un 'Museo dei sistemi di pesca eoliani'.
Incontrai al 'Bar Gabbiano' un mio vecchio compagno di scuola e complimentandomi per le tante cose buone che erano state fatte mi disse che al 'Castello' era stato realizzato un Osservatorio Astronomico e un Planetario, e che in vari punti dell'isola erano stati posti dei potenti cannocchiali mediante i quali si potevano ammirare a vista d'occhio gli incantevoli panorami offerti dall'isola.
Risalendo dalla Via Roma ritornai sul Corso e quando passai davanti all'emerito 'Palazzo Vescovile' vidi che la 'Sala delle Lettere' era diventata la nuova sede della Biblioteca Comunale, strenua promotrice di eventi letterari, e nell'edificio dove un tempo vi era ubicata la cartoleria-edicola Belletti, era stato aperto un 'Archivio Storico-Culturale delle Isole Eolie'. L'edificio delle Poste era
stato modificato e dietro di esso, dove un tempo sorgeva la sede locale della SIP adesso vi era un 'Museo delle Poste e delle Telecomunicazioni'. La vecchia 'Capitaneria' a Pignataro era divenuta una sezione staccata del 'Nautico' di Messina e vi si tenevano corsi di formazione e di aggiornamento sulla marineria e sulla meteorologia.
Venire a sapere che a Lipari non vi era più alcun disoccupato, che tutti avevano un lavoro e che non si sapeva cosa fosse lo 'spread', il tetto o la soglia del 3%' o ' l'articolo 18', se 'Merkel' fosse la marca di una vecchia affettatrice a manovella di colore rosso, vi era invece un'alta qualità della vita e benessere per tutti, mi fece rallegrare e mi sentii orgoglioso delle mie origini liparote.
Avevo la certezza di essere in un luogo paradisiaco e a misura d'uomo, dove la vita non era più caratterizzata dalla fretta e dall'ansia del domani. E gli effetti salutari di quelle migliorate condizioni ambientali e sociali si leggevano chiaramente negli occhi e nei visi di tutti. Mi sembrava davvero di avere trovato finalmente la mia 'Shangri-La'!... Shangri-La?... Al ricordo di quella parola e a tutto ciò che evocava in me, di colpo mi svegliai comprendendo che si era trattato solo di un sogno!!!
Che fosse tutta colpa di 'Orizzonte Perduto', un vecchio film del regista Frank Capra che avevo visto la sera prima alla TV... o forse colpa dell'equinozio di quel giorno? Ripensai a Lipari, quella vera, quella "tradita e colpita al cuore", e mi parve che ad Essa si adattassero bene le parole che tempo fa lessi in un cartello esposto in un negozio di Venezia, rivolto ai turisti: davanti c'era scritto
"Benvenuti!", sul retro..."Siamo contenti quando ve ne andate!"
* Insegnante e Scrittore
---OMAGGIO ALL'ATTORE FRANCESE PHILIPPE NOIRET.
Come avevo annunciato recentemente in una 'Lettera aperta all'attore francese Philippe Noiret'
(Vedi Notiziario Eolie del 7 settembre u.s.), col presente brano, tratto dal mio ultimo Romanzo
ambientato prevalentemente nell'isola di Salina, ho voluto rendere omaggio al grande Attore
intestando al suo Nome, a futura memoria, uno dei luoghi più belli, suggestivi e incantevoli di
Salina, situato in prossimità del 'Semaforo', il "Belvedere Philippe Noiret", per avere 'calcato
le scene del set' a cielo aperto di Pollara e per avere onorato la comunità isolana con la sua
illustre e signorile presenza.
... Nino si vestì e alle 20,00 uscì di casa, salì in macchina e andò a Santa Marina, lasciando l'auto sul 'lungomare Massimo Troisi'. La sera era limpida e nell'aria si intuiva una piacevole sensazione di atmosfera estiva. Nino sentì il desiderio di camminare e di immergersi in quell'ambiente di mare, e dopo una breve passeggiata si recò al ristorante "unni Lausta", dove trovò i suoi amici ad attenderlo. Si accomodarono e fu piacevole gustare la cena condividendo fatti di storia locale e aneddoti del loro vissuto. Quando arrivarono alla degustazione di un 'malvasia', Nino chiese ad Antonio:
" Quel pittore che ha affrescato una navata della Chiesa di San Lorenzo... Virgilio LO Schiavo...
Hai saputo qualcosa su di lui in relazione al progetto di cui ti avevo precedentemente parlato?...
Se ha realizzato altre opere qui a Salina e nell'arcipelago? "
" Ho pensato al progetto ma non ho avuto ancora modo di occuparmene concretamente. Una ricerca in tal senso va fatta, comunque ho saputo che successivamente lui emigrò in Australia con la sua famiglia e lì continuò la sua attività realizzando parecchie opere, facendosi anche un buon nome. Si possono contattare i suoi parenti ed eredi e raccogliere ulteriori informazioni
biografiche e sulla produzione artistica del periodo 'australiano', anche se la produzione del periodo 'eoliano', a mio parere, è quella che nel nostro progetto ci interesserebbe di più. "
" Son d'accordo anch'io ", disse Nino, " che ne dici di avvalerci della collaborazione di Donatella, essendo laureata in 'Belle Arti', creativa e piena di entusiasmo? "
" Ma certo! ", esclamò Antonio, " Son sicuro che darà un prezioso contributo alla realizzazione del progetto. Ottimo! "
" Possiamo contare su di te? ", le domandò Nino.
" Sono confusa e felice ", rispose Donatella sorridendo, " sapete bene quanto mi appassioni il mondo dell'arte, essendo il mio campo di attività. Contate pure su di me. "
" Bene ", concluse Antonio, " ci risentiamo e ne riparliamo con calma, stabilendo come ripartirci il lavoro. "
Quando ebbero finito di cenare concordarono di andare in una pasticceria poco distante e si concessero la degustazione di una fetta di cassata siciliana. Poco dopo scesero al porto e, dopo averli salutato, Antonio andò alla sua macchina e si diresse a Malfa, facendo ritorno a casa. Lorenzo e Gabriella dissero a Nino e a Donatella: " Venite, andiamo a prenderci un caffè a Lingua. "
" No, non ho voglia ", rispose Donatella.
" Allora passeremo a prenderti al ritorno ", le disse sua sorella.
" Prendetevi il tempo che volete, è il vostro tempo... Ma non fate eccessivamente tardi. "
" Se volete, posso accompagnarla io a casa ", disse Nino.
" E' un'ottima idea ", rispose Gabriella, rivolgendosi a sua sorella, " allora ci vediamo a casa. "
Si salutarono, Lorenzo e Gabriella salirono in macchina dirigendosi a Lingua, e Nino accompagnò Donatella a Malfa.
Dopo il rettilineo del lungomare e avere oltrepassato il cimitero, risalendo i tornanti, all'altezza
del bivio che immette alla parte alta di Santa Marina, Donatella disse a Nino: " E' stata una piacevole serata. Grazie. "
" Sono io che devo ringraziare voi. "
" Perché? "
" Quando la compagnia è piacevole si sta bene, ci si distrae e ci si sente meno soli; è anche per
questo che vi ringrazio. "
" Avverti il senso della solitudine? "
" Sì. E' un bisogno naturale. Riesco a gestirla immergendomi nelle mie attività lavorative e culturali, ma certi momenti mi riesce tremendamente difficile. Può darsi che nel mio caso ciò sia dovuto al mio vissuto e al mio temperamento, riconoscendo di non essere sempre disponibile. "
" Non fartene un problema. La solitudine, chi più chi meno, la proviamo tutti; forse proprio quando ci troviamo in mezzo ad una compagnia numerosa. Se può consolarti, certi momenti anch'io mi sento sola. "
" Trovo comunque piacevole la tua compagnia, e mi piace sentirti parlare. "
" E' così anche per me. Ma avverto anche una sorta di misteriosa distanza, forse dovuta al tuo mondo interiore e a tutto ciò che lo popola. Ascolto le tue canzoni, ti avverto presente, ti sento vicino, eppure non riesco ad afferrarti, a contenerti. Mi piacerebbe entrare nella tua dimensione interiore, nel tuo modo di essere comunque un'artista poliedrico e con tanti interessi. "
" Forse in realtà non c'è niente di tutto questo. Forse in me tu vedi una qualche forma di proiezione delle tue aspirazioni o di qualcosa che ricerchi. Più che un artista mi ritengo un artigiano, e comunque sono solo un uomo con qualche dote positiva e le sue incoerenze. "
Dopo avere oltrepassato Capo Faro, giunti vicino alla Chiesa di San Lorenzo, Donatella chiese a Nino:
" Hai voglia di arrivare fino al Semaforo, al 'Belvedere Noiret' ? "
" Volentieri! "
Risalirono alcuni tornanti, lasciandosi dietro anche il bivio di Barbanàcola, e poco dopo giunsero in cima alla strada, sulla cui sommità sovrastante dominava l'imponente struttura militare del Semaforo. Nino parcheggiò vicino al "Belvedere Philippe Noiret" (intestato al famoso attore francese quale riconoscente omaggio per la sua memorabile recitazione nel ruolo del poeta Neruda sul set naturale di Pollara, accanto all'indimenticabile 'postino' Massimo Troisi, e per avere onorato con la sua presenza la comunità isolana), e scesero dalla macchina. Andarono fino all'estremità e si illuminarono davanti alla vastità del mare, le luci lontane di Filicudi, e l'arcana profondità di un cielo notturno intessuto di stelle e costellazioni. Poi si sedettero su una panchina e una brezza leggera che saliva dal mare accarezzava i capelli di Donatella. Vedendosi osservata sorrise a Nino e dolcemente gli disse:
" Cos'hai da guardarmi? "
" Sei bellissima! "
" Te ne sei accorto adesso? "
" No. Ma me lo sono tenuto per me. "
" Mi stai osservando come un soggetto al quale ispirarti artisticamente? "
" Sei bella e desiderabile in tutti i sensi. "
" Sentirti dire questo mi lusinga... Mi fai venire voglia di stare rannicchiata fra le tue braccia. "
" Non voglio perdermi andando a naufragare sui tuoi lidi, Nausicaa... Non voglio lasciarmi andare
nel cogliere la tua grazia. "
" Lo sapevo che ti avrei ispirato o suscitato in te qualcosa! Nessuno mai mi ha parlato così. Grazie, questa è poesia! "
" Non so se sia poesia, né che cosa sia la poesia, ma è ciò che tu susciti in me. E non so se ciò sia dovuto al fatto di trovarci qui, davanti alle meraviglie della vastità di questo cielo notturno."
" L'importante è esserci. E' una sensazione bellissima. Siamo soli eppure non ci sentiamo soli. Stare in tua compagnia lo trovo del tutto naturale, Dentro di me avverto un senso di quiete e di serenità e mi vien voglia di amarti, di sentirti mio, e nel contempo di appartenerti, donandoci il nostro tempo. "
" Il nostro tempo?...Sono solo attimi fugaci. La routine della quotidianità è sempre dietro l'angolo. Questi momenti che riscattiamo o riusciamo a ritagliare per noi stessi forse sono solo proiezioni dei nostri desideri o delle nostre insoddisfazioni. Ogni giorno è un giorno da inventare. Ma ora è notte inoltrata. Vieni, regaliamoci un sogno! "
Donatella lo seguì con lo sguardo... Nino andò alla macchina aprendo la portiera dal loro lato, accese il lettore CD e vi inserì una raccolta di canzoni di Barbra Streisand, regolando il volume su un tono discretamente udibile, poi andò da Donatella e le disse:
" Signorina, mi concede questo ballo? "
" Con molto piacere! "
Nino prese nella sua la mano di lei e con l'altra le cinse garbatamente i fianchi. Immersi in quella musica quasi in sottofondo si portarono al centro dello spiazzo e ballarono attratti e conquistati reciprocamente.
" E' bellissimo! ", gli sussurrò lei, un po' emozionata.
"Che cosa? ", le domandò lui.
" Ciò che stiamo provando. E mi piace come tu riesca a trasformare l'ovvio in qualcosa di interessante, di intenso, da ricordare piacevolmente in altri momenti; mi piace esplorare questo tipo di mondi invisibili eppure reali. "
" La realtà non è solo tutto ciò che vediamo con gli occhi. Per avere una veduta più completa dobbiamo guardare oltre le apparenze delle cose, bisogna cercare di entrare nelle situazioni e coglierne gli aspetti significativi, i fattori più importanti... "
Cessata la musica si fermarono anch'essi, guardandosi negli occhi e gustandosi una significativa pausa di silenzio.
" E' tardi, torniamo a casa ", le disse lui. Si sciolsero da quel garbato abbraccio di danza e risalendo in macchina andarono via dal 'Belvedere Noiret' scendendo lungo i tornanti della strada e dirigendosi a Malfa...
NOTA: Il brano è tratto dal Romanzo IL PASSEGGERO INGLESE DEL 'SANTA MARINA' e solo per speciale concessione editoriale al 'Notiziario delle Isole Eolie' e ai suoi Lettori viene autorizzata la pubblicazione.
*Insegnante e Scrittore
---PER CHI SUONA LA CAMPANELLA - Anno Scolastico 2014 - 2015.
" Ero un fanciullo, andavo a scuola "... E ci vado ancora!
Impressioni di Settembre...
Ogni volta che un politico parla di 'scuola', mi assale uno stato di agitazione tale da non riuscire a discernere se sia dovuto ad ansia, palpitazioni cardiache o innalzamento improvviso e asintomatico della pressione arteriosa. Oddìo, qualcosa di simile mi succede anche quando un giornalista iscritto all'ordine dei giornalisti scrive in astratto di 'scuola' e/o di 'docenti', pur premettendo spesso la sua ignoranza in materia (il che è tutto dire!), procurandomi un innalzamento pericoloso della glicemia,
dei trigliceridi e del colesterolo (ma non quello buono).
E quando sento il 'Premier' di turno parlare di 'scuola' non so se commuovermi davanti alla facilità delle sue 'riforme' annunciate, dati i suoi proclami (sempre annunciati) di trasformare il 'Bel Paese' (e non mi riferisco, a scanso di equivoci, al famoso formaggio), non comprendendo se le sue siano certezze, o manifestazioni indicative di quel candore tipico del mondo dell'infanzia e della scuola primaria.
Basti pensare, senza andare tanto lontano nel tempo, ai governi Berlusconi, Monti e Letta (nipote di suo zio Gianni), con i loro relativi Ministri dell'Economia e dell'Istruzione, operando solo 'ragionieristicamente', credendo che la Scuola, come qualsiasi altra Azienda di Stato, o privata, potesse rinnovarsi e migliorarsi tagliando fondi e risorse, ché non invece, se non proprio incrementando gli investimenti, gestendo sempre internamente alla Scuola stessa i fondi assegnati e quelli ricavati dagli sprechi veri, anziché dirottarli verso altri settori della Pubblica Amministrazione, spesso veri e propri 'rami secchi' quando, non addirittura, veri e propri 'buchi neri' fagocitatori di denaro pubblico.
Così, almeno dal 2011 a tutt'oggi, le uniche soluzioni adottate continuano ad essere quelle, vecchie di duemila anni, del "vino nuovo messo nell'otre vecchio" e quella della "toppa nuova cucita nel vestito vecchio", con i loro effetti negativi sotto gli occhi di tutti.
Lasciamo quindi i politici di mestiere, quelli di turno al governo e quelli, anch'essi di turno, che fanno una finta e concordata opposizione, al loro intenti e slogan (cambiare verso all'Italia, rilanciare i consumi, promuovere la crescita, rinnovare ed estendere il bonus da 80 euro, alleggerire la pressione fiscale, sbloccare le opere pubbliche, assumere i precari della scuola, eliminare gli sprechi, ridurre le tasse, riorganizzare la giustizia, riformare la pubblica amministrazione, modernizzare il mercato del lavoro), e diamo tempo al tempo cercando, nel proprio ambito di responsabilità e operatività, di renderlo proficuo alla luce della grande esperienza comune acquisita.
Son passati più di 50 anni da quando "ero un bambino, andavo a scuola"... e ci vado ancora!
Nel frattempo tante scuole sono ancora fatiscenti, molti insegnanti sono precari e i programmi fanno presto a diventare obsoleti rivelandosi inadeguati alle sfide sempre nuove che pone un mondo sempre più massificato.
E' mutata la maniera di comunicare, la rivoluzione digitale sta cambiando persino la maniera di leggere, e la scuola non riesce o stenta ad acquisire i mezzi per rinnovarsi. Paradossalmente è povera pur essendo ricca di energie e di volontà... e di desideri, dato che a scuola si impara pure a 'vedere' e a pianificare la vita futura, e personalmente ho sempre guardato alla scuola pubblica non come ad una 'trincea', un luogo di 'battaglia', ma bensì ad un luogo di 'pace', dove coltivare sogni e speranze fattibili.
Domani ricomincia un nuovo anno scolastico e io, nonostante la mia matura età, con rinnovato entusiasmo, sarò ancora ad aggirarmi tra banchi e bambini multietnici come maestro, un pò 'tato' e un pò 'nonno Libero', compagno di giochi e di merende. come gli spot bucolici del 'Mulino Bianco'.
Cosa dire, dunque, al 'nuovo (anno scolastico) che avanza'?
Oggi, nella società della conoscenza e della comunicazione globale, è più che mai opportuna una riflessione sul ruolo che la scuola ricopre nella nostra società. E allora domandiamoci: la scuola è ancora il luogo privilegiato di produzione e circolazione di idee, di diffusione e di costruzione della cultura? Io penso di sì! La scuola, nella nostra Repubblica, è stata lo strumento principe di promozione di equità e di uguaglianza delle opportunità. E deve continuare ad esserlo. In questi ultimi decenni in cui l'Italia si è trasformata da paese di emigrazione in paese di immigrazione, la scuola ha svolto un ruolo decisivo: è stata il più potente fattore di integrazione sociale, l'ambiente naturale per l'incontro dei ragazzi e delle famiglie arrivate da ogni parte del mondo. Le aule scolastiche sono diventate di giorno in giorno palestre di conoscenza, costruzione del confronto e rapporti di reciprocità, esercizio della cittadinanza attiva e partecipazione alla vita sociale, dell'assunzione di responsabilità da parte di ragazzi, giovani, adulti, famiglie e di collaborazione tra istituzioni, agenzie educative, soggetti civili e sociali dediti all'aggregazione e alla socializzazione.
Oggi che i popoli si incontrano nelle piazze delle nostre grandi città e che la scuola è diventata la 'casa delle genti' chiamandoci a rendere attuale il concetto di Unità d'Italia, una nazione che vuole crescere secondo i principi di uguaglianza, giustizia, libertà, non può che investire nella scuola: questa la lezione che ci lasciarono in eredità i protagonisti del Risorgimento e del lungo processo di unità nazionale.
Nel processo di unificazione del nostro Paese la scuola tutta, quella elementare in particolare, svolse un ruolo da protagonista in quanto chiamata "a fare gli italiani". Bisognava combattere l'analfabetismo ed insegnare a maschi e femmine almeno i primi rudimenti del sapere, condizione insieme di civilizzazione e di italianizzazione del nuovo regno. In questo quadro, prioritario era l'insegnamento della lingua italiana, quasi una lingua straniera perché si calcola che l'80% dei nuovi sudditi conoscesse unicamente il dialetto; mancava loro qualunque occasione anche solo per sentir parlare l'italiano che non era usato nemmeno dalla chiesa nelle funzioni liturgiche. L'unificazione del paese non significava tuttavia solo diffondere un unico patrimonio linguistico, ma anche insegnare l'uso del sistema metrico decimale (una innovazione voluta dalla rivoluzione francese per rendere più razionali e corrette tutte le misurazioni), che venne introdotto ufficialmente in Italia proprio al momento dell'Unità. Fare in modo che tutti conoscessero e usassero il nuovo criterio di misurazione fu quindi insieme simbolo della appartenenza ad un unico stato e condizione per facilitare i rapporti tra le varie regioni incrementando i commerci.
Fare gli italiani significò infine diffondere principi e valori, tipici dell'etica ottocentesca, perché ispirassero i comportamenti sociali. Per sintetizzare questi impegni si disse che si andava a scuola per imparare a leggere, scrivere, far di conto e a portarsi da galantuomini. La prima parte di questa espressione è entrata nel linguaggio comune tanto da essere ancora oggi utilizzata. Si perse ben presto l'ultima parte (e forse dovremmo chiederci perché), ma qui riportata nella sua interezza come augurio alla nostra scuola di non essere solo dispensatrice di conoscenze ma anche luogo per la formazione dei cittadini. I valori della Costituzione siano oggi la bussola di questo impegno, valori che hanno le loro radici profonde tanto nella Resistenza quanto nel Risorgimento. Quel patrimonio di idee è giunto quindi fino a noi, ancora una volta è la scuola tutta che è chiamata a trasmetterlo e a interpretarlo.
Certo l'Italia, come molti altri paesi, oggi deve ancora affrontare e risolvere tanti problemi, a volte davvero molto gravi, come la criminalità organizzata, la corruzione del mondo politico, la speculazione edilizia e la devastazione del territorio, la disoccupazione giovanile e l'immigrazione clandestina, solo per citarne alcuni. Ma questi problemi non sono certo conseguenza dell'unità nazionale, che è un processo storico irreversibile conclusosi ormai tanto tempo fa. Solo chi non conosce questa storia può pensare che il fatto di essere italiano costituisca la vera spiegazione di ogni nostro difetto e di ogni nostra difficoltà. Caso mai, invece, è uno dei nostri punti di forza, costituito della grande maggioranza dei 60 milioni di cittadini che ancora vogliono crescere nella pace, nella cooperazione internazionale, nella conoscenza, nel benessere e nel rispetto di tutti.
Mi piace pensare che se Camillo Benso di Cavour fosse qui con noi ci inviterebbe a pensare con intelligenza e a lavorare duro e seriamente per affrontare le questioni, come lui fece; se ci fosse Giuseppe Garibaldi, ci spingerebbe ad agire senza egoismi e chiusure, con passione e con ardore giovanile. E mi piace pure credere che sia questa l'eredità più bella del nostro Risorgimento, nella più piena accezione del termine, sia ieri come ancora oggi.
La 'ricreazione' (anche questa nella sua più piena accezione!) è finita.
Buon anno scolastico a tutti coloro, piccoli e grandi, per i quali... suona la campanella!
* Insegnante e Scrittore
----LETTERA APERTA ALL' ATTORE PHILIPPE NOIRET
"Quando la spieghi la poesia diventa banale, meglio di ogni spiegazione è l'esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia a un animo predisposto a comprenderla. " - Philippe Noiret/ 'Pablo Neruda', dal film 'Il Postino' .
Caro Noiret, è passato un ventennio da quando sei venuto a Salina per impersonare il poeta cileno Neruda nel film 'Il Postino', accanto a Troisi, e tra le varie commemorazioni celebrative legate a quel film/ evento che in quell'Isola si sono svolte, sia l'anno scorso che quest'anno, ho potuto constatare tristemente la totale indifferenza verso di te sia pur Attore di talento riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo in virtù del quale hai dato anche un notevole e prezioso contributo alla riuscita realizzazione artistica e culturale di quel film capolavoro.
A seguito dell'enfasi mediatica data alle manifestazioni svoltesi questa estate 'pensavo che fosse amore e invece è stato solo... un calesse!' Evidentemente le vie dell'ignoranza (e dell' ingratitudine) sono infinite. E perciò, in previsione futura, per quel che mi riguardi, converrà che io mi attrezzi all'uopo data la ben dimostrata c ertezza storica che al peggio non c'è mai fine.
Ti confesso che, culturalmente parlando, da pollarese/salinese (molto più di quanti lo siano per nascita e/o per residenza) mi sono sentito preso in giro da un manipolo di 'obesi di panza' e 'sedentari di mente', convinti che bastino delle bottiglie di malvasia 'tagliata' e manifestazioni notturne con 'stelle' cadenti accaldate e la pelle a buccia d'arancia per fare 'Cultura'.
Mi sono convinto che di tutto quel 'can can' non rimarrà nulla e non vi sarà alcuna ricaduta positiva se non il solito notevole flusso inebriante di denaro e la perdita di quegli ultimi rimasugli di identità culturale, la più importante risorsa di autentica attrattiva turistica per la quale e attorno alla quale dovrebbe essere improntata e pianificata ogni azione volta alla oculata amministrazione e lungimirante gestione a salvaguardia del patrimonio etno-storico- geografico della comunità e dell'isola insieme... sempre ché, nel frattempo, non siano già state perse le 'reti' e non si stia andando alla ricerca dei 'sugheri' , come si è già verificato altrove nell'arcipelago eoliano.
Caro Philippe, nell'io più profondo della mia anima salinese e delle mie radici pollaresi, mi sento davvero umiliato e mortificato per come sei stato ingiustamente trattato e volutamente ignorato (non potevano non sapere!) e ti chiedo scusa a nome di quei genuini salinesi che ancora ritengono di qualche utilità valori come la 'gratitudine' e la 'riconoscenza'... e voglio credere, voglio sperare, che di tali salinesi ve ne siano ancora nonostante l'assordante silenzio, i 'vulìmuni beni' e il capo chino a quanto viene propinato. Parbleu, che brutta figura che hanno fatto! Mon Dieu, gongolano quando dovrebbero solo vergognarsi! Che grande occasione... mancata!
Philippe, non possiedo niente (e forse è meglio, non potendo portarmi dietro nulla se non il ricordo affettuoso delle persone sempre care che mi hanno amato e rispettato e che ho cercato sempre di ricambiare) ma per ringraziarti dell'onore che ci hai concesso di venire fino a Pollara, a calcare i suoi sentieri e la sua spiaggia, annusare gli odori marini di salsedine, di ginestra, di assenzio ed euforbia, e i canti diurni delle cicale e quelli notturni dei grilli, e i gechi appostati nelle crepe dei muri, e le grida dei gabbiani al largo del Faraglione, gli stessi luoghi e le stesse atmosfere che popolano ancora la mia anima, ho deciso di dedicare e intestare alla tua memoria uno dei luoghi più belli di Salina, situato in prossimità del 'Semaforo' (dove non riuscendovi a demolirlo le cannonate delle navi inglesi vi sono riusciti l'incuria di un 'demanio' latitante e il menefreghismo storico/culturale della Salina 'spocchiosa' e 'piaciona', intendendo dire 'quella che piace alla gente che piace', con buona pace di tutti).
In una pagina del mio ultimo Romanzo ambientato quasi interamente a Salina, i due protagonisti (un Uomo maturo e una giovane Donna) decidono di andare al "Belvedere Noiret" (è questo il nome di quel luogo che ti ho dedicato e intestato) dove in quell'incantevole spiazzo, in una notte stellata, si concedono un ballo. Così, a futura memoria, e in tuo onore, il tuo nome sarà legato per sempre a quel luogo mediante 'una pagina' della mia narrazione. Non è molto... ma il poco del giusto è desiderabile. E da uomo maturo sarai senz'altro d'accordo sul fatto che è sempre preferibile un piatto di verdura dove c'è rispetto, apprezzamento e riconoscenza, anzi ché un toro ingrassato in mezzo a ll'invidia, la gelosia e l'indifferenza.
Caro Philippe ho sempre apprezzato i tuoi film, ma ancor più le tue doti umane e l'essere davvero una persona 'per bene'. Ogni volta che ti si (ri)vede c'è sempre da rimanere ammirati e conquistati. In realtà ti definivi "un saltimbanco che ama la comodità", ma dietro quella maturità e la silenziosa determinazione con la quale affrontavi le immense e infinite difficoltà di un 'personaggio', c'era il talento di chi ha continuato a servirsi del suo volto e di un fisico assolutamente comuni per costruire personaggi che sono stati in grado di entrare nella storia del Cinema.
Un uomo che ha portato in trionfo la Settima Arte dal punto di vista dell'uomo comune, alla cui radice vi era il tuo grande amore er il Teatro, alternandovi prosa e cabaret, sostenendo con successo anche ruoli drammatici, riconfermando le tue capacità di finissimo e acuto cesellatore di personaggi profondamente umani, dimostrando nel contempo di possedere grandissime doti comiche, fino ad arrivare al tuo ruolo più bello ed edificante, quello del gigantesco 'Alfredo' nel capolavoro di Giuseppe Tornatore 'Nuovo Cinema Paradiso', dove ti sei adattato al ruolo della figura paterna di un piccolo orfano, 'Totò',comprendendolo anche nel più sottile dettaglio e lasciandogli in eredità qualcosa che ha del soprannaturale: la passione oltre ogni limite per il Cinema.
Benvenuti quindi i giusti riconoscimenti di pubblico e di critica, i due premi César vinti come miglior attore per i film 'Frau Marlene' e 'La vita e nient'altro', per i quali hai vinto anche due premi 'David di Donatello' come miglior attore straniero, e importante nella tua carriera è stata anche la collaborazione con Massimo Troisi, con il quale hai condiviso il set dell'intenso 'Il Postino', che ti valse una nomination all'Oscar come miglior attore non protagonista, con Massimo doppiato dal grande Robert De Niro nella versione americana! E da ultimo, ma non per questo meno importante, l'onorificenza della 'Legione d'Onore', essendo stato uno dei più grandi attori del cinema francese in campo internazionale. Non avevi la rabbia repressa del ribelle Michel Piccoli e neanche il mistico romanticismo di Trintignant anche se appartieni alla stessa generazione. Ma l'aria bonaria da nonno e la signorile apparenza ti hanno dotato di una seduttività di cui lo schermo si è nutrito come 'pane' e noi siamo stati gli affamati.
Ma tutto ciò, e quant'altro ancora, è stato considerato come nulla dalla 'crema' rancida dei tantissimi fini e arguti intellettuali salinesi, sempre disponibili e pronti ad 'apparire' e affollare 'i salotti buoni'. Cos'altro dire nel ringraziarti ancora e salutarti caramente con ammirazione sincera e la mia stima affettuosa?
Culturalmente e figurativamente parlando la bella stagione è finita: le giornate si sono accorciate, c'è meno luce e si sta facendo notte...
Adieu, mon aimable Monsieur Philippe, on plutòt au revoir!... Accenderò la TV e guarderò un bel film!
---Lettera Aperta a Massimo Troisi, 'con conoscenza' a sua Sorella Rosaria.
Carissimo Amico, non era mia intenzione scrivere, ma questa volta lo faccio non "per distrarmi
un po'... E siccome sei molto lontano più forte Ti scriverò' ! "
Dato che tu, Caro 'Postino', hai la facoltà di aprire le lettere, tenuto conto che nelle buste vi è
un 'lato aperto per ispezione postale', la invio già direttamente aperta, 'con conoscenza' a tua
sorella Rosaria.
Caro Massimo, come senz'altro saprai - da Postino, sia pur 'da quando sei (di)partito' - dopo un
ventennio, questa estate a Salina, e in particolare a Malfa, vi si sono svolte alcune lodevoli e
meritorie manifestazioni culturali per ricordare e commemorare la tua persona e il tuo grande
naturale talento, oltre al 'dono' prezioso che hai fatto e lasciato in eredità alla comunità isolana.
Come diciamo noi, qua, "tuttu è bonu e binidittu".
Ma l'anno scorso, in estate, ci aveva già pensato Santa Marina a 'ricordarti', onorandoti in
'retrospettiva' con una garbata e toccante manifestazione in tuo onore, con la gradita ed
elegante presenza di Mariagrazia. Manifestazione gradevole e ben riuscita nei suoi intenti
celebrativi, e anche quest'anno mi sarei aspettato che in quella stessa piazzetta 'gli stessi'
di Santa Marina avrebbero dato ulteriore continuità organizzando un concerto dal vivo delle musiche del tuo 'Film' con una orchestra/ensemble diretta dal Maestro Bacalov in persona.
Certo tutto ciò, come tutti gli eventi ricchi di contenuti e di grande spessore culturale, avrebbe comportato un notevole dispendio di energie e di risorse, ma sarebbe stata anche una eccellente maniera di ricambiare il 'dono' che hai fatto. Ma forse 'un ci arrivaru' c'a testa',
o forse, come ho sentito dire, ma potrebbe essere una malevola diceria dettata da un pizzico di invidiosa gelosia, che 'qualcuno' di Malfa abbia intimato "Chi nìcchi e nàcchi!...Massimu Troisi cosa nostra è! Spiegatu mi sono, ah?" Ma sono convinto che a questa 'dimenticanza',
anche spendibile nel piano dell'offerta turistica, 'quelli' di Santa Marina sicuramente ovvieranno il prossimo anno, essendovi più tempo per gli aspetti organizzativi, tecnici e logistici... e la pianificazione delle risorse economiche che un evento di tale portata e spessore culturale
comporta. Cosa non si farà per Te? E quì lo dico e... non lo nego! Penso pure che a te non dispiacerebbe se lo stesso concerto, con la stessa orchestra/ensemble diretta dallo stesso Maestro Bacalov, e magari aggiungendovi una 'guest star' che canti la canzone 'Madreselva'
alla maniera di Carlos Gardel e una coppia di tangueros che coreograficamente la danzi in costumi argentini, il prossimo anno si terrebbe anche nella incantevole località 'naturale' di Pollara, sul sagrato della splendida cornice della chiesa di Sant'Onofrio, dentro quell'arena
naturale del Monte dei Porri e davanti alla vastità del mare che tanto ispirava Neruda.
Sarebbe ancor più bello. poi, se quel concerto/evento venisse ripreso da una troupe televisiva o cinematografica, magari con Michael Radford alla regia, trasmesso via satellite in tutto il mondo e realizzare un DVD di quell'evento che i tre Comuni isolani potrebbero produrre in
sinergia, da promuovere e diffondere come un genuino e autentico 'prodotto locale' nonché un affascinante 'biglietto da visita' spendibile in termini turistici e culturali!
Ci pensi, Massimo? Sono sicuro che ci avrai pensato anche tu, da quel visionario che sei stato, con la capacità che hanno i veri Artisti di guardare lontano, nel tempo, oltre l'ovvio, più oltre del quotidiano, ogni volta che sei passato davanti a quella chiesa che, lontana dai frastuoni, continua a diffondere quiete, serenità, intimità, introspezione e spiritualità. Ma queste cose le hai vissute e le conosci molto bene. Se solo tu ne avessi avuto il tempo... ma con te esso è stato un vero tiranno!
Ma c'è una cosa che voglio dirti e che mi ha addolorato non poco. Nessuno ha voluto commemorare il grande Philippe, né dedicargli o intestargli alcunché, forse per ignoranza o sempliciona superficialità, e perché la vista della gente giusta nei posti sbagliati ha sempre
orizzonti molto ristretti. Mi ha addolorato ancor più la mancanza di rispetto nei tuoi confronti, verso i tuoi sentimenti, l'indifferenza col quale è stato ripagato Philippe, che tu amavi e tanto apprezzavi al punto da volerlo nel tuo Film... Ricordi?... Le lunghe passeggiate sulla spiaggia
di Pollara che rafforzavano il vostro legame... Neruda/Noiret che passeggia sulla spiaggia, ricordando l'Amico/'Postino' al quale, pur inconsapevolmente, aveva cambiato la vita, e forse, almeno in parte, la cosa era stata reciproca.
A pensarci bene non apprezzando Lui, indirettamente hanno mostrato nulla o scarsa sincerità nei tuoi confronti e stimando come di alcun valore la bontà dei tuoi sentimenti e la genuinità che tu hai manifestato nei confronti di quel grande Artista che dovunque ha sempre brillato di
luce propria. e che portandolo con te a Salina hai fatto un altro grande 'dono' ma che per spocchia inconcludente non è stato apprezzato.
E allora, Massimo, mi viene il sospetto che fra le tante commemorative disquisizioni dotte vi siano state pure quelle di coloro che si sono serviti di te e della tua Opera solo per esibire sé stessi, un goffo e maldestro tentativo per dimostrare a sé stessi e agli altri di essere vivi
culturalmente, bacchettoni onnipresenti nei salotti buoni e che contano, essendo maestri del dolce dir niente, gente che non ha un pensiero e niente da dire e lo sa dire molto bene.
Non riconoscere e non voler vedere nel tuo Film il ruolo di Noiret è una grande dimostrazione, quantomeno, di strabismo culturale e disonestà intellettuale.
E al riguardo è tristemente eloquente anche l'indifferenza e il silenzio/assenso della Signora Cucinotta, pienamente disponibile col suo 'imprimatur' e sempre pronta a rubare la scena e qualche spot per quella che Francesco Guccini definisce "una gloria da stronzi! "
E allora guardo e leggo con sospetto quelli che scrivono 'a vànvera' un cumulo di sciocchezze autocelebrative, o dissertano, su di te e il film, senza neanche avere letto il libro né la biografia del percorso esistenziale di Neruda (perché, come mi disse un giorno 'Donna Elvira' alla Sellerio di Palermo, "Cosa vuole, Signor Famularo?... Noi non abbiamo una 'Collana di Poesia' per il semplice fatto che i libri di poesia non si vendono... L'Italia è un popolo di poeti!" - " Meglio poeti che fascistoidi catto-comunisti", le dissi io, "che con la 'foraggiata' supremazia della cultura 'di sinistra', che veri e propri scempi nelle coscienze di tanti ha impunemente compiuto, tanti editori comodamente 'a sinistra', come Lei, si sono fatti 'i pìcciuli'! ").
E se fosse così, Massimo, allora un buon modo di rispettarti e onorarti sarebbe stato quello di tacere e di ascoltare (quello che non sanno fare) ancor prima di scrivere o di parlare.
E in tal caso avrei taciuto volentieri anch'io.
Sai, ogni volta che rivedo il Film, individuandovi sempre elementi nuovi e nuove chiavi di lettura su quello smisurato universo costituito da una geografia e intricata selva di sentimenti, relazioni umane e genuina poesia, o che osservo le immagini che ti ritraggono insieme a Philippe, non mi vergogno di dirti che mi commuovo perché dalle vostre espressioni e dalla vostra gestualità riesco a discernere il feeling e la grande tensione e carica umana che caratterizzava il vostro rispettoso rapporto, la vostra recitazione e il vostro geniale talento.
Grazie, Massimo, e grazie anche a Philippe, che ha creduto profondamente nel tuo 'Progetto' e con la vera umiltà degli Uomini Grandi vi ha profuso tutto sé stesso.
Con i miei più ammirati e sinceri complimenti. Sarete sempre sempre sempre fra noi!
*Insegnante e Scrittore
---LA 'CASA ROSADA' - A Pablo Neruda e a Philippe Noiret
Dalla casa Lui stava a guardare i gabbiani,
contemplava il cielo forse pensando al domani;
se ne stava seduto sulla riva del mare
con la mente perduta nel suo fantasticare.
Il Poeta amava sognare perché
con i sogni voleva parlare di sé;
il Poeta scriveva e parlava alla luna
e il tempo passava con alterna fortuna.
Poi un giorno di vento si stancò di sognare,
se ne andò come il tempo dal suo paese di mare;
e la vita ogni tanto ci prende per mano
e infrange un incanto e ci porta lontano.
Il Poeta scompare dai confini del cuore
e negli occhi rimane solo una casa di mare;
il Poeta diventa parte della memoria,
nella mente rimane la sua bellissima storia.
NOTA: La poesia/canzone La 'Casa Rosada' è un ammirato omaggio al Poeta e premio
Nobel Pablo Neruda e all'Attore Philippe Noiret che ne interpretò magistralmente la figura
e ne immortalò la 'Casa', la casa del Poeta, nel film 'Il Postino', per il quale ebbe una
nomination all'Oscar come miglior Attore non protagonista.
Il testo unisce liberamente elementi biografici del Poeta Neruda, elementi del suo impegno
civile a favore della Libertà, ed elementi ben evidenziati nel Film di Massimo Troisi.
ALLE 'BALATE' DI POLLARA
Alle 'Balate' di Pollara
la giallastra scogliera di tufo
si offre alla visione
variegando i suoi ritmi e colori
all'infinito.
Affascinata per il vagare del sole
dall'alba al tramonto,
persa in evanescenze argentate
quando la Luna percorre
e chiama a sé il Mare.
Lì insistono ancora,
sul 'Perciato' e la scogliera,
i voli eleganti
degli ultimi rapaci
che nidificano sulle falesie.
Aggirandosi in questa terra d'acqua
i miei ricordi frugano
tra gli anfratti di roccia
prestando attenzione
a non fare alcun danno.
.
P. S. - 'Alle Balate di Pollara'... Quando l'ho scritta pensavo al mio cane 'Jim', che negli anni della tenera infanzia mi accompagnava nelle 'scorribande' pollaresi. Lo rivedo ancora sulla punta estrema delle 'Balate' latrare e guaire, lanciarsi in acqua e tornare a riva, mentre il 'rollo'
prende il largo per condurre noi passeggeri a bordo della 'Panarea' (o della 'Eolo') proveniente da Alicudi e Filicudi. Ripartendo, per giungere infine a Lipari, da lontano vedevo Jim sempre più piccolo, una minuscola 'macchia' color nocciola, fino a scomparire alla vista... ma tutt'ora
sempre presente nei miei ricordi e nei miei affetti.. Caro vecchio Jim... eri già il mio 'Argo' e io lo compresi solo tanti anni dopo!
( Il testo è tratto da ' IL SALE DI DYDIME ', una mia opera monografica dedicata all'isola di Salina, ormai vero e proprio luogo dell'anima al quale tornare nei miei momenti di introspezione, sentendomi davvero come 'a casa'. )
---TEMPI MODERNI
'Na vota 'un c'era nenti, sulu pochi distrazioni,
ma si era chiù cuntenti, senza tanti fissazioni.
Puru 'a vita era tritrigna a 'ddi tempi di 'na vota,
si 'iucava cu' du' ligna e lu circu' di 'na rota.
Oggi, 'nveci, tanta genti hàvi i so' divirtimenti,
vìu ch'un ci manca nenti eppuru pàrunu scuntenti.
Per esempiu 'i carusi sunnu scarti e 'ntelliggenti,
fannu puru i schizinusi e hannu tuttu tempu nenti.
Ma si stàncanu 'nt'a nenti, 'ccuntintarli nun si ponnu,
cosi novi hannu 'nt'a menti e nun sannu qiddu chi vonnu.
'Na vota si manciava pani cuottu e niputiddàta
e cu' nenti si campava e 'a saluti era rinfurzata.
Ora i cibi sunnu beddi, chiù puliti e raffinati,
simu cumu 'i purceddi suvrappisu e 'ngrassati.
Ccussì oggi divintammu boni amici di' duttura,
'nt'e 'spitali aspittannu chi ni dùnanu 'a cura.
Simu sempri sutta stressu e cadimu in depressioni,
ni purtamu dintra 'u cessu 'nu giurnali pi' distrazioni.
Simu sempri assicutati da la préscia e da 'li 'mpegni
e lu tempu è decurtatu da la vita chi si spegni.
A 'stu puntu arrivati cu' li sforzi e lu progressu,
pro e contru suppisati ci hàvi statu 'nu regressu?
Vistu e cunzidiràtu chi ognunu voli 'u mègghiu
si iò penzu a lu passatu nun si stava tantu pèggiu,
si iò vardu a lu passatu forsi nun si stava pèggiu.
FUGA DEI CERVELLI
"Carpe diem!"
Fìgghiu mia, Fìgghiu mia, 'un fàriti fùttiri da' nustalgia!
Ciàtu mia, Coruzzu beddu, vattìnni luntanu cumu 'n acèddu!
'Un pèrdiri tempu cu' li fissarìi iènnuci arredu a li fantasii,
a 'stu munnu chi vàci alla liversa lèggiri versi 'un c'interessa!
Visti chi nuddu po' sapìri 'u dumani t'avissi a manciàri 'u munnu ch'i mani,
nun 'ghiri tantu pi' lu sottili sinnò ti fannu lu "pisci d'aprili"!
Tempu nun èsti di fari 'poesia', 'nt'o munnu c'è troppa 'filusufia',
c'è puru abbunnanza di 'littiratura' pirchì 'cani e porci' ora fannu 'cultura'!
Fìgghiu mia, Fìgghiu mia, 'un t'a pigghiàri si parlu accussìa,
'u fazzu sulu p'amuri tua, pi' tuttu lu beni chi vògghiu a tìa!
'Un pèrdiri tempu c'a pinna 'nt'e mani chi prima chi penzi arriva 'u dumani,
dàtti da fari e varda in avanti sinnò tu resti ch'i mani vacanti!
Ciàtu mia, Figghiùzzu beddu, spirisci veloci cum'un aceddu,
fuitìnni luntanu cumu lu ventu fintantu chi c'èsti ancora lu tempu!
Vattìnni luntanu e nun ci turnari, nemmeno di mia tu ha' dumannàri!
'Sta terra è pigghiàta cumu di spami e... qà ci su' ormai sulu vecchi fantasmi!
' UN VIAGGIO '...
Tra Musica e Canzone d'Autore
FRUTTI DI STAGIONE
T'innamorerai di me? Di me che adesso sono
come un ciliegio in fiore e sazio di stagioni?
T'innamorerai di me? Di me che per te sono
un rifugio per celare dal vento e il temporale?
Son tante le stagioni che mi hanno attraversato
e tu sei come un fiore che io coglierò,
e ti proteggerò all'ombra dei miei rami.
T'innamorerai di me,
di un amore fatto
di parole e seduzione,
ed io non so che dirti,
non so che cosa cerchi
e posso solo darti,
io posso solo offrirti
i miei frutti di stagione.
M'innamorerò di te? Degli occhi tuoi puliti
e mi conquisterà la dignità del tuo cuore?
M'innamorerò di te? Di ciò che tu sei dentro
e mi arrenderò alla forza dell'amore?
Io ti proteggerò e ti difenderò,
e io ti sosterrò per non cadere mai,
se a me ti appoggerai delusa non sarai.
M'innamorerò di te,
di un amore fatto
di parole e seduzione,
e ora so cosa dirti,
io so che cosa cerchi,
e voglio solo darti,
io voglio solo offrirti
i miei frutti di stagione.
AL NOSTRO AMORE
Voglio cantare l'amore come non ho fatto mai,
voglio usare parole che non ti ho detto mai,
e raccontarti le mie notti e i silenzi che non sai.
Voglio toccare il tuo cuore come non ho fatto mai
e incidere chiaro il mio nome per non svanire mai,
e pronunciare sempre il tuo nome per non scordarlo mai.
Ah!, L'amore, l'amore, cosa ne è stato del nostro amore?
E il tempo, il tempo, cosa ne è stato del nostro tempo?
Voglio scrivere la canzone più amata,
più ascoltata e più cantata,
accompagnando la mia voce con le note di una chitarra,
la canzone che vorrebbe fermare il tempo dell'amore,
la voce che canta contro ogni paura di separazione,
l'amore che vorrebbe sempre il restare qui,
il restare insieme anche senza parole,
perché nell'amore tutto il corpo, i gesti e tutti i sensi
si fanno eloquenti più delle parole, più di mille parole.
Voglio cantare come non ho fatto mai
ogni mia canzone che ascolterai
e spiegarti ogni parola che non sai.
Voglio inventare parole che non ti ho detto mai
per parlarti come non ho fatto mai
e rivelarti ogni mio segreto che non sai.
Ah! L'amore, l'amore, questa 'follia dei saggi e saggezza dei folli'
e quel tempo, il nostro tempo, perché non ritorna?
Voglio scrivere parole nuove,
parole pazze ma non insensate,
parole che tentano di dire l'indicibile degli amanti
che vedono il fuoco e nel fuoco ardono,
parole che celebrano il rinnovarsi dell'amore
e impediscono ogni eventuale usura,
ogni possibile stanchezza, con la loro dolcezza,
parole che scaldano il cuore e fugano via ogni male interiore
e fanno bene all'amore, al nostro amore.
NOTA: Questo mio 'Viaggio... tra Musica e Canzone d'Autore' termina qui.
Le mie canzoni sono un pò come delle barche: se le ho 'costruite' bene
saranno in grado di prendere 'il largo' e viaggiare anche nel mare del tempo,
dato che quando si compone e si scrive lo si fa pure a 'futura memoria'.
Alle Scuole Medie la mia professoressa di Musica, Linda Marchese, mi ha
insegnato che "la buona musica ingentilisce l'animo". Nel mio caso riconosco
che è stato così. Quindi, qualunque sia il genere musicale preferito, fate
sempre in modo che la buona musica riempia e colori la vostra vita, nel
quotidiano, da soli o con altri, come una amabile Compagna e un gradevole
'Elisir' di 'musico/terapia', un'efficace medicina per la cura dell'anima.
Buona musica e buone canzoni a tutti.
' UN VIAGGIO '... Tra Musica e Canzone d'Autore.
MARIA DI MARE
Quello che non ti ho detto
l'ho scritto tante volte
ma Tu non lo saprai
perché le mie lettere
non le ho spedite mai.
Quello che non ti ho detto
te lo può dire il mare
se solo scendi giù
lì alla scogliera
e attendi la marea.
Stella di mare fammi sognare,
Brezza di mare fammi volare,
fammi dimorare nel tuo porto tranquillo
dove ammainare le vele
e posare il mio capo sul tuo cuore.
Sei stata sempre qui
nascosta nel mio cuore,
sempre attaccata addosso
come una seconda pelle
o come un dolore.
Ora che se n'è andata
anche la nostra estate
non so come sia stato
che io ti ho perduta
e Tu mi hai dimenticato.
Labbra di ambra fuga queste mie ombre,
Occhi ossidiana quanto sei lontana
come quella nostra ultima sera d'estate
quando noi ci siamo lasciati e ci siamo perduti
e mai più ritrovati.
Stella di mare fammi ancora sognare,
Brezza di mare fammi ancora volare,
fammi riposare nel tuo porto tranquillo
dove ammainare le vele
e posare il mio capo sul tuo cuore.
SE SOLO TI RICORDASSI DI ME
Se solo ti ricordassi di me,
se solo ti ricordassi di me, Amore mio
allora anche solo il tuo pensiero
basterebbe a scaldare anche questo cuore mio.
Se solo ti ricordassi di me
quando cerchi un uomo al tuo fianco, che non c'è,
allora se solo tu chiamassi il mio nome
dovunque tu sia lì da te io verrei.
L'immagine di te
è diventata la mia
compagna di notte,
mi segue in silenzio
dovunque io vada...
Amore, il mio tempo si consuma
nell'attesa di te,
se solo ti ricordassi di me.
Chissà come trascorri il tuo tempo
e dove tu volgi lo sguardo, Amore mio,
a chi fai dono del tuo sorriso
e della musica della tua voce, Respiro mio.
Vorrei stringere le tue mani
e tenerti qui sul mio cuore, Donna mia,
e non lasciarti più andare via
perché ormai per sempre tu sei la Vita mia.
Mi manca il tuo viso,
i tuoi occhi, il tuo sorriso,
mi manca tutto di te,
la tua voce, i tuoi gesti,
la Donna che c'è in te.
Amore, il mio tempo si consuma
nell'attesa di te,
se solo ti ricordassi di me.
AUGURIO SPECIALE.
Anche se con qualche giorno di ritardo dedico al sempre caro Maestro Giovanni Giardina il testo di una mia canzone in lingua 'Siculo/Eoliana'.
'A Musciarìa
Oggi nun stàiu beni dintra lu cori mia,
mi sentu senza forzi cu' 'na strana malatìa;
mi sentu puru 'i supra un pò d'ipucundrìa,
mi sentu tuttu moddu e un pò di musciarìa.
Oggi nun haiu vògghia nemmenu 'i fari nenti,
vògghiu ristari sulu e nun vìdiri la genti;
quannu chi mi succedi di èssiri accussì
nun sàcciu mai capìri qual èsti 'u pirchì.
Mi sentu giù di corda cumu 'na scarpa vecchia,
cumu 'nu pisci lessu cu' l'occhi di 'na prècchia;
si provu a reagìri mi sentu puru mùnciu,
scusàtimi, pi' favuri, nun tinìtimi lu fùnciu.
Si mi cunzìdiràti purtàtimi pacienza
pirchì lu me' problema nun è cosa di la scienza;
qistu mi succedi quannu forsi cància 'u tempu
o forsi sunnu l'anni chi cùrrunu cum'o ventu.
LA RISPOSTA DEL MAESTRO.
di Giovanni Giardina
Mio caro Antonio, ti ringrazio di cuore. Se tu non lo sapessi tra noi, oltre ad esserci una lontana parentela c'e' anche una grande vocazione, quella della musica e della poesia. Anche tu mi chiami maestro? E allora tu cosa sei un genio? Io seguo sempre le tue bellissime opere e ho avuto modo di apprezzarle, ma visto che tu sei ancora giovane e sai suonare anche la chitarra, mi sarebbe piaciuto che i testi delle tue canzoni le registrassi e le facessi anche ascoltare con la tua voce, sono sicuro che sarebbero state piu' gradite e apprezzate. Ti ringrazio infinitamente perche' anche tu sei un autentico Eoliano, uno tra quelli che un domani lascera' tracce della nostra terra e della nostra cultura . Auguri.
--' UN VIAGGIO...'. Tra Musica e Canzone d'Autore.
INNAMORATI A VULCANO
(da... Innamorati a Milano )
Sapessi com'è strano
sentirsi innamorati a Vulcano... a Vulcano,
all'ora del tramonto
nel porto di Ponente
tra la gente... tanta gente...
Sapessi com'è strano
darsi appuntamenti
a Vulcano... a Vulcano,
al 'Bar da Remigio',
al molo o in pizzeria,
che pazzia... che pazzia...
Eppure in questo posto incredibile
Tu mi hai detto "Ti amo",
Io ti ho detto "Ti amo"...
Sapessi com'è strano
sentirsi innamorati
a Vulcano,,, a Vulcano,
alle 'Sabbie Nere'
sotto il cielo di Ponente
tra la gente... tra la gente.
N. B. - Le parole originali sono di A.Testa e la musica è di M. Remigi.
In questa bellissima canzone degli 'Anni '60' è stato intrigante giocare
con le parole: le 'assonanze/consonanze e le 'circostanze/distanze.
E' un mio 'divertissement' estivo.
IERI
( Yesterday )
Ieri
tutto mi sembrava facile,
le amicizie, il tempo libero,
e pure Lei negli occhi miei...
Subito
senza una parola se ne andò,
mi lasciò con tutti i miei 'perché?'
e io non la rividi più.
Ormai tanto tempo è passato su di noi,
chissà, forse siamo passati solo noi...
Ieri
sono poi tornato a vivere
dando un senso alla mia vita,
ai giorni miei senza di Lei...
Oggi
improvvisamente Lei
mi è ritornata in mente
ed era come fosse ieri...
Oh... Ieri...
P. S. - Lo so... Ci voleva davvero una gran faccia tosta (come la mia)
a fare il '45 giri / lato B' di una fra le canzoni più belle ed 'evergreen'
che il 'beatle' Paul Mc Cartney abbia composto!
I 'puristi' dei 'Fab-Four' non me ne vogliano!
Con la scusa della canzone la mia 'versione italiana' è un velato
omaggio ad un certo 'sentire' giovanile degli Anni '60, dei quali
le canzoni dei Beatles furono parte della 'colonna sonora'.
Mi ricordo ancora di 'Monja' e 'Santo Domingo', sognanti e dalle
sonorità hawayane... 'Celeste', col suo intermezzo recitativo, o 'Amo',
fra le tante del bravissimo e indimenticabile cantautore Adamo...
In quegli Anni i dischi in vinile a '45 giri', inseriti nel 'Mangiadischi',
li ascoltavamo in spiaggia e le loro accattivanti copertine se ne stavano
in bella mostra sui teli o sulla sabbia del lungomare di Marina Lunga.
E ricordo i primi gruppi musicali che cominciavano a formarsi a Lipari,
le interpretazioni di Bartolino Giardina, indimenticabile Voce, del quale
amavo, alla chitarra, l'impostazione tecnica della sua diteggiatura alla
mano sinistra, la sua simpatia e la sua genuina carica umana.
Una persona amabile e un sensibile musicista.
---UN VIAGGIO...'
Tra Musica e Canzone d'Autore .
GIORNI DI IERI
Oggi mentre stavo in stazione ad aspettare il treno
ti ho intravista in mezzo ai miei pensieri,
mi è sembrato strano e bello rivederti lì...
Mi son ricordato di quegli anni in cui giocavi a far la donna,
gli anni della scuola con i libri sottobraccio
e le musiche dei Beatles nei juke-boxe...
Tanti anni fa come fosse ieri,
tanti ricordi, mille pensieri,
come scene in un vecchio film,
come foto in un album di fotografie.
Tanti anni fa... visti da qua.
In questa città piena di macchine e di gente che va in fretta
scopri come il tempo vola e cambia tutti noi,
ci guardiamo negli specchi dentro i bar...
Mi sono scoperto di sorridere ad un vecchio manifesto,
poi a un bambino che piangeva ho detto 'Ciao!
Nella mente affiora un mondo andato via...
Nostalgia di casa mia,
di vecchie voci, vecchie canzoni,
le prime chitarre, le prime emozioni,
le facce al sole bruciate dal sale del mare.
Nostalgia... portami via.
Dentro questo treno che va in fretta scorre il mondo intorno a me,
corre come un pazzo nella notte.
Ti ripenserò alla prossima fermata...
Chiudo gli occhi, spengo i pensieri,
non voglio pensare ai giorni di ieri
INTERREGIONALE VENEZIA - BOLOGNA DELLE 14,43
L'inverno insisteva ancora quel pomeriggio del 1° febbraio,
il treno che s'inoltrava nella pianura coperta di neve;
e lontano s'intravedeva un vago accenno di primavera,
un cielo limpido come il mare e un sole che non scaldava ancora.
E noi dietro il finestrino ad annodare il filo dei pensieri
provando a indovinare le nostre identità,
confusi tra la gente e i silenzi del nostro cuore,
e il tempo scivolava come il treno sui binari
e si portava via quella nostra intima magia.
Profumo di terre lontane fra i suoi capelli rosso scuro ondulati,
labbra rosse come coralli e mani morbide e ben curate;
negli occhi suoi puliti un'impalpabile malinconia,
forse in cerca di quelle certezze che la vita si porta via.
E noi intenti a costruire una complice intimità,
immersi in quell'atmosfera di profonda serenità
ci saremmo raccontati le nostre vite vissute.
Poi il treno si fermava alla stazione di Ferrara,
lei scendeva e mi salutava, "Buona serata!" mi augurava.
Quanta strada ancora davanti, quanti binari da percorrere ancora
su quel treno che procedeva e si lasciava ogni cosa dietro.
Quanto tempo ancora davanti, quanto vento freddo sulla faccia,
quante distanze da percorrere soli e di quel viso resta ancora la traccia.
Dove te ne sei andata quel pomeriggio di febbraio?
Da dove venivi e dove te ne andavi,
mia compagna di viaggio... un viaggio di sola andata.
E io che ti ho perduta, io che ti ho lasciata andare,
per quei momenti di poesia ti vorrei ringraziare.
E io che ti ho perduta, io che ti ho lasciata andare,
per quei momenti di magia come ti posso ringraziare?
Progetto 'UN VIAGGIO...' - ...Dalla Musica Popolare alla Canzone d'Autore.
JENNIFER C.
I can see the sea from here, from my home,
ships sailing from the harbour to their lands,
seagulls flying in the wind across the sky,
and I can see your eyes closing mine.
How many years are gone
and so long time away,
our young faces sealed
by tears and loneliness,
how many evenings waiting
your knocking at the door,
how many nights awake
to see you coming back.
Now in the sky the clouds slide away,
no one ship by now will take you back again,
so I realize the season of love is gone away,
your words and laughs to me slide in my mind.
How many roads I ran
going against the wind,
how may people seen
searching for your face,
how many times wishing
to hear you call my name.
You are so far away
and all of our time is gone,
you are gone away forever
and our best years are gone.
LA FATA VIOLINISTA
In questa notte buia brillano solo le stelle,
suonano solo i grilli e tacciono le cicale.
In questa notte umida di lacrime di brina
con la sua voce morbida canta solo la Luna.
Tacciono i violini, tacciono i loro trilli,
dormono sonni tranquilli anche tutti gli amanti,
niente più sviolinate nelle sere d'estate,
niente più luci accese ma solo finestre chiuse.
In questa notte unica la Fata Violinista
non suona la sua musica, è stanco il suo cuore di Artista.
Col violino in mano Lei se n'è andata lontano,
per tenere un grande concerto se n'è andata a suonar tra le stelle.
Tacciono i violini, tacciono i loro trilli,
tacciono anche le viole, dormono ora anche i grilli,
niente più antiche 'sonate' nelle notti stellate,
solo luci lontane e trilli di musiche arcane.
NOTA: La 'Fata violinista' è dedicata alla violinista prodigio Carlotta Nobile, morta
un anno fa, il 17 Luglio, all'età di 24 anni. Carlotta Nobile era violinista e giovane
direttrice dell'orchestra da camera presso l'Accademia di Santa Sofia. Di origini
beneventane, la giovane enfant prodige aveva conseguito a 17 anni il diploma di
violino in conservatorio con il massimo dei voti, e già nel 2010 era diventata
direttrice d'orchestra. Poi la terribile malattia ha avuto la meglio portandosela via
prematuramente, tra lo sconcerto e la disperazione di chi la conosceva, lasciando
un grandissimo lutto nel mondo della musica. La ragazza, consapevole del suo
destino, aveva scritto: "Ci sono battaglie che non abbiamo scelto. Poi c'è la vita:
e io quella non smetterò mai di sceglierla".
Progetto ' UN VIAGGIO... ' - Tra Musica Popolare e Canzone d'Autore.
LE DONNE DI SALINA.
Le donne di Salina fioriscono presto,
hanno mani che profumano di essenze di cappero;
hanno labbra che sanno di sole e la pelle di sale,
sono come eleganti gabbiani pronti a spiccare il volo.
Le donne di Salina si sposano presto,
hanno un concetto del tempo un po' diverso;
hanno un cuore vasto come il mare nel bisogno di amare,
sanno essere forti e fedeli e anche passionali,
sanno pure avere pazienza, sanno aspettare.
E certi giorni col viso nel vento
a fissare la linea del mare,
e giorni interi trascorsi a parlare
con un bimbo portato nel grembo.
E col tempo sui loro capelli
si soffermano le stagioni
e gli sguardi si fanno più belli
quando cantano vecchie canzoni.
E vorresti fermare il tempo
e il corso delle stagioni
e lasciarle così come sono, come sono.
Le donne di Salina sanno essere sole
e hanno tante storie da raccontare,
sanno pure rimanere in silenzio ad ascoltare
e affidano i loro segreti alla voce del mare.
Le donne di Salina si fanno amare,
con l'aria un po' svagata stanno a pensare;
non gli servono tante parole per farsi capire,
con lo sguardo ti dicono quello che hanno da dire,
sanno come arrivare fino in fondo al cuore.
E certi giorni confuse nel vento
e gli occhi intensi velati di pianto,
e altri giorni vestite di nebbia
come spose bagnate di pioggia.
E col tempo i loro capelli
assomigliano ai mandorli in fiore,
sulle spalle hanno cupi mantelli
e le voci hanno strani colori.
E vorrei invertire il tempo
e il corso delle stagioni
per vederle sempre come sono, come sono.
IL MATTO DEL PORTO
Noi lo incontravamo spesso la mattina
aggirarsi un po' furtivo per tutta la marina
scarno e trasandato, scalzo e spettinato,
perso nei suoi gesti scaramantici;
con le sue fobie e le sue superstizioni
viveva il quotidiano
parlando con sé stesso
o imprecando alle persone
o contro il tempo o tirando i sassi.
A volte si appartava alla pescheria
a pisciare contro il muro, quasi a marcare il territorio,
poi se ne andava fino in fondo al molo
mostrando all'orizzonte il profilo di uomo solo,
un uomo senza storia, forse senza memoria,
un uomo senza tempo, libero come il vento,
con un'aria di anarchia
e occhi grandi
che ti leggevano dentro.
E poi spariva e per giorni non si vedeva,
e chissà dove andava e che cosa faceva,
e non si sapeva dove viveva, la sua casa dov'era,
e per noi era solo il matto del porto.
E ogni tanto lì alla marina
parlava un po' con noi seduti alla banchina,
parlava di viaggi e di terre lontane,
di cieli d'oriente e di notti persiane,
poi perdeva il filo della sua memoria
e non si ricordava più di quella storia
e allora se ne andava
e ci lasciava
la sua aria strana.
E poi spariva e per giorni non si vedeva,
e chissà dove andava e che cosa faceva,
e non si sapeva dove viveva, la sua casa dov'era,
e per noi lui era solo il matto del porto.
UN VIAGGIO... - ... Tra Musica Popolare e Canzone d'Autore.
E' un progetto musicale, un 'Viaggio' metaforico e senza tempo, i cui testi delle canzoni narrano pure di 'viaggiatori' che percorrono le 'distanze' di una vita da colmare, con gli 'effetti personali' del proprio vissuto e il 'bagaglio' della propria storia al seguito. Un 'deja-vu' o dei flashback anche fra coloro che ci hanno detto "Non Ti dimenticherò mai!" e non li abbiamo più visti né sentiti, oppure "Ricordati sempre di me!" e invece di loro ci siamo dimenticati. Un 'Viaggio', quindi, dedicato anche a tutti quegli amori che segnano la nostra vita e che certe volte prendono strade diverse e a volte sono inesorabilmente perdute. Per quelli difficili, per quelli improbabili, per quelli precari, per quelli contro tutto e contro tutti. Per quelli che ti passano davanti e li riconosci troppo tardi, per quelli lontani, ma anche vicini, per quelli senza distinzioni di ceto o di rango. Per tutti quegli amori veri perché rimangono indelebili nel tempo. Buon 'amore' a tutti!
Il bambino che è in me.
Il bambino che è in me vorrebbe ancora sognare
di andare per mare e al tuo porto arrivare.
Ho viaggiato per mare per venirti a cercare,
ho varcato barriere per poterti trovare.
Quante rotte ho percorso sospinto forte dal vento,
è stato come una corsa per fermare anche il tempo.
E il tempo è passato pure sulla mia faccia
e degli anni ha lasciato dei solchi la traccia.
Navigando di notte ho seguito le stelle
e ho sentito forte la brezza sulla mia pelle.
Ho ammainato la vela che il vento ha strappato,
come quella tua tela che hai lasciato disfatta.
E la vita è passata come una mareggiata
e ciò che resta del tempo è solo un soffio di vento.
Il bambino che è in me è rimasto a guardare
l'orizzonte lontano dalla riva del mare.
E poi si meraviglia a sentire suonare
da una vuota conchiglia suoni di vento e di mare.
Il bambino che è in me rimane solo a guardare
e non c'è più il tempo per venirti a cercare.
L'artista e la farfalla.
Io ti amai quando ti vidi
così bella e irraggiungibile,
nel cielo eri e
non avevo
ali per volare.
Serenamente mi guardasti
e più in alto te ne andasti,
io ti seguii sospirando
mentre tu per gioco
volteggiavi nel tuo cielo.
Io per anni ti ho seguita,
sempre in alto e irraggiungibile;
crudele sei e nel tuo cuore
c'è gelo e non c'è amore.
Tu turbata mi hai guardato,
arrendendoti al mio pianto,
e un dono d'ali
mi hai lasciato
dileguandoti nel cielo.
Il dono del ciliegio
Lì all'ombra del ciliegio
si è assopito il tuo Caro,
sogna che alla tua fonte
si disseta e si ristora.
Sotto l'ombra del ciliegio
dorme sereno il tuo Uomo,
sogna che alla sua vigna
tu ne colga frutti scelti.
Mentre il giorno piano svanisce
e il ciliegio fiorisce,
lì all'ombra dei suoi rami
sogna ancora il tuo Caro.
Sotto l'ombra del ciliegio
dorme adesso il tuo Uomo,
ricoperto dai suoi fiori
il tuo Caro ora riposa.
Post scriptum: Nel mese di maggio ho scritto via e-mail agli Assessori alla Cultura di due Comuni eoliani per proporre questo 'progetto' e a tutt'oggi non ho ricevuto in risposta, come avevo cortesemente richiesto, alcun riscontro. In autunno il progetto verrà presentato a Padova, nell'Istituto Comprensivo presso il quale insegno (le due scuole secondarie di 1° grado che ne fanno parte, 'Tartini' e 'Boito', sono a indirizzo musicale) e inserito in eventi culturali patrocinati da alcuni Comuni dei Colli Euganei. Mi dispiace davvero per l'occasione 'eoliana' mancata dato che, con molta probabilità, questa estate sarà l'ultima volta che tornerò alle 'mie' Isole Eolie.
Serene vacanze a tutti.
STORIE EOLIANE - " 'U tempu passa, 'a cira squàgghia e 'a prucissiòni camìna...".
Chi ha seguito fin qui questa 'rubrica' ha potuto constatare quanto sia possibile attingere al variegato patrimonio storico-culturale delle Isole Eolie, nonché dal loro retaggio caratterizzato da tanti avvenimenti, consuetudini e personaggi che popolano ancora la memoria comune, per alimentare e dare continuità alla musica e alla canzone popolare di ambientazione eoliana, nel solco di una tradizione antica di secoli, che è parte integrante della grande Anima siciliana.
Devo dire che le canzoni che ho composto, con le loro 'cadenze' e 'inflessioni', le complicità dei ritmi e il potere affabulatorio delle sonorità degli accordi, le notevoli difficoltà sintattiche e morfologiche della lingua 'dialettale' (spesso e volentieri con 'spudorata' licenza di scrittura, e chi può non me ne voglia per questo e non mi prenda... 'a petràti!), erano per certi versi come 'pronte' e io mi sia trovato quasi come 'a lettu misu e tàvula cunzata' ! Nella mia maniera di comporre si tratta anche di essere buoni 'osservatori' e sensibili 'ascoltatori'. In fondo, sia pur nell'ampia produzione del mio 'Canzoniere', non ho detto nulla di nuovo, mi sono solo messo in 'ascolto', quasi come in 'aspettativa', e quella grande Anima mi ha 'suggerito' cosa scrivere; perciò non sarebbe nemmeno 'farina' del mio sacco, a parte una penna per scrivere e un'agenda
per appunti, scaduta da non so quanti anni, donatami non ricordo più nemmeno da chi.
Sono comunque soddisfatto, questo sì, e senza timore di smentita o di alcun tipo di confronto, di avere posto, col mio 'lavoro' documentato dal 'Canzoniere', una 'pietra angolare', un 'prima' e un 'dopo', un punto di 'sosta' e di 'proseguimento', in relazione al 'cantautorato' popolare eoliano
e alla canzone d'autore, lasciando aperte la porta e le finestre a ogni possibile collaborazione e condivisione, e auspicabile utilizzo e diffusione..
Le ultime due canzoni che seguono, scelte fra le tante, sono un momento di 'riflessione', come stando davanti ad uno specchio, su come lo 'scorrere' del tempo 'opera' sulla consapevolezza e la percezione di sé, sulle trasformazioni 'fisico-estetiche' e sull'Io più profondo, con i suoi
mutevoli umori e stati d'animo, mentre il 'vecchio' che avanza si lascia dietro per sempre il 'bambino' e il 'giovane' di un tempo. Buona estate 2014.
Fici lu me' tempu
'Scura e abbrisci, sira e matina, pàssanu i 'iòrna cumu acquazzina;
fui lu tempu cumu a lu ventu, l'anni anchiànanu cumu la china.
Ora mi sentu sulu e persu, 'a Vita hàvi un sapuri diversu,
sàpi di sali e nun sàpi di meli e lu me' cori è chinu di feli.
Torna 'nt'a menti quann'era carusu senza pinzeri e lu cori giuiùsu,
quannu vidìa i me' anni davanti accussì virdi e parìanu tanti;
c'era un tempu pi' ogni cosa, 'a Vita era ciùri di rosa,
lu tempu passa e spezza li rini, 'sperdi li ciùri e ti lassa li spini.
Frisca era l'acqua 'nt'a me' cisterna, mai s'asciucàva e parìa eterna,
mi ricriàva 'i quantu ci n'era, ora siccu è lu sìcciu appinnutu e' pulera;
mi ripusava sutta un pedi d'alivu e mi sintìa lu cori giulivu,
frisca era l'umbra di' pàmpini 'i fica, 'nt'a la me' vigna ora regna l'ardìca.
Sentu 'nu brìvidu 'n funnu a la schina mentri 'a Vita anchiàna la china,
scinni lu scuru 'nt'o cori mia, 'na brizza 'i chiantu 'nt'a l'occhi mia;
finìu la 'stati, passàu la stagiuni, resta sultantu 'na spera di suli,
chini di pàmpini sunnu li viti, chini di frutti chi nun ricugghìti.
Arredu cumu 'u curdaru
Passa sempri lu Tempu 'nt'a lu campu du' munnu
e unni passa l'aratru scava un surcu prufunnu.
La to' faccia era fina cum'un velu di brina,
liscia era la manu cum'un campu di 'ranu.
Eri cum'un giardinu quannu eri carusu,
lu tirrinu era finu e lu virdi diffusu;
c'era un forti profumu cumu ciùri d'arànciu,
e di mènnuli cumu 'nt'a lu misi di maggiu.
Puru l'acqua niscìa zampillànnu du' puzzu,
'nt'a la terra scurrìa e 'inchìa lu fossu.
E poi vinni 'a calura e 'sciucàu 'a funtana,
arrivàu l'arsura e 'na siti un pò strana.
Tempu nenti li ciùri si siccaru' e murièru'
e li tanti culuri 'nt'o 'n mumentu sparièru'.
Si siccaru' li mani e vusciàru' li vini
mentri lu me' giardinu si 'inchìu di spini.
Cumu terra ormai sicca chi si spacca senz'acqua
accussì la to' faccia pi' li rughi si spacca.
Poi ti fermi un mumentu e ti scopri a pinzari
chi nun c'è chiù lu tempu pi' arredu vardari.
E trascurri lu tempu senza nuddu aspittari
mentri sulu lu ventu ti veni ancora a truvari.
E 'a Vita passàu puru supra 'a to' faccia
e lu Tempu lassàu di li surchi 'a traccia.
( 10 - Fine )
STORIE EOLIANE - " Si sàpi 'unni si nasci ma 'un si sàpi 'unni si mori. "
Il fenomeno dell'emigrazione ha toccato particolarmente da vicino anche le Isole Eolie e, al di là delle motivazioni e spiegazioni sociali, dietro ogni emigrante vi è il romanzo della sua vita che si porta dietro, una storia che forse mai sarà scritta, il racconto perduto di una vita per certi versi 'interrotta' e riannodata 'altrove'. 'Lontano dagli occhi', quelli dei parenti, degli amici veri e dei conoscenti, ma mai del tutto 'lontano dal cuore', come punto di riferimento nella geografia degli affetti e dei sentimenti.
"Amara chu mori, cha chu resta 'u riparu s'u trova"... e se è vero che "morti 'n mezzu a' casa 'un ni rèstanu", è pur vero che per chi muore un 'riparu' si trova e 'l'amarezza' resta invece a coloro
che ne subiscono la perdita nella dolorosa e irrazionale 'dipartita' dalla vita. A questa tematica, intimistica ed esistenziale, si rifanno i testi delle due canzoni che seguono.
Terri di focu e di ventu
Qa 'nt'a 'st'Isuli di ventu pari fermu puru 'u tempu,
'n mezzu o' mari, sutta 'u celu, trasparenti cum'un velu;
'nt'a 'stu mari di cristallu splenni un suli di curallu,
sutta un celu di diamanti s'innammùranu l'amanti.
Terri di ventu e di focu, petri di lava e ossidiana,
'a vita pari cum'un 'iòcu, prima ti cerca e poi s'alluntana!
Terri 'nfucati e puru amari cumu lu sali di lu mari,
abbannunàti eppuru cari cumu vi pozzu iò mai scurdari!
Qa 'nt'a 'st'Isuli di focu puru 'u ventu canta un pocu,
sona la so' tarantedda mentri dànzanu l'acèdda;
'nt'a 'sti petra 'nniuricàti, impunenti e levicati,
stanchi 'i vulari cum'e pazzi s'arripòsanu i cavazzi.
Terri di lava e di tufu cu' tantu ciàuru di surfu,
sapuri amaru di la vita, ti pari longa eppuru è già spirìta!
Terri di focu e di ventu vi tegnu sempri 'nt'a la menti,
si chiudu l'occhi p'un mumentu iò penzu a vui e sugnu cuntentu,
Terri di focu, Terri di ventu!
Acquarieddu sculurutu
Passu lu tempu 'nt'a la riva o' mari ad aspittàri li varchi riturnari,
frisca è l'aria qa 'nt'a la Marina, bedda 'iurnata fici stamatina;
aspettu 'u tempu pi' vìdiri turnari i bastimenti vèniri 'i luntanu
accussì carichi di mercanzìa e i marinari stanchi 'i navigari.
I piscaturi 'a rizza a riparari, sutta lu suli stinnùta ad asciucàri,
e li lampàri chini di carbùru pi' ghìri a tòtini quannu si fa scuru...
Punìu 'u suli, è tempu di 'scurari, 'a varca a mari è l'ura di varari,
è giunta l'ura di 'ìri a piscari, stiddiàtu è 'u celu e calmu è 'u mari.
Brutta 'iurnata abbrìsci 'na matìna picchì affunnàru' lu "Santa Marina"!
'Iurnata nìura pi' curpa di la 'Uerra, spirìu la paci puru di 'sta terra!
E' cumu quannu arriva 'na timpesta, ventu 'i Sciroccu chi ni cunfùnni 'a testa,
turnari arredu ormai è troppu tardi, forsi ni rèstanu sulu li ricordi.
Passàru' l'anni vicinu 'a riva o' mari, tanti partièru' senza chiù riturnari,
passa lu tempu e tuttu s'è pirdutu, resta sultantu 'n acquarieddu sculurutu.
Passàru' l'anni vicinu 'a riva o' mari, tanti si ni 'ièru' senza chiù riturnari,
passa lu tempu e tuttu s'è pirdutu, resta sultantu 'n acquarieddu sculurutu!
( Continua - 9 )
... Così apostrofava il prof. di Inglese, alla Scuola Media, quando qualcuno, sbagliando sulla
pronuncia ' ài èm ', leggeva ' I am ', indicativo presente del verbo 'to be/essere', prima persona
singolare, al tempo in cui Santa Lucia era anche luogo di parcheggio di somari per i contadini
che dalle borgate di campagna scendevano in paese.
Una particolare 'figura' che occupa un posto di rilievo nella canzone popolare è quella dell'asino,
vero e proprio protagonista di tante (tragicomiche) 'ballate ', aiutante prezioso di faticoso lavoro,
compagno di viaggi su strade polverose e paziente 'interlocutore' per generazioni di 'carrettieri'.
Ricordo ancora che anche a Lipari, negli Anni '60, vi era un carrettiere, 'u Calabrisi', col suo
tipico carretto variopinto , trainato da un asino alabardato, percorrere le vie di Lipari col rumore
cigolante delle sue pesanti ruote protette da cerchi di ferro.
Agli inizi degli Anni 2000 ho avuto il piacere di restaurare un carretto siciliano, appartenuto ad
un signore di Quattropani, comprato da Edoardo Bongiorno, ed oggi esposto all'ingresso del
'Piccolo Hotel Oriente', in Via Marconi. Ricordo la sua gioia quando gli dissi che durante le fasi
del restauro vi avevo rinvenuto l'anno e il luogo di produzione: Agosto 1846, Aci S.Antonio (CT);
ci chinammo sotto il cassone e gli mostrai i dati identificativi che avevo individuato e reso visibili.
Negli Anni '60 la presenza di questi pazienti animali nelle Eolie era ancora numerosa e i testi che
seguono si riallacciano al filone popolare che li vede 'protagonisti'.
La prima storia parla di un'asina realmente esistita, il cui proprietario era un cugino di mio padre,
che con i suoi 'servigi' e le 'vièrtule' stracolme riforniva quotidianamente di generi alimentari gli
abitanti di Pollara, quando la strada da Malfa finiva al Semaforo e in quella borgata non vi erano
negozi. La seconda è una storia divenuta 'proverbiale', dove di un gran lavoratore di parla
metaforicamente come di un 'mulo'.
'A scecca 'i 'Nofriuzzu
Vui forsi ancora nun la canusciti 'a storia di la scecca 'i 'Nofriuzzu,
e di sicuru vui nun ci criditi ma è vera e giurari vi lu pozzu.
Era 'na sceccaredda vanitusa, assai gilusa e puru dispittusa,
parìa sempri tantu affaccinnata ma stava 'nt'a lu ciancu stravaccata.
'A scecca 'i 'Nofriuzzu era un pò particolari, era 'na bedda scecca ma 'un vulìa travagghiari;
'a scecca 'i 'Nofriuzzu era tantu intelliggenti, parìa chi faticava ma sparìa tempu nenti.
E quannu ìdda ragghiava parìa 'na cantanti ch'i 'ricchi sempri tisi e cu' li vièrtuli davanti;
si stava a panza all'aria e ogni tantu sbadigghiava, si c'era 'i lavurari ìdda poi si stinnicchiava.
'Nchianannu cu' li vièrtuli da Marfa parìa accussì stanca e puru stuffa,
e quannu a Barbanàcula arrivava tirannu 'nu suspiru s'assittava;
quannu arrivava poi a lu Sumàfuru sintìa 'na pisantizza e 'u cori scuru,
vardannu lu paisi da Puddàra pinzava cha la vita è puru amara.
'A scecca 'i 'Nofriuzzu era un pò particolari, era 'na bedda scecca ma 'un vulìa travagghiari;
'a scecca 'i 'Nofriuzzu era tantu intelligenti, parìa chi faticava ma sparìa tempu nenti.
Ma avìa lu difettu cha ogni tantu si 'nzunnava, 'nt'a lu so' cataliettu si pinzava chi vulava,
partìa pi' l'Australia e 'nt'a l'America arrivava, e si sintìa stanca quannu poi s'arrrisbigghiava.
E poi accuminzava a ragghiari tirannu quattru càuci 'nt'a l'aria
quann'ìdda arrivava 'A ghiri 'iusu', e si sintìa puru du' 'Mancusu'.
Nascìu stanca 'a scecca 'i Nofriuzzu, 'un suppurtava mancu lu capizzu,
lu ciriveddu avìa puru finu e nun cridìa mancu a lu distinu.
'A scecca 'i 'Nofriuzzu era un pò particolari, era 'na bedda scecca ma 'un vulìa travagghiari;
'a scecca 'i 'Nofriuzzu era tantu intelligenti, parìa chi faticava ma sparìa tempu nenti.
'A scecca 'i 'Nofriuzzu era un pò particolari, un 'iornu 'nt'a 'nu puzzu si bivìu l'acqui amari,
'nt'o 'n vìdiri e 'nu svìdiri si potti avvilinari, 'a panza ci vusciàu e finìu di campari.
' Vàrtulu afflittu 'un ebbi paci né vivu né mortu '
'Na vota a Filicudi, 'nt'o mari du' Tirrenu,
dipinnenti d'un Baruni esigenti senza frenu,
'n 'omu bonu e 'ndustriusu faticava tuttu sulu,
di ch'agghiorna a quannu 'scura travagghiava cum'un mulu.
'U Baruni lu chiamava, 'Vàrtulu era sempri prontu,
'cuminzava la matina finu all'ura du' tramontu,
c'era sempri qacchi cosa chi s'avìa ancora a fari,
nun ci dava mancu 'u tempu di putìri rispirari.
Quannu arrivava a casa si sintìa cumu 'nu strazzu,
scatasciava so' mugghieri cu' 'du stancu povirazzu;
puru ìdda 'u cumannava cu' li mani 'nt'a li cianchi,
ci facìa addivintari puru i capiddi 'ianchi.
"Dammi un pezzuddu 'i pani cha di fami sugnu mortu",
"Prima vammi a 'bivirari li virduri 'nt'a lu ortu!"
"T'accuntentu, Nicaredda, nun ti vogghiu fari tortu,
fammi un pocu ripusari cha 'i stanchizza sugnu cottu:"
'Nt'a la pràia 'i Filicudi spunta 'u suli 'na matina
mentri 'u mari sciacquarìa e si distenni supra 'a rina,
scunzulata la mugghièri chianci 'a pena suspirannu
perchì 'Vartulu, criaturu, si ni 'ìu all'àutru munnu.
So' mugghièri, mischinedda, ci vulìa tantu beni,
avìa tantu disideriu di ristari sempri 'nziemi
chi p'avìrlu sempri accantu nun lu fici vurricari,
senza fàrici 'u tabbutu ìdda lu fici cremari.
Poi di 'Vàrtulu li resti li sarvau 'nt'a 'na clessidra,
misurànnusi lu tempu la vutava sutta e supra:
prima supra 'u tavulinu, poi vicinu a lu lettu
qiddi cìnniri priziusi nun avìanu rigettu;
ìdda si priava tutta a vardari qiddi cìnniri
dintra 'u vitru da' clessidra anchianàri e poi scìnniri...
e fu accussì chi " 'Vàrtulu afflittu
nun ebbi paci né vivu né mortu ! "
( Continua - 8 )
L'amore... Chi può dire cosa sia? C'è tanto di imponderabile in esso. E' un sentimento così meraviglioso eppure così difficile da definire. Se è vero che l'amore riesce a ripagare qualunque sforzo fatto per conseguirlo è pur vero che non si è immuni dal dolore che esso provoca quando si ama sinceramente e non si viene accettati e ricambiati. E' una delle dinamiche più misteriose nei tanti 'giochi delle parti' della vita, ed è sorprendente che si sia disposti anche a morire per amore ma non si sia disposti a vivere per amare!
I due testi che seguono pongono l'accento sul bisogno fondamentale, e naturale, di amare e di essere amati, apprezzati e ricambiati, una tematica molto diffusa nel cantautorato popolare.
Come si evince dal testo, il secondo brano è una 'serenata' d'altri tempi, come era usanza fare anche alle Eolie, avvalendosi a tale scopo della concordata collaborazione di alcuni 'musicanti'.
Aspittànnu 'na bona sorti.
Fìgghia mia vurrìa avìri 'a sorti 'i vidìriti a tia maritata,
nèsciri 'u pedi fora da' porta e lassàriti bona e sistimata.
Di occasioni ti ni capitaru', di matrimoni n'avisti tanti,
li pritinnenti nun ti mancaru', ma 'i lassasti cu li mani vacanti...
Tortu 'un ti fazzu figghìtta duci si tu aspetti senza primura,
ma 'stu me' cori 'un si duna paci vidènnuti sula e bisugnusa d'amuri...
Canciàru' l'èpica, e puru l'usanzi, e 'u matrimoniu nun è chiù impurtanti,
a tanti ci piaci avìri l'amanti o stari 'nzemi cumu cunviventi.
'I fìmmini vonnu i so' diritti e stari cu' l'òmini 'nt'a parità,
p'un pèrdiri 'a linia si strìnciunu fitti, pi' fàrisi strata si vìnnunu 'a dignità...
'Un mi dispiaci figghìtta bedda avìriti ancora 'nt'a la me' casa,
si' duci cumu 'na palummedda, biatu qidd'omu chi ti pìgghia e ti vasa!
Figghìtta duci, manuzzi d'oru, tu si' 'a gioia 'i chu ti marìta,
e chu ti pìgghia trova un tisoru, faci 'a furtuna di la so' vita!
'Pegnu d'amuri
" Passu lu me' tempu sutta lu to' balcuni, patu' pi' l'amuri ma nun sentu duluri;
lu me' cori batti e nun senti ragiuni, lu me' pettu scoppia pi' lu tantu amuri.
'Spettu lu mumentu pi' vidìriti affacciàri e avvicinàrimi pi' putìriti parlari,
Rapi lu to' cori e nun mi fari aspittàri, lu silenziu to' mi faci un po' dispiràri.
Senti lu me' cori cumu canta pi' tia, cumu 'nu cardiddu chi vula ùnni tia,
'scuta la me' vuci, o Ciàtu mia,
si tu mi vo' beni allura rapi 'su balcuni, dammi 'na risposta cha mi fazzu 'na ragiuni. "
" Iu nun vi canùsciu, ma d'ùnni siti? Penzu chi forsi è mègghiu cha vi ni 'iti;
qista nun è manera 'i parlari a qist'ura, ci vògghiu pinzari e senza primura.
Iu nun sàcciu mancu quant'anni avìti, di chi famìgghia siti e 'u mistèri chi facìti;
ìu sugnu 'na fìmmina onesta e di casa, nun canùsciu omu né cumu si vasa.
Senti chi ti dicu, ascùtami a mia, parla cu' me patri e 'a mamma mia,
ìu ti pozzu dari lu cori mia,
si tu pi' davèru mi vo' beni parla cu' i mia, cusì trovu paci e rigettu 'nt'o cori mia. "
" Ora sugnu cuntentu di sèntiri a tia e mi sentu 'n paci 'nt'a l'anima mia,
lu me' cori batti ma nun sentu duluri, lu me' pettu scoppia pi' lu tantu amuri.
Duci è lu to' cori e nun vògghiu aspittari, lu parlari to' mi faci arrispiràri,
'spettu ora lu 'iornu pi' t'abbrazzàri, lu mumentu duci 'i putìriti vasari.
Senti lu me' cori cumu canta pi' tia, cumu 'nu cardiddu chi vula ùnni tia,
'scuta la me' vuci, o Ciàtu mia,
Si tu mi vo' beni allura dammi 'a to' parola, si tu si' d'accordu simu 'ziti sin da ora.
si tu si' d'accordu tinimu fedi alla parola, ormai simu 'ziti e 'nnammurati sin da ora! "
( 7 - Continua )
Dei miei nonni ho conosciuto solo quella paterna, Eleonora Paino. Ero un bambino e andavo a trascorrere le mie estati a Pollara. A quel tempo lei era già avanti negli anni, esile e minuta
nel fisico, col viso segnato da due Grandi Guerre ed esperienze umane molto dolorose dalle
quali una donna non guarisce mai: la vedovanza e la tragica e prematura morte delle due
figlie, Giovannina e Maria Terzita. Dopo la morte di mio padre, avvenuta nell'agosto del 1994,
non volli più andarci. In seguito, nelle sempre più rare occasioni in cui tornavo a Salina, rividi
Pollara e la casa 'estiva' della mia infanzia solo da lontano, o dal 'Semaforo' o scendendo
verso la 'Punta'. Sentivo comunque di dover 'elaborare' quella parte di 'memoria', così, dopo
19 anni, l'anno scorso ho trovato la forza di andare a Pollara per rendere un 'saluto' alle mie
zie e i nonni paterni, e a quei luoghi.
I due testi che seguono, nel solco delle tematiche 'popolari', sono due 'ninne.nanne', con
alcune annotazioni autobiografiche, che fanno parte del lungo processo di 'elaborazione' del
passato al quale mi sono sottoposto, in completa solitudine interiore, voluta e ricercata, per
riuscire a ritrovare quella veduta positiva e possibilista che ho sempre mantenuto verso gli
altri e verso quella partita 'a carte scoperte' che è la vita.
Ninna nanna 'i Nonna 'Linora
Ora ch'o Suli arrivau o' tramontu e si ni scinni arredu a lu mari,
e chi la Luna spuntau supra 'u munti tutt'addubbata cu' i so' luminari,
è giunta l'ura di ripusari, ora è tempu di s'ìri a curcari,
"...E veni qa unni to' nanna, ch'ìdda ti canta 'na ninna nanna..."
E poi ti 'cunta un fattu anticu cha si pirdìu puru 'a mimoria,
narra la storia du' Re Federicu, forsi è liggenna o forsi è storia.
veni lu fìgghiu e s'assetta dà, vicinu o' focu chi sbampa e caudìa,
e si pripara a 'scutàri so' nanna chi 'cunta 'u 'cuntu 'i tant'anni fa...
" C'era 'na vota un castieddu luntanu, tantu luntanu cha nun si vidìa,
nun ci arrivava mancu la manu, nun era fattu apposta pi' tia...
Era un Castieddu di fantasia!
Tu lu po' vìdiri cu' lu pinzeri, lu po' furriàri c'a to' fantasia
e ti po' sèntiri un Cavaleri di sangu nòbili e regalìa...
'Nt'a lu Castieddu di fantasia!..."
" 'Cùntimi 'a storia, o Nonna mia, cùntimi ancora, nun ti stancari,
vògghiu ristari ancora a vigghiàri, 'un vògghiu 'iri sulu a durmìri,
vògghiu ristari 'nt'a li to' vrazza cha di lu scantu lu cori si strazza,
vògghiu ristari ancora a 'scutari, 'nt'a lu pettu m'hàiu àppinnicàri!..."
Tira un suspiru e 'nu sbadìgghiu, cottu di sonnu è lu pòviru fìgghiu,
'a nonna 'u pìgghia e si lu 'nnaca e poi lu spògghia e lu metti 'nt'a naca,
s'addurmiscìu 'u picciriddu, dormi biatu cumu 'n ariddu,
sfuma lu lumi, s'allenta 'a calura, di s'ìri a curcari arrivau l'ura.
" C'era 'na vota un picciriddu accussì nicu quantu 'n ariddu,
si lu vidivi quantu satava, si lu sintivi quannu cantava...
Era 'nu 'riddu chi si priava!... "
Passa lu tempu cumu lu ventu, criscìu lu nicu, si fici 'ranni,
e si ricorda senza spavientu lu 'cuntu anticu vecchiu 'i tant'anni...
Ma 'un c'è chiù so' Nonna a cantàrici 'a nanna!
Fai la vò, fai la nanna
Scìnni la notti supra lu mari china di stiddi e di lampari,
mentri li pisci dòrmunu in paci 'a Luna abbrìsci cu' la so' luci.
Un picciriddu ancora svìgghiu cerca la minna di la so' mamma,
'a Luna vìgghia cu' la so' luci 'u beddu fìgghiu accussì duci.
" Fai la vò, fai la nanna, fai la ninna cu' la mamma,
fai la vò, fai la nanna, vicinu a la minna di la mamma..."
Mentri 'a mamma ci canta 'a ninna 'un dormi ancora, 'un faci 'a nanna,
" Fai la vò, fai la ninna, fai la nanna cu' la mamma..."
A sonnu chinu ora faci 'a nanna supra lu sinu di la so' mamma,
mentri 'i cicali dòrmunu fora tutti li stiddi s'astùtanu ora.
Faci 'a vò, ora faci 'a nanna, dormi lu fìgghiu 'nt'e vrazza da' mamma,
mentri li 'riddi sònanu ancora puru la Luna s'astùta ora.
( 6 - Continua )
Come sono lontani i tempi delle emigrazioni verso terre e luoghi sconosciuti, fatti di separazioni, di promesse e di sogni, di 'saluti' da piccoli moli e 'rolli' carichi quasi a pelo d'acqua, di genti e di bagagli al seguito ad affollare le grandi banchine prima di imbarcarsi per viaggi transoceanici...
In fondo la vita non è altro che un continuo 'separarsi'... dalle persone più care, dalle cose che ci sono appartenute, dai luoghi che ci hanno visto nascere e crescere. E oggi la vita sembra andare più in fretta da non trovare nemmeno il tempo per dirsi 'Addio!" Ci si separa e... ci si dimentica.
Forse vi si ritorna, ma per scoprire che niente è più come prima, sia nei luoghi originari che nel proprio animo. E per certi versi ci si sente pure un po' come estranei, in una realtà 'deja vu' che non si avverte come propria e alla quale non si appartiene più. E in parte si vivono con un certo distacco i giorni vacanzieri 'riscattati' dalle proprie consuetudini, ricercando la quiete, i volti e i luoghi conosciuti che conservano parte del proprio vissuto e che si vorrebbe recuperare.
Dei due testi che seguono, il primo parla di emigrazione, con i flashback dei luoghi degli affetti e della memoria. Il secondo descrive alcuni effetti intimistici sul senso del 'distacco' e della 'lontananza' vissuto e sofferto da coloro che dal fenomeno dell'emigrazione furono toccati. In questo mi sono rifatto alla storia di un amore tra un emigrato e una mia compagna di classe alle Magistrali. Si erano fidanzati, da Lipari lui emigrò in Australia, e dopo alcuni anni le mandò a dire che si era sposato, mentre lei lo aveva atteso rimanendogli fedele! Lei era già una gran bella donna, con una personalità amabile e delle ottime qualità e capacità; possedeva tutto ciò che un vero Uomo possa ricercare in una Donna e Compagna di vita! Felicemente alcuni anni dopo si sposò anche lei! Ma non sempre le storie hanno avuto buon fine; alcune, a motivo di delusioni amorose, non si sono sposate e gli anni migliori se ne sono andati. "Ogni lassàtu è pirdùtu!"
Pàrtiri è cumu mòriri.
"Pàrtiri è un pocu cumu mòriri", si dici accussì,
prima 'un si capisci qual ésti 'u pirchì,
si vaci asai luntanu, paisi novu e stranu.
Pari 'nt'a li to' mani 'u munnu, ti pari attraenti,
ti fa girari in tunnu, ti cància la to' menti,
'u tempu passa in fretta e 'a vita nun t'aspetta.
Penzi d'éssiri sempri 'u stissu, cu' lu sguardu sempri fissu
a la to' terra amata lassata e mai scurdata,
sogni di riturnari, lu munnu tua truvari...
Vinni lu tempu di turnari, l'affetti tua truvari,
ma 'un si po' capìri pirchì 'sta terra pari
canciàta e trasfurmata, e puru trascurata.
Penzi d'éssiri a casa tua, eppuru tu ti senti
cumu 'nt'o 'n postu stranu, cu' vecchi sintimenti
chi pàrunu luntanu, pirduti 'nt'a la menti
Penzi ch'u tempu 'un ti cància e chi tu si' sempri 'u stissu,
chi la to' terra amata è cumu l'hai lassata,
penzi puru di ristari... ma si' prontu a partìri.
Ti scurdasti di mia
Hàvi assà' ch'un ti sentu, chi nun hàiu nutizia,
hàiu un prisintimentu chi mi duna mistizia.
Tantu tempu è passatu di chi ti n'ìsti luntanu,
lu silenziu è calatu aspittànnuti invanu.
Mi facisti prumèttiri di pinzàriti sempri,
mi giurasti di vèniri e ristari pi' sempri.
Aspittàiu ogni 'iornu du' paroli di littra,
quannu vinivi 'n zonnu mi priava di dintra.
Ma si penzu all'assenza ch'ora tu mi lassasti
forsi è l'evidenza chi di mia ti scurdasti.
Certu sunnu paroli chi fannu dòliri 'u cori,
ma nun c'è spiegazioni pi' capìri 'a ragiuni.
Ti scurdasti di mia o vulenti o nulenti,
mi lassasti accussìa cu' lu cori dulenti.
Forsi nun po' capìri cumu m'hàiu sintutu,
lu me' pettu ferìri da 'stu cori avvilutu.
Hàiu sempri speratu di strincìriti li mani,
t'hàiu puru disidiratu tantu cumu lu pani.
T'hàiu sempri pinzatu e nun m'hàiu scurdatu,
t'hàiu puru pirdunatu e 'a vita tua binidiciùtu.
( 5 - Continua )
Chi, della mia generazione, a Lipari, non ha mai sentito questo 'mottetto canzonatorio, tiri la prima pietra! Negli anni recenti, fra le varie mode, è invalsa anche quella delle teste rasate; e i soliti esperti del 'dolce dir niente', che affollano quotidianamente i salotti buoni dei media, hanno detto che un uomo con la testa rasata, visto al femminile, è più attraente, più màsculu e virile dal punto di vista della prestanza fisica e sessuale.
Quand'ero ragazzino, avere i capelli "a cozzu munnàtu" (tagliati a zero) era considerata quasi come una vergogna, e si era oggetto di scherno e di sfottò.
Il primo barbiere di cui mi ricordo aveva il suo 'salone', piccolo ma adatto a lui, in Via Sant'Anna, poco distante dall'ingresso dell'Ospedale; era un po' minuto, non più giovane e con gli occhiali, e le sue macchinette 'falciatrici/tosa-capelli' a forbici; ogni tanto veniva a tagliarci i capelli anche a casa. Un altro aveva 'u saluni' a Marina Corta, agli inizi della salita di Via Garibaldi; e doveva essere un 'Fìgaro' un po' particolare: a volte si portava dentro dei ragazzi e praticava loro il taglio alla "Sant'Antonio di Padova"! Metteva una tazza sulla loro testa e tagliava, a giro, tutti i capelli che fuoriuscivano da essa. Poi, lui e la sua famiglia emigrarono in Australia. Passando per la Via Maurolico vi era il Salone
di Bartoluzzo Ruggiero, con un mandolino e una chitarra sempre a portata di mano.
Scendendo lungo il Corso Vittorio Emanuele ricordo pure, con i loro 'Saloni' a segnare un'epoca: D'Ambra, Cerreto, Cullotta, Pagano (bravo anche a rimettere a posto caviglie e polsi slogati!), e poi Tarlato 'Pescecane', i fratelli Acquaro... E come non ricordare, dati in omaggio, i 'C alendarietti' con le loro 'Starlette' (donne nude con le parti intime e i seni nascosti da stelline), con i loro cordoncini di seta, patinati e profumati, divenuti negli anni
successivi veri e propri oggetti 'cult' da collezionare. E poi, andare a far compere nelle 'putìe'; era il triondo della carta: 'oliata', da pasta, da zucchero, con le quali tanti generi alimentari venduti 'sfusi' venivano 'incartati' dalle abili mani dei 'putiàri'. E come non ricordare, in anteprima, le 'fughe di notizie' e il 'gossip' nei momenti di attesa, prima di essere serviti, tra una macinatura di caffè, o di una grattuggiata di formaggio stagionato o di pane tostato!
Nei due testi che seguono ho cercato di recuperare uno spaccato di vita e di mondo 'liparoti', quando i 'saloni' e le 'putìe' erano anche centri di aggregazione sociale, di rapporti interpersonalie, di diffusione di notizie e scambi di informazioni, che non ci appartengono più, sostituiti da una vocazione da 'souvenir' internettizzato e da un 'villaggio' turistico 'globalizzato', con i suoi riti, i suoi feticci, le sue colonne sonore, i suoi
rumori, le sue frette e le sue frenesie.
'A còppula du' Zu' Vicenzu
'U Zu' Vicenzu avìa 'na bedda coppuledda,
'a testa ci cuprìa e ci 'mmucciava 'a so' tignedda;
cu' la lana di la pècura 'a cusìu 'a Za' 'Nunziata,
di ch'abbrìsci a quannu 'scura tinìa 'a testa cautilata.
P'u Zu' Vicenzu era 'na cosa assai priziusa,
l'avìa cumu 'na 'primera' tantu ìdda era sfiziusa;
quannu ci putìa 'u ventu a scunzarla da' so' testa
allura pìgghia 'nt'o 'n mumentu ci facìumu la festa:
" Vicenzu, tùmminu e menzu! Pasta cu' sucu e capiddi 'nto menzu!
Cozzu munnàtu, cozzu d'acìtu! Màmmita è vecchia e voli 'u maritu! "
" Si v'acchiàppu, malacriàti, vi li dugnu c'a currìa
e si nun v'ammàzzu a tutti s'havi 'a pèrdiri 'u nomi mia!
Quannu poi 'iucava 'e carti dintra 'u bar i 'Mìnicu Zìinu
avìa sempri 'a mègghia parti e si sciarriàva cu' lu vinu;
quannu poi chiacchiaràva ci scappava di santiàri,
parìa chi si vummicava cuminzannu a scraccari.
Si vutava cum'un cani cu' li genti murrittusi
ma era bonu cumu o' pani e si 'iucava cu' i carusi;
sulu qistu mi ricordu quannu ancora mi ci penzu,
ma 'na cosa chi nun scordu è 'a còppula du' Zu' Vicenzu.
'Cala si vo' vìnniri!
C'era 'na vota 'na vecchia putìa 'nt'a la scinnuta da' Marina Curta,
ma quanti cosi ch'ìdda vinnìa 'nt'a li scaffali di supra e di sutta!
Avìa puru tanti clienti, pagavi in cuntanti o puru a cridenza,
e sempri china era di genti, dintra parìa chi c'era abbunnanza!
Ma nun ti dàvanu nenti pi' nenti, cuntavanu puru 'i cinqu' liri,
fari la spisa era avvilenti, si pòviru eri ti ni putivi ìri;
'nt'a lu quadernu signavanu 'a spisa ma la to' borsa parìa vacanti,
si 'tardu pagavi ti mannàvanu a casa cu' l'occhi russi e 'u cori pisanti.
Si beni nu' stavi facìanu a cridenza, ti dàvani qiddu chi tu nun vulivi:
pasta cu' pidùcchiu fora scadenza, pani addimuràtu e quattru alivi!
Puru 'u furmàggiu era ammuffutu, e 'u piscistoccu era mucatu:
quannu 'u sirravi parìa di ligna, chinu di càmula e di fulìnia!
'Iornu pi' 'iornu cuntavanu i sordi tutti a munzeddu supra lu vancu,
mentri 'u munnu affùnna 'nt'e 'nbrogghi s'ingràssanu 'a vozza e puru lu ciancu;
sàrvanu li sordi 'nt'a lu matarazzu, tènunu li spicci dintra lu pettu,
mentri 'u munnu diventa un po' pazzu 'un vàrdanu a nuddu senza rispettu!
Càncianu i tempi, si fannu chiù brutti, cumènzanu li scarpi a ghìri chiù stritti,
'u tempu passa puru pi' tutti, i sordi nun servi tinìrisìlli fitti!
Tutta 'na vita cu' 'dda malatìa d'arricampàri sordi su sordi,
nun ci ristàu mancu 'a putìa pi' curpa d'u munnu e di' so' stissi 'mbrogghi!
( 4 - Continua )
L'INTERVENTO.
di Maurizio Pagliaro
Caro Antonio, per completamento della tua esposizione sulla vecchia Lipari, a proposito dei saloni di barbiere, (sei piu' giovane di me e probabilmente non lo hai visto). C'era il salone di Sarinu 'u barbieri, sul corso di fronte 'u strittu a banca, quando era veramente un vicolo, "covo" di tifosi juventini e la si leggeva il giornale" Hurra' Juventus" che oltre ai commenti aveva i disegni delle azioni da gol, non c'era ancora la televisione. Ti aspetto a Vulcano nelle prossime tue vacanze.
di Antonio Famularo
Caro Maurizio, le tue precisazioni e indicazioni sui 'barbieri' mi hanno fatto molto piacere.
'Urrà' per la tua arzilla Signora 'bianconera'! Il mio vecchio cuore 'rossonero' a seguito di aritmie, scompensi, collassi, e un ultimo micidiale infarto fulminante, ha cessato di battere parecchi anni fa. Pace all'anima sua... morto e buono dov'è! E tra le vecchie glorie eoliane,
tra i tanti, il mio preferito in assoluto, per eleganza e visione di gioco, era Mario Boltin.
Te lo ricordi? Anni dopo... mi piaceva anche il nostro 'Pucci', un 'angelo dalla faccia sporca'... un po' Sivori e un po' Altafini'! Il mio cuore non ha retto!... Grazie per il tuo invito a Vulcano, che cercherò di onorare. Caramente.
Le Isole Eolie, per la loro natura e il loro retaggio, si prestano bene ad essere luoghi leggendari,
dove chiunque, nel suo immaginario, vi può pure inventare e ambientare le proprie. E' ciò che ho
ho fatto nei due testi che seguono, inserendovi due affascinanti e indimenticabili figure femminili
reali, incontrate a Salina tanti anni fa: la prima, originaria di Roma, l'ho conosciuta a Pollara; la
seconda è originaria di Lingua, da molti anni emigrata a Nord, ed è ancora un punto di riferimento
nella geografia dei miei sentimenti.
'A liggénna du' Faragghiùni a Puddàra
'Nt'a 'st'ìsuli abbrazzati da lu mari ci sunnu tanti 'cunti e liggenni,
alcuni d'ìddi ni fannu 'nzunnari e sunnu vecchi' e pàrunu eterni;
e tanti cosi ni ponnu 'nzignari si lu significatu si cumprenni,
tant'àutri ni ponnu affascinari si ni pigghiàmu 'u tempu di 'scutàri...
... 'Na vota assai luntanu 'nt'a lu tempu, spirduta 'nt'a la pràia da' Puddàra,
mentri sciusciava tantu forti 'u ventu, accùmpariu 'na bedda Criatura;
poi di luntanu vinni cu' lu ventu 'na navi chi parìa chi vulava,
sonàu cu' la 'rogna p'un mumentu e fora da' Pirciatu si fermava.
" Viniti la me' navi a visitari! ", ci dissi 'Cuda 'i pisci' a 'dda Criatura,
" 'Sta navi èsti un po' particolari, ti fa' girari 'u Munnu 'nt'a 'na ura.
Po' véniri cu' mia senza paura, ti portu 'nt'o 'n paisi assai luntanu,
'unni finisci 'u mari, e quannu 'scura tu po' tuccari 'i stiddi cu' la manu. "
Salparu' cu' lu ventu di Sciroccu 'da bedda Criatura e 'Cuda 'i pisci',
si ni ièru' chiù luntanu du' Maroccu, vicinu a lu Suli quannu abbrìsci.
E d'ìddu 'iornu nun si seppi nenti di qidda Criatura e 'Cuda 'i pisci',
e si maravigghiàru' puru 'i genti, ma nun turnaru' mancu cu' Libbìci'.
Chiancìu 'u mari puru 'nt'a la pràia vidennu 'i so' passi 'nt'a la rina,
e puru 'u ventu sùspiràu 'nt'a l'aria, si dìspiràu 'u Munti a 'Val da' Spina';
e tutta la muntagna sussultàu, 'nt'a lu so' pettu 'u cori si spaccàu,
'nu scògghiu all'improvvisu si mullàu, 'nt'o mari 'faragghiùni' divintàu.
E si tu va' 'nt'a pràia da' Puddàra po' sèntiri ancora qidda 'rogna
pi' tia sonari a 'na certa ura e scopri ch'a to' menti puru sogna.
E si tu vardi versu Filicudi, quannu svanisci tutta la nigghiàra,
po' vìdiri 'da bedda Criatura supra lu Faragghiùni da' Puddàra.
'A liggénna du' lagu a Lingua
'Nt'a lu paisi di li Linguari c'era 'na vota vicinu o' mari
'nu spécchiu d'acqua cumu cristallu, chinu di perli e di curallu;
e certi notti c'a Luna china ci ìa' 'na Fìmmina bedda e sula,
Idda scinnìa 'nt'a 'd'acqua scura e si vagnava 'a so' pedda fina.
'Da Criatura accussì bedda, cu li capiddi cumu d'argentu,
parìa davéru cumu 'na Stidda scinnuta da lu firmamentu;
poi discurrìa c'a Luna china sinu a quannu si facìa matina,
poi si ni 'ìa 'nzemi a lu Ventu, scumpariénnu 'nt'a 'nu mumentu.
Poi 'na matina 'na sciroccata spincìu lu mari dintra lu Lagu,
sbuffannu forti, cumu 'nu dragu, lassàu alghi e acqua salata.
Supra 'du spécchiu d'acqua 'i mari poi si furmaru' cristalli 'i sali,
'a Luna china vinni a vardari ma 'da Signura 'un si visti arrivari.
Qidda Signura accussì bedda, cu' li capiddi cumu d'argentu,
turnau a éssiri 'na Stidda 'nt'o celu nìuru du' firmamentu...
'Nt'a lu paisi di li Linguari 'a genti varda ogni tantu 'u mari
e poi aspetta 'da Criatura... chi forsi veni quannu chi 'scura!
( 3 - Continua )
Fra i 'Cunti' antichi presenti nella narrativa 'orale' eoliana vi sono anche quelli relativi ad una
particolare categoria di donne: 'fattucchiere' / 'maiàre', che praticavano le arti magiche
(come mettere o levare il 'malòcchio') e cure e rimedi come forme di medicina popolare.
Di loro si 'cunta pure che certe notti si cospargevano di un liquido dal potere magico e dai
balconi, con un balzo, spiccavano il volo; oppure si davano appuntamento di notte in un luogo
fra loro convenuto, poi scendevano al mare, salivano su un gozzo, recitavano 'na 'raziuni, e
volavano via andando a divertirsi altrove, forse andando pure a trovare parenti e amici lontani,
rincasando infine con le ultime tenebre, prima del chiarore dell'alba.
Il testo che segue, ambientato a Pollara, si rifà a queste particolari figure di 'fìmmini', delle
quali mio padre, Peppinu, 'ni cuntava' durante le calde sere agostane, seduti sui 'bisòli', tra i
'pulèri', sotto il pergolato ricoperto di intricati tralci e fitti pàmpini, dai quali pendevano grappoli
di uva nera, dono di una vite le cui radici arrivavano fin dentro l'ampia cisterna 'sutta 'u bàgghiu'.
'U Volu di' Maiàri
" L'appuntamentu èsti pi' stanotti
appena pocu dopu 'a menzanotti,
'u postu èsti allu stissu puntu
sutta i ped'alivi a la Punta,
'spittànnu prima chi 'a luna spunta.
Vagnàtivi cu' l'acqua da' pignata
priparata apposta p'a vulata,
'ttaccàtivi 'u fadali attornu 'a vita
e a giracoddu un fazzulettu 'i sita,
livàti 'i fedi dalli vostri dita ".
Scìnni cu' lu 'scuru' p'u timpuni
'a prùcissiùni di' fìmmini tinti,
scìnni e' Balati e finu a mari
'u curteu segretu di' maiàri,
'nchiànanu 'nt'a varca e a dinucchiùni
rècitanu 'nzèmi li 'raziuni.
" Vula pi' una, vula pi' dui,
pi' tri e quattru e cinqu' e sei,
vula pi' setti e vula pi' ottu
e allu novi ci simu tutti! "
Vula, vula 'u vuzzu cu' ventu,
vula 'nt'a notti e faci spaventu;
vannu luntanu 'nt'a lu continenti,
forsi si fèrmanu a Spartiventu.
Vula, vula 'u vuzzu cu' ventu,
senza li rimi e senza timuni,
vannu p'u munnu 'ddi fìmmini tinti
e poi ritòrnanu a lu timpuni.
'Cùntunu cha èranu maiàri
ed èranu di cori puru tinti
eppùru si facìanu vardari,
'u mussu e l'occhi avìanu dipinti,
e cu' malòcchiu ci sapìanu fari.
Dìciunu cha puru certi notti
annìuricàti chiù di lu carvuni
spiccàvanu lu volu di' barcuna,
vulàvanu c'u 'scuru' a lu timpuni
pariénnu cumu tanti diavuluna.
( 2 - Continua )
STORIE EOLIANE - " E io degli stornelli ne so tanti, ne so da caricar sei bastimenti.
Chi ne sa più di me si faccia avanti " .
Le Isole Eolie, a parte la citazione omerica di Eolo e della sua 'reggia con alte mura di bronzo',
non hanno 'mito', anche se questa parola, con la sua forza semantica, riesce a evocare
nell'immaginario chissà quali luoghi, gesta e personaggi che si videro protagonisti in un tempo
assai remoto. Ciò nondimeno le Eolie sono ricche di Storia, una Storia millenaria, che le pale e i picconi degli archeologi hanno riportato alla luce permettendoci di scoprire e di conoscere anche le nostre più lontane radici, parte del retaggio variegato che ci è stato tramandato, e ciò che ancora oggi persiste, che ci è comune e ci accomuna. Comunque le Eolie possiedono tantissimi elementi, costituiti da luoghi ancora incantevoli e pittoreschi, attraversati pure da tanti avvenimenti storici, che se si vuole vi si può attingere per creare culturalmente il 'Mito'.
Tenendo presenti queste 'linee guida', nel porre le basi per un 'costituendo' ( 'in progress' ) Cantautorato Popolare tipicamente 'Eoliano', ho evitato, volutamente, di mettermi alla ricerca di canzoni e di testi antichi, cosa che sicuramente altri sono in grado di fare meglio di me, preferendo scrivere personalmente i testi (a causa del mio vizio, ahimè incurabile!, di scrivere,
come uno degli inguaribili 'tumori' che mi porto dentro) mentre per le musiche mi avvalgo di musicisti che, a differenza di me che sono autodidatta, scrivono meglio e più correttamente le
partiture. E nel tentativo di preservare a futura memoria delle 'espressioni' (divenute anche 'proverbiali') e dei particolari 'vocaboli' in uso nella 'parlata' eoliana, attorno a questi, per questi, per l'uso che se ne fa di essi, ho 'costruito' appositamente dei testi, inventandomi dei 'contesti' in 'storie' che spaziano comunque nel 'vissuto' e nel 'sentire' eoliano, rifacendomi a fatti realmente accaduti o a personaggi reali, conosciuti o dei quali ho letto o solo sentito parlare.
Nel testo che segue, tratto dal mio canzoniere di 'Storie Eoliane', ho ripreso un fatto realmente accaduto agli inizi del Novecento a Ginostra: due bambini/ragazzini si persero in mare, dei quali gli abitanti di quel piccolo borgo ne parlano ancora; ciò è forse riconducibile ad un analogo
avvenimento verificatosi in quelle stesse infide acque, il cui protagonista fu un 'ragazzino' (personalmente credo che le due 'versioni' si riferiscano allo stesso avvenimento). Comunque dalle versioni dei due avvenimenti ho scritto il testo, attingendo alle informazioni e cercando
di armonizzarle con gli 'elementi' di cui si parla nella 'leggenda' che circola ancora fra i muri di quelle case che si specchiano nelle sottostanti acque del Tirreno, limpide ma pericolose, misteriose e inquietanti, dove ci si può 'perdere' anche con lo sguardo davanti alla vastità di
quel mare.
In questa nuova 'avventura' mi farà piacere mostrare, mediante alcuni testi, come luoghi, storie e personaggi locali si prestino benissimo ad essere interessati ai fatti di cui si scrive e si canta, nonché a divenire parti integranti del 'cantautorato popolare' tipicamente 'eoliano'.
'U Fìgghiu du' mari
" Chu è chi bussa 'nt'a la me' porta?
Chu è chi si spassa facénnulu apposta?
'N paci lassàtimi e 'itivìnni!
A 'n'àutra vanna 'rattàtivi 'i corna!... "
"Signura mia 'un ti scantàri,
èsti lu Fìgghiu ch'anchiàna da' mari;
staci girannu p'i casi 'i 'Inostra,
'n mezzu a li càppari e ciuri 'i 'inestra.
Signura mia 'a porta rapìti
pirchì lu Nicu' ora havi siti,
l'acqua du' puzzu voli assaggiari
pirchì salata è l'acqua du' mari.
Signura mia 'a porta rapìti,
mali nun faci, nun lu timiti,
dàtici l'acqua chi voli assaggiari
pirchì amara è l'acqua du' mari.
Vu' lu sapìti èsti un carusu
e cumu i carusi èsti curiusu,
da lu Pirtusu s'alluntanàu
e 'nt'a lu mari Iddu si pirdìu.
Gira a 'Inostra u' so' spìritu ancora,
casa pi' casa, 'nt'e bàgghi e fora,
e si lu senti bussàri ancora
sérvici l'acqua e làssala fora.
Fora da' porta ti lassa un tisoru
assài chiù priziusu di l'argentu e l'oru,
tanti cunchigli' e un vuccùni raru
arricugghiùti 'nt'o funnu du' mari.
Fora da' porta ti lassa un tisoru,
tanti cunchigli' e un vuccùni raru,
chi si 'nt'a 'rìcchia l'ascuti attentamenti
senti lu ciàtu di qìddu 'Nuzzenti.
Era un carusu du' primu Novicentu
chi si pirdìu 'nt'o mari 'i 'Inostra,
e si tu rapi e t'affàcci a' finestra
senti 'a so' vuci purtata du' ventu " .
( 1 - Continua )