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di Vega de Martini*

C‘era una volta Marina Lunga, l’antica “Marina di San Niccolò”. Una lunga e larga spiaggia di sabbia scura su cui prospettava un ininterrotta cortina di case per lo più abitate da pescatori o da gente che aveva a che fare col mare e con i traffici marittimi. Ci abitava anche il mio bisnonno materno - padrone marittimo e maestro di navigazione a vela - che da Torre del Greco negli ultimi anni dell’Ottocento era approdato a Lipari e ci era rimasto, innamorato delle Eolie e di una bella isolana. Sulla spiaggia c’erano, tirate a secco, le barche dei pescatori che passavano i pomeriggi a rammendare reti e a riparare nasse ed infine a calatafare le imbarcazioni o a prepararle per la pesca notturna dei totani. Su quella spiaggia, nonostante la presenza della vicina banchina del porto, si poteva fare il bagno, anzi era proprio quello il posto deputato per i bagni di mare dei Liparoti e dei primi turisti arrivati nell’isola. Per alcuni anni c’è stato persino un lido in piena regola, di cui non ricordo più il nome, di fronte alla grande “Villa Liberty”, un unicum nella sequenza uniforme e dimessa delle case affrontate alla spiaggia.

Sto parlando della seconda metà degli anni Sessanta dell’ormai secolo scorso. In tutti i modi, mai, per quanto io mi ricordi, la Marina ha costituito la passeggiata a mare dei Liparoti, e dei primi turisti, che preferivano di solito deambulare sul Corso Vittorio Emanuele( le famose “vasche”), ed in casi speciali, come la festa di San Bartolomeo, intrattenersi nella Piazza di Marina Corta. Ricordo invece la fila delle vacche che scaricate in malo modo(ed è un eufemismo!) sul molo sotto il Monastero, passavano sotto il mio balcone, destinazione Macello che si trovava oltre la chiesa di Porto Salvo,dove oggi c’è la postazione dei Vigili del Fuoco: un’immagine che ancora mi fa stare male.

Oggi a Marina Lunga è tutto cambiato. Le barche dei pescatori sono scomparse e con loro anche i pescatori e in quel poco di spiaggia che rimane vige il divieto di balneazione perché alle tante navi che attraccano alla banchina si sono aggiunti gli aliscafi il cui arrivo e partenza da anni non avviene più a e da Marina Corta. Questa, negli intendimenti degli amministratori della Cosa Pubblica, sarebbe dovuta diventare il salotto buono di Lipari, sul modello, suppongo, della famigerata Piazzetta di Capri. Cosa che non è mai avvenuta ed è difficile che avvenga mai, data l’incongrua pavimentazione realizzata (ponticello compreso) completamente decontestualizzata rispetto all’intorno e gli ingombranti gazebo in ferro e vetro dei bar che ottundono le belle facciate dei palazzotti che fronteggiano il mare.

Intanto Marina Lunga è diventata zona portuale a tutti gli effetti ed il traffico marittimo è reso ancora più consistente dalla presenza dei tanti pontili per le barche e gli yacht da diporto. Tutto normale per un’ isola la cui economia si basa ormai esclusivamente sul turismo. Ma lo stato in cui versa Marina Lunga (e in verità tutta l’isola) è in totale disaccordo con questo intendimento. Dell’antica cortina edilizia che corona la spiaggia poco è rimasto di autentico, alcune case sono in stato di rudere, moltissime hanno subito interventi poco attenti alla loro facies originaria: colpiscono le verande e le altane in alluminio anodizzato e le ringhiere panciute che si riferiscono ad una tipologia presente nelle case “più nobili” dell’isola, quelle della zona di Marina Corta e di corso Garibaldi. Come se non bastasse, da qualche anno, nel tentativo di proporre un lungomare per passeggiate (una sorta di Croisette liparota), è stato costruito un muretto continuo che divide la strada dalla spiaggia, senza però che ci si sia posti alcun problema riguardo la delicata idrografia della zona dove i vari vicoli che prospettano sulla Marina avevano la funzione di convogliare a mare le acque delle colline e dei timponi alle spalle della cortina edilizia. Tenuto presente che la strada è stata sopraelevata rispetto al livello originario della cortina edilizia - me la ricordo così fin dagli anni Sessanta- la conseguenza è che sono frequenti gli allagamenti dei vani bassi delle case che in alcuni casi rimangono non allineate alla quota stradale.

In conclusione data la nuova, e ormai irreversibile funzione di sito deputato all’accoglienza turistica, Marina Lunga meriterebbe un’attenzione maggiore da parte degli amministratori di turno. Non può bastare certo un’auspicabile ottimale gestione della raccolta differenziata, che pure questa estate ha dato i suoi frutti evitando la iattura degli antiestetici e antigienici cassonetti. Va detto però che le positività riscontrate per Marina Lunga non sono egualmente rilevabili in altre parti dell’isola, nel centro storico e sopratutto nelle zone interne, da San Leonardo a Quattropani .

Un’ oculata messa a punto degli equilibri idrogeologici, una cura maggiore degli antichi edifici esistenti nonché la riproposizione, anche nelle case di nuova edificazione, degli elementi costruttivi ed ornamentali che da sempre hanno caratterizzato la cortina edilizia attraverso l’obliterazione degli interventi incongrui più eclatanti, riconsegnerebbe la Marina ad una rinnovata dignità estetica ripristinando nei limiti del possibile lo spirito del luogo. Un’operazione che, sono convinta, piacerebbe molto ai diportisti ospiti dei numerosi moli di attracco che sono una buona fetta del turismo di qualità cui le Eolie, dichiarate Patrimonio dell’Umanità, dovrebbero puntare. Un nuovo look dunque per la Marina che potrebbe costituire un vero e proprio volano per l’avvio di una nuova imprenditorialità privata con la creazione di nuovi esercizi commerciali di servizio al turismo nautico cui il vecchio borgo dei pescatori è stato scientemente votato.

La recente, sconvolgente, scoperta, a circa 10 metri sotto il livello del mare,nella zona dell’attracco degli aliscafi, di cospicui resti dell’antico porto romano in uso fino al IV secolo d.C.(una banchina lunga 160 metri e larga 60 ed un ampio porticato a colonne) potrebbe inoltre costituire un elemento di grande forza per la messa in valore della Marina, realizzando, quantomeno una cartellonistica esplicativa della specificità del sito in attesa che l’ambizioso progetto della Soprintendenza del Mare, quello di un tunnel sottomarino trasparente che permetta a tutti di visualizzare gli importanti resti ritrovati, venga realizzato: un’utopia vera e propria in un’isola dove non si riesce a trovare una degna funzionalizzazione alle dismesse fabbriche delle pomici e neppure alle antiche terme di San Calogero. Nel frattempo - chiedo - non è che il continuo via vai degli aliscafi farà in modo che dell’antico porto sommerso non rimanga neppure una traccia?

*Già direttrice della Reggia di Caserta e della Certosa di Padula

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