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Gentile Direttore,

torno sulla questione del futuro delle cave di pomice, nonostante la stessa appaia decisamente marginale nell’attuale dibattito politico. In realtà, “marginale” è un aggettivo generoso, dato che l’attenzione dei nostri rappresentanti in consiglio comunale non sembra nemmeno lontanamente sfiorata da tale argomento, ma mi illudo che il suo suono garbato e conciliante possa ancora accattivarsene una vaga benevolenza.

La recente approvazione del rendiconto di gestione consente oggi al Comune di disporre di un avanzo libero, al netto degli accantonamenti e delle somme vincolate. Ho chiesto lumi a un amico più esperto di me in materia amministrativa, il quale mi ha pazientemente spiegato che il comma 2 dell’articolo 187 del TUEL (Testo Unico Enti Locali) prevede che la quota di avanzo disponibile possa essere destinata – in ordine di priorità – alla copertura di debiti fuori bilancio, a provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio e, qui arriviamo al punto, al finanziamento di spese di investimento.

Bene, l’avanzo libero ammonta a oltre 12.000.000 di euro. La proposta di acquisto dell’area ex-Pumex di cui si vocifera è di circa 3.000.000 di euro. Se i conti tornano, il Comune sarebbe dunque nelle condizioni di potere formulare un’offerta analoga per acquistare l’area, inserendo la somma nel bilancio di previsione che dovrà essere approvato a breve. Potrebbe farlo?

Si, perché è indubbio che diventare proprietario di un luogo di straordinaria importanza in termini di identità e di storia di un territorio rappresenti un investimento. Avendo finalmente titolo, andrebbe poi richiesto un adeguato investimento per il suo recupero alla Regione Siciliana, o ancora meglio al Ministero dell’Ambiente che ha competenza per i Siti UNESCO – come il nostro – designati per i valori ambientali (in questo, ci aiuta il Piano di Gestione che parla espressamente di un Parco Geominerario), e anche al Ministero della Cultura, a fronte dell’indiscutibile significato che l’area della pomice rivestirebbe come polo culturale, dopo la sua riqualificazione. Insomma, la disponibilità dell’avanzo libero potrebbe dare una svolta epocale a una vicenda che si trascina da anni nell’incertezza.

Esiste tuttavia una sensibile differenza tra “potere” e “volere”, così come tra l’esercizio del silenzio e quello del confronto. Considerando però che la posta in gioco equivale a un chilometro lineare di costa in stretta connessione con una superficie pari al 15% del territorio della nostra isola, e soprattutto a una scelta su come orientare il futuro della sua vocazione turistica, direi che ci siano elementi a sufficienza per attendersi quanto meno una discussione.

Ovviamente, anche il silenzio è una scelta, ma in questo caso sarà piuttosto arduo trovare un motivo per non ricordare come “marginali” i protagonisti di questa stagione politica.

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