di Antonio Giancane
La storia è semplice ma non a lieto fine. In un futuro nel quale la risorsa idrica diventa sempre più scarsa, il riuso dell’acqua sarà strategico: l’acqua dissalata sarà un bene prezioso ed il Paese in possesso di questa infrastruttura idrica, più competitivo. Il futuro idrico anzi è già arrivato. Oggi nel mondo si contano più di 20mila impianti di dissalazione con una produzione di 100 milioni di metri cubi al giorno di acqua destinata ad uso civile e produttivo. Impianti che ottengono acqua potabile partendo da acqua di mare o da acqua salmastra e si basano su diverse tecnologie, quella dell’osmosi inversa la prevalente. Una tecnica di approvvigionamento molto diffusa in Australia, negli Usa, nei Paesi del Golfo, ma anche nel Mediterraneo, con Israele e Spagna. I progressi tecnologici hanno consentito di migliorare notevolmente le prestazioni sul piano ambientale (impronta energetica ed emissioni) che ha permesso una larga diffusione anche in Paesi come California e Australia attenti al problema. Con costi sempre più ridotti: recenti contratti per impianti di grande potenzialità indicano infatti costi medi di 0,5 dollari al metro cubo (fonte: Ida Water Security Handbook 2020-2021).
In Europa la parte del leone è della Spagna: usa acqua dissalata per il 6,7 per cento del fabbisogno idrico per uso civile. A Barcellona, ad esempio, l’acqua esce dai rubinetti grazie ad un sistema ibrido costituito da due potabilizzatori e due dissalatori, così da garantire con elevata affidabilità l’acqua potabile a cinque milioni di abitanti e a più di otto milioni di turisti l’anno. In Italia, invece, le acque marine o salmastre rappresentano soltanto lo 0,1 per cento delle fonti di approvvigionamento idrico. Ci sono in tutto una trentina di impianti destinati al settore industriale (chimica e siderurgia) e civili. Presenti in Sicilia e Sardegna, alcune isole minori ed in alcuni tratti di costa (Puglia e Toscana), le installazioni dedicate agli usi civili hanno consentito negli ultimi anni di soppiantare i vecchi sistemi di approvvigionamento tramite navi cisterna. Con un bel risparmio per la collettività. Sostituire l’approvvigionamento idrico via bettolina, con sistemi di dissalazione a osmosi inversa alimentati da un sistema ibrido può abbattere i costi della spesa per il servizio idrico del 65 per cento. Per le sole isole siciliane ciò equivale ad un risparmio di 16,4 milioni di euro rispetto agli attuali 25 milioni di euro annui spesi per la fornitura di acqua. Insomma, anche il nostro Paese, di cui è universalmente apprezzato l’elevato livello di competenze nel comparto impiantistico ed elettromeccanico, potrebbe cogliere un’opportunità di sviluppo anche dal settore della desalinizzazione dell’acqua di mare.
Oggi al Governo in Italia c’è però qualcuno che vuole rilanciare i sistemi più antiquati. Al pari dei monopattini destinati a soppiantare i tram, ecco che i grillini ora vogliono tornare alle navi cisterna o nel più strampalato dei casi, a navi dissalatrici destinate a far lievitare i costi alle stelle. Come? La nuova Legge Salvamare dell’ex generale dei carabinieri Sergio Costa prevede una mazzata burocratica alla dissalazione con impianti fissi. Prevedendo onerosi ed improbabili percorsi burocratici e per l’impresa l’amaro destino come nel gioco dell’oca, di tornare al “via” senza alcun motivo. Nascono una serie di autorizzazioni ambientali speciali ed inutili dimostrazioni di efficienza costi/benefici, tali da limitare o ritardare i nuovi impianti dissalatori. Così i rigoristi grillini al Governo pretendono d’esser più severi delle normative vigenti in altri Paesi europei, nonché delle stesse direttive europee sulla Valutazione d’impatto ambientale. Un inferno. Dalle nuove norme draconiane, chissà perché, restano esentati i padroni delle bettoline o le improbabili navi dissalatrici a peso d’oro, sponsorizzate dall’ex ministro verde, Alfonso Pecoraro Scanio. Il colmo è stata la modalità con cui il dicastero dell’Ambiente ha deciso di appoggiare questa stretta: ha istituito un tavolo di lavoro sulla dissalazione, che ha bellamente ignorato le richieste di audizione delle associazioni impresarie della meccanica e dei gestori impianti. Ma avrebbe dedicato le sue riunioni a disquisire dei tramonti sul mare. Eh, gli italiani: popolo di santi, di eroi e di antichi navigatori della politica.(opinione.it)
LA RISPOSTA
Scriviamo con riferimento all’articolo apparso in data 26.11.2020 sulla testata “L’Opinione delle Libertà”, intitolato “Legge Salvamare, lo pseudo progresso grillino: assetare di nuovo le isole”, chiedendo con la presente di prender nota e pubblicare quanto segue, relativamente alle affermazioni dell’autore dell’articolo circa la dissalazione, l’approvvigionamento idrico delle isole minori italiane, e la recente iniziativa legislativa del cosiddetto “Salvamare”, contenente norme in materia di V.I.A. per i dissalatori e l’ obbligo dell’analisi costi/benefici.
Ci appare doveroso, al riguardo, fornire alcune brevi precisazioni.
In premessa, siamo espressione nel settore della dissalazione di un Gruppo imprenditoriale con sedi in Italia ed all’estero, che tra l’altro, si occupa di trasporto di prodotti alimentari con navi appositamente autorizzate, di antinquinamento marino/costiero, di servizi marittimi in ambito off shore, con mezzi altamente specializzati e della più recente tecnologia, e navi per trasporto chimico in acciaio inox.
La nostra costituzione risale al 2016, al fine di progettare, sviluppare, costruire e gestire impianti di dissalazione dell’acqua del mare, e ci siamo avvalsi di un team di tecnici specializzati e ricercatori di rilievo universitario per ottimizzare la tecnologia esistente, e raccordarla con le esigenze delle isole minori e dei territori costieri, targets specifici delle nostre attività.
Contestualmente abbiamo fin da subito preso cognizione di alcune note controindicazioni della dissalazione, tra cui il significativo e negativo impatto dovuto allo scarico dei reflui, che gli impianti cd “fissi” hanno generato sull’ambiente marino/costiero, sull’equilibrio ecologico e sul paesaggio delle isole minori italiane e dei contesti territoriali dove sono stati, fin dagli anni ottanta del secolo scorso, sviluppati e messi in esercizio.
Del resto, sull’argomento esiste un’ampia e ormai consolidata bibliografia scientifica, e a tal proposito Vi segnaliamo una ricerca patrocinata dall’Onu, ed apparsa sulla rivista “Science of the Total Environment” recensita dalla testata Focus e dall’Ansa, il cui articolo si intitola “Onu, in aumento la salamoia tossica frutto dei dissalatori”- allegato alla presente nota.
Sicché, ritenendo di poter offrire alla collettività una soluzione più efficiente, economica e ambientalmente sostenibile rispetto ai vecchi dissalatori, abbiamo seguito passo passo con la nostra capogruppo l’ideazione, sviluppo e presentazione, primi in Italia ed al mondo, del Dissalatore mobile marino, e cioè di un impianto di dissalazione mobile poi approvato dal Ministero dello Sviluppo nell’ambito del programma europeo “Horizon 2020”, previa istruttoria positiva del Cnr, e che oggi costituisce una realtà all’avanguardia sotto il profilo tecnologico e di sostenibilità ambientale.
Nella fattispecie, a differenza degli impianti fissi, ormai anacronistici, che scaricano milioni di metri cubi di salamoia sotto costa ogni anno, la dissalazione mobile non inquina, perché la salamoia viene diluita con il movimento perpetuo dell’impianto lontano da terra, ed i chemicals di processo smaltiti nel rispetto della normativa sui rifiuti.
Il Dissalatore mobile marino (che a breve verrà seguito da analoghi impianti ancor più evoluti), costituisce la soluzione su misura per le isole minori italiane, che senza impatti sull’ambiente, è capace di rifornire i territori dei reali fabbisogni di acqua potabile, con processi produttivi a costi accettabili e sicuramente vantaggiosi per le comunità servite, giacché tra l’altro:
I suoi tempi di realizzazione ed esercizio (nell’ordine degli 8/10 mesi) sono di gran lunga inferiori a quelli necessari per realizzare i dissalatori fissi, che richiedono, come è noto, anche dieci anni e più (vedi dissalatori di Lipari e Vulcano-Me);
I costi unitari dell’acqua immessa in rete sono inferiori a quelli da preventivarsi per gli impianti fissi, potendo un impianto mobile sostituire 2 o 3 impianti fissi di analoga capacità produttiva;
Con la dissalazione mobile, siffatta, si evita il rischio di dover costruire uno o più impianti per ogni isola minore italiana;
La soluzione della dissalazione in mobilità non offende il paesaggio e non “stressa” il fabbisogno energetico delle isole minori, i cui energivori impianti a terra vengono alimentati con vecchie ed inquinanti centrali elettriche che necessitano di continui ed ingenti apporti di gasolio, e navi che lo trasportano da terra.
Gli impianti mobili sono abilitati anche a trasportare l’acqua dal continente in caso di necessità, per cui possono rapidamente configurarsi come unità di trasporto acqua coprendo così - a differenza dei dissalatori a terra - anche l’eventuale emergenza idrica che si può verificare sulle isole in caso di guasto o malfunzionamento degli impianti.
La nostra Capogruppo ha stipulato con l’Istituto Superiore di Sanità di Roma un protocollo di collaborazione per la definizione dei migliori standards di qualità e sicurezza dell’acqua prodotta, di modo che alle comunità servite venga sempre fornita acqua potabile in linea con i parametri sanitari previsti dalla legge.
I rischi ed i costi (noti ed ignoti) della dissalazione senza regole sono stati avvertiti già da tempo dalle comunità interessate loro malgrado dagli impianti (vedi i casi di Ventotene, di Ponza, dell’isola d’Elba, etc.), dalle associazioni ambientaliste (v. Marevivo), e dai think thank e fondazioni più illuminati ed attivi nella diffusione di una cultura ecologista (v. Fondazione Univerde), per cui con il ddl Salvamare il legislatore italiano non ha fatto altro che colmare il vuoto legislativo esistente in materia, prevedendo la Valutazione di impatto ambientale preventiva alla realizzazione degli impianti ed una seria analisi costi/benefici.
A proposito di questi ultimi, è opportuno evidenziare che dalla lettura dei dati e costi reali ostesi dalle amministrazioni, emerge con tutta evidenza l’ingente impiego di risorse pubbliche connesso ai dissalatori fissi, a fronte del quale non risultano apprezzabili e proporzionali benefici per la collettività, in termini di efficienza del servizio di approvvigionamento, di economicità dello stesso e della sua sostenibilità ambientale.
Ciò peraltro dimostra che il risparmio pubblico del menzionato 65 per cento rispetto all’approvvigionamento con l’acqua prelevata a terra e trasportata via nave, non trova alcun riscontro fattuale, piuttosto potendosi affermare che i dissalatori “fissi” si sono rivelati, negli anni, soluzioni molto onerose per tempi ed iter di realizzazione, per i costi economico/finanziari a carico del pubblico, per la scarsa efficienza mostrata, ed infine, ma non per rilievo, per l’alto grado di inquinamento, a mare ed a terra, causato soprattutto in danno delle isole minori italiane, allo stesso meritevoli di una particolare e giustificata tutela ecologica, legislativa ed amministrativa.
Da ultimo, il nostro team di lavoro sarebbe lieto di mostravi nel dettaglio il funzionamento dell’impianto di dissalazione mobile, se - come ci auguriamo - Codesta testata gradisse anche solo per curiosità professionale di farci visita: siamo sicuri che nell’occasione avreste modo di riscontrare, da un lato, l’infondatezza dei contenuti dell’articolo di giornale in menzione, e dall’altro l’innovazione e l’originalità della nostra iniziativa di dissalazione mobile, ed i tangibili vantaggi ad essa connessi.
Idroambiente s.r.l.