di Paolo Biondani per L’Espresso
Sistema Expo? No, sistema Italia. Nei suoi interrogatori, finora rimasti segreti, l'industriale Enrico Maltauro non si è limitato a confessare le singole corruzioni per cui è stato arrestato a Milano nella retata dell'otto maggio scorso. Ha rivelato ai magistrati come funziona a livello generale il sistema delle tangenti sugli appalti, descrivendo una rete di potere e sottopotere di portata nazionale, che coinvolgerebbe politici di primissimo piano. E che sembra quasi la diretta continuazione, ma in una versione perfezionata, del vecchio meccanismo centralizzato di malaffare politico-economico che fu scoperchiato vent'anni fa dai pm di Mani Pulite.
Mentre svela il nuovo “sistema illecito”, l'industriale veneto non parla in astratto di opinioni personali: sta spiegando ai magistrati milanesi in che modo è riuscito a raggiungere effettivamente il risultato concreto di aggiudicarsi svariati appalti da centinaia di milioni di euro. Il metodo corruttivo da lui descritto, in estrema sintesi, funziona così: nelle tante e in apparenza diverse Tangentopoli di oggi, a sporcarsi le mani con i reati sono soltanto i faccendieri locali che incassano e distribuiscono le tangenti; gli imprenditori che le pagano; e i pubblici ufficiali che truccano gli appalti in cambio di soldi e incarichi lucrosi. Ma se il motore delle illegalità sono proprio i faccendieri che non rivestono alcuna carica ufficiale, a metterci la benzina che fa funzionare il sistema sono i loro protettori politici. Che non intascano mazzette, non commettono nessun reato, non rischiano alcuna accusa. Senza il loro appoggio, però, i faccendieri non conterebbero nulla. E il problema della corruzione in Italia forse riguarderebbe solo poche mele marce.
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E' in questo quadro articolato su più livelli, riassunto da Maltauro come “una fitta e intrecciata rete di relazioni politica e amministrativa”, che nei verbali del più importante imprenditore arrestato nell'inchiesta sull'Expo sono finiti i nomi di personaggi politici nazionali come Pierluigi Bersani, Claudio Burlando, Silvio Berlusconi, Maurizio Lupi e altri big di destra e di sinistra. Che non sono indagati. Anzi, proprio in base alle regole segrete di questo nuovo “sistema”, non sarebbero mai stati indagabili da nessuna Procura. Anche se, sempre stando alle rivelazioni-confessioni del primo imprenditore pentito della nuova Tangentopoli milanese, ognuno di questi politici nazionali avrebbe avuto, almeno fino a pochi mesi fa, i propri faccendieri “di riferimento”, con relativo codazzo di aziende amiche. Faccendieri tra i quali spiccano, appunto, i primi arrestati dell'inchiesta sull'Expo: Gianstefano Frigerio a destra, Primo Greganti a sinistra.
Sono quasi le sette di sera del 27 maggio 2014 quando Enrico Maltauro, dopo cinque ore di interrogatorio in cui ha ormai confessato le sue corruzioni da tre milioni di euro per gli appalti dell'Expo e per le discariche nucleari della Sogin, accetta di raccontare ai pm Antonio D'Alessio e Claudio Gittardi il sistema generale della corruzione in Italia. «La signoria vostra mi chiede di descrivere in maniera più specifica come era strutturato questo sistema illecito che ho sinora analiticamente descritto: voglio dichiarare che, per quel che ho avuto modo di vedere in questi anni, si tratta di un sistema costruito attraverso una fitta ed intrecciata rete di relazioni politica e amministrativa, in cui l'obiettivo fondamentale è quello di intervenire in modo concreto ed efficace nell'ambito del sottogoverno e della dirigenza pubblica».
Rotti così gli indugi, Maltauro si decide a rivelare ai magistrati quello che fino ad allora era il pezzo mancante della nuova Tangentopoli milanese: com'è possibile che gli appalti milionari dell'Expo e della Sogin siano stati pilotati da faccendieri come Frigerio e Greganti, che sulla carta non hanno più alcun potere politico né amministrativo? La risposta, secondo l'industriale veneto, è proprio la rete di potere politico che sostiene questi ed altri faccendieri: «Tutti questi personaggi, ed in particolare Frigerio e Greganti, mi sono sempre apparsi in grado di interagire con numerosi soggetti, orbitanti sia nell'alta amministrazione dello Stato, sia nelle più significative società a partecipazione pubblica: in sostanza, essi erano in grado di intervenire in favore degli imprenditori di riferimento, nell'ambito soprattutto delle procedure di gara, intervenendo su pubblici funzionari competenti grazie a mediazioni, frequentazioni ed aderenze politiche. Questo intervento (sui pubblici funzionari) veniva quasi sempre svolto in maniera organica e congiunta, nel senso che essi erano in grado di fare perno sulle più svariate componenti politiche di riferimento, sempre tenendo conto delle circostanze e del personaggio da favorire».
E qui Maltauro, che è difeso dagli esperti avvocati Giovanni Dedola e Paolo Grasso, si assume la responsabilità di fare i nomi: «Intendo essere più preciso su questi riferimenti politici ed al riguardo specifico che Greganti, nelle occasioni in cui ho avuto modo di discutere direttamente con lui, e comunque per quello che sul punto mi hanno anche riferito gli altri indagati come Frigerio e Sergio Cattozzo, manteneva ancora un'assidua frequentazione politica con personaggi appartenenti alla vecchia guardia del Partito Democratico, con i quali sapevo che manteneva rapporti anche nell'attualità. Tra questi, egli (Greganti) mi ha fatto i nomi di Bersani, Fassino, Burlando e Sposetti».
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L'industriale vuota il sacco anche sulla parte politica a cui ammette di sentirsi più vicino: «Parimenti Frigerio mi diceva innanzitutto che il suo punto di riferimento politico era Silvio Berlusconi, con il quale aveva una certa frequentazione; tuttavia egli mi fece parola anche di altri personaggi di quell'area politica, tra cui Gianni Letta, il ministro Lupi, Maroni, Fitto, il presidente della provincia di Milano Podestà e l'assessore alla sanità della Regione Lombardia Mantovani».
Ed è sempre Maltauro a chiarire che, senza protettori politici, quei faccendieri non avrebbero alcun potere di condizionare gli appalti. «Intendo specificare che entrambi (Greganti e Frigerio) mi dissero in più occasioni che queste aderenze politiche erano assolutamente necessarie per portare avanti con successo questa rete di relazioni in grado di intervenire nei confronti dei dirigenti dello Stato e comunque di tutti i pubblici funzionari con i quali gli imprenditori dovevano avere rapporti».
Queste rivelazioni di Maltauro erano state segretate dai magistrati, che hanno tolto gli omissis (depositando i verbali integrali) solo una decina di giorni fa, quando hanno chiesto il rinvio a giudizio con rito immediato di tutti gli accusati nella prima fase dell'inchiesta milanese, che nel frattempo continua. La valutazione di queste dichiarazioni sui politici è molto difficile, anche perché non si tratta di fatti con una diretta rilevanza penale, i soli che andranno ricostruiti con assoluta precisione nei tribunali. Di certo i magistrati, almeno per ora, non hanno alcun motivo di pensare che un industriale del calibro di Maltauro, mentre viene interrogato in stato di detenzione, possa mettersi a raccontare bugie su un tema scottante come quello dei rapporti tra i faccendieri delle tangenti e i loro presunti sponsor politici nazionali. Il vero problema è che Maltauro è in grado di riferire solo quello che gli dicevano Frigerio e Greganti, che potrebbero aver avuto interesse a esagerare le loro entrature nei partiti, appunto per spillare soldi al ricco imprenditore. Infatti nei giorni della prima retata per l'Expo, quando i giornali pubblicarono le più pesanti intercettazioni degli arrestati, molti politici liquidarono i primi riferimenti ai loro nomi come fandonie, millanterie, vanterie, parole in libertà pronunciate solo per fare colpo. Ora però c'è un imprenditore del peso di Maltauro che si è assunto la responsabilità di dichiarare a verbale quei nomi, davanti ai magistrati milanesi che lo hanno arrestato, e indicare con precisione il presunto ruolo di quei politici nazionali rispetto al nuovo “sistema” della corruzione.
In alcuni casi, le indagini hanno già trovato i primi riscontri, ad esempio sull'attualità dei rapporti tra l'ex deputato Frigerio e l'ex premier Berlusconi. Per altri politici, almeno per ora, mancano invece conferme oggettive: al di là delle parole, in particolare, resta dubbio che Greganti riuscisse effettivamente a incontrare Bersani. Lo stesso Maltauro, in un passaggio dell'interrogatorio, precisa che Greganti non aveva rapporti diretti con Piero Fassino, ma con «un suo collaboratore di fiducia», di cui non sa dire il nome, anche perché non l'ha mai conosciuto. Forse è solo una coincidenza, ma quando scattarono gli arresti per l'Expo, destò stupore la scoperta che tra i collaboratori dell'attuale sindaco di Torino compariva anche l'ex funzionario del Pci Giancarlo Quagliotti, che era stato coimputato proprio di Greganti in un processo chiuso con la prescrizione. Ma se è vero che lo stesso Maltauro non attribuisce ai politici nazionali nessun reato, forse in un paese civile bisognerebbe cominciare a porsi anche il problema delle responsabilità politiche. Anche perché tra i primi faccendieri arrestati nell'inchiesta sull'Expo, compaiono due due tra i più famosi pregiudicati della Tangentopoli di vent'anni fa, che allora non rubavano per arricchirsi personalmente, ma intascavano montagne di soldi in nero proprio per i loro partiti.
Primo Greganti, ex funzionario comunista, ha scontato nel 1993 la più lunga carcerazione preventiva di tutta l'inchiesta Mani Pulite, rifiutandosi di rivelare i nomi dei suoi complici dentro la sinistra, ed è stato quindi condannato da solo, con sentenza definitiva, come tesoriere delle tangenti destinate al Pci per gli appalti dell'Enel. Nonostante questi precedenti, nella primavera del 2014, fino a pochi giorni prima del nuovo arresto, Greganti riusciva a entrare senza problemi al Senato (dove la polizia giudiziaria non ha potuto pedinarlo); incontrava europarlamentari di rango del Pd come Gianni Pittella; e offriva consulenze d'affari, a suo dire lecite, a favore di alcune tra le più importanti cooperative rosse, comprese quelle in cordata con Maltauro per l'Expo.
Gianstefano Frigerio, anche lui arrestato e inquisito a ripetizione tra il 1992 e il 1994, è stato condannato con tre sentenze definitive come cassiere delle tangenti della vecchia Dc milanese e lombarda. Ciò nonostante, nel 2001 è stato candidato in un collegio sicuro e puntualmente eletto in Parlamento con Forza Italia, appena tre giorni prima di essere riarrestato per scontare le sue precedenti condanne per corruzione e concussione. Eppure fino al giorno del suo nuovo arresto nel 2014, l'ex onorevole pregiudicato Frigerio continuava ad avere un proprio ufficio nella sede romana di Forza Italia e partecipava pure alle riunioni internazionali del Partito popolare europeo.
Un altro faccendiere arrestato in maggio a Milano, l'ex senatore Luigi Grillo, era stato uno dei principali indagati nell'inchiesta sulle scalate bancarie piratesche dell'estate 2005: in quel processo è stato assolto soltanto dopo che il parlamento, riconoscendogli il privilegio politico dell'immunità, ha impedito alla magistratura di utilizzare le sue intercettazioni telefoniche, che rappresentavano la principale prova a suo carico. Fino alle elezioni del 2013, quindi, Grillo è rimasto un potente parlamentare di Forza Italia, nonché presidente della strategica commissione Lavori pubblici del Senato. E il suo braccio destro, da anni, era Sergio Cattozzo, il faccendiere dell'Udc che dopo l'arresto ha confessato il proprio ruolo di tesoriere delle tangenti dell'Expo e della Sogin.
In attesa che i giudici stabiliscano se Frigerio, Greganti e gli altri faccendieri dicessero la verità sui loro sponsor politici, o se invece propinassero solo bugie al loro grande corruttore, va registrato che il diretto interessato, ovvero Maltauro, non sembra avere dubbi: decenni di esperienza nei grandi appalti in tutta Italia gli ha insegnato che la corruzione dei faccendieri funziona eccome, anzi non lascia scampo alle aziende oneste. Ed è lo stesso imprenditore veneto a chiarire questo concetto ai magistrati, quasi a giustificazione delle troppe tangenti che ha dovuto prima pagare e poi confessare: «In definitiva voglio aggiungere che si tratta di un sistema illecito, con il quale ho intrattenuto i rapporti che finora ho descritto, particolarmente efficace ed in grado di consentirmi di ottenere l'aggiudicazione delle gare alle quali ho partecipato», dichiara Maltauro, che sui faccendieri conclude: «Mi sono rivolto a questi personaggi poiché ritenevo, e ritengo, che questo rappresentava per me e per la mia azienda una necessità, nel senso che solo utilizzando questo sistema potevo garantire sopravvivenza e continuità alla mia attività imprenditoriale. D'altra parte, la mia precedente esperienza mi ha insegnato che, laddove ho partecipato semplicemente alle procedure di gara senza munirmi di alcuna protezione, ho perso inspiegabilmente la massima parte degli appalti, con particolare riferimento alla sanità lombarda e all'Anas». Tutta colpa di Frigerio e Greganti? Davvero, sopra i faccendieri, non c'è mai stato nessuno?