gnapolitanoI 180 minuti per 20 domande e relative risposte, vogliono dire che la magistratura palermitana e gli avvocati di parte nell'interrogare il presidente Napolitano hanno avuto 9 minuti di tempo per chiedere e ascoltare singolarmente. Diciannove risposte ed una mancata risposta forse per la pausa caffè. Ci sono stati tutti al confronto, "l'iononcistò" non c'é più. Il processo sulla trattativa mafia-Stato del 92-94 é continuato nella sala del Bronzino fra le facce della legge e quella presidenziale della Repubblica. I giornalisti esclusi, sono diventati, per l'occasione stilisti dell'informazione. Si sono cuciti le domande e tagliate le risposte, con la stessa fantasia della moda. Poi usciranno dei libri, si scoprirà qualche aggeggio d'intercettazione di giornata, ci saranno dei misteri sull'incontro. Passeranno gli anni, ma il libro é già scritto. La prefazione sarà di un minatore ed un archeologo rigorosamente siciliani e figli di quel passato che é passato e che inutilmente si vuol far galleggiare con la verità scoppiata in aria come quella del cielo usticato. Se allora ci fu il ricatto, oggi c'è il riscatto di cui un popolo non conosce le modalità del pagamento ed il prezzo definitivo. L'anticipo é stato pagato come la distruzione delle telefonate al riguardo e forse anche per riguardo.

---Si è conclusa al Quirinale la deposizione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel processo per la presunta trattativa Stato-mafia. Il Capo dello Stato, in qualità di testimone, ha risposto per circa tre ore alle domande propostegli dai Pm davanti alla Corte di assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto. La testimonianza del presidente è stata raccolta in un'udienza a porte chiuse, alla quale hanno partecipato, oltre ai magistrati, soltanto i difensori degli imputati e i legali delle parti civili. Una ventina i quesiti che la Procura aveva preparato per Napolitano.

"Napolitano disponibile". La deposizione del Capo dello Stato, che si è svolta soltanto grazie alla sua "disponibilità", come sottolineato ripetutamente dalla Corte, ha riguardato due temi probatori: la lettera scrittagli nel 2012 dal suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio dopo essere stato sentito dai Pm di Palermo, e le informative riservate degli apparati di sicurezza su un progetto mafioso di attentare, tra il 1993 e il 1994, alla vita di Napolitano e di Giovanni Spadolini, che all'epoca erano, rispettivamente, presidenti della Camera e del Senato. D'Ambrosio, che nel 2012 è morto d'infarto, era stato interrogato circa le sue telefonate con Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza nel processo per la trattativa, che si lamentava di essere sottoposto a indagini da diversi uffici giudiziari piuttosto che in un'unica sede. Nella lettera a Napolitano, che è stata peraltro resa pubblica dal Quirinale, D'Ambrosio manifestava il suo timore di poter essere considerato "utile scriba di indicibili accordi" negli anni '90, quando come magistrato era in servizio prima all'antimafia e poi al Dap. Nella sua deposizione il presidente della Repubblica ha risposto alle domande rivoltegli anche dal difensore del boss mafioso Totò Riina, il quale ha detto che Riina "nel '93 non ha mandato nessuno a mettere le bombe" perché era in carcere.

"Clima sereno e tranquillo". In un paio di occasioni il Capo dello Stato ha chiesto al presidente della Corte di Assise, Alfredo Montalto, di poter rispondere anche a domande del legale di Riina che la Corte non aveva ritenuto ammissibili. Secondo l'avvocato Ettore Barcellona, legale di parte civile in rappresentanza del Centro Pio La Torre, Napolitano "ha parlato tranquillamente. Ha risposto a tutte le domande senza opporre alcun dovere di riservatezza. Salvo in alcuni casi, quando a suo avviso si usciva fuori dal capitolato di prova". Secondo l'avvocato Barcellona, quella del presidente "è stata una testimonianza utile, ma non credo che sia una deposizione decisiva per il processo". Una nota del Qurinale specifica che Giorgio Napolitano "ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa".
“Dopo gli attentati a Falcone e Borsellino, quando sono state interrotte le comunicazioni con Palazzo Chigi, i servizi segreti temevano il colpo di stato da parte della mafia perché, come ha detto il presidente Napolitano, i migliori colpi di stato cominciano con l'interruzione delle comunicazioni tra il centro e la periferia», così al termine della deposizione del presidente della Repubblica, l'avvocato del comune di Palermo Giovanni Airò Farulla, che aggiunge come di questo rischio il presidente Napolitano abbia parlato in una riunione con l'allora presidente del Senato Giovanni Spadolini.

"Non sapeva di accordi". Napolitano negli anni dopo l'attentato a Falcone e Borsellino “non sapeva nulla di accordi” tra lo Stato e la mafia, ha aggiunto l'avvocato Airò Farulla. Sembra però che durante la deposizione non sia mai stata mai posta in modo diretto la domanda a Napolitano se fosse a conoscenza di accordi tra esponenti delle istituzioni e mafiosi. Riferimenti a questo sono stati contenuti nelle domande sulla lettera del suo consigliere giuridico, Loris D'Ambrosio. La parola "trattativa" addirittura non è stata mai pronunciata durante la deposizione. Il capo dello Stato, secondo quanto riferiscono i legali, ha affermato che Loris D'Ambrosio non gli disse quali fossero gli "indicibili accordi" a cui si riferiva nella lettera. Napolitano ha affermato di non conoscere i motivi del turbamento che D'Ambrosio, poi morto d'infarto, gli manifestava nella lettera poi resa pubblica. Il "vivo timore" di essere usato come "utile scriba per indicibili accordi" tra l'89 e il '93, manifestato da D'Ambrosio nella lettera, "era una mera ipotesi priva di basi oggettive". Così avrebbe detto il Capo dello Stato rispondendo all'avvocato Massimo Krogh, che con Nicoletta Piergentili difende Nicola Mancino. Secondo l'avvocato Airò Farulla, Napolitano ha "confermato di avere convocato D'Ambrosio subito dopo aver ricevuto la lettera". E al legale di Riina che gli chiedeva dettagli su D'Ambrosio, il capo dello Stato ha risposto: "Legga il libro di Maria Falcone per verificare i rapporti tra D'Ambrosio e Falcone. Io non sono tenuto a parlare dei miei colloqui con D'Ambrosio, ma stia tranquillo che non è venuto a parlarmi dei suoi sospetti". Però, avrebbe spiegato Napolitano secondo quanto riferisce l'avvocato Basilio Milio, difensore del generale Mario Mori, che  Loris D'Ambrosio, "viste le caratteristiche umane e professionali, avrebbe riferito all'autorità giudiziaria qualora ci fossero stati elementi di rilievo penale" circa accordi con la mafia. Sul fatto di poter essere oggetto di un attentato nel '92-'93, il Capo dello Stato "ha detto che lui non si era minimamente turbato perché faceva parte del suo ruolo istituzionale", secondo quanto riferisce uno degli avvocati di Nicola Mancino, Nicoletta Piergentile, ai microfoni di Sky Tg24. Su questo punto, secondo il legale del colonnello Giuseppe De Donno, avvocato Francesco Romito, "il Capo dello Stato ha anche confermato di essere stato messo a conoscenza nel '93 di un rischio di attentato nei suoi confronti. Lo ha saputo dall'allora capo della polizia Parisi". Napolitano ha ricordato che per un breve periodo la sua scorta venne rafforzata con l'impiego di uomini del Nocs dei carabinieri, e in particolare per un viaggio da lui compiuto a Parigi nell'estate del 1993. "Parisi mi disse di continuare a fare la mia solita vita e quindi percepii che c'era un allerta ma non importante", ha detto Napolitano, e ha sottolineato che quando si recò' in vacanza nell'isola di Stromboli in quella stessa estate del 1993, non fu più scortato dai Nocs: "Chi riveste un ruolo istituzionale non può mostrare paura o farsi intimidire".

"Mai conosciuti i due carabinieri imputati". Giorgio Napolitano avrebbe poi detto di non aver mai conosciuto due degli ufficiali dei carabinieri che sono tra gli imputati, i generali Mario Mori e Antonio Subranni. "Li ho solo visti in occasione di cerimonie ufficiali", avrebbe affermato il capo dello Stato, secondo quanto riferiscono i legali che hanno presenziato all'udienza. “Abbiamo assistito oggi da parte del Capo dello Stato Napolitano a una grande lezione di democrazia e di grande equilibrio e capacità che mi ha lasciato senza parole”, è il commento dell'avvocato dello Stato, Giuseppe Dell'Aira: “È stato un momento di grande storia democratica. Napolitano ha confermato di essere un uomo eccezionale, non si è mai trincerato dietro a nulla e io non ho mai dovuto stoppare nessuno delle parti per fughe in avanti”. Il procuratore capo facente funzione di Palermo, Leonardo Agueci, ha specificato che "con Napolitano non è mai stata in discussione la sua partecipazione alla trattativa, il punto è un altro. È il clima politico in quegli anni e lui ha dato delle indicazioni importanti. Ha ricostruito un contesto, in un clima di grande partecipazione". "La Presidenza della Repubblica auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l'acquisizione agli atti del processo - si legge nella nota del Quirinale -, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all'opinione pubblica delle domande rivolte al teste e delle risposte rese dal Capo dello Stato con la massima trasparenza e serenità".

DOMANDI E COMANDI.

E' terminata nella sala del Bronzino al Quirinale, la deposizione del capo dello Stato Giorgio Napolitano che ha finito la testimonianza, davanti alla Corte d'Assise di Palermo, al processo sulla trattativa Stato-mafia.  Ha risposto a diverse domande delle parti, anche ad alcune domande poste dal legale di Totò Riina, Lica Cianferoni, il quale riferisce che la Corte non ha ammesso la domanda più importante, quella sul colloquio tra il presidente Napolitano e l'ex presidente Oscar Luigi Scalfaro quando pronunciò il famoso "non ci sto!". Il presidente - ha detto ancora il legale di Riina - ha tenuto sostanzialmente a dire che lui era uno spettatore di questa vicenda. Alcune volte,Napolitano si è avvalso della facoltà di non rispondere in base alle prerogative del Capo dello Stato.  "La parola 'trattativa' - ha riferito un legale della difesa - non è mai stata usata". Nel corso della deposizione - ha detto Giovanni Airò Farulla, avvocato del Comune di Palermo , Napolitano ha riferito che, al'epoca, non aveva mai saputo di accordi" tra apparati dello Stato e Cosa nostra per fermare le stragi. L’avvocato Nicoletta Piergentili della difesa di Nicola Mancino ha riferito che il Presidente asserisce di non essere stato mai minimamente turbato delle notizie su presunti attentati alla sua persona nel 1993. Questo perchè faceva parte del suo ruolo istituzionale. Il legale dell'ex generale Mario Mori non ha posto domande al presidente della Repubblica "per rispetto istituzionale".  La stampa non ha potuto assistere alla deposizione neanche attraverso la video registrazione.

abiddikkia2.jpg