di Nicolas Rando
Finalmente la prima barca è ormeggiata.
---di Anna Scalfati*
Sono fermamente convinta che un pontile galleggiante a metà di una insenatura così spettacolare sia come la raffineria sulla spiaggia di Milazzo. Ci tengo però a dire che i processi vanno seguiti e monitorati. Dalla delibera all appalto alla concessione. Se veramente nulla si poteva fare contro il pontile (e una cosa é il molo una cosa é la location) allora conveniva - lo scorso inverno - attivarsi per spostarlo davanti al Phenicusa. E comunque non punterei come strategia su un movimento di opinione a quanto pare parecchio disomogeneo, quanto sulle infinite possibilità che la normativa italiana ed europea offrono per la tutela di aree di pregio. La via della legge é l'unica che può da una parte garantire lo sviluppo e dall altra assicurare la giusta tutela. Bisogna formalmente far valere la norma.
*Giornalista professionista, in Rai dal 1986.
IL COMMENTO
di Antonio Famularo
Sto seguendo con particolare attenzione la 'querelle' sul pontile galleggiante e mi ha fatto molto piacere leggere, fra gli altri, anche l'articolo della brava giornalista Rai Anna Scalfati (Notiziario 8 Luglio). E da nativo eoliano, considerando che l'eolianità me la porto addosso come una seconda pelle e Filicudi è anche mia, appartenendo anch'essa al mio retaggio/background etnico-culturale, esprimo liberamente alcune considerazioni.
Certo sono lontani i tempi in cui Filicudi era l'isola delle 'felci'. Poi, negli Anni '70 stava per diventare l'isola dei 'coatti' a motivo di una 'decisione' - questa sì 'coatta' nella piena accezione del termine - 'imposta per forza o per provvedimento di una pubblica autorità'.
Ricordo che l'amministrazione comunale di allora, personalità politiche e culturali e una numerosa rappresentanza dei cittadini, in primo luogo liparesi, si impegnarono strenuamente e civilmente affinché Filicudi non divenisse una colonia penale. A motivo degli sforzi congiunti dettati da una sana coscienza civile alla fine la ebbero vinta, riappropriandosi dell'isola e riaffermando il diritto all'autodeterminazione e alla salvaguardia della propria identità culturale e del proprio habitat.
Oggi di quella generazione è rimasto ben poco, forse nulla del suo 'spirito' e della sua 'eredità', del suo sapere essere 'comunità', dove i problemi di un'isola erano problemi dell'arcipelago nel suo insieme.
E non si è 'comunità' solo perché si nasce e si cresce nello stesso luogo, ma il senso di 'appartenenza' va costruito operando unitamente e costruttivamente per perseguire e condividere obiettivi comuni, facendosi carico comune delle problematiche per sostenerne o alleggerirne i pesi nel frattempo che si adottino e si pianifichino strategie risolutive, pianificate a medio o lungo termine, e si addivenga ad una soluzione condivisa delle medesime.
Oggi la comunità eoliana è frammentata e divisa in tanti piccoli gruppi e l'individualismo prevale su tutto col suo onorato codice comportamentale. Questo modello di pensiero o di filosofia di vita, con la sua maniera di 'prevaricare' o di infischiarsene dei problemi comuni pensando che siano altri, o le 'istituzioni', a doversene concretamente occupare, ha spalancato le porte a 'decisioni' o 'soluzioni' di parte e/o interessate, discutibili e il più delle volte pure di pessimo gusto o di alcuna utilità o ricaduta positiva non solo sulla comunità ma anche sul territorio con i suoi vincoli ambientali, che vengono imposte dal di fuori, da lontano, da personalità 'disturbate' e poco o nulla 'onorevoli, e le varie amministrazioni locali di turno vengono disinvoltamente prevaricate e scavalcate, se non ignorate.
E che il destino politico e il welfare della comunità eoliana ormai si decida altrove è ben evidente ad un attento e disinteressato osservatore, ma tanti eoliani 'che contano' e 'piacciono alla gente che piace' fanno ancora fatica (o finta) ad accorgersene, con buona pace di tutta l'imprenditoria e industria turistica locale per la quale vale sempre il detto "Vuoi stare bene? Lamentati sempre!" Con buona pace pure dei Leghisti-Ambientali, gli ambientalisti, i naturalisti, i 'verdi' e le loro 'golette' e i loro cretini e strombazzati 'bollini azzurri' snob e radical-chic. Non occorre essere tecnici specializzati, ma solo e semplicemente amanti del bello, per accorgersi che tante opere eoliane realizzate sono un insulto con sputo alla indigena bellezza ambientale e il cafone trionfo del pessimo gusto.
Quando una comunità ha perso deliberatamente la propria identità storica-culturale non ha più nulla da perseguire, nulla per la quale valga la pena impegnarsi o lottare, se non la sopravvivenza fine a se stessa e l'altrui sopraffazione, non ha nulla da tramandare, soprattutto non ha niente di valore da offrire ai tantissimi visitatori e vacanzieri, nulla per cui valga la pena ricordare o ritornare.
L'ultima volta che sono stato a Filicudi, il 'ferragosto' del 2013, vi ho trascorso una meravigliosa e indimenticabile giornata. Che emozione rivederla da vicino così affascinante, con i suoi originali odori e le sue indigene essenze, una bellezza da lasciare quasi senza fiato.
Mi sono aggirato nel minuscolo borgo di Pecorini a mare e mi sembrava di stare nel posto più bello in cui potessi desiderare di essere. Dal molo ho cercato di abbracciare con lo sguardo ogni minuscolo angolo di così tanta vera bellezza e mi sono davvero ristorato la mente e il cuore scorgendovi tanti naturali e variegati cromatismi e tanta poesia, quasi percependo nell'immaginazione le voci di coloro che l'avevano abitata. Nelle sue ambientazioni di mare vi ho ritrovato le stesse intime atmosfere vissute a Pollara. Un vero 'dono' degli 'dèi' da gustare, apprezzare, condividere, salvaguardare e preservare. E' un vero peccato che non sia valorizzata adeguatamente, pur essendo ricca di storia e di siti archeologici. Al porto principale ho visitato un piccolo 'Museo del mare', incustodito e senza alcuna hostess/guida per i visitatori. E' un vero gioiellino e immagino gli sforzi compiuti per reperire i reperti e allestirlo tra l'indifferenza dei cultori della cultura che sgomitano e affollano i salotti buoni della Lipari colta, che non hanno un pensiero e lo sanno dire molto bene. Filicudi merita davvero di essere valorizzata per tutto il buono e il bello che possiede e che può e vuole dare. A chi e a che servono i pontili mobili? Per fare attraccare poche barche di passaggio? Ma davvero Filicudi ha bisogno di pontili mobili per incrementare la propria produttività economica? La ricaduta economica sarà positiva per tutti gli isolani, e la naturalezza stessa dell'isola, o non solo per pochi che magari risiedono pure altrove? Si è riflettuto abbastanza sulla breve durata di una stagione turistica a Filicudi e la durata annuale dei tempi in cui tali pontili mobili rimangono inutilizzati, oltre alla limitata ampiezza e 'ricettività' dell'incantevole baia?
Filicudi ha bisogno che si investa sulle sue reali risorse e potenzialità, sulla sua storia e la sua cultura etnografica, sui suoi siti naturali, geologici e archeologici, sulla sua fauna terrestre e marina, sulla sua flora terrestre e marina, sulla sua stessa meteorologia, sui suoi sistemi di coltivazione contadina e sui suoi sistemi e tipi di pesca praticati, oggi come nel passato. E che una 'Biblioteca pubblica', con le sue varie attività (anche multimediali) e finalità 'formative' e 'informative' possa divenire pure un luogo di incontro e di confronto.
Ritengo altresì che salvaguardare un ambiente significhi pure salvaguardare la propria identità culturale, che preservare un ambiente non voglia dire necessariamente 'imbalsamarlo', che migliorarlo con interventi strutturali o di restauro non voglia dire stravolgerlo.
Pur non essendo contrario all'impiego di pontili mobili dove l'impatto ambientale è scarso o nullo, e comunque auspicato da una volontà comune, ritengo del tutto inopportuna la decisione 'coatta' di posizionare un pontile mobile nel porto di Filicudi, un vero e proprio attentato inutilmente e gratuitamente vandalico allo scopo di sfigurare esteticamente il volto e la bellezza geografica del litorale di un'isola che amo, che mi ispira e che in qualche modo è mia e mi appartiene. E bene fa la comunità filicudese, ben rappresentata dalla Signora Maria Grazia Bonica nella veste di Presidente di Circoscrizione, a portare avanti e a mantenere viva l'attenzione sulla 'questione' affinchè venga riconosciuto il suo diritto a tutelare quello che, più di tutti e ancor prima di altri, è il loro patrimonio. E benvenga ogni iniziativa civile in tal senso, non esclusa anche quella di portare la 'querelle' davanti alle corti di giustizia più alte (anche europee), meno 'di parte' e forse anche più illuminate. Con i miei più sentiti auguri.
L'afa infuria, l'acqua ci manca, sul pontile (galleggiante) sventolerà 'bandiera bianca'?