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foto di Gabriele Costanzo

Il report di Legambiente e CNR fotografa le isole minori a livello ambientale. Nel 2024 l’indice medio di sostenibilità è del 46%. “C’è bisogno di una nuova narrazione che da luoghi turistici le trasformi in centri culturali, di ricerca e di innovazione” dice Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente

Sono tra le mete più ambite durante le vacanze ma le isole minori non vivono solo d’estate. Un po’ stereotipate e un po’ romanticizzate, da tempo le isole minori dell’Italia – composte da 35 Comuni e in cui risiedono circa 200mila abitanti, un numero che come è noto aumenta in maniera considerevole durante la stagione turistica – stanno provando a vincere la sfida della sostenibilità.

Per via delle loro dimensioni e delle loro caratteristiche, costituiscono patrimoni di biodiversità da preservare e allo stesso tempo luoghi dove è possibile sperimentare innovazioni tecnologiche e pratiche di economia circolare. Con qualche fatica anche le istituzioni hanno compreso tale concetto, come dimostra ad esempio l’investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedicato espressamente a 19 isole minori italiane: si tratta del fondo da 200 milioni di euro per farle diventare entro giugno 2026 green ed autosufficienti.

Ma oggi quanto sono sostenibili le isole minori italiane? Per comprenderlo bisogna rivolgersi al sesto rapporto “Isole sostenibili 2024”, redatto ogni anno da Legambiente e CNR. “L’indice medio di performance al 46%, che l’Osservatorio Isole Sostenibili di Legambiente e dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IIA) ha calcolato sulla base dei dati relativi a consumo di suolo, gestione dei rifiuti e della risorsa idrica, sviluppo delle rinnovabili, mobilità e aree naturali protette nelle piccole isole, fotografa il lento progredire della loro transizione ecologica” si legge nel comunicato stampa del report.

Le isole minori come le aree interne?
Prima di addentrarci nell’analisi di Legambiente e del CNR è utile ripercorrere un interessante documento che accomuna le isole minori alle aree interne, vale a dire i territoriali italiani più distanti dai servizi essenziali come istruzione, salute, mobilità. Il “rapporto di istruttoria per la selezione delle aree interne 2021-2027”, a cura della SNAI (Strategia Nazionale Aree Interne), definisce le isole minori del Paese come “realtà territoriali assai differenziate, per dimensioni (superficie), popolazione, andamenti demografici e di invecchiamento, nonché per l’appartenenza o meno ad arcipelaghi.

Il mare che le separa dalla terraferma, la natura demografica in alcuni casi estremamente rarefatta, la ricchezza che rappresentano in quanto territori unici dell’identità del Paese, e la fragilità dal punto di vista della tenuta del suolo, la cura delle coste e la pressione del cambiamento climatico, le rende e le ha rese negli anni oggetto di un’attenzione particolare da parte dello Stato. Non a caso, già nel 2014-2020 la politica di coesione ha investito consistenti risorse su questi territori, con un peso rilevante assegnato alle problematiche ambientali e alla gestione dei rischi”.

Nonostante ciò le isole minori non hanno ancora risolto alcuni problemi atavici – la generazione di energia, ad esempio, avviene spesso tramite vecchie e inquinanti centrali termoelettriche – e a questi se ne sono aggiunti altri, come l’eccessiva mole di turisti per molte di esse, ma non solo.

“L’aggravarsi delle conseguenze del cambiamento climatico – si legge ancora nel documento della SNAI – i processi sempre più seri di desertificazione, l’esperienza importante della Strategia nazionale per le aree interne nel periodo 2014-2020, che ha affrontato proprio la questione dello spopolamento nei territori del Paese lontani dall’offerta dei servizi, rende evidente l’urgenza di porre le isole minori al centro di un’azione di sviluppo territoriale mirata al rafforzamento dei servizi alla persona in favore delle comunità delle isole minori, applicando il metodo di lavoro proprio della strategia nazionale per le aree interne”.

Un impegno che tuttavia al momento appare più una promessa che un vero e proprio programma di lavoro.

Le sfide della sostenibilità delle isole minori
E allora come stanno le isole minori sul versante della sostenibilità? Per dirla con una frase abusata: bene ma non benissimo. Dicevamo che l’indice medio di performance di sostenibilità, nel rapporto redatto da Legambiente e CNR, è del 46%: una media, ovviamente, tra le 27 isole minori che vede in testa Capri e l’isola di Sant’Antioco in Sardegna, rispettivamente al 62% e al 60%, e come fanalino di coda Salina, nell’arcipelago delle isole Eolie, con un indice complessivo di sostenibilità sotto al 20%.

“Rispetto alla panoramica dei temi ambientali – si legge ancora nel rapporto – nel 2022 il valore medio della raccolta differenziata, calcolato sulla base di dati Ispra e relativo ai 33 comuni afferenti alle 26 isole minori analizzate, si attesta al 56%, al di sotto dell’obiettivo europeo del 65%.

Secondo i dati Istat relativi al 2018 sul tema della dispersione idrica, la perdita di rete media sulle isole minori è del 40%, mentre per quanto riguarda il tema energetico, i dati GSE del 2021 indicano la necessità di un cambio di passo delle isole minori: le zone insulari non interconnesse raggiungono poco più del target per il solare fotovoltaico indicato nel decreto ministeriale del 2017 sullo sviluppo delle rinnovabili nelle piccole isole. Sul solare termico gli obiettivi fissati dal medesimo DM sono invece molto lontani (la media è il 16,21%). Sul lato della mobilità, i dati ACI 2022 dimostrano che anche nelle isole minori permane una prevalenza di utilizzo dell’auto privata per ogni tipo di spostamento: 63 auto ogni 100 abitanti”.

Quest’anno il report “Isole Sostenibili 2024” dedica un approfondimento al tema della gestione dei rifiuti, dove più netta è la differenza tra la produzione estiva, che aumenta di gran lunga per via dell’enorme flusso turistico, e quella durante il resto dell’anno. “Il potenziale sostenibile delle isole minori messo in evidenza nella VI edizione del rapporto ha bisogno di una nuova narrazione in grado di trasformare le piccole isole da luoghi di bellezza, di mare pulito e di vacanze estive, in centri culturali, di ricerca e di innovazione, anche in campo ambientale. I diversi attori coinvolti in questo necessario processo di cambiamento devono

mettere al centro le isole minori per farne cantieri di sostenibilità, come sta avvenendo in diverse parti di Europa – dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – La nuova chiave di lettura dell’Osservatorio Isole Sostenibili suggerisce che anche le criticità rilevate e i ritardi accumulati su vari temi ambientali possono diventare concrete opportunità di sviluppo, partendo innanzitutto dalla condivisione di buone pratiche, su cui puntare per costruire sinergie territoriali che siano riferimento e stimolo al miglioramento”.

“Le isole minori rappresentano uno dei fulcri della biodiversità nel Mediterraneo – aggiunge Francesco Petracchini, Direttore f.f. del Dipartimento sistema Terra e tecnologie per l’ambiente del Cnr – attualmente questi territori sono sotto attacco a causa degli impatti dei cambiamenti climatici e di un utilizzo non virtuoso che ne penalizza le caratteristiche ambientali.

Per districarsi nella complessità della transizione ecologica, percorso non semplice ma l’unico in grado di proteggere i contesti isolani, c’è bisogno di una visione a medio e lungo termine che includa tutti gli attori coinvolti: il mondo delle amministrazioni pubbliche, quello della ricerca e delle istituzioni accademiche, il mondo delle imprese e non per ultimo la popolazione che su quei territori vive e lavora tutto l’anno.

Un approccio olistico che favorisca uno sviluppo sostenibile mantenendo come faro la tutela di contesti ambientali così particolari, attraverso soluzioni integrate e progetti avanzati anche di ricerca. Per quanto riguarda il mondo della scienza e della ricerca siamo pronti a fare la nostra parte, mettendo a disposizione delle amministrazioni locali le nostre competenze per supportarle e trovare insieme le soluzioni più adatte per governare questa transizione e affrontare tematiche così importanti quali protezione ambientale e sviluppo sostenibile”.(economiacircolare.com)

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