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di Ennio Fiocco

Repressione a Lipari nel periodo fascista.

La Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (denominata M.V.S.N., meglio nota come “Camicie Nere” per via della camicia appunto nera indossata dai suoi militanti) venne alla luce il 13 gennaio 1923 durante la prima riunione del Gran Consiglio del fascismo allo scopo di trasformare le squadre d'azione in un vero e proprio corpo. Il reclutamento, su base volontaria, era destinato agli appartenenti alla milizia di età compresa tra i 17 e i 50 anni.

Verso il finire del 1925 il governo mise in atto una serie di provvedimenti che aumentarono la stretta di polizia limitando notevolmente le libertà, eliminando i partiti politici e istituendo il Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Mi sono imbattuto recentemente in un articolo on line ed esattamente “La Milizia e la repressione politica nelle isole di confino. Biblioteca Militare” e ho ritenuto interessante estrapolarne una parte che presento ai lettori. In particolare “il confino politico, versione rinnovata del domicilio coatto, rappresentò per il regime uno strumento perfetto ed efficace per isolare e criminalizzare gli oppositori politici senza imbattersi in complicazioni giudiziarie.

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Il regime fascista fece largo uso di questa misura preventiva, di fatto repressiva, poiché essa presentava numerosi vantaggi quali una procedura più agile e sbrigativa di un processo giudiziario e un’applicazione facile e arbitraria. Un mero sospetto o una denuncia di presunta pericolosità senza l’apporto di alcun materiale probatorio era sufficiente perché lo strumento del confino fosse usato nei confronti di chiunque, sia che fosse un reale o un presunto oppositore. Al confino furono deportate quasi 17.000 persone, tra uomini, donne e alcuni minorenni.

Quei confinati a cui fu assegnato un periodo di confino da scontare su un’isola - Lipari, Ustica, Ponza, Ventotene, Tremiti, Favignana, Lampedusa - cioè i più pericolosi secondo il regime, dovettero subire, oltre a difficili condizioni abitative, alimentari, igienico-sanitarie e alla completa ignoranza in cui furono lasciati circa il proprio destino nonché all’isolamento dal mondo e dalle proprie famiglie, anche le angherie e i soprusi dei Reparti autonomi della Milizia....

L’isolamento geografico delle isole favorì ulteriormente queste azioni arbitrarie, dettate spesso da puro sadismo e senso di onnipotenza... Le proteste sollevate dalle vittime avevano come conseguenza una recrudescenza delle violazioni che sfociavano in vendette e ulteriori persecuzioni in una spirale di violenza quasi ininterrotta...”. Nell'articolo rinvenuto viene evidenziato che “A Lipari...la presenza della Mvsn, non era affatto gradita agli isolani. Alcuni giovani militi avevano avvicinato e molestato le donne locali dando luogo a spiacevoli incidenti, tanto che il comandante era stato costretto a richiedere che fosse istituita sull’isola una casa di tolleranza per evitare che i militi importunassero le donne.

Sulla stessa isola, si verificarono episodi violenti ai danni dei confinati, alcuni scatenati anche da eventi politici esterni, come la condanna a morte dell’attentatore Angelo Sbardellotto...che aveva provato per tre volte di assassinare Mussolini, fu individuato...a Roma e arrestato...fu condannato a morte il 17 giugno. Nell’isola (di Lipari) il 6 giugno 1932, due giorni dopo l’arresto, le autorità locali organizzarono un corteo per festeggiare il pericolo scampato da Mussolini. Tale evento creò l’ennesima occasione per giustificare atti di violenza ai danni dei confinati politici, poiché alcuni di questi si erano tenuti in disparte dal corteo a cui prese parte, invece, la popolazione dell’isola.

Nessuna prescrizione del regolamento confinario imponeva la partecipazione ad eventi e manifestazioni fasciste; tuttavia, il piccolo gruppo di confinati, fermatosi nei pressi di un bar, infrangeva una delle prescrizioni dell’autorità di Pubblica sicurezza, quella di riunirsi...alcuni militi del Reparto autonomo della Mvsn si staccarono dal corteo e si avvicinarono ai confinati «invitandoli a sciogliersi». Allo scontato rifiuto «i Militi credettero opportuno procedere con energia». Scoppiò una rissa che finì con un pugno in un occhio a un milite.

Gli altri fascisti si dettero all’inseguimento dei confinati, due dei quali, Francesco Cardamone e Giulio Revelante, furono raggiunti e bastonati, finché non riuscirono a trovare riparo nella caserma dei carabinieri…squadre urlanti di militi armati si diedero a percorrere all’impazzata le vie cittadine, ordinando la chiusura dei negozi e colpendo col calcio dei moschetti i confinati che incontravano sul loro cammino. Uno di questi si era rifugiato nella caserma dei carabinieri, ma fu raggiunto e bastonato nella caserma stessa alla presenza dei carabinieri, imbarazzati”. Indubbiamente, la repressione, l’orrore e l’efferatezza del fascismo non sono riusciti ad eliminare il pensiero degli oppositori del regime.

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