Ponte sullo Stretto e Progetto di sistema, unica visione ma tra cavalli di frisia
Ponte sullo Stretto, la posizione del Governo è chiarissima e l’ha ribadita il viceministro alle Infrastrutture on. Galeazzo Bignami (FdI) nell’incontro promosso a Roma da Svimez, Cnim e Ficei: “si è recuperata una procedura interrotta nel 2012 con il progetto già esistente del ponte a campata unica, in quanto è apparsa la soluzione più utile per non perdere altro tempo ed evitare contenziosi che rinvierebbero sine die la realizzazione”. Dunque scelta obbligata per accelerare l’iter e portarlo a compimento entro un anno con l’avvio dei primi cantieri.
Sull’utilità dell’opera, sulle ricadute positive non solo in termini trasportistici, tutti d’accordo; sul modo di procedere no, perché una serie di valutazioni imporranno una seria rivisitazione del progetto.
Il Ponte, nel confronto romano svoltosi nella sala Ficei di via di Pietra e moderato dal giornalista Mario Primo Cavaleri, ha assunto il valore di icona di una svolta che porti a riconsiderare il disequilibrio nord-sud attraverso quel “Progetto di sistema” che la Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) ha già elaborato e illustrato al Capo dello Stato Sergio Mattarella riscuotendo il suo apprezzamento. Adesso che il Pnrr offre l’opportunità di colmare il divario con risorse che dovrebbero essere impiegate prevalentemente nel Mezzogiorno, si tratta di essere coerenti e conseguenti con quanto l’Europa ha chiesto nel concederci quei 200 miliardi, in gran parte a debito, ossia di utilizzarle per recuperare il gap non solo infrastrutturale: da qui la centralità del Ponte in un quadro più ampio di rivitalizzazione della portualità e della connessione del collegamento stabile con tutto un sistema logistico che includa linee ferroviarie, rete autostradale, aeroporti, poli industriali e commerciali.
Del Mezzogiorno protagonista in una nuova ottica mediterranea, hanno parlato Aurelio Misiti (Comitato nazionale italiano manutenzione), Adriano Giannola (Svimez), Pierpaolo Maggiora (Fondazione Arge) per sottolineare che occorre cambiare rotta, mentre non sembra che si sia discusso su come procedere e cosa fare né si sia dato ascolto a chi, come Svimez, da tempo ha studiato un piano di ripresa dopo approfondite analisi.
Il Pnrr è un progetto di salvataggio - La percezione sul come si sta procedendo col Pnrr è quindi deludente: 170mila progetti in ordine sparso, cioè il peggior modo di programmare. Né il ricorso ai commissari straordinari, per incassare le rate del Pnrr, potrà risolvere il problema, anzi dà la dimensione di una condizione di difficoltà che rende più evidente la mancanza di visione dentro cui calibrare le scelte. L’impegno del Governo c’è ma sconta una oggettiva condizione di difficoltà. “Il Pnrr avrebbe dovuto essere uno strumento di migliore ascolto. Le due RR sono una rinuncia a quello che dovrebbe essere il vero obiettivo del Piano. L’obiettivo infatti non è né la ripresa né la resilienza – ha detto Giannola – quello vuol dire accontentarsi di una manutenzione, magari di lusso di un sistema Italia che è in crisi radicale da circa 20 anni. Per essere chiari, il Pnrr è un progetto di salvataggio del sistema Italia. Resilienza significa recuperare una forma che si è perduta, ma quale forma si è perduta? Una forma che dobbiamo dimenticare, quella di 20 anni, e sulla base della quale stiamo andando sempre più a fondo. Quindi si tratta di un Progetto nazionale di rinascita del sistema Italia, questo il modo con cui chiamare le forze politiche, accademiche, della cultura per confrontarsi con un progetto di sistema, come è avvenuto nel dopoguerra”.
Il problema storico del Mezzogiorno, è elemento condizionante nel senso che rimettere in moto il Mezzogiorno significa rimettere in moto il Paese. Il Nord ne beneficerebbe e l’Italia diverrebbe un paese europeo con una rilevanza economica che oggi non ha.
Il Ponte dovrebbe segnare la ripartenza, ma l’aver scommesso su un progetto datato e di difficile realizzazione col suo impalcato da 3chilometri e 300 metri - ha detto il prof. Misiti - a prescindere da ogni considerazione sull’iter intrapreso, impone la rivisitazione e varianti cui prima o poi il Governo dovrà ricorrere per rendere l’opera in linea con la scienza costruttiva internazionale e quindi fattibile. Profili che sotto diversi aspetti, sono stati affrontati dall’ing. Antonino Risitano e dal geologo Giovanni Randazzo, intervenuti a conclusione del dibattito aperto dal presidente della Federazione Consorzi industriali Antonio Visconti e dal direttore generale Andrea Ferroni.
Ancora pochi giorni e via alla legge che segna la ripartenza della “Stretto di Messina spa”, il veicolo che trainerà la procedura per il Ponte sullo Stretto: storia lunga, i cui passaggi significativi sono riepilogati nella “Scheda n.65” consultabile sul sito della Camera dei deputati (elaborata dal Silos, il Sistema informativo legge opere strategiche della Camera). Non li riproponiamo, in quanto arcinoti agli addetti ai lavori e motivo di incomprensioni a seconda di chi vuole leggerli a suo modo. Sta di fatto che in quella scheda sono cristallizzati, nero su bianco, provvedimenti e date di questa ingarbugliata vicenda che divide non solo gli abitanti dell’area, rassegnati alla ferraglia attuale dei traghetti e alle autostrade colabrodo, ma la nazione intera che da settimane ha riscoperto l’entusiasmo della tifoseria. Dividendosi tra:
ottimisti – dotati di buona superficialità e di grande fede nel superenalotto, credono all’annuncio di un iter lanciato verso la conclusione, tanto da prendere nota dell’inizio lavori (luglio 2024) e della data di transitabilità dell’opera, nel 2032;
pessimisti – disinteressati a entrambe le date, perché a vedere il ponte saranno forse i nipoti (nel senso di figli dei figli);
contrari – ritengono tout court inutile, dannoso per l’ambiente e il paesaggio qualsiasi ponte. Nostalgici dei ferry boats, sempre pensosi benaltristi, paladini del mito di Scilla e Cariddi, maglietta no-ponte, direbbero forse sì a una pista ciclabile tra le onde, niente di più;
realisti – opera di alta finanza o di grande ingegneria? Se è solo la prima, abbiamo fallito ancora una volta; se si coniugherà alla seconda allora si può confidare nella concreta volontà di realizzarlo perchè circolano molti quattrini tra Pnrr, fondi coesione, investitori stranieri (anche se non si è materializzato nessuno). Con uno sguardo al futuro, inquadrato in un “progetto di sistema” capace di liberare nuove potenzialità e riequilibrare il divario nord-sud. Ma… vogliono vedere il nuovo progetto.
Ed ecco il problema: il progetto non c’è ancora, o meglio c’è quello di 30 anni fa e tanto basta per far dire ai creduloni ottimisti che i laghi di Ganzirri non saranno toccati, il cimitero di Granatari neppure, gli espropri ridotti all’osso. I pessimisti ridacchiano e se ne infischiano, i contrari non ci credono.
Noi vogliamo aderire alla categoria dei realisti: perché il Ponte serve oggi per svegliare una realtà assopita nel nulla, scuoterla, farle capire che la dimensione metropolitana non è un’iscrizione da carta intestata della Città; serve oggi e domani per dare visione e sviluppo alla Sicilia e alla sua porta di ingresso in un quadro trasportistico di insieme che dovrà coinvolgere le realtà meridionali con un’ottica non più paesana, circoscritta e miope.
Immaginiamo allora che all’aggiornamento del progetto qualcuno stia lavorando e di certo non tocca al ministro occuparsene, spetta ai tecnici pronunziarsi… lasciamoli lavorare, a patto che non si facciano condizionare da desiderata che potrebbero riportarci alla casella iniziale per riparlarne tra 50 anni.
A noi risulta che sia in viaggio, verso la Presidenza del Consiglio e il ministro delle Infrastrutture, una nota di alcuni importanti enti e professionisti di valore in cui si segnala che la legge “va migliorata in alcuni punti per renderla utile”. Se davvero si vuole costruire il ponte.
Punti ineludibili su cui il ministro Matteo Salvini è invitato a ritagliarsi un supplemento di riflessione. Eccoli:
1 – Evitare di attraversare il territorio protetto di Capo Peloro avvicinando il più possibile l’asse del ponte alle tre città : Messina, Reggio Calabria, Villa San Giovanni.
2- Seguire l’indicazione dell’ANAC di non regalare a un privato un incarico di sostituire lo Stato nei suoi poteri e l’acquisizione di un appalto cosi importante senza gara.
3 – Non esistendo alcun progetto approvato e cantierabile, occorre ricorrere alle conclusioni della Commissione ministeriale, istituita da un precedente ministro, di cui facevano parte i rappresentanti delle strutture tecniche, che saranno chiamate a riprogettare e a indire la gara per la costruzione e cioè ANAS, RFI, ITALFER, oltre a istituto antisismico , struttura di missione del Ministero MIT nonché alcuni esperti universitari del settore. La Commissione ha accolto le raccomandazioni dell’Associazione Internazionale delle strade, che consiglia ai costruttori di ponti sospesi di realizzare campate massime di circa 2000 metri che, con le attuali tecnologie derivanti dalla ricerca scientifica, possono evitarsi gravi danni dovuti al vento.
4 – Il progetto rivisitato dovrà tener conto che lo Stretto si comporta come un “Tubo Venturi” sia in aria che in acqua e quindi più si allarga la sezione e più diminuisce la velocità sia del vento che dell’acqua con grandi aspetti positivi per il progetto rivisitato.
5 – Seguendo le indicazioni della Scienza e l’uso delle conseguenti tecnologie si abbattono i costi di investimento e delle manutenzioni, che in tutto il mondo non superano i 2,5 miliardi di euro di investimento iniziale. Il ponte turco sui Dardanelli è costato 2 miliardi di euro.
6 – Preparare modifiche al progetto “vecchio” così da ridurre al minimo i rischi per superare: il Quality assurance e il Quality control. Per un’opera cosi importante vanno seguiti i canoni internazionali. Chi pensa di non tenere conto di questi canoni commette gravi errori, presenti nei casi americani di Tacoma e degli stessi nord europei nei ponti di collegamento tra la Germania e la Danimarca, costruiti da ditte specializzate italiane su progetti anglosassoni poco rispettosi della Scienza Galileiana. Il più importante e’ stato chiuso per sei mesi per adeguarlo a quanto nel progetto di Messina ha progettato in modo validissimo il prof. Diana del Politecnico di Milano.
Che ne sarà? Il ministro Salvini che si è mosso, come nessun altro prima, riproponendo il Ponte come priorità e accelerando sull’iter non potrà ignorare queste osservazioni. Il progetto che verrà ci darà la misura esatta per capire in quale direzione stiamo andando. Intanto, scripta manent.