di Mario Cavaleri
La Sicilia deve accontentarsi del turismo estivo, quello del sole e mare? Che peraltro ci è regalato dalla natura, quindi non ha bisogno di essere inventato, costruito, pianificato da strategie di grandi geni della programmazione, né peraltro registra numeri da record come spesso i politici che si avvicendano alla guida del ramo di gestione sono adusi a esaltare, anche quando i consuntivi sembrano accreditare nell’Isola presenze equivalenti al periodo pre-covid.
Dalla analisi di Assoturismo nel periodo natalizio il Sud accusa il colpo: non siamo tra i gettonati nella scelta dei vacanzieri che hanno mostrato di preferire le località invernali, le capitali estere o le città d’arte. Ci sta, ovviamente, che gli amanti del turismo invernale privilegino le piste da sci, le baite di montagna, le grandi discese innevate ma c’è da domandarsi perché chi non ama proprio il freddo, e qui troverebbe l’estate anche d’inverno, non senta attrattivo l’appeal del Mediterraneo.
Arte, storia, paesaggio, patrimonio indiscutibile su cui puntare, probabilmente non sono adeguatamente valorizzati e comunicati in loco e fuori. I tanti croceristi che da qualche anno sbarcano a Messina, fanno il giro in trenino e risalgono a bordo senza neppure un ricordo significativo peculiare da portare a casa come souvenir… che non sia la paccottiglia dozzinale delle solite calamite o cose simili assortite in qualche negozietto.
Due amanti che si uniscono nell’estasi dell’amore: è la rappresentazione de “Il bacio”, il dipinto più celebre del “periodo aureo” del viennese Gustav Klimt. Un’incredibile quantità di riproduzioni ha reso questo quadro estremamente popolare, al punto che è entrato a far parte di quelle opere universalmente conosciute e di cui sono piene le eleganti vetrine della capitale austriaca fino alla vicina Bratislava e magari a Budapest: piatti, tazzine da caffè e da té, vasi, lampade, quadri, orologi da parete… tutti al Bacio.
Cosa c’entra col turismo? Ecco, il pensiero corre all’Annunciata di Antonello da Messina, che si trova al Museo Abatellis a Palermo ma sempre del pittore quattrocentesco messinese è, cioè uno dei più grandi artisti rinascimentali conosciuto nel mondo. Non si vedono vetrine nella città dello Stretto con riproduzioni di qualità, oggettistica di pregio che richiami per esempio questa preziosa e straordinaria immagine per farne un oggetto cult. Tutte le gioiellerie, i grandi negozi dovrebbero dotarsene, mostrare gigantografie. Lo stesso Comune potrebbe incentivare la produzione di ceramiche, accessori di vario genere da arredamento o da regalo che possono avere un’utilità pratica per connotare in modo capillare, sistematico le esposizioni del centro città. Coniugare Messina al suo più illustre esponente dell’arte nel mondo e presentarsi al mondo come la città di Antonello.
Certo non è questo che fa decollare il turismo. Ma come recita un proverbio siciliano ogni ficateddu i musca è sustanza. Serve ogni sforzo, qualsiasi contributo seppur minimo, per irrobustire una filiera che arranca e vede i vari assessori regionali alternarsi alla guida del turismo ed esternare entusiasmo per uno zero virgola in più, quando in altre parti i numeri sono consistenti e studiano costantemente per farli crescere. Il cuore delle città importanti pulsa con palazzi di esposizione e di musei che arricchiscono l’offerta culturale e diventano oltretutto botteghino di incassi. Qui, l’unica attrattiva è il bel Museo regionale, distante e mal collegato.
Ca va sans dire che, se Messina persino oggi preferisce destinare uno dei pochi palazzi di pregio rimasti nel centro (ci riferiamo all’ex Cassa di risparmio Vittorio Emanuele) a sede satellite del Tribunale piuttosto che a polo di richiamo culturale per i turisti, beh allora accontentiamoci di rimanere ultimi in Europa, capofila degli zeri-virgola inconcludenti.
NOTIZIARIOEOLIE.IT
20 GENNAIO 2022
L’intervista del Notiziario al giornalista Mario Primo Cavaleri, un vita da prima penna
Lipari, è deceduto Giovanni Raffaele "Giovannazzo"
Il presepe vivente previsto per questa sera a Pianoconte visto il lutto che ha colpito la famiglia di don Lio Raffaele verrà posticipato al 5/01 ovviamente per motivi familiari
Salina, è deceduta la signora Caterina Filolungo vedova Bartoli
Aveva 76 anni
A Giovinazzo (Ba) è deceduto Pompeo Bivacqua
Il mega raduno che ha visto sfilare a Messina migliaia di persone, tante da riempire la grande piazza Duomo, è stato motivo per attardarsi sulla quantificazione e dare i numeri, più che sul merito delle questioni poste.
I No Ponte sono da sempre contrari all’opera, quale che sia, perché dannosa per l’ambiente e il paesaggio, inutile dal punto di vista dei trasporti considerando altre le emergenze prioritarie e urgenti su cui intervenire, come le reti interne, stradale e ferroviaria. Peccato che solo alcuni dei big partecipanti hanno sviluppato argomentazioni meritevoli, altri si sono contraddetti e i più hanno optato per i soliti slogan. Ma era una manifestazione di piazza, quindi ci sta tutto.
D’altronde, pari e patta con chi, favorevole al Ponte, ha preso posizione a prescindere e ripete come un ritornello le stesse divagazioni. Chi vuole il collegamento accetta ogni proposizione in modo acritico, ha una visione idealizzata; innamorato comunque, sente già il “roco mormorar di lucide onde, s’ode d’una fiorita e fresca riva”, sembra perso insomma in un sonetto del Petrarca. Come sarà, quali le scelte tecniche, cosa comporterà concretamente, gli importa poco. Si fida di ciò che proviene dalle sedi decisionali di Roma. Purché sia.
Tra le due furiose, annebbiate tifoserie, c’è ancora spazio per una riflessione attenta, soppesata, ponderata?
Illudiamoci di sì. E’ l’atteggiamento dei pochi che, senza lasciarsi irretire dal romantico ricordo della piroga, vogliono guardare al futuro e immaginare l’utilità del ponte, giacchè è nella natura dell’uomo comunicare con l’altra sponda, collegarsi nel modo migliore e rapido. Questi solitari teoreti analizzano il merito per evidenziare un punto cruciale: l’attuale progettazione, cioè quella concepita negli anni ‘90, completata un decennio dopo e riproposta oggi praticamente tale e quale, è proprio la soluzione migliore?
Tra i contestatori in piazza, cinquemila o più non interessa, e di contro i tanti a casa in attesa di novità sullo stupor mundi, si pongono i critici che obiettano l’eccessiva accelerazione con cui si è riesumata una procedura e una progettazione datata senza tener conto di ciò che nel frattempo si è realizzato in giro per il mondo, cioè ponti a più campate.
Un’opzione che lo stesso Ministero dei trasporti (a guida prima De Micheli e poi Giovannini) aveva ritenuto di dover approfondire affidando a Italferr l’incarico di uno studio di fattibilità proprio sulle tre campate (modello Akashi e Dardanelli). Ci sarebbe voluto altro tempo? Certamente. Ma se si fosse andati avanti su quella indicazione avremmo avuto già il responso dei tecnici e, aspetto non trascurabile, un utile pronunciamento di esperti, così da essere pienamente consapevoli della scelta migliore.
Il perché tanta fretta nel liquidare a priori tale opzione si spiega solo con i desiderata della politica che avverte il bisogno di dare risposte immediate. Un lustro di legislatura si consuma rapidamente, nel mentre l’agenda elettorale presenta più di una scadenza, corre, non contempla la ponderazione; se è possibile agganciarsi a un finanziamento va bene pure il rinfiorare di qualsiasi progetto se foriero di drenare risorse, bypassare normative ingombranti e lunghe da digerire da chi opta per il tutto e subito.
Da qui a cascata una serie di permanenti interrogativi su cui i critici ostinatamente insistono: davvero il Ponte sullo Stretto non ha necessità di ulteriori approfondimenti perché studiato, radiografato in ogni aspetto da mezzo secolo?
Ripensare il progetto, avvicinando il Ponte alle due città e riducendo le due torri che, posizionate in acqua, sarebbero meno impattanti, è una perdita di tempo?
Dal ministro, massimo responsabile dell’intera procedura, provengono dati che con disinvolto sussiego si autoaccreditano, ma sono basati su criteri di scientificità acclarata e attribuibili a fonti qualificate?
Di questo passo decine di altri dilemmi… da provare invidia per chi invece procede risoluto nella convinzione di aver scelto oltre ogni ragionevole dubbio.
Epperò se poi si sentono slogan campati per aria, tipo “si potrà andare da Reggio a Messina in due minuti”; oppure “il ponte è opera del territorio e per il territorio” mentre i comuni interessati balbettano, beh allora c’è da sobbalzare, da rimanere esterrefatti. Questo nastro sospeso, per come è stato concepito e lo si vuole realizzare hic et nunc… inaudita altera pars è stato calibrato proprio per il territorio?
Prudentemente, non rimane che aspettare il materializzarsi di atti, coerenti e carichi di garanzie.
Allora, niente ponte? Al contrario. Ponte sì, accompagnato da chiarezza, da una comunicazione puntuale sui tanti aspetti rimasti nel limbo. Niente sentenze apodittiche e pregiudizi. Al riparo però da quegli stereotipi propri dei politici che, nell’esorbitare in banalità, alimentano il preconcetto e la sfiducia.
Caro ministro ti scrivo, così mi distraggo un po’… alla televisione hai detto che il nuovo anno porterà una trasformazione che tutti stiamo già aspettando: fantastico!
Intanto di ritorno dalla Scala dei turchi (Agrigento), volendo recarmi a Noto, sono dovuto risalire in direzione Catania per ridiscendere su Siracusa, non esistendo la Siracusa-Gela che pure stiamo aspettando, e non è la sola: qui manca dall’acqua finu o sali. Vabbè, siamo abituati al periplo dell’Isola per andare da una città all’altra.
Riparliamo allora di questo Ponte. Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini sembra ormai un disco: dall’approvazione a fine maggio della legge, all’Italia del Sì di luglio a Roma, fino al Forum di Cernobbio ieri, va ripetendo un elenco di tante belle cose, sempre le stesse, prodigandosi in disegni avveniristici, promettendo mirabilia. Vuoi vedere che ci crede veramente di poter fiondarsi sullo Stretto a luglio 2024 per inaugurare i cantieri e dieci anni dopo, siamo al 2032, magari ancora da ministro, passarci sopra in autoblu o su Frecciarossa!
Invidiabile il suo ottimismo della volontà, stridente però con la concretezza di una realtà che probabilmente gli sfugge, ben diversa dalla cartolina rappresentata.
Sul tema Ponte che più ci appassiona, tutto è fermo al 7 giugno, quando si è insediato il cda della “Stretto di Messina”. Non v’è altro, se non dichiarazioni e stucchevoli commenti su come si incontreranno Scilla e Cariddi e tutto magicamente cambierà. Si scrivono paginoni di giornale su filosofia futurista, lasciando intendere quel che non c’è: a cominciare dal progetto.
Il progetto del 2011 (già a quella data vecchio di quasi vent’anni), doveva essere aggiornato e validato da un nuovo comitato scientifico interno alla società SdM e ancora non c’è traccia; ma non c’è neppure il Comitato di scienziati internazionali chiamato a pronunciarsi. Come non si sa nulla della riattivazione del contratto con il general contractor. Passaggi scadenzati nella road map abbozzata dallo stesso ministro e divulgata a giugno, che dovevano essersi già consumati.
Annebbiati dal solito rendering accompagnato da un martellante refrain, non una parola sugli aspetti finanziari che, paradossalmente, potrebbero gravare più sulle regioni che su Roma dove a quanto pare scarseggiano gli euro mentre la Sicilia si avvia a presentare una manovra espansiva con la regia dell’assessore Marco Falcone, capace di accantonare un congruo miliardo. Silenzio sugli espropri, per il semplice motivo che manca il regolamento (previsto dalla legge entro il 30 giugno), e per l’altro semplicissimo motivo che non si può pensare agli espropri se prima non vi è un progetto definitivo approvato.
Elementare Watson! Eppure a Cernobbio nessuno ha obiettato al ministro che, si trattasse financo di un capannone, sarebbe azzardato dare appuntamento a luglio 2024 sui cantieri. A meno che per cantieri non si intenda un’interminabile rete rossa a delimitazione di un’area… e forse neanche quella se non c’è un progetto con timbri e bolli.
Accantonato il tema Ponte e le strabilianti linee ferroviarie e opere stradali che lo accompagneranno, giunto a Noto dopo aver quasi raddoppiato i chilometri, mi domando se il ministro ha chiesto ai suoi tecnici un aggiornamento della situazione in Sicilia per capire se e quali passi avanti si sono compiuti a quasi un anno dal suo insediamento.
Perché mentre si rimane ammaliati dal sol dell’avvenire, vale la pena accendere un riflettore sul presente.
Il ministro si informi se procedono i lavori ferroviari sulla Catania-Palermo; e tra Castelbuono-Cefalù-Pogliastrillo (direttrice Palermo-Messina); quali passi avanti sulla Alcamo-Trapani bloccata dal 2012. E la strada Caltagirone-Gela, chiusa da oltre 12 anni? E la circonvallazione di Gela, la variante di Vittoria, la Ragusa-Catania, la Agrigento-Palermo o la Caltanissetta-Agrigento?
Se invece di inseguire farfalle, si andassero a verificare le varie criticità con gli anni di ritardi che li caratterizzano, si capirebbe che non è tempo di entusiasmi ma di concretezza e serietà.
Ben venga tutto quel che verrà ma intanto la realtà è ben altra rispetto all’Italia del Si raccontata. Almeno dalle nostre parti.