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di Carmelo Gulli*

LE COLORITURE NEL CENTRO STORICO DI LIPARI: NOTE SUL TEMA.
Lo scorso anno, esattamente il 17 maggio 2014, era stato pubblicato un articolo sulle coloriture nel centro storico dal titolo "Lipari, della serie...la grande bruttezza", con allegate repliche.
L'importanza dell'argomento richiede una breve premessa e per la complessità e l'ampiezza delle indagini è necessario delimitare anche il campo ai colori dell'architettura dell'edilizia storica. Il dibattito sulle cromie urbane, che ha sempre sollecitato la produzione di una ricca letteratura, si alterna tra silenzi e periodi di vivi dibattiti e a volte senza arrivare a nulla di concreto. Tema dove la fervida pratica professionale sembra aver assunto un così grande peso ed esiti negativi da reclamare l'esigenza stessa di necessarie riflessioni. La realtà di oggi, purtroppo, riguardo al colore dell'edilizia storica è ancora deludente; tanti sono gli interventi errati sotto il profilo teorico e tecnico.
Ora le nostre note nascono da alcuni termini ed espressioni, presenti nell'articolo sopra menzionato. Definizioni e voci che nella lingua italiana trovano puntali e circoscritti significati ma se traslati, ad esempio, in differenti ambiti disciplinari possono mutare il senso, l'azione, il tempo. Nel nostro caso occupandoci di edilizia storica, comprese le realizzazioni moderne di qualità, i termini, stile, ripristino, preesistente, oppure le espressioni, colori originari, modello cromatico originario e così via, richiedono necessariamente una riflessione teorica del significato e dei campi di applicazione e un loro preciso e accorto impiego. Questioni lessicali che potrebbero apparire eccessive, provocano invece indubbie e notevoli difficoltà concettuali. Sono assunti di fondo che hanno, in seno alla tutela dei centri storici, un notevole valore teorico e che comportano conseguenze operative che possono generare equivoci dannosi ed interpretazioni non corrette. Un esempio è il persistere a ricercare, attraverso documenti o indagini dirette, il cromatismo originario dell'edificio. Tralasciando l'indeterminatezza delle definizioni cromatiche, affidate a indagini, campionature e stratigrafie, risulta comunque un orientamento molto debole in quanto l'ambiente urbano è un insieme formato di elementi vivi che mutano nel tempo. Quindi se si accetta il processo trasformativo della città, legittimo e continuo, è vano sostenere di poter definire lo stato cromatico originario di un edificio. Dove per stato originario s'intende in genere un momento intermedio della vita dell'edificio e nella maggioranza dei fatti non rappresenta la fase cromatica primigenia. Pur nei casi rari, dove è possibile divenire il vero stato originario, sarebbe un elemento importante solo per la conoscenza e per la 'storia del gusto' non certo guida per una nuova coloritura. In ogni intervento il punto di avvio è lo stato attuale del manufatto nonché il suo intorno con il quale è relazionato. L'intento di annullare il tempo trascorso tra una fase qualunque e l'oggi rappresenta una mera illusione; uno stravolgimento del 'testo'. Ogni ambito urbano e paesistico possiede colori che mutano con il tempo, facendo assumere al contesto una sua logica cromatica diacronica, frutto di una lenta sedimentazione e di un continuo assestamento. Ogni 'nuovo' colore non ha necessità di ripetere quello originale, o uno fra gli altri che lo hanno seguito, dato che non si colloca in sostituzione dell'una o dell'altra tinta, né per velleità estetiche o semplici ragioni pratiche, ma deve costituire un' ʽaggiunta critica'. Si tratta, quindi, di interventi che non devono essere fondati solo su una scelta di gusto o 'filologica', ma devono invece discendere da un'analisi e da un giudizio storico_critico proprio perché l'intervento è ipotesi critica in atto. Ancora oggi persiste la prassi di riportare l'edificio all'antico splendore. E' un pregiudizio formale di natura tutta estetica e che riscuote maggiori consensi ancor più se appare antico. E' un agire à l'identique come se il tempo non fosse trascorso, una confusione che tende a rendere presente il passato e quindi equivale ad una falsificazione. Attualizzare il passato non fa altro che cancellare il senso della storia e la città in questo modo resta ferma, congelata e incapace di proiettarsi verso il futuro.
Se le discussioni, sulle coloriture urbane di Lipari, restano ancora su termini e concetti confusi e conoscenze generiche tradotte in 'regole' attraverso indicazioni manualistiche con esiti pertanto estranei alla cultura e perciò non capaci di indirizzare, è preferibile allora aspettare e avviare delle accorte e profonde analisi prima di elaborare un 'Piano del Colore'.

*Architetto

viamaurolico

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