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di Gianni Iacolino

Dall'abbattimento delle gibbie ( 1959 ) sono passati quasi sessantadue anni e quarantaquattro dalla demolizione del superbo cancello del viale vescovile.
Le due gibbie consistevano in enormi serbatoi d'acqua interrati datati 1779-1789, con i colli in pietra a forma circolare sporgenti dal suolo per circa un metro.
Avevano la funzione di preziosa riserva d'acqua per le abitazioni con scarsa autonomia idrica e, mattina dopo mattina , svolgevano, da secoli , il loro ruolo ,grazie all'opera di robusti operai che facevano la spola, percorrendo il corso ed i vicoli con il loro pesante barilotto di legno sulle spalle.

Ogni mattina, quindi , grande animazione intorno alle gibbie fra urla , schiamazzi e proteste per file e precedenze non rispettate. Vedersi " o chianu 'u Puzzu " era anche occasione di incontri ed, a volte, di scontri al mattino; la sera " al chiaro di luna
Con fare cortese
di coppie furtive
copriste le intese " .

Sono questi alcuni dei versi che Giuseppe Iacolino compose d'impeto subito dopo la loro demolizione , sentendosi " privato - e privato con la violenza - d'un frammento di noi stessi ".

Così scriveva in un articolo di tanti anni fa. Oggi, 2021, voglio riproporre LE GIBBIE , già pubblicata su " La voce delle Isole Eolie " nel 1960. Come sfondo propongo la splendida immagine di fine ' 800 da "DIE LIPARISCHEN INSELN " dell'Arciduca L. Salvatore

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Magnate dell'industria, presidente della FIAT negli anni '20, fondatore della Lux Film e tanto altro ancora, sposato a Cesarina Gurgo Salice, compagna discreta , pittrice e frequentatrice del mondo culturale di quegli anni, Riccardo Gualino si divideva fra Torino e Roma nelle sue elegantissime dimore dove facevano mostra  dipinti  di Chagall e Picasso. 

Da una vita intensa, dinamicissima e, nello stesso tempo, da favola e mai sopra le righe dovette dare il commiato nel 1931, " colpevole " di scarsa simpatia nei confronti del fascismo e spedito al confino a Lipari. Come se non bastasse, tutti i suoi averi furono confiscati e devastate le sue abitazioni.
 
La separazione dalla moglie non dura molto;Cesarina  lo raggiungera' a Lipari poco tempo dopo. " Il postale e' partito da Milazzo. Cesarina sta per giungere con suo fratello. Sul mare , ancora fremente per la bufera di ieri, c'e' oggi, tripudio e scintillio di sole. La nave dà fondo al largo, ma la corrente la sposta lentamente verso tramontana. Dalla riva osservo l'altalena della prora che si immerge nell'acqua turchina, striata di smeraldo, e risale a fatica. 
 
La piccola barca per l'approdo dei passeggeri appare all'improvviso sulla cresta di un'onda, s'appressa, accosta. Mia moglie mi viene incontro serena. Ha sulle labbra il chiaro sorriso che seppe spesso dissolvere tante nascoste amarezze. Il suo viso non ha un sol cenno di disappunto all'orche' gli agenti che l'accolsero all'approdo le preannunciarono inattese urtanti formalita'. Con lo stesso sorriso , lievemente velato di disprezzo, si reca in una camera sudicia ove viene spogliata e perquisita. .....In occasione della venuta di alcuni ospiti ci fu finalmente consentita qualche sorvegliata gita verso i monti. E' difficile esprimere la gioia che ne trassi. Godetti quella condizionata liberta' con allegrezza quasi infantile. E quanto entusiasmo per la selvaggia bellezza dei luoghi!
 
Ricordo Canneto, incipriato di pomice, fra gigantesche ginestre, Quattrocchi sotto un cumulo di nuvole gialle, affacciato sull'Etna galleggiante lontano sul mare, Santa Margherita, tagliata in una terra così rossa da cercarne il sangue nei ruscelli; l'erto dirupo della Guardia, avvinghiato dalle mille mani degli imbambolati fichi d'India; e Vulcano, livido, flagellato di zolfo.....Che contavano le guardie, incaricate di seguirmi e sorvegliarmi? Mi sentivo padrone del mondo."
 
Appena messo piede sull'isola , in pieno inverno, 10 febbraio 1931,  resta tanto colpito dallo spettacolo del paesaggio da scrivere alla moglie distante: " chiunque sappia tenere un pennello in mano potrebbe impazzire di gioia " Delicate pennellate che, nel susseguirsi delle pagine, descrivono situazioni e personaggi di una Lipari d'altri tempi, di un'isola che vive nei ritmi di una vita lenta e placida di una realtà  isolata e circondata da una natura selvaggia e dolce nello stesso tempo. " Siamo soli in una solitudine magnifica e strana....separati dal mondo, inclusi in una vicenda di dolore e di sogno ".
 

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SOLITUDINE e' il delicato racconto della amara esperienza di un uomo straordinario che seppe creare un impero imprenditoriale e finanziario, coniugando intraprendenza e cultura nelle sue più svariate espressioni; assiste artisti, sostiene teatri, concerti, cinema, sa spaziare in tutti i campi dell'arte e riesce a mettere su una collezione dove primeggia la bellezza. All'improvviso, senza avvisaglie ,  l'arresto cui segue la condanna a cinque anni di confino , confino che ebbe però il merito di rivelarci un delicato scrittore, romantico e forte e determinato nello stesso tempo, fiducioso in se stesso e sicuro in una rinascita futura.
" Ci si puo' sentire vivi, anche rimanendo soli.." 
 
Finalmente,nel 1934 , insieme a Cesarina torna a Roma.
" Il Luigi Rizzo parte per Napoli.....Nel mattino del commiato l'Eolie hanno vestito i loro drappi migliori. Cielo senza una nube, mare trasparente. I colli della baia, chiazzati di cespugli selvatici, degradano verso l'acqua in un silenzio solenne, come d'isola mitica. Le amarezze, i dubbi, l'ossessionante vigilanza, le dure restrizioni svaniscono per qualche istante dal ricordo, sommersi da tanta bellezza. La nave s'allontana verso il largo; Lipari scompare come una fiaba che muoia....".

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Chi, oggi, solca il nostro mare non sempre fa correre la fantasia lontano nel tempo. Milleduecento anni prima di Cristo, su e giù per il Mediterraneo, si aggirava il primo uomo moderno, forse il primo personaggio della letteratura occidentale, Odisseo per i Greci, Ulixes per i Latini.

Simbolo della curiosità, eterno inquieto , mai appagato nella continua ricerca del nuovo e dell'avvenuta, deve guardare sempre oltre la linea dell'orizzonte, osa superare le colonne d'Ercole e, nel suo peregrinare, si aggira anche fra le nostre belle isole, dopo la terribile avventura dell'incontro con Polifemo.

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Un'antica tradizione letteraria ha identificato nei Faraglioni di Lipari le Rupi Erranti citate nell' Odissea . [3]
«Si ergono da una parte altissime rocce, sulle quali le onde del mare oscuro cozzano con fragore. Rupi Erranti le chiamano gli dei beati. Di là neppure gli uccelli passano, neppure le colombe trepide che portano ambrosia al padre Zeus: una ne afferra sempre la nuda roccia, e allora il padre un'altra ne invia per completare il numero. Di là nessuna nave riuscì a passare quando vi giunse, la furia del mare e del fuoco funesto trascina legni di navi e corpi di uomini. Una sola passò, delle navi che solcano il mare, Argo [...].»

(Odissea, XII, vv. 59-70. Traduzione di Maria Grazia Ciani)
Sorgeva qui la reggia di Eolo, il signore dei venti, che gli dona la famosa otre, lasciando libero solo il dolce zefiro che lo accompagna sino ad Itaca. Ma i suoi compagni, sospettosi , aprono l'otre facendo uscire i , riportando così l'imbarcazione indietro ,da Eolo che, adirato, non la prende bene e scaccia via i Greci.

Questa breve premessa per introdurre una fantasia in versi che il mio caro papà compose un pomeriggio nel 1979. Ricordo, quando, finita la composizione, me la recitò, felice per aver racchiuso in metrica uno dei suoi miti. L'altro mito, il primo in assoluto, fu Dante Alighieri.

Sul divino poeta non osò la metrica, e giovanissimo ne curò la memoria affrontando un tema ostico , scrivendo il libro "SERVANDO MIO SOLCO" , unico testo, allora, riguardante l'universo dell'astronomia e dell'astrologia dantesca, pubblicato nel 1956 a Lipari dalla tipografia Fiorentino. Mi si perdoni il preambolo, ma era doveroso nei confronti di un intellettuale tanto discreto nel suo vivere civile, quanto gigante nell'ambito della vita culturale. L'amore filiale può suggerire forse considerazioni eccessive, ma nei confronti di tanto uomo, mi son dovuto limitare. Tornando alla poesia, da cui tutto è partito, ribadisco che si tratta di uno scherzo, si può dire così, dedicato all'eroe "curioso" che sa superare i propri limiti, teso cintinuamente a sperimentare e conoscere.

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Una delle più famose e diffuse fake news della storia d' Occidente fu messa in circolazione nientemeno che dal Papa con l'Atto di Donazione di Costantino col quale si dimostrava come l'imperatore aveva fatto omaggio alla Chiesa del potere temporale. Si attribuiva all'imperatore Costantino la decisione di donare a Papà Silvestro I i domini dell'impero romano di Occidente . Il documento , datato 315 d.c. fu redatto invece trecento anni dopo per affermare una balla utile al Vaticano. Otto secoli dovettero trascorrere ancora, perché il filologo Lorenzo Valla riuscisse a dimostrare la falsità del documento cui tutti avevano creduto o fatto finta di credere. A dimostrazione che le fake news ci sono sempre state anche prima dell'invenzione della stampa , finalizzate alla manipolazione dell'opinione publica. Dopo l'invenzione di Gutenberg , aumentando la quantità di contenuti, è aumentata anche la quantità di quelli falsi.

Uno degli esempi più eclatanti è il caso dei Protocolli dei Savi di Sion, falso storico creato più di un secolo fa, in ambienti antisemiti, per far credere che ci fosse un complotto mondiale giudaico per impossessarsi del mondo ( ancora oggi molti lo diffondono in rete ). Nonostante la stampa offra pure la possibilità delle smentite, non sempre si riesce a mettere a tacere le bugie. Spesso la bufala ha prevalso nella credulità dell'opinione pubblica. La colpa è solo della stampa? Direi di no. In parte va ricercata nella forte pressione esercitata da individui , movimenti di complottisti interessati o in buona fede ,ma resi fanatici dal desiderio di dimostrare di essere menti fuori dal coro , senza rendersi conto di essere fuori anche dalla logica. Il problema ,quindi, esiste da sempre. Solo che oggi è amplificato e si alimenta di nuove dinamiche, quelle della rete e dei social che prima non esistevano.

Il crescere abnorme dei contenuti ha fatto crescere a dismisura anche le bufale. Oggi l'istantaneità della condivisione annulla la necessità dell'approfondimento. L'istantaneità è nemica dell'approfondimento. La verifica di una notizia che puzza di falso richiede tempo e competenza. Meglio farne a meno, potrebbe pure mettere in discussione il castello di carte che ci stavamo costruendo. Siamo nell'era della democratizzazione della rete, era in cui chiunque può diventare produttore di contenuti. Ed è proprio di questa democratizzazione si preoccupò Umberto Eco:

«Su sette miliardi di abitanti del pianeta c’è una dose inevitabile di imbecilli. Moltissimi di costoro una volta comunicavano le loro farneticazioni agli intimi o agli amici del bar e così le loro opinioni rimanevano limitate a una cerchia ristretta. Ora una consistente quantità di queste persone ha la possibilità di esprimere le proprie opinioni sui social networks. Pertanto queste opinioni raggiungono udienze altissime, e si confondono con tante altre espresse da persone ragionevoli». Anche Stefano Rodotà si interessò al problema . Pensava che si trattasse di una battaglia culturale : solo un graduale aumento di riflessione, consapevolezza ed educazione consente un’ecologia della comunicazione in Rete.

A salvarci dalla fake news può essere solo la responsabilità e la consapevolezza di chi oggi produce e condivide contenuti. Cioè tutti noi.
La sbornia di onnipotenza, l'uno vale uno, la democratizzazione dei contenuti sono la vera fake news del decennio. Rispetto per le istituzioni, per lo studio, per la professionalità da cui derivano autorevolezza e qualità sono l' unico antidoto alla spazzatura. È proprio questo il bello della rete. 

Che tu sia Veronesi, Barnard o il garzone del fornaio, sul piano delle conoscenze vali lo stesso. Il web ha creato per il virus della menzogna un humus formidabile. Prevalgono i cretini o i mascalzoni ? I primi facilmente abboccano e rappresentano la manovalanza, i secondi sono i criminali architetti dei continui procurati allarmi.

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