di Leandro Janni*
Note a margine del convegno di archeologia Luigi Bernabò Brea e la Sicilia
Parafrasando il titolo di una celebre opera del pittore spagnolo Francisco Goya potremmo dire: “Il sonno della Regione genera mostri”.
La Regione in oggetto è la Sicilia. Come sappiamo, di recente è stato dato il via libera, in commissione Ambiente e territorio dell’Assemblea regionale siciliana, al disegno di legge in materia di edilizia e urbanistica. Il testo contiene anche una proposta di sanatoria per le case abusive prossime al mare (entro i 150 metri dalla battigia) costruite in Sicilia prima del 1985. Insomma, dalla politica siciliana ancora un vergognoso tentativo di sanatoria edilizia: un ddl che di fatto stravolgerebbe la legge urbanistica regionale del 2020.
Norme che fanno carta straccia dell’indirizzo europeo che punta all’azzeramento del consumo di suolo entro il 2050 e che pagheranno a caro prezzo le future generazioni. E comunque, è evidente che diversi articoli del ddl sono a rischio impugnativa, primi fra tutti quelli relativi alla sanatoria edilizia, ennesimo specchietto per le allodole da parte di chi è alla ricerca di consenso politico. Da parte di chi rivolge l’ennesima offesa ai cittadini siciliani.
Provvedimento dopo provvedimento (mega inceneritori, rigassificatori, ponte sullo Stretto, impianti eolici e fotovoltaici ovunque e comunque), norma dopo norma, l’attuale governo regionale sta mostrando il suo volto, continuando a svendere la Sicilia per i propri interessi: prima piegandosi al governo nazionale e consentendo di depredare l’Isola del Fondo per lo sviluppo e la coesione, e adesso tentando di fare un favore agli speculatori in vista delle elezioni europee. Una politica davvero cieca e ottusa, contro ogni possibilità di sviluppo e di futuro per la nostra Sicilia.
Gli atti legislativi e amministrativi della speciale autonomia siciliana in materia di beni culturali e paesaggistici di questi ultimi anni hanno reso evidente, in modo drammatico, come lo stato di crisi dell’amministrazione regionale di tutela costituisca oggi un grave pericolo per la salvaguardia dell’importante patrimonio della Nazione conservato in Sicilia. In pericolo soprattutto i beni paesaggistici e i beni archeologici.
Pertanto, a un quarto di secolo dalla scomparsa del grande archeologo e funzionario dell’allora Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, Luigi Bernabò Brea, ben venga questo densissimo e prezioso convegno di Melilli, utile a tracciare un bilancio su quanto è avvenuto in questi ultimi venticinque anni e a porre l’attenzione sulla sua eredità scientifica. Utile, anche, a rafforzare la nostra consapevolezza culturale e politica in un’Isola tanto bella e ricca quanto difficile.
Il Convegno di Melilli – Luigi Bernabò Brea e la Sicilia: bilancio e prospettive di ricerca a un quarto di secolo della sua scomparsa – nel corso di due giornate, ha offerto tanti elementi di riflessione. Qui ne sottolineo e commento, brevemente, alcuni. Nel suo chiarissimo intervento, l’archeologa Maria Bernabò Brea ha evidenziato tre azioni, tre linee fondamentali nel lavoro dello zio Luigi Bernabò Brea: 1) la ricerca archeologica; 2) la tutela; 3) la conservazione del patrimonio. Il riferimento a quanto sta accadendo in Sicilia, in questi ultimi anni, nell’ambito della gestione dei beni culturali e ambientali è chiaro: ovvero il depotenziamento, la neutralizzazione del ruolo tecnico-culturale degli archeologi.
Ciò comporta, come conseguenza, la compromissione di queste tre azioni fondamentali. E’ indubbio che il ruolo degli archeologi sia imprescindibile per una direzione scientifica fertile e consapevole. Ed è chiaro che un tecnico-agronomo o un tecnico-geologo, oggi posti – dal potere politico – alla direzione di importanti quanto macroscopici “parchi archeologici siciliani”, non possono avere conoscenze e competenze adeguate. E medesimo discorso vale per la tutela e la conservazione del patrimonio archeologico.
Allargando lo sguardo ad un contesto più ampio, non possiamo sottolineare il fatto che la Sicilia, pur possedendo straordinarie risorse archeologiche e paesaggistiche, non ha adeguati mezzi economico-finanziari e sufficiente personale tecnico, e dunque è impossibilitata a svolgere un ruolo importante, rilevante nel contesto culturale europeo. E di questo è responsabile lo Stato Italiano.
Infine, una considerazione che non può prescindere dal luogo in cui ci troviamo, assai prossimo al Polo petrolchimico siracusano. Sarebbe improprio, sbagliato contrapporre industria ad archeologia. Semmai, la politica ha il dovere di dotarsi o utilizzare al meglio gli strumenti di programmazione e pianificazione territoriale, a cominciare, ad esempio, dal Piano Paesaggistico Regionale. Coniugare insieme identità e futuro, tutela e sviluppo è possibile. Anche in Sicilia.
POSCRITTO: L’attuale assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, pur avendo assicurato la sua presenza, non c’era. I sindaci del territorio siracusano invitati al Convegno sono intervenuti per i saluti di rito. Subito dopo aver parlato, sono andati via. Inesorabilmente.
*Presidente regionale di Italia Nostra Sicilia