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di Alberto Bougleux

 


Scuola di Alicudi, ore 22. Sulla parete bianca di una piccola aula sospesa nella notte si proietta "L’Ultimo giorno", il film degli ultimi tre alunni di Teresa, maestra di Milano che per vent’anni ha fatto di quella minuscola scuola la missione della sua vita.  L’aula è la stessa dove il film è stato girato, senza soldi e fra mille difficoltà, fra il settembre del 2011 e il marzo del 2014.
Sulle sue pareti, come in una strana radiografia che ne svela la memoria, rivivono le gesta epiche dei tre allora piccoli alicudari.
Mirko, Valentino e Gabriele sono tre ragazzi straordinari, frutti vividi e autentici di queste isole radiose e aspre. Tre bambini sensibilissimi e geniali, capaci di sfidare e dare scacco alla scuola come nessun altro. Come nessun altro capaci di riempirla di umanità e di rara poesia .
In aula, nella loro aula, ci sono anche loro, ormai uomini fatti, belli ed eleganti, forse un po’ intimoriti da quelle cinquanta persone che sono risalite al buio lungo le rampe fino alla scuola e ora siedono per terra in attesa del film per sapere proprio di loro, della loro infanzia nascosta, trascorsa nella scuola più piccola, sulle pendici dell’isola più lontana.
Il film ha inizio. L’aula, la loro aula, torna a riempirsi delle loro voci, delle loro gag irresistibili, della loro vivacità che rifiuta ogni costrizione e spesso semplicemente ogni proposta, ma che sa improvvisamente trasformarsi in entusiasmo e genuino trasporto verso chi riesce a capire davvero il loro mondo, a guardare le cose con i loro occhi, a parlare senza indugi il loro linguaggio. 
Mirko, Valentino e Gabriele campeggiano sullo schermo come degli eroi, alle prese con l’avventura impossibile e ineluttabile di crescere. Come eroi si battono anche gli insegnanti, che fronteggiano la sfida altrettanto impossibile e irrinunciabile di insegnare a diventare adulti, ciascuno con i suoi strumenti, ciascuno con le sue priorità.
Lo scontro è titanico, le decisioni irrevocabili. La scala Mercalli qui non passa. Un controcanto in tono minore con il flauto, le poesie del cuore dell’Amazzonia, le orme degli uomini preistorici, forse sì.
 

Mirko, Valentino e Gabriele si guardano in mezzo al piccolo pubblico che spesso ride emozionato. Ridono, tantissimo, anche loro. Chi si ferma alle loro bravate adolescenziali, e vorrebbe magari nasconderle o censurarle, non vede che i veri i vincitori sono loro, e loro è anche il lieto fine. 

Mirko, Valentino e Gabriele, nonostante tutto e tutti, ce l'hanno fatta: sono cresciuti davvero, e con la loro storia hanno insegnato cosa vuol dire farlo anche là dove è più difficile.
Vincitori però sono anche gli insegnanti, e fra tutti Teresa, che a dare un’alternativa anche ai ragazzi di Alicudi ha dedicato per anni tutto il suo sapere. Nella sua estenuante battaglia per la scuola dell’ultima isola si nasconde il significato ultimo di fare scuola, ovunque.
Qualcuno un giorno mi ha chiesto, senza mezze parole, questo film dove va a parare. Questo film, forse, va a parare proprio qui, sui banchi della scuola di Alicudi, dove affacciati sul grande vuoto del mare si impara la difficoltà di diventare grandi, e la bellezza di insegnare ad affrontare a viso aperto la vita.


 

 

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