di Giuseppe Pracanica
I tedeschi e Mussolini tentano d ammazzare tutti, fascisti traditori, ammiragli, e poveri cristi
Il Gran Consiglio del Fascismo si riunì il 24-25 luglio 1943 per discutere l’Ordine del giorno presentato da Dino Grandi con cui si invitava il re “ad assumere l’effettivo comando delle forze armate”. Messo in votazione veniva approvato con 19 voti a favore, 8 contrari ed un astenuto. Mussolini aveva sottovalutato la riunione e soprattutto non sapeva che dietro c’era la regia del re.
De Bono, che forse non aveva capito molto di quello che era successo durante la riunione, una cosa la capì benissimo e sul suo diario in data 31 luglio 1943 scrisse “Io non mi sono sentito tanto fascista come ora, che minchioneria, anzi che porcata ha commesso il re che – bisogna ormai mi persuada - non è altro che un sacco di merda”. Saputo l’esito della riunione del Gran Consiglio, Vittorio Emanuele III si premurò a convocare Benito Mussolini, di cui era stato servo fedele ed ossequioso per oltre 20 anni alle 17 dello stesso 25 luglio a Villa Ada, precisando che si doveva presentare in borghese, cosa che allarmò non poco donna Rachele, ed alla fine lo fa arrestare. Su quello che avvenne quel pomeriggio abbiamo la testimonianza della Regina Elena,
che disgustata per aver dovuto assistere ad una tale violazione dell’ospitalità così ricordò l’episodio in un’intervista rilasciata nel marzo 1950 e pubblicata ne "La storia Illustrata" del luglio 1983 “Quando Mussolini arrivò mio marito gli disse «Caro Duce, l'Italia va in tocchi…», non lo aveva mai chiamato così, ma sempre "eccellenza". La mia dama di compagnia, la Jaccarino …… mi riferì che mio marito aveva perso le staffe e si era messo a urlare contro Mussolini, infine gli aveva comunicato che lo destituiva e che al suo posto metteva Pietro Badoglio.
Dalla finestra vedemmo mio marito tranquillo e sereno, che accompagnava sulla scalinata della villa, Mussolini che appariva invecchiato di vent'anni. Mio marito gli strinse la mano, l'altro mosse qualche passo nel giardino, ma fu fermato da un ufficiale dei carabinieri seguito da soldati armati. Mi sentivo ribollire. Per poco non sbattei contro mio marito, che rientrava. «È fatta» disse piano, lui. «Se dovevate farlo arrestare» gli gridai a piena voce, indignata «questo doveva avvenire fuori da casa nostra. Quel che avete fatto non è un gesto da sovrano «mio padre non lo avrebbe mai fatto.”
A tarda sera la radio così riassunse gli eventi di quel giorno “Sua Maestà il Re ed Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di capo del governo….presentate dal cavaliere Benito Mussolini ed ha nominato….il cavaliere Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio.” Si concludeva così, nel peggiore dei modi, una storia che era iniziata malissimo il 30 ottobre del 1922, quando Vittorio Emanuele, rifiutandosi di proclamare lo stato d’assedio, consegnava l’Italia al Fascismo. Poi avrebbe sanzionato, come prevedeva lo Statuto Albertino, il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, giustificava e dava la massima copertura politica a Mussolini in occasione dell’omicidio Matteotti, nel 1938 sanzionava le leggi sulla difesa della razza, il 10 giugno del 1940 condivideva in pieno con Mussolini l’entrata in guerra dell’Italia. Ritornando al luglio 1943
Mussolini non capì di essere in stato di arresto anche perché, come ha scritto Enzo Verzera nel suo “Messina ‘43”, nelle prime ore del 26 ricevette da Badoglio una lettera che, a nome del re, gli garantiva l’incolumità e lo invitava ad indicare la località che più gli era gradita per starsene al sicuro ed in pace. Mussolini ringraziò Badoglio e scelse la Rocca delle Caminate. Mentre veniva trasferito Mussolini, guardando attraverso i finestrini della macchina, si accorse che invece di imboccare la via Flaminia veniva condotto verso il sud attraverso la via Appia.
Gli dissero che erano cambiate le disposizioni. Giunto a Gaeta da qui in seguito arrivò a Ponza la mattina del 28 luglio con la Corvetta Persefone. Inizialmente la destinazione era Ventotene, ma il direttore di quel carcere si rifiutò di farlo sbarcare perché non era in grado di tutelarne la sicurezza. Sull’isola si trovava anche Pietro Nenni e che era stato arrestato a febbraio dello stesso anno dai nazisti ed inviato per precisa disposizione di Mussolini al confino su quell’isola dove rimase fino a tutta la durata della Seconda Guerra Mondiale. C’è chi afferma che in realtà Mussolini, confinandolo in quell’isola (invece di farlo andare in Germania) aveva voluto salvarlo da morte certa per mano delle SS.
Mussolini il 7 agosto con la nave Pantera, accompagnato dall’Ammiraglio Maugeri, giunse all’isola della Maddalena in Sardegna. Qui trovò come comandante della base l’ammiraglio Bruno Brivonesi, noto vigliacco, che scappando aveva fatto affondare le navi mercantili che accompagnava e che lo odiava perché l’aveva fatto sbarcare e mandato di fronte alla corte marziale.
Ritenuta non sicura per la presenza di molti tedeschi in zona, il 27 agosto veniva trasferito con un idrovolante della Croce Rossa a Vigna di Valle sul Lago di Bracciano e da qui su un’autoambulanza alla stazione di partenza della funicolare del Gran Sasso d’Italia per essere alloggiato in una villetta e quindi più in alto, a 2112 metri, con la filovia all’albergo rifugio del Gran Sasso. Hitler tentò di mettersi in contatto con Mussolini tramite l’ambasciatore a Roma, Mackensen, che chiese al re di poter incontrare Mussolini. Al diniego Hitler si con
*Rigoletto (1851) è un'opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratta dal dramma di Victor Hugo Il re si diverte
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