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di Claudio Del Frate

La mensa della scuola materna? Chiusa, i bambini devono portarsi il pranzo da casa. I lavori pubblici? Ruspe ferme, non ci sono soldi per pagare le imprese. I vigili urbani? Tutti dietro la scrivania, è finita la benzina delle auto. E così il centro di raccolta di rifiuti, l'assistenza domiciliari agli anziani, il trasporto dei disabili: tutto fermo, tutto cancellato perché una sentenza, arrivata al culmine di una causa cominciata nel 1999, ha pignorato tutti i conti del comune di Farra di Soligo, 9mila abitanti in provincia di Treviso. Da alcuni giorni Farra è una sorta di paese fantasma: l'intera attività pubblica è paralizzata, non si può spendere un euro dopo che i giudici hanno deciso che i proprietari di alcuni terreni espropriati 18 anni fa, hanno diritto a un risarcimento immediato. «Un giudizio assurdo, non possiamo più garantire nemmeno i servizi essenziali previsti dalla legge» si sfoga Giuseppe Nardi, sindaco del piccolo centro veneto.

Erano gli anni degli «schei per tutti»

Già che ci vogliano 18 anni per arrivare al punto fermo di una causa sulla valutazione di alcuni terreni («Non fatemi commentare questa cosa...» implora il sindaco Nardi) meriterebbe una storia a sè. Ma la lite tra il municipio di Farra e i proprietari non è ancora finita perché deve ancora pronunciarsi la Cassazione. Si parte dagli anni '90, quelli che segnano il boom industriale del Nordest, degli «schei» per tutti», dei capannoni e delle Mercedes. La febbre contagia anche Farra di Soligo dove vengono individuate due aree da destinare al più presto a ospitare le nuove fabbriche. A posteriori si può dire che il boom fu un po' sopravvalutato anche se delle due zone, una è stata edificata al 100% e nell'altra resta libero solo un quarto dei lotti. Ma nel '98 l'amministrazione di allora espropria i terreni, i proprietari fanno ricorso perché ritengono che l'indennizzo loro riconosciuto sia modesto e ci si infila nel tunnel senza fine della carta bollata.

Altri pignoramenti in arrivo

Diciotto anni impiega il tribunale per stabilire che gli espropriati hanno ragione. Ma l'ordine di pagamento stavolta è più celere e il comune si trova, per ordine del giudice, con i conti in banca pignorati. «Ci sono quasi 4 milioni di euro - racconta Nardi - che da alcuni giorni non possiamo toccare. E potrebbe essere solo l'inizio perché altri verdetti sono in arrivo e ci troveremmo nella situazione di dover pagare fino a 11 milioni di euro. A questo punto non abbiamo avuto altra scelta che bloccare ogni tipo di spesa, che equivale a dire bloccare ogni nostra attività». Chiusa dunque la mensa della scuola materna e sospeso il servizio di trasporto degli alunni, sospeso il pagamento a ogni tipo di fornitori, non si può nemmeno fare il pieno al parco automezzi del comune; a rischio anche la busta paga dei dipendenti; a Farra di Soligo non si può acquistare una matita perché c'è il rischio un domani di non poterla pagare.

«Capisco le loro ragioni»

«Io capisco le ragioni dei proprietari dei terreni - commenta amaro il sindaco - era loro diritto ricorrere al giudice. Ma per effetto dei tagli al nostro bilancio siamo nell'impossibilitò di far fronte al pagamento dell'indennizzo. E per quanto tempo possiamo sospendere tutti i servizi? Quanto può durare l'austerità? Anche perché noi un certo numero di attività dobbiamo garantirle per legge». Ogni speranza di ritorno a un minimo di normalità è legata a una nuova udienza in calendario al tribunale di Treviso il 20 giugno prossimo: si discuterà un ricorso contro il primo pignoramento, l'obiettivo è sbloccare almeno i 4 milioni. Una boccata d'ossigeno, sperando che non arrivino altri sequestri.(Corriere.it)

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