di Valeria Morabito
L'isolamento di Alicudi – "Alicudi nel vento" è stato l'ultimo documentario che ha concluso il concorso Filmmaker in Sicilia della 61esima edizione del Taormina Film Festival. La pellicola di Aurelio Grimaldi è ambientata nell'arcipelago delle Isole Eolie, ovvero ad Alicudi. Un luogo sperduto, dove le strade e le macchine sono una rarità. Anzi, come ha sottolineato uno spettatore alla conclusione del documentario, «da poco tempo hanno tolto anche l'ufficio postale». Lo Stato, in poche parole, non fa sentire la sua presenza. Forse l'unico edificio, seppur in condizioni precarie, è rappresentato dalla scuola. Per il resto bisogna rivolgersi alle altre isole intorno. La descrizione di Alicudi la si può trovare nel documentario del ribelle Grimaldi, che nella prima parte narra com'è oggi l'isolotto appartenente alla provincia di Messina. Un puntino nel mar Mediterraneo, un segno di bellezza naturale e incontaminata. Un luogo abitato da circa 100 persone, che trascorrono, seppur con difficoltà, la loro vita ad Alicudi.
Un remake rustico dell'Attimo fuggente – Aurelio Grimaldi, che prima di cimentarsi nelle esperienze cinematografiche faceva il professore, ha provato a raccontare Alicudi e una ben precisa sfumatura dei suoi personaggi. Grimaldi si è soffermato sui ragazzi e ha provato a creare una sorta di "scuola della strada" in cui ha cercato di istruire i suoi alunni. Un'impresa davvero difficile, considerando gli evidenti errori ortografici e l'indifferenza verso il presidente della Repubblica, Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Verdi e il grande interesse e la conoscenza nei confronti di Lady Gaga. Ah, i miracoli della globalizzazione. Già, quel contesto farebbe pensare a una sorta di Scuola di Barbiana in salsa sicula, ma in realtà, ricollegandosi al tema della globalizzazione, si tratta di un remake rustico dell'Attimo fuggente. Aurelio Grimaldi nei panni del professor Keating senza giacca e cravatta, ma lo spirito è lo stesso.
Quella verità contenuta in un episodio dei "Simpson" – Un modo di insegnare ai propri alunni "alternativo", controcorrente. Un pensiero vintage in pieno stile sessantottino di cui, a dir la verità, la scuola italiana dell'epoca contemporanea ne ha pagato le amare conseguenze. Si, perché se la situazione delle istituzioni scolastiche è quella attuale, è dovuta anche al modo di intendere e pensare la scuola ormai satura e strumentalizzata da pensieri politici di qualsiasi colore politico. La scuola, con molta più semplicità, dovrebbe essere l'edificio in cui creare la nuova classe dirigente, le nuove generazioni e non un'istituzione in cui provare a realizzare le proprie ideologie da parte dell'educatore di turno. Del resto provare a indirizzare i ragazzi verso un preciso modo di pensare, spesso ancorato a paradigmi del passato, non serve a molto. Come ammesso anche dal regista Aurelio Grimaldi, nessuno di quei ragazzi di Alicudi ha proseguito sulla strada dello studio. Al massimo sono andati a salutarlo al porto mentre partiva. I sentimenti, è vero, sono importanti, ma quando si parla di scuola serve ben altro. Al bando i buonismi e i luoghi comuni. La verità, come si dice in un episodio dei "Simpson", è che «l'attimo fuggente ha rovinato una generazione di educatori» e ieri pomeriggio ne abbiamo avuto un'ulteriore conferma.