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di Carlo D'Arrigo*

NEL GIORNO DELLA MEMORIA SOLO INTERESSI POLITICI

Sicuramente una gran vergogna, senza se e senza ma. Ma, purtroppo, il giorno della memoria dell'olocausto è diventato il momento per insultarsi stupidamente da destra a sinistra, supponendo che i fantasmi di quel periodo infame si siano incarnati per rivivere. E invece non è così. Secondo il capo dello Stato razzismo e guerra non furono deviazioni o episodi, "ma diretta conseguenza del modo di pensare del governo di allora, una macchia indelebile della nostra storia". Ed è vero. "Le leggi razziali rappresentano un capitolo buio, una pagina infamante". Ciò non si può negare, ma non fu un ventennio da buttare. Per certi politici e politicanti l'Italia non ha mai fatti i conti col ventennio e sarebbe destinata a essere perennemente attraversata da pulsioni nostalgiche. Ma, unitamente a derubricazioni di tal tipo, resistono argomentazioni più o meno revisioniste del Ventennio e, comunque la si pensi, qualcosa di buono è stato fatto. Anzi, esistono i fatti. Sui social compaiono ormai espressioni che servono sostanzialmente a dire: "Vedete? Mentre i politici di adesso non fanno un nulla, Lui le cose le faceva sul serio!" Tali espressioni riaffiorano di continuo e, alla fine, distorcono verità storiche mescolandole con la disinformazione.

Sicuramente le opere fatte allora sono innumerevoli. Le prime autostrade in Italia furono nel '24 la Milano-Laghi e la Serravalle-Genova. Nel '23 venne Costruito l'Autodromo di Monza e nell'aprile 1937 fu costruita Cinecittà. Si pensi che i primi esperimenti di televisione sono del 1929 e nel 1938 l'EIAR (antenata della Rai) comunica che nei primi mesi del '39 sarebbero iniziati i servizi regolari di televisione. Il 4 giugno 1939 alla Mostra della radio ci furono le prime trasmissione sperimentali e sul Radiocorriere apparvero i programmi e la pubblicità di alcuni apparecchi televisivi. Purtroppo il progetto venne abbandonato a causa dell'entrata in guerra. Nel 1932 venne istituita la Mostra del Cinema di Venezia, prima manifestazione del genere al mondo. Nel 1933 il regime appoggiò la prima trasvolata atlantica compiuta da Italo Balbo e, curiosamente, in quella occasione venne inaugurata la posta aerea. E ancora il regime diede vita ad una ricca edilizia i cui segni sono tangibili, come la maggior parte delle attuali stazioni ferroviarie, i grandi uffici postali, i tribunali e via dicendo. E a quei tempi i ponti non crollavano ed erano realizzati velocemente.

Non c'era tempo per spartirsi appalti e subappalti. E si potrebbe ancora continuare rievocando il perfezionamento del sistema pensionistico, nato peraltro nel 1898, e il bilancio di pareggio ottenuto senza asfissiare il contribuente come avviene oggi. Le tasse erano pagate da chi poteva, con verifiche sulla reale consistenza del contribuente, senza indurlo al suicidio. Chiaramente il regime, come tutte le dittature, ha dominato con la violenza e questo non è umanamente accettabile. Infatti, come può interpretarsi persino nel giuramento di Ippocrate, prima di ogni altra cosa è l'uomo e il suo benessere.

*Fisico, Consulente di Acustica del Comune di Lipari
carlodarrigo47@gmail.com

L'INTERVENTO DA JIANGMEN CITY - CINA

di Stefano Paoli

Salve dottore, ho vissuto circa 4 anni a Lipari dal 1999 al 2002, avevo comprato una bella casa a Monte Gallina con la mia compagna di allora Letizia Beccali, ma non dimentico le Eolie che ho sempre nel cuore anche se da 10 anni vivo in Cina...
ho letto con grande piacere ed interesse il suo bell'articolo sul fascismo, finalmente dopo tanti anni di censura persone colte e coraggiose come lei dicono la verita su quel ventennio, io non ero ancora nato, sono del 1954, ma in casa mio nonno, uno dei ragazzi del 1899...., me ne parlava spesso, e mi raccontava anche come nacque e cosa fece da incubatrice al testone di predappio che non decise certo da solo di diventare capo del governo..., (alludo alle violenze dei comunisti ed al loro tentativo di esportare la rivoluzione Russa in italia almeno cosi mi è stato detto ) fra le cose che so del ventenio e che Mussolini fece una profonda riforma del lavoro portando la settimana lavorativa a 48 ore...

Spero di leggere altri suoi articoli sull'argomento e che la verita storica, che non è ne di destra ne di sinistra, possa finalmente venire alla luce, cordiali saluti da Jiangmen City, Cina

di Carlo D'Arrigo

Gentilissimo Sig. Paoli, La ringrazio per le belle parole che mi scrive. La verità non si può cancellare. Rimane il fatto che il fascismo, come tutti i governi totalitari, ha usato la violenza, anche e soprattutto fisica, per imporre la sua volontà. Questo non è accettabile e va contro le più elementari regole della convivenza umana. Spero che in Cina abbia trovato un buon modo di vivere. La saluto cordialmente.

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RADIO CATERINA, LA RADIO NEL CAMPO DI PRIGIONIAQuando si tratta di far fesso qualcuno, per noi italiani è una questione di prestigio. Così fu per l'ingegner Martignago, un prigioniero del campo di internamento di Sandbostel. Non è fantasia, ma quanto di più reale ci possa essere. Martignago si avvicina tranquillo alla bicicletta che un sergente della Gestapo appoggia ogni giorno alla baracca. Sotto gli occhi della sentinella, annidata sulla torretta, l'ingegnere svita con indifferenza la dinamo dal biciclo, la smonta, toglie il filo di rame dell'avvolgimento e rimonta il meccanismo nel biciclo. Ed ecco procurata la bobina di filo di rame di cui abbisogna radio Caterina, la radio della speranza. Radio Caterina è nata nel 1944 nel campo di prigionia per Internati Militari Italiani di Sandbostel. Un piccolo ricevitore ad Onde Medie autocostruito che ha permesso a migliaia di prigionieri di ricevere notizie sull'andamento della guerra e trovare la forza di resistere al freddo, alla fame, alle malattie e alle angherie dei carcerieri. Una prigionia volontaria per non tornare in Italia a combattere contro i propri fratelli. Simbolo di una resistenza senz'armi, Radio Caterina venne costruita da un pugno di uomini figli dell'impegno italiano.

Era un apparecchio ricevente ad una sola valvola, in onde medie, e fu costruita e usata nel campo di Sandbostel, nella Germania nord-occidentale, da alcuni ufficiali italiani. "Caterina" allevio' l'angoscia della prigionia di migliaia di uomini, grazie alle notizie ricevute da Radio Londra, Berlino, Parigi, e Bari che annunciavano l'approssimarsi della liberazione. Il capitano Aldo Angiolillo era l'infaticabile costruttore di resistenze, pile e condensatori ricavati da barattoli, stoffa e cartine di sigarette. Il sottotenente, e ingegnere, Olivero era l'ideatore del circuito e l'operatore d'ascolto che avveniva tra le 21 e le 23, quando il lager era senza luce. Le notizie venivano lette al mattino. Il tutto stava comodamente dentro una gavetta e resistette alle severe perquisizioni della Gestapo. La radio funzionava talmente bene che quando ad esempio Winston Churchill ancora parlava, per le baracche giravano già i foglietti con la prima parte del discorso in italiano. Radio Caterina fu la risposta dell'ingegno italiano alla barbarie tedesca.

LA DIFESA DELLA RAZZA, UNA VERGOGNA DEL VENTENNIO"La difesa della Razza". E' questo il titolo di una rivista apparsa per la prima volta in edicola il 5 agosto 1938 e stampata ogni quindici giorni fino al 1943, anno in cui il regime fascista venne destituito. Non è necessario essere studiosi di storia per avere contezza di questi piccoli fatti, ma è sufficiente aver studiato il normale programma di storia alla media o al liceo o, ancora, aver guardato i programmi di rievocazione dei "fatti (e misfatti) dell'umanità", perché di questo si tratta, trasmessi giornalmente in televisione. Ad esempio basta sintonizzarsi sui canali 54 di RaiStoria, 56 di Focus, History di Sky ecc. In altre parole basta avere un minimo di "cultura" e non fermarsi alla visione del Grande Fratello e del Festival Sanremese. Ma, purtroppo, non è così. Attraverso le pagine della rivista citata si facevano resoconti pseudo-scientifici per sostenere la superiorità della razza ariana, quale gli Italiani sarebbero appartenuti.

Le varie edizioni incitavano gli italiani con argomentazioni varie, e più o meno fantasiose, a proteggersi dalle contaminazioni biologiche delle "razze inferiori", con le quali l'Italia Imperiale era venuta a contatto. Ad esempio a proteggersi dalla razza ebrea. Una delle tante follie del regime fascista è stata infatti quella di "scimmiottare" le leggi raziali antisemite di nazista memoria. Una vergogna, insomma.
Sfogliare la rivista cennata induce nel lettore a un rigurgito di disprezzo per chi ha potuto partorire tanto odio verso il genere umano. Fin qui il racconto storico. Parlare oggi di razze non solo è anacronistico ma è disgustoso. Ma pochi sanno come sono andate le cose, e questi pochi, al momento opportuno tirano fuori tutta la loro pseudo sapienza per usarla ad arte e strumentalizzare le parole di un ignorante che le usa nell'inconsapevolezza del significato storico. E' quanto è accaduto con le parole, fuori luogo, del leghista Achille Fontana che ha affermato che si deve difendere la razza bianca perché, a causa dell'immigrazione, essa sarebbe a rischio di estinzione.

Voleva riferirsi alla famosa razza mussoliniana? No, perché il signor Fontana, probabilmente, non sa nemmeno di quella macchia nera del ventennio. Non sa, semplicemente "perché non sa". Se avesse immaginato cosa potevano evocare le sue parole, non le avrebbe pronunciate. Ma il signor Fontana "non sa". E non sa come non sanno tanti altri giovani cresciuti nel buio degli ultimi decenni, in una scuola approssimata fatta di dissapori, rivendicazioni e di docenti fatti correre da sud a nord dell'Italia ad insegnare col fiato in gola. Ma c'è chi ha letto qualche pagina di storia di un libro sfogliato per caso prima di essere buttato nel cestino, ha sentito magari casualmente parlare di razze e razzismo, ed ecco lo scandalo. Achille Fontana, in altre parole, voleva dire che non si possono accettare milioni di persone, pena la sostituzione degli Italiani con gli Stranieri. Tutto qui, ma l'ha detto usando parole di cui non conosceva minimamente il possibile richiamo storico.

Ma in clima elettorale tutto è strumentalizzato, magari da una persona "appena" più istruita che grida allo scandalo e ribatte ad un altro più ignorante di lui. Un discorso fra sordi insomma, anzi fra profondi ignoranti. E la gente comune che fa? Ascolta, crede di capire, sentenzia e va a votare a cavolo.

 

LE COMUNICAZIONI NELL'ESERCIZIO DELLA PROTEZIONE CIVILELa prima emergenza, dopo una calamità, è quella di comunicare sia con i propri cari sia con gli addetti ai soccorsi. Contrariamente a quanto crede il fantastico popolare il telefonino e la connessione internet non sono i mezzi più adatti in situazioni di emergenza. L'esperienza ha dimostrato che, nonostante le numerose reti telefoniche e Internet, i sistemi di comunicazione più evoluti e tecnologici sono anche i più vulnerabili perché necessitano di supporti fissi sul territorio per veicolare le trasmissioni. La vitalità di questi mezzi è infatti legata, oltre che alle antenne ripetitrici ben visibili su palazzi e montagne, all'integrità delle centrali telefoniche. Peraltro, in questi casi, se queste ancora funzionano, vanno immediatamente in sovraccarico bloccando le comunicazioni di immediata necessità. Ciò ostacola la fase più delicata dell'emergenza, cioè l'accertamento del tipo di sinistro, la sua gravità e il suo ambito territoriale.

Un moderno sistema di soccorso alle calamità, non supportato da una efficiente rete di comunicazioni, rende inefficace il soccorso stesso. Le radiocomunicazioni sono quindi indispensabili agli addetti alla Protezione Civile come ai Vigili del Fuoco o agli operatori 118 e quanti altri deputati ai primi soccorsi. Per le vittime di un evento calamitoso vedere gli addetti alla "stazione radio di emergenza" dà sicurezza e prospettiva di una rapida risoluzione del problema. I sistemi di comunicazione radio godono di autosufficienza e risultano così funzionali ed immediati e, soprattutto, non risentono dei condizionamenti dovuti ai comportamenti collettivi della popolazione.

Come recitato, i sistemi radio sono indipendenti dalle centrali telefoniche che, in questi casi, sono le prime ad andare in avaria. Ad onorare quanto scritto, a Lipari si è dato il via alla realizzazione di una sala radio operativa presso la sede del Comune, a supporto del servizio di protezione civile. Questa, tra l'altro, consentirà in tempo reale di raccogliere informazioni dalle aree meno raggiungibili del Territorio eoliano, attivando immediatamente i soccorsi.

 

ASCOLTIAMO POCO E PARLIAMO MOLTO

Immersi nell'era della comunicazione globale e della connessione perenne non abbiamo mai fatto tanta fatica a capirci. La gente chiede poco, crede di sapere tutto e capire tutto e, sovente, non si accorge che l'argomento di cui tenta di parlare è ben lontano da quello che in quel momento sente e, forse, ascolta. E quindi risponde senza ascoltare. Non si prende atto di ciò che vien detto, ognuno ha la sua verità che rimane assoluta. E' quello cui si assiste nei talk-show dove si alza la voce, si grida, ci si insulta senza capirsi e, alla fine, la conversazione si trasforma in un monologo fra sordi. E ciò non avviene solo in televisione ma anche nella vita di ogni giorno. Il vecchio detto "ascolta prima di parlare" è sempre valido. La comunicazione e l'insegnamento sono eventi che necessitano di colui che trasmette il messaggio e di colui che lo riceve. Ambedue sono importanti. Si può dire che l'allievo fa il buon insegnante. Tanto accade fra gli adulti ma anche fra i giovani. Anzi proprio questi nascono e crescono lontani gli uni dagli altri e, soprattutto, dai genitori. La famiglia, sempre meno puericentrica, non ha mai tempo per i figli che, di fatto, sono autodidatti, grazie anche ad una scuola evanescente o assente. Rimediamo. Recuperiamo almeno il tempo "in famiglia", preziosa panacea per insegnare e imparare l'arte di ascoltare che ci condurrà, oltre che al ben parlare, a inserirsi fra la gente. Ancora un volta il richiamo alla famiglia è essenziale. Disgregare questa istituzione in nome del denaro, come sta accadendo in nome della globalizzazione, è da criminali.

7-12-1941, ATTACCO A PEARL HARBOR

All’inizio della 2a Guerra Mondiale, mentre i paesi Europei lottavano contro l’occupazione nazista, il Giappone, già alleato con le forze nazi-fasciste, espandeva il proprio impero conquistando le colonie occidentali dell’Asia che gli avrebbero permesso di impadronirsi di prodotti vitali come petrolio, stagno, zucchero ecc. Gli Stati Uniti, che fino ad allora avevano contrastato l’espansione Giapponese procedendo, nel settembre ’40, ad un embargo dei prodotti petroliferi, congelarono i crediti nipponici giacenti in America. In quel periodo la popolazione americana era contraria ad un ingresso nel conflitto europeo, ma il presidente Franklin Delano Roosevelt era del parere che l’America avrebbe dovuto difendere le Democrazie d’oltre oceano, aiutando l’Inghilterra contro l’aggressione nazista. Serviva quindi un pretesto che convincesse il Congresso a firmare un atto di guerra e inviare una partecipazione militare in Europa. I fatti che si svolsero a fine 1941 offrirono l’occasione perfetta. Sembra, addirittura, che la circostanza sia stata costruita apposta dall’America creando una concentrazioni di navi da guerra e di portaerei nella base di Pearl Harbor, nell’arcipelago hawaiano, in assetto di guerra e pronte ad intervenire contro il Giappone. L’esca funzionò e all’alba della domenica 7 dicembre 1941, l’armata giapponese si avventò con tutta la sua potenza contro la base navale, sicura dell’effetto sorpresa. Era domenica, giorno di riposo militare, la contraerea non era pronta e, soprattutto, non era stata formulata la dichiarazione di guerra da parte Giapponese. In sole due ore la possente macchina da guerra americana fu rasa al suolo. Il grido nipponico che gli intercettatori americani sentirono alla radio fu "Tora!, Tora!, Tora!", e cioè “attacco a sorpresa riuscito”. Al di là di tutta la complicata realtà dei fatti, si trattò di un attacco vile e inutilmente sanguinario. Il giorno dopo il presidente Roosevelt pronunciò un discorso che cambiò gli animi degli Americani inducendo il Paese più grande del Mondo a buttarsi nel conflitto europeo. Una guerra assurda, sanguinaria, fatta soprattutto di uomini e fra uomini e non solo di mezzi di offesa e di difesa, come spesso traspare dagli sterili libri di storia. Un conflitto durato fino al 1945 e che si concluse con le “atomiche” su Hiroshima e Nagasaki e con le loro trecentomila vittime, pressoché tutte civili. Abbiamo imparato la lezione? A vedere l’enorme arsenale atomico della Corea del nord, e soprattutto le loro intenzioni, sembra proprio di no.

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