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di Anna Giordano

Volevo scrivere di ponte, che resuscita ad ogni elezione, panacea di tutti i mali, argomento su cui ho perso, sommandoli, anni della mia vita. Volevo scrivere di migratori magici, di lucciole che ancora vivono a dispetto di scempi quotidiani, ruspe, colate di cemento, incendi e chi più ne ha ne metta. Volevo scrivere di questa terra magica che conquista e respinge e porta allo stremo chi la vuole difendere e invece no. Anzi, si.

Perché c'è una persona che l'ha voluta difendere, semplicemente raccontando notizie scomode, tenendo in piedi un giornale libero in mezzo a tanti che liberi sembrerebbero non essere, una persona sulla cui onestà credo da ieri, oggi e per sempre, ed è Enzo Basso. Ostinato giornalista munito di logica e sinapsi perfettamente funzionanti, cosa già rara tra gli umani, che crede nella libertà di stampa e ci ha messo cuore, energia, tempo, sogni, speranze e desideri, cozzando con le difficoltà di questa terra che manifesta in molti modi, nessuno alla pari, l'indigeribilità di cotanta onestà, intellettuale e materiale. Verrà fuori che nulla è come viene raccontato, qualche passaggio svelerà che di onesto si tratta e finirà lo stillicidio che una persona che ha creduto in una terra libera sta vivendo suo malgrado. Penso ai milioni spesi in opere pubbliche presunte utili, infarcite di studi fatiscenti, che vanno avanti a dispetto di leggi e procedure. Penso alle parcelle super megagalattiche e stipendi supersonici e zero risultati sotto gli occhi di tutti nonostante cotanta remunerazione, con le strade che crollano insieme ai ponti, cavalcavia, viadotti. Alle verità raccontate quando altrove si tacciono e si risolve direttamente facendo tacere chi le raccontava, di giornalisti fermati in vari modi la cronaca italiana e non solo, ne è piena. Credo nella giustizia e sono sicura che il proseguo chiarirà tutto e tornerà a splendere il sole per tutti, soprattutto per chi credeva di illuminare oscurità e si è trovato suo malgrado in nuvole nerissime che sembrano non finire mai.

Ho visto già persone che lottano, finire in tritacarne mediatici a seguito di verifiche e risultati che poi sono sfumati come neve che cade su acqua termale. Per chi nella vita ha forse solo violato il rosso del semaforo magari pure per distrazione, vivere questi momenti è già peggio di una condanna, e non ho dubbi che venga meno quel poco di fiducia che ancora si possiede nel genere umano, che si estingue (la fiducia, il genere umano purtroppo no) man mano che si cresce. Quella fiducia che da giovani è un pregio e a 30 un difetto, che pure, chi è pulito e possiede un'anima bella, si ostina a cercare nel prossimo, sperando di recuperare quella perduta per strada. Tutta la mia stima, il mio affetto, la mia solidarietà ad Enzo e a Centonove, voce nel deserto che guida verso l'acqua, arsi dal caldo dell'indifferenza generale e del quieto vivere.

L'INTERVENTO DEL GIORNALISTA-EDITORE

Inizia così un lungo articolo di Enzo Basso, giornalista ed editore della testata Centonove destinatario di un provvedimento restrittivo della libertà da parte del Tribunale di Messina per una serie di cambi societari considerati anomali in una inchiesta che riguarda proprio la gestione della testata.
Basso affida proprio a Centonove con questo articolo la sua difesa, perchè ritiene di doverlo ai lettori. 'Io e l'accusa di bancarotta' si intitola il pezzo pubblicato oggi sul giornale. Porta per occhiello una spiegazione dei motivi che lo inducono a scrivere 'Il tribunale di Messina col mio arresto processa chi vuol fare impresa in tempo di crisi....posso garantire che un euro indebitamente non l'ho mai preso'
Nell'articolo basso poi attacca il provvedimento giudiziario "Lo spieghi ai suoi magistrati, se ne ha voglia, il procuratore generale Vincenzo Barbaro. Ma a leggere quello che scrive Germano Garofalo, un Ct, acronimo che sta per consulente tecnico di parte, qualche perplessità nella sua ricostruzione dei fatti sorge. Da un paio di anni a questa parte il signor Germano, su input di An­tonio Carchietti, spulcia tutto quello che ho fatto negli ul­timi 24 anni, come giornalista-imprenditore dell'editoria. E mischia fatti di vent'anni fa, con vicende di quindici anni fa e si presenta invece con un mandato limitato agli ultimi cinque anni. Per arrivare poi a una conclusione catastrofista: sarei un giocoliere che fonda società e poi le dissangua per non pagare i possibili creditori".
Basso spiega la sua verità "Tre cose: nessuna banca ha conti aperti con il signor Basso. Tutte le esposizioni, fino a prova contraria, sono az­zerate. Pende solo una causa per usura da me intentata a due istituti di credito per la quale un consulente, che presta servizio anche per il Tribunale di Patti, ha ravvisato negli estratti conto societari usura e anatocismo per più di cen­toventimila euro. Poi. Io sono stato amministratore di Edi­toriale Centonove dal lontano 1992. La società è stata messa in liquidazione tre anni fa. Nel 2008, a seguito della crisi più generale, non solo dell'editoria, è stato fatto uno scorporo aziendale, affidando a due cooperative, Kimon ed Eveneto, la gestione di due rami di impresa, uno giornali­stico, l'altro di servizi. Le problematiche fiscali, su tasse e credito di imposta , sono oggetto di cause pendenti, non ancora definite nei gradi di giudizio. L'accusa che mi si muove è quella non di "bancarotta fraudolenta", come hanno strombazzato veloci tutti i giornali, ma "bancarotta impropria". Che cos'è? Un neologismo giuridico. Tradotto, significa che io avrei danneggiato me stesso. Non ho pre­sentato decreti ingiuntivi contro una cooperativa di soci-giornalisti, Kimon, cui Editoriale Centonove, con relative tasse versate, ventiseimila euro, ha ceduto, con atto notarile pubblico registrato, la testata Centonove che non riuscivano a pagare per quanto contrattualmente pattuito".
"Il "disegno criminoso" sotteso – continua – sarebbe stato quello di accedere ai con­tributi sull'editoria previsti dalla legge 250 del '90. Peccato che mai un euro sia stato erogato a favore della cooperativa in og­getto, Kimon. Pende tuttora una causa in appello, sub judice, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri al Tribunale di Roma, fissata con i tempi di questa infaticabile giustizia nel... 2019. Prudenza e contraddittorio, declamano i giuristi. Lasciamo perdere... Parliamo di geografia: non c'è mai stata una "unica di­rezione aziendale", ma tre diverse società, con diversi dipendenti, tutti assunti con regolari contratti, in tre diversi appartamenti dello stesso stabile: a confermarlo, per sfortuna di questi improv­visati detective delle tasse, ci sono i contratti registrati, persone assunte in carne e ossa, contributi e tasse versate. Problemi, sì, tanti. Ma solo quelli che capitano a chi non ruba e non prende tangenti o non fa il giornalista-leccaculo di professione".
"Infine un finanziamento Ircac. Si scrive sul nulla per una ventina di pagine. Un semplice fatto: il finanziamento non è mai stato erogato, mancava la fidejussione. Una cosa ora il Tri­bunale di Messina è riuscita a inaugurarla: si processa chi fa im­presa e chi si difende dalla crisi anziché chiudere bottega. Se è vero che mi chiamo Enzo Basso e devo qualcosa ai miei lettori-estimatori, oltre che ai miei familiari, posso garantire che io una lira o un euro, visto che si parte da lontano con le indagini, indebitamente, in tasca non l'ho mai preso".
Basso tira, poi, le somme delòle sue spiegazioni "Riepilogando. Una persona indagata riceve almeno un avviso di garanzia: io non l'ho mai ricevuto. Semplice dimenticanza? Se sono stato sentito, e ho offerto la massima collaborazione documentale, avrei avuto diritto a un contraddittorio: mi pare di capire che il Ctu, si sia mosso con una idea preconfezionata, dimenticando che le piccole e medie imprese sono al 90% il tessuto connettivo dell'economia italiana, di chi paga le tasse e tiene ancora in piedi questo sgangherato sistema, giustizia com­presa".
"Proviamo a fare un esercizio inverso – conclude – Anziché dire che non avrei pagato tasse più del necessario, qualcuno faccia fare il saldo complessivo inverso: quanto ho versato al fisco negli ultimi 24 anni della mia vita? Partendo da un dato di fatto sul quale amerei essere smentito da chi guadagna settemila euro al mese: che oggi io i miei soldi li ho bruciati tutti nelle aziende, per tu­telare libertà di stampa e di pensiero. Perché ci credo e ci ho creduto. Magari, prima di tentare maldestramente di uccidere le imprese e la dignità delle persone, si scopre un'altra, più sco­moda verità?"

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