di Cinzia Bovio
Il cittadino non ha i soldi per pagare l’Imu e la Tasi? Nessun problema. Da oggi può pagare il suo debito con l’amministrazione comunale potando i tigli davanti al municipio, imbiancando i locali della scuola materna o aiutando i netturbini a tenere pulito il centro storico. Si chiama «baratto amministrativo» e a Invorio, un piccolo comune di 4500 abitanti tra le colline novaresi che si affacciano sul lago Maggiore, è realtà.
Dallo «Sblocca Italia»
Da poche ore il regolamento è stato ufficialmente pubblicato sull’albo pretorio e d’ora in poi i cittadini con i requisiti potranno chiedere lo «scambio». Il sindaco Dario Piola ha tradotto la teoria in pratica: il telefono squilla continuamente dai Comuni di tutta Italia per prendere esempio, per capire come fare. Per la prima volta, è stata messa in pratica una misura introdotta otto mesi fa dallo «Sblocca Italia». La legge di riferimento è la 164 del 2014. L’articolo 24 prevede «misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio».
Due mesi di incubazione
«L’idea è buona, ma come si fa?». È quello che ha pensato il sindaco la prima volta che ha letto le disposizioni del decreto. Non esistevano spunti concreti da cui partire: «Tra i Comuni, ho trovato solo mozioni o delibere di intenti». Piola è al suo secondo mandato consecutivo con una lista civica: «Capita spesso che i sindaci vengano lasciati soli di fronte a leggi difficili da tradurre in realtà». Da fine aprile, ci sono voluti due mesi di lavoro «molto complicato» per stendere il regolamento, approvato il 2 luglio dalla giunta e pubblicato ieri.
I primi candidati
Due cittadini si sono già messi in fila. Una richiesta è al vaglio, per l’altra c’è già un progetto ad hoc: un’ora di lavoro equivarrà a 7,5 euro. Il primo volontario comincerà lunedì a pulire le strade: lavorerà 4 ore al giorno per circa due mesi. Sommerà circa 1200 euro di lavoro «figurativo».
Il primo caso è quello di un moroso incolpevole delle case popolari che il Comune ha aiutato nelle spese. C.M., sessantenne, da quattro anni ha perso il lavoro: «Anche mia moglie – racconta - è disoccupata e non vogliamo pesare sui nostri figli che hanno già famiglia. Vogliamo sentirci a casa nostra e compensare gli affitti che non riusciamo a pagare».
Il regolamento
Secondo il regolamento possono chiedere volontariamente il baratto amministrativo i residenti maggiorenni con indicatore Isee non superiore a 8500 euro con tributi comunali non pagati o che hanno ottenuto contributi come inquilini morosi negli ultimi 3 anni.La legge prevede in controparte lavori per la riqualificazione del territorio come pulizia, manutenzione, abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ma anche interventi di decoro urbano, recupero e riuso di aree e beni immobili inutilizzati o per la valorizzazione di una determinata zona del territorio urbano o extraurbano.
Invorio ha sei frazioni e 18 chilometri quadrati di territorio da ripulire. I due operatori ecologici non bastano: «Con il baratto – conclude Piola – i Comuni tartassati dal blocco delle assunzioni, potranno contare su una forza lavoro in più, ridando dignità a chi è in difficoltà ma vuole sentirsi utile».
di Massimo Gramellini
Colpito da malore durante una vacanza ad Alghero, il dottor Gaetano Marchese ha rifiutato il ricovero nel vicino ospedale di Sassari e si è fatto dare uno strappo fino a Palermo dall'elicottero del 118 siciliano di cui è direttore. La notizia, orgogliosamente sbandierata dal 118 come prova di efficienza, è di sicuro una prova di attaccamento alla propria terra di origine. Tra le lenzuola del nosocomio sardo l'esimio Marchese sarebbe stato accudito meglio di un principe. Ma è nel momento del bisogno che l'uomo sente risuonare con più prepotenza il richiamo delle radici. Ed è commovente che la comunità abbia assecondato quel richiamo, mettendo a disposizione del Marchese in ambasce un velivolo del pronto soccorso diretto dal Marchese medesimo. Qualcuno ipotizza favoritismi e abusi di potere. Figuriamoci, la regola del Marchese varrà per tutti i cittadini. Ovunque nel mondo ci colga un malore, basterà chiamare il 118 siciliano per vedere stormi di elicotteri levarsi in volo come in una scena di «Apocalypse Now». Di giorno e di notte, come nel suo caso. Dite di no? Dite che l'altra settimana a Catania, quando si è trattato di farne decollare uno per porre in salvo una neonata, a levarsi in volo sono stati solo i consueti ostacoli burocratici? Temo abbiate ragione. Invece di vantarsi dell'efficienza che il 118 ha dispiegato soltanto per lui, forse il Marchese (del Grillo?) farebbe meglio a provare un po' di imbarazzo, perché nell'aria si sente già uno straordinario giramento di eliche. Quelle dei contribuenti.
di Nicola Pinna
Per soccorrere la piccola Nicole un elicottero non c'era. Ma per trasportare il direttore del 118 di Palermo l'elisoccorso è stato attivato in fretta e furia, per di più nel cuore della notte, e per arrivare molto lontano dalla Sicilia. La chiamata, non da un comune cittadino, è arrivata da Alghero, dove Gaetano Marchese trascorreva alcuni giorni di ferie. Nella notte tra il 15 e il 16 gennaio il direttore della centrale operativa palermitana ha avuto forti dolori al petto e per questo ha chiesto aiuto al 118 del Nord Sardegna. I soccorsi sono scattati immediatamente e per i medici dell'ospedale di Alghero non c'erano soluzioni alternative all'operazione: la diagnosi parlava di «aneurisma dissecante dell'aorta» e per questo gli specialisti della cardiochirurgia di Sassari (distante 20 minuti da Alghero) erano pronti all'intervento. Ma Gaetano Marchese non si è fidato: ha rifiutato il ricovero e ha deciso di rivolgersi a persone di fiducia. Ha chiamato la «sua» sala operativa e ha usufruito di un servizio speciale: un elicottero con doppia equipe sanitaria che lo ha riportato in Sicilia. Un privilegio che alla sanità pubblica è costato non poco.
A Palermo, il sessantenne è arrivato 9 ore dopo il primo allarme ed è stato operato. È ancora in convalescenza. Alle agenzie ha detto: «Sono vivo per miracolo. All'ospedale di Alghero per una Tac ho dovuto aspettare più di tre ore, nonostante io dicessi ai medici che avevo un problema all'aorta». La versione di Marchese, comunque, non coincide con quella dell'ospedale di Alghero. Ciò che non torna sono gli orari. L'allarme è stato lanciato più o meno alle 23.30 e su questo son tutti d'accordo. La Tac, così sostiene il direttore del 118 di Palermo, è stata fatta in ritardo ma i medici sardi ribattono che gli esami («quelli obbligatori prima della Tac») sono iniziati poco dopo il ricovero. «I soccorsi al dottor Marchese sono stati precisi e tempestivi - precisa l'assessore alla Sanità della Sardegna, Luigi Arru - Ora lui sostiene che la dissecazione non gli sia stata riconosciuta ma diagnosi e orari sono registrati elettronicamente».
Ora scoppia la polemica. Anche perché la Sicilia piange la neonata morta in ambulanza. Per lei un elicottero della base di Catania non si era potuto levare in volo, mentre a Palermo si sono fatti gli straordinari. L'assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, «ha disposto un accertamento ispettivo per verificare il rispetto delle procedure poste in essere». E il referente regionale per l'emergenza per il ministero della Salute, Bernardo Alagna, fa sapere di aver «presentato una richiesta di chiarimento su quali siano state le ragioni dell'invio del velivolo». Intanto già si discute anche dei costi del soccorso speciale: un Aw139 viene noleggiato a 7 mila euro l'ora per voli civili. E al conto, in questo caso, c'è da aggiungere la presenza delle equipe specializzate.
di Paolo Baroni
Solo a causa delle malattie in un anno, il 2013, l’ultimo censito dall’Inps, vanno in fumo oltre 108 milioni di giornate di lavoro: 77,6 nel settore privato e 30,8 nel settore pubblico, dove si registra un totale di 4.838.767 «eventi». In pratica l’altro anno ognuno dei 3 milioni e trecento mila travet si è ammalato una volta e mezzo nel giro di 12 mesi. In media, ferie comprese, le assenze dal lavoro toccano il 20% nel settore pubblico ed il 13 in quello privato.
Ma le motivazioni, come insegna la vicenda dei vigili romani, non si limitano alle sole malattie, ci sono infatti permessi di vario tipo ed i giorni concessi dalla legge 104 per l’assistenza ai disabili. Un «danno», per la pubblica amministrazione, che qualche anno fa, quando Brunetta lanciò la sua crociata contro i «fannulloni», venne stimato in 6,5 miliardi di euro l’ anno.?
L’ultimo monitoraggio della Funzione pubblica, che però si ferma ad agosto 2014, calcola che su 4705 amministrazioni prese in esame, in media ogni dipendente si è assentato per 0,558 giorni per cause di malattia (con ministeri e agenzie fiscali che arrivano a 0,987 e le università che si fermano a 0,218). Con picchi particolarmente alti al ministero della Giustizia (1,827 giorni/dipendente) e alla Difesa (1,218). Per lo più si tratta sempre di malattie di breve durata: gli eventi che comportano assenze superiori ai 10 i giorni, infatti, pesano appena per 0,023 giorni per ogni dipendente.
Gli «altri motivi», ovvero le varie tipologie di permesso, pesano molto di più: la media per dipendente è infatti pari a 1,001 giornate perse al mese (1,804 nelle comunità montane e 1,739 nelle università). A livello regionale ci si ammala molto di più al centro (0,725 giorni/dipendenti) ed al Sud (0,607) che nel Nord est (0,386) e nel Nord Ovest (0,403).
Dal ministero assicurano che i dati sulle assenze dei dipendenti pubblici saranno aggiornati nei prossimi giorni. Per ora questo ultimo monitoraggio ci dice che rispetto all’anno precedente le assenze di malattia sono scese del 9% e quelle per «altri motivi» del 15,3%. Nulla rispetto ai picchi fatti segnare all’avvio della riforma Brunetta, quando nel giro di pochi mesi si registrò un crollo del 36% delle assenze coi giorni di malattia pro-capite scesi da 1,04 a 0,64.
«Da Monti in poi - denuncia oggi l’ex ministro di Fi - i governi di turno non hanno più creduto in questa operazione. I dati non vengono più pubblicizzati e in pratica la lotta all’assenteismo è stata abbandonata. Peccato perché ora con certificati medici e ricette on line la Pa avrebbe nuovi importanti strumenti che potrebbe utilizzare».
La pubblicità dei dati, dettagliati per tipologia di amministrazione e territori, in effetti, è lo strumento più efficace per contrastare questi fenomeni. Per legge tutto è infatti on line e pubblico: basta accedere ai vari siti e cercare il link «amministrazione trasparente». E così facendo, ad esempio, si scopre che al Comune di Roma (nel terzo trimestre 2014) i tassi di assenza, ferie comprese, oscillano tra il 25 ed un pericoloso 42%, con una quota che spesso supera il 10% tra malattie e permessi. Quanto ai vigili urbani già a fine 2013 facevano segnare picchi significativi di malattia (7,4% il gruppo di Montemario), di permessi legge 104 (3,01% al Tuscolano) e di permessi «vari» (5,95% al Prenestino). Ma del resto se anche alla Corte dei Conti, dove operano i nostri censori degli sprechi, in un terzo degli uffici si sfora il 30% di assenze, si capisce bene come l’assenteismo sia ancora una malattia nazionale.?
2. “Febbre di lunedì e cappuccino al bar.?Tutti i trucchi per disertare l’ufficio”
di Mattia Feltri
Un anno fa centoventisei dipendenti della Rap - la nettezza urbana di Palermo - scontarono il debito con gli acciacchi stagionali fra Natale e Capodanno. L’epidemico evento fu aggravato dall’infittirsi dell’attività sindacale proprio nei giorni compresi fra cenone e cenone, così la città, già di per sé non un esempio mondiale di raccolta e riciclo, si ritrovò sommersa da rifiuti ordinari e straordinari. L’interesse della Procura, su invito del Comune, ha portato all’ipotesi che i permessi sindacali e i certificati medici fossero falsi: semplicemente gli impegni lavorativi contrastavano con quelli conviviali, e si cercò un rimedio.
Però non si deve giungere all’affrettata conclusione che i dipendenti pubblici si arrangino con italiana fantasia soltanto sotto le feste: al distretto socio sanitario di Catanzaro Lido, novantacinque assunti su centoventi erano dediti ai fatti loro, indipendentemente dal calendario. Lì si era registrato un altro caso piuttosto bizzarro: la macchinetta elettronica destinata a rilevare le presenze si guastava con frequenza persino superiore a quella con cui si guasta la salute dei lavoratori; nel 2013 i carabinieri si fecero venire un dubbio e saltò fuori che medici, infermieri, dirigenti e amministrativi (una vasta rappresentanza della società civile) timbravano il cartellino e poi andavano al supermercato o dal barbiere.
?Di notizie del genere se ne trovano a decine ogni anno. Chiunque si sia imbattuto una volta nella vita nel lavoro delle Iene (l’ultima pochi mesi fa) conosce quei bei servizi con telecamera nascosta in cui si vede l’impiegato entrare in ufficio e uscirne trenta secondi dopo per l’appuntamento col cappuccino. Al teatro Bellini di Catania avevano escogitato un sistema leggermente diverso: si facevano pagare come straordinari le ore di permesso sindacale (2013). E siccome non vorremmo passare per discriminatori territoriali, ecco a voi l’illustre caso dei settantasette dipendenti (su poco più di cento) della Regione a Rovigo che si volatilizzavano in orario d’ufficio e quelli delle soprintendenze del Friuli Venezia Giulia, dove i più vivaci arrivarono ad accumulare centodieci ore di assenza in tre mesi. ?
Tutti sanno che non c’è bisogno della cronaca per misurare l’attaccamento al dovere del travet italiano: bastano le statistiche. All’Ama (la nettezza urbana di Roma) gli assunti sono circa settemila e ottocento; in media ne stanno a casa mille al giorno, chi in malattia, chi in ferie, chi in permesso. In particolare ogni santa mattina otto dipendenti dell’Ama su cento crollano sotto il peso di febbri, influenze e derivati. Sull’effettiva presenza degli altri seimila e otto non si sa, vista la tecnica del timbra-ed-esci.
Poi c’è l’altra tecnica, quella del timbra oggi per me che io timbro domani per te: è conosciuta anche come tecnica Fantozzi, che timbrava per tutti i colleghi stesi al sole del tetto della megaditta. Alcuni lavoratori socialmente utili di Manfredonia si facevano timbrare dai parenti l’ingresso a scuola e poi uno andava a vendere fichi d’India, un altro faceva il fabbro, un altro ancora lavorava in pescheria col figlio. ?Ognuno, in quest’Italia, fa quel che può: l’autonomo non può ammalarsi allora evade il fisco, il dipendente non può evadere il fisco allora s’ammala: quello pubblico manca un giorno alla settimana (20%) quello privato un paio di volte al mese (13%). A incidere è un tipo di assenteismo molto in voga in Italia: l’assenteismo tattico, così chiamato dalla Cassazione perché nei giorni di ponte o in quelli attaccati ai riposi si registrano crolli delle difese immunitarie. La Cgia di Mestre ha calcolato che un dipendente su tre si ammala di lunedì e guarisce al martedì. Potrebbe avere una ricaduta venerdì.