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Piccolo abuso in area urbanizzata, l’alt paesaggistico va ben motivato
Bocciati il no alla sanatoria e l’ordinanza di demolizione disposti dal Comune di Firenze

«Laddove il parere precede la realizzazione del proposito edilizio, l’amministrazione è tenuta a valutare l’impatto paesaggistico-ambientale delle opere oggetto di condono». Con questa motivazione e le sue articolazioni il Tar della Toscana, con la sentenza numero 834/2024 ha accolto il ricorso di una persona contro il Comune di Firenze e della Soprintendenza ai Beni culturali in merito a un’ordinanza di demolizione.

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Demolizione e ricostruzione: si può ottenere il terzo condono edilizio in zona vincolata?
Un'opera abusiva di demolizione e ricostruzione rientra nella ristrutturazione edilizia realizzata in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e, per questo, non può ottenere il Terzo condono edilizio in zona vincolata.

Un intervento abusivo di demolizione e ricostruzione di un edificio in area sottoposta a vincolo paesaggistico prima della realizzazione dello stesso, può beneficiare del Terzo condono edilizio ex DL 269/2003?

La risposta dovrebbe essere piuttosto chiara ma a giudicare dalla mole di sentenze sul tema, evidentemente, non lo è e per questo è bene ribadirlo: solo una piccola porzione di opere abusive 'prende' la sanatoria straordinaria ex legge 326/2003 in zona vincolata.

Le caratteristiche della demolizone e ricostruzione
Nel caso della sentenza 7962/2024 del Tar Lazio, il Comune resistente ha considerato ostativa la circostanza che, per l'abuso in questione, rientrante nella tipologia di cui al n. 3 dell’Allegato I alla legge 326/03, non è possibile rilasciare il condono edilizio, trattandosi di immobile ubicato in zona vincolata, sia a livello paesaggistico che sismico.

La demolizione concerneva le seguenti opere: “Realizzazione di un manufatto articolato su un piano terra con murature e muro centrale di spina in blocchetti di cemento pieni. L'immobile risulta completo di tramezzature interne e rifiniture sia interne che esterne con persiane e infissi montati. L' interno dell'immobile risulta composto dai seguenti vani: un soggiorno con angolo cottura, un disimpegno, un ripostiglio, due vani letto e due bagni. Antistante al manufatto è stato realizzato un basamento in c.a. delle dimensioni di mt 8,80 x 7,70 largo 3,10 m con altezze da cm 20 a cm 50. L'immobile ha una superficie coperta di mq 115,64 ed un volume di 346,92 mc”.

Le coordinate del Terzo condono edilizio: si può sanare un fabbricato su 3 livelli in zona vincolata?

Il condono previsto dall'art. 32 del DL 269/2003 (Terzo condono edilizio) trova applicazione esclusivamente in presenza di interventi di minore rilevanza, cioè restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo

Terzo condono edilizio: sanatoria solo per gli abusi minori
Il TAR evidenzia che l'istanza di condono ex legge 326/03, proposta dalla ricorrente, si riferisce, pacificamente, ad immobile ubicato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.Lgs.n.42/04 (oltre che a vincolo sismico).

In tale situazione, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza, il condono ex legge 326/03 può essere rilasciato, ai sensi della previsione recata dall’art.26 lett. b) l.cit., solo per le opere riconducibili ai cd. abusi minori, di cui alle tipologie sub 4,5,6 dell’allegato I alla legge in questione, cioè restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria.

Terzo condono edilizio: l'innalzamento del sottotetto in zona vincolata non si può sanare

Un abuso edilizio consistente nella realizzazione di un innalzamento della quota del sottotetto non può beneficiare del terzo condono edilizio in quanto comportante aumento di superficie e di volume in area sottoposta a vincoli.

Questo è un abuso maggiore: niente sanatoria
Nella fattispecie in esame, è evidente che l’intervento richiesto in sanatoria, concernendo la demolizione e contestuale ricostruzione dell’edificio, rientra nella tipologia di abuso n.3 (“opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio”).

Stante l’inderogabilità dell’anzidetto quadro normativo, non possono essere accolte le censure di parte ricorrente: niente condono.

Stalking e non molestie per il condomino che altera le abitudini di vita degli altri
Chi con ripetute minacce e molestie ingenera paura da cui deriva uno stato perdurante di ansia nelle vittime commette il delitto di atti persecutori, che è aggravato se lo stalker agisce con odio razziale

No alla derubricazione del delitto di stalking nella contravvenzione di molestie se la vittima entra in uno stato di perdurante ansia e modifica le proprie abitudini di vita a fronte delle condotte reiterate dell’imputato. Infatti, le molestie sono ravvisabili solo quando il risultato nella psiche della persona offesa è quello di essere infastidita.

Dunque la linea di demarcazione tra i due reati è rappresentata dalle conseguenze psicologiche che la condotta ingenera nella persona presa di mira con comportamenti che vanno dall’insulto agli imbrattamenti o impedimenti a utilizzare cose di cui si ha la disponibilità. In sintesi le minacce o le molestie ripetute vanno punite come atti persecutori a norma dell’articolo 612 bis del Codice penale quando creano uno stato di ansia che pervade la vita della persona posta nel mirino del molestatore finanche arrivando al punto di modificarne le abitudini normali.

La Corte di cassazione - con la sentenza n. 21006/2024 - ha così annullato la sentenza del tribunale monocratico che aveva svalutato le precise prove raccolte in una vicenda tipica di “persecuzioni in ambito condominiale” in alcuni casi anche aggravata dall’odio razziale nei confronti di alcuni condomini extracomunitari ripetutamente appellati come “incivili” dall’imputato.

L’impugnazione della decisione che condannava l’imputato all’ammenda per il reato contravvenzionale di molestie ex articolo 660 del codice penale è stata riqualificata in ricorso per cassazione data l’inammissibilità dell’appello contro le condanne per contravvenzioni. In effetti la Cassazione nell’articolato atto impugnatorio del Procuratore della Repubblica ha rinvenuto l’illogica conclusione del giudice monocratico di primo grado perché a fronte di testimonianze di persone impaurite dal ricorrente e intimorite dalla possibilità di incontrarlo avevano mostrato il grave stato di perdurante ansia e la conseguente costrizione a dover modificare le proprie abitudini. In un caso che era comunque stato oggetto di rimessione di querela (di fatto non ritrattabile) due coniugi avevano addirittura cambiato casa.

L’imputato infatti aveva apposto lucchetti a ingressi di spazi condominiali comuni atteggiandosi ad “amministratore” del palazzo, aveva più volte apposto cartelli e scritte sui muri con offese particolarmente mirate al discredito dei condomini stranieri e si vendicava delle sue ingiustificate e persecutorie lamentele verso gli altri condomini utilizzando arnesi particolarmente rumorosi in piena notte quali frese e martelli.

È omicidio stradale anche se il pedone investito ha attraversato col rosso
Esente da responsabilità solo quando per motivi estranei ad ogni obbligo di diligenza il conducente si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile

La Corte di Cassazione (sentenza n. 12336/2024) ha chiarito che in caso di omicidio colposo il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone (solo) quando per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, prima che di rispetto del codice della strada, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile.

Niente licenziamento se con la 104 si va al mare per guarire l’asma della moglie
Il marito non si era allontanato per proprio piacere, ma al solo fine di far trascorrere alla moglie tre giornate al mare

Illegittimo il licenziamento del lavoratore che abbia la 104 per la moglie e accompagni quest’ultima (affetta da una grave forme di asma) presso una località marina per farle respirare aria salubre e curare così la patologia da cui era affetta.

La Cassazione - con l’ordinanza n. 12679/24 - ha precisato, poi, che il marito si può allontanare dal coniuge e può accompagnare il cane di famiglia presso il veterinario quando il tutto abbia una durata censurabile.

Vincolo paesaggistico, la rimovibilità dell’opera non implica il «basso impatto»
La Corte di Cassazione richiama al principio guida da considerare per la valutazione dell’impatto paesaggistico delle opere indicate nel Dpr 31/2017

La rimovibilità dell’opera e il suo utilizzo non consentono automaticamente di caratterizzarla come di «lieve impatto paesaggistico» in base alla tipologia indicata dal Dpr 31/2017, che invece è soggetto a stretta interpretazione, cioè non estensiva.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione che si è pronunciata sul caso di un intervento edilizio che il promotore ha sostenuto rientrare tra quelli per i quali non fosse necessaria l’autorizzazione paesaggistica in forza del Dpr 31/2017 .

Accise, chi spedisce i prodotti è responsabile fino alla consegna
La prova del buon esito della spedizione deve avere provenienza ufficiale; non è valida la documentazione del privato

di Giorgio Emanuele Degani

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 33144 del 29 novembre 2023 ha chiarito che ricade sul soggetto speditore dei prodotti sottoposti ad accisa, in regime sospensivo, l’onere di seguire ogni passaggio della procedura di circolazione e controllare l’arrivo del bene a destinazione, procurandosi la prova del buon esito della spedizione.

Tale prova deve essere fornita in modo rigoroso e non può provenire da un privato ma deve avere provenienza ufficiale.

Testamento olografo: anche un trattino può causarne la nullità

Nel testamento olografo, anche un trattino apposto da terzi sulla data può causare la nullità. Così la seconda sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 31322/2023 (sotto allegata).

Nella vicenda, un erede chiedeva venisse dichiarata la nullità del testamento per difetto di autografia della data, negando inoltre che l'atto fosse stato redatto dal de cuius in condizioni di totale incapacità di intendere e di volere. Sia in primo grado che in appello, tuttavia, i giudici ritenevano che lo stesso fosse pienamente capace di intendere e di volere, per cui si arrivava in Cassazione.

La S.C. ritiene le tesi dell'erede fondate.

In linea generale, affermano preliminarmente dal Palazzaccio, "ai sensi degli artt. 602 e 606 c.c., l'omessa o l'incompleta indicazione della data comporta l'annullabilità del testamento olografo, che può essere fatta valere nel termine di 5 anni dalla data in cui le disposizioni testamentarie hanno avuto esecuzione da chiunque vi ha interesse.

Trattasi di requisito cui la legge ricollega la validità dell'atto, sicchè deve escludersi che la data possa ricavarsi aliunde da elementi estranei all'atto o che l'invalidità del testamento sia subordinata all'incidenza in concreto dell'omissione della data sui rapporti dipendenti dalle disposizioni testamentarie" (Cass. 6682/1988; Cass. 7783/2001; Cass. 12124/2008).

Diversa valenza "ha il difetto di autografia della data o la sua alterazione, oggetto delle deduzioni della ricorrente con la domanda principale di nullità, vizio che non va scrutinato solo nel caso in cui si discuta della capacità del testatore, venendo attinti i requisiti di validità dell'atto sotto il profilo formale, dovendo l'autografia riguardare l'intero contenuto dell'atto, in tutte le sue parti (inclusa la data; Cass. 27414/2018)".

In definitiva, affermano gli Ermellini, "nel testamento olografo l'omessa o incompleta indicazione della data ne comporta l'annullabilità; l'apposizione di questa ad opera di terzi, se effettuata durante il confezionamento del documento, lo rende nullo perchè, in tal caso, viene meno l'autografia dell'atto, senza che rilevi l'importanza dell'alterazione. L'intervento del terzo, se avvenuto in epoca successiva alla redazione, non impedisce, invece, al negozio 'mortis causa' di conservare il suo valore tutte le volte in cui sia comunque possibile accertare la originaria e genuina volontà del 'de cuius' (Cass. 5091/2022; Cass. 26406/2008; Cass. 25258/2008)".

Nel caso di specie, la Corte di merito ha escluso solo in via ipotetica che l'alterazione potesse esser stata opera di terzi, senza svolgere in proposito alcun approfondimento, negando che detta alterazione potesse rilevare in sè come requisito di validità dell'atto, ove non influente sull'accertamento della capacità del testatore.

"L'autografia deve invece - concludono dalla S.C. accogliendo il ricorso - riguardare anche la data a pena di nullità, occorrendo accertare se l'apposizione di un trattino tra i numeri 1 e 4 indicanti il giorno di redazione della scheda, costituisse effettivamente un'alterazione del documento ad opera di terzi e se fosse contestuale o successiva alla redazione delle disposizioni di ultima volontà".

Scavo conforme al progetto ma l’operaio muore, datore di lavoro responsabile

di Massimo Frontera

Legittima, per la Cassazione, l’incriminazione all’imprenditore che non ha prestato attenzione alle misure di sicurezza causando la morte dl lavoratore

La Cassazione ha giudicato inammissibile il riscorso di un imprenditore edile che (insieme al tecnico che svolgeva il ruolo di preposto alla sicurezza) è stato condannato in primo e secondo grado per un infortunio che ha causato la morte di un operaio mentre posizionava una conduttura in una trincea profonda quattro metri. Come è stato accertato nel corso del processo, il distacco del materiale è avvenuto a causa della insufficiente stabilizzazione delle pareti dello scavo.

Senza la comunicazione del provvedimento di isolamento, per il giudice non si può escludere che l’imputato non avesse compreso che la positività comportasse l’obbligo di stare a casa per dieci giorni.

Durante un controllo nel gennaio del 2022 due agenti di polizia fermavano un uomo che risultava destinatario di una restrizione di isolamento. Costui confermava agli agenti di non avere ancora effettuato un nuovo tampone e nemmeno mostrava un certificato che attestasse la propria negatività al virus. In sostanza l'imputato avrebbe dovuto trovarsi in quarantena essendo positivo al COVID-19.

L'uomo veniva imputato del reato di cui all'art. 260 del R.D. 1934-1265, in relazione all'art. 3 L. 12/07/61 n. 603 e all'art. 113 L. 24/11/1981 n. 689, come modificato dal D.L. 25/03/2020 n. 19, perché non osservava un ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva.

Il Giudice sottolinea come la piena conoscenza da parte del destinatario del provvedimento dell'Autorità sanitaria con cui si impone il divieto di mobilità è indubbiamente elemento costitutivo del reato in contestazione.

Richiamando la pronuncia della Cassazione penale n. 46637 del 11 novembre 2009, per cui «ai fini della sussistenza del reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità è necessario che il provvedimento stesso sia stato preventivamente reso noto al soggetto inottemperante»

Gli italiani e il Fisco: controlli, sanzioni ed errori. Ecco cosa cambia
Dal contraddittorio a tutto campo all’autotutela obbligatoria per arrivare all’accertamento. Il decreto (a costo zero) approvato dal Governo aggiorna la legge 212/2000 e dà nuove opportunità
La garanzia del contraddittorio preventivo con il Fisco. La possibilità di eccepire sempre l’eventuale nullità degli atti.

La proporzionalità dei procedimenti e delle sanzioni. Il divieto di bis in idem negli accertamenti. L’obbligo di ritirare d’ufficio i provvedimenti illegittimi.

L’intelligenza artificiale al servizio degli strumenti deflativi del contenzioso. Il restyling degli interpelli. Sono alcuni dei principali “titoli” che andranno ad alimentare e ricostituire lo Statuto dei diritti del contribuente...

 

Sinistri stradali: le spese mediche in strutture private entrano nel risarcimento del danno

Cassazione 23 Ottobre 2023 n.29308

La Cassazione, ha affermato un principio di diritto, ha bocciato l’automatismo che esclude (applicandogli l’articolo 1227 co. 2 del Cc) il rimborso per chi si è rivolto al privato. Dal risarcimento del danno derivante da un sinistro stradale non possono essere escluse in automatico le spese mediche sostenute presso una struttura privata, affermando che si sarebbe dovuto ricorrere al Servizio sanitario nazionale. Lo ha affermato la Terza sezione civile della Cassazione, sentenza n.29308 già depositata, accogliendo il ricorso di un uomo rimasto parzialmente invalido dopo essere stato investito a bordo del suo motorino quando era ancora un ragazzo.

In particolare, a non convincere il Collegio è l’applicazione dell’articolo 1227 sul “Concorso del fatto colposo del creditore”. L’articolo al comma 1 prevede che: “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”. E al comma 2: “I l risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”.

Il ricorrente danneggiato ha impugnato la liquidazione delle spese mediche effettuata nella misura di 10.634 euro. In quanto la decisione sarebbe stata assunta “avendo riguardo non al costo effettivo delle prestazioni terapeutiche e riabilitative fruite … presso le strutture private, bensì al (minore) esborso che avrebbe, invece, affrontato ove si fosse indirizzato verso strutture pubbliche, e ciò sul presupposto che fu una sua scelta personale quella di affidarsi ad un servizio privato piuttosto che al SSN”.

Per la Suprema corte il motivo è fondato. Infatti, spiega la decisione: “l’obbligo di rivolgersi a struttura sanitaria pubblica anziché privata risulta invero privo di base normativa e logica, avuto riguardo alla prospettata relativa valutazione […] ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.”, e ciò - prosegue - anche in considerazione del fatto che “l’applicazione del comma 2 di tale articolo è stata persino esclusa con riferimento all’ipotesi di spese mediche sostenute all’estero” (n. Cass. 21782/215).

Un simile approdo, aggiunge la Cassazione, era stato già espresso nella sentenza n. 5801 del 2019 e se ne trovano “spunti” anche nella decisione n. 39504 del 2021. Tuttavia, precisa, nessuna delle due è stata mai “massimata”. Cosa che invece fa oggi la Corte affermando addirittura un principio di diritto: “La scelta di chi abbia subito danni alla persona di rivolgersi a una struttura sanitaria privata, in luogo di quella pubblica, non può automaticamente essere considerata – in relazione alla domanda di rimborso delle relative spese mediche – ragione di applicazione a carico del danneggiato dell’art. 1227, secondo comma, cod. civ.”.

La sentenza impugnata, conclude la Cassazione, pertanto “merita censura, nella parte in cui istituisce una sorta di automatismo – in relazione alla domanda di rimborso delle spese mediche – tra la scelta di rivolgersi a una struttura sanitaria privata e l’applicazione dell’art. 1227 cod. civ.”.

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