di Isabella Napoli
Esperti di tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone nell'isola delle Eolie per la tre giorni "Sicilia en primeur 2014" dedicata alle novità della produzione vinicola siciliana. Alla manifestazione promossa da Assovini Sicilia e Banca Nuova giunta alla sua XI edizione hanno partecipato 35 tra i maggiori produttori dell'Isola, da Cusumano a Donnafugata, da Duca di Salaparuta a Planeta.
La kermesse si è aperta con un aperitivo al tramonto a Baia Negra, con i primi assaggi dei vini presentati dalle grandi famiglie del vino siciliano, Lucio Tasca, Francesca e Santi Planeta, Francesco Spadafora, Arianna Occhipinti, Josè e Antonio Rallo, tra gli altri. Ed è entrata nel vivo ieri con il dibattito "Dalle piccole isole nuovi messaggi e stimoli per la viticoltura sicilia" moderato dal presidente di Assovini Sicilia Antonio Rallo. Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura all'Università di Milano ha illustrato alcune recenti scoperte su reperti archeologici che dimostrerebbero le prime tracce di vinificazione nelle Isole Eolie a Lipari 4000 anni A.C. .
Giuseppe Bursi, dirigente del servizio per lo sviluppo e la diversificazione delle Attività aziendali dell''assessorato regionale delle risorse agricole ha presentato i dati della vendemmia 2013: 6.151.724 gli ettolitri di vino ottenuti contro i 4.738.437 del 2012 e ben 8.563.066 quintali di uva lavorate contro le 6,575.174 del 2012. . Dal 2000, la Regione ha erogato 342.995.774 euro di finanziamenti per riconvertire e ristrutturare i vigneti siciliani. Ne hanno beneficiato 15.814 aziende su circa 48 mila. Domani, sul sito dell'assessorato, sarà pubblicato un nuovo bando che con fondi comunitari stanzierà 7 milioni di euro per la promozione sui mercati esteri. Le imprese potranno partecipare con un cofinanziamento al 20 per cento. Ed è cambiata negli ultimi anni anche la mappa della "Sicilia del vino". Il Trebbiano è quasi sparito, il Catarratto comune quasi dimezzato. Tra i vitigni internazionali più gettonati , spicca il Syrah, il più diffuso, ma si ricavano spazi sempre più ampi anche il Merlot, lo Chardonnay e il Grillo che occupa l'otto per cento della superficie vitata destinata ai bianchi. Il Nerello Mascalese è la varietà principe dell'Etna e da solo occupa il sette per cento dell'intera superficie destinata alle varietà a bacca rossa. E ancora: trentatremila ettari in meno di supericie vitata complessiva, con un'evoluzione verso la coltivazione "a spalliera".
Tra le anteprime, Fazio Wines ha presentato il Catarratto 2012 "Pietrasacra Bianco" , in purezza, quattro mesi in legno,
da un vigneto che ha oltre 80 anni. Sarà sul mercato a settembre. E ancora il Pietradolce Doc Etna Bianco, Archineri 2013, carricante da un vigneto con oltre 120 anni di età, il Baglio di Pianetto Ficiligno 2013, un Insolia-Viognier, il Planeta Frappato Doc Sicilia 2013 (Repubblica.it).
----"La viticoltura delle Eolie come paradigma del futuro di quella di Sicilia e dell'Italia intera, dove la coltura della vite è esempio di multifunzionalità, non solo come fonte di reddito, ma anche come cura e valorizzazione del paesaggio, che ormai è parte imprescindibile della produzione e del mercato del vino": così il professor Attilio Scienza, uno dei massimi esperti di viticoltura al mondo ed ordinario di viticoltura all'Università di Milano, racconta a WineNews il senso del suo intervento a "Sicilia en Primeur", a Vulcano, con Assovini (www.assovinisicilia.it).
"Vulcano, una delle isole delle Eolie, è una regione vulcanica - spiega Scienza - molto particolare e interessante, originata da un processo tettonico, per cui la faglia si è assottigliata e si sono formati vulcani Le province magmatiche italiane analizzate dal professor Attilio Scienzain superficie, che sono le isole, e altri latenti, ma attivi, sotto il livello del mare, da 2.000 metri di profondità a poche centinaia di metri. Ed è un territorio molto interessante non solo per la bellezza dei luoghi e per la natura dei suoli, che sono "recenti", perché il più antico ha "solo" un milione di anni, il più recente ne avrà 10.000, e sono molto primitivi nella loro evoluzione, sono suoli sciolti, alcalini, pozzolane, ceneri, una serie di matrici particolari".
"Il vitigno prevalente è questo vitigno curioso, perché ha nomi diversi in diversi posti d'Europa, Malvasia nelle Lipari, Malvasia di Dubrovnik nella costa dalmata, Malvasia di Bosa in Sardegna, Greco di Bianco o di Gerace in Calabria, Malvasia delle Sitges a Barcellona e nelle Canarie. Ora, va detto - continua Scienza - che queste isole, le Eolie, sono sempre state degli avamposti culturali per i viaggi di greci e fenici verso occidente. Qui si sono fatti ritrovamenti singolari. Intanto, contenitori molto antichi con semi di vite sia selvatica che addomesticata, il che vuol dire che questo è stato un avamposto di domesticazione, cosa che può essere letta anche nella mitologia, nel canto n. 9 dell'Odissea, dove Omero descrive l'Isola dei Ciclopi dove la vite è selvatica, che è una perfetta identificazione.
"Altra cosa importante - spiega ancora Scienza - sono i resti di anfore, molto curiosi. Sono anfore di Chio, forse tra le poche veramente originali, perché già in epoca etrusca , visto che il vino di Chio era molto famoso, c'era chi "si divertiva" a far passare vino italiano per questo più celebre, con anfore identiche ma fatte in Italia, ad Albinia, dove c'era una fornace specializzata in questa "contraffazione". Mentre a Salina e Lipari sono state ritrovate anfore autentiche, il che vuol dire che erano già un avamposto per il vino di qualità che veniva portato in queste isole per poi essere commerciato e rispedito. Dietro e dentro a queste anfore c'è anche tutta la storia della nascita dell'Inzolia e dell'Ansonica, perchè i Greci portavano vini di qualità, gli italiani di allora volevano imitarli, e utilizzavano vitigni simili a quelli greci, Inzolia siciliana e Ansonica toscana, che sono testimoni di questa "sofisticazione", e che hanno ancora legami genetici con vitigni delle isole greche. E c'è anche la storia del vino di Byblion, fenicio, il vino dolce più famoso dell'antichità, di cui gli eredi naturali sono stati i vini siciliani, come il moscato di Siracusa, di Noto e delle Lipari".
"Ma la cosa davvero interessante - spiega Scienza - è il significato di queste isole per il futuro della Sicilia: sono uscite dalla miseria e dal dramma dell'emigrazione che hanno vissuto nel 1800 e nel 1900, perché non c'era lavoro, e sono diventate luoghi importanti dove la viticoltura è un esempio straordinario di multifunzionalità, perché non è solo fonte di reddito ma anche strumento di conservazione e cura del paesaggio. E il messaggio, infondo, è questo: dove c'è viticoltura, d'ora in poi, bisogna avere grande cura del paesaggio, pensare che è parte integrante del vino, che non si può più vendere il vino senza paesaggio. E anche gli interventi di ricerca dei prossimi anni, non andranno mai trascurati studi sul paesaggio, anche per capire come intervenire e valorizzarlo. È un messaggio di cultura, e di storia, che racconta di questa origine della viticoltura mediterranea attraverso queste piccole isole, ma anche del comportamento virtuoso dei loro abitanti, che per poterle vendere bene ai turisti ne hanno fatto, attraverso la viticoltura, territori di grande valore. Sono una metafora del valore della viticoltura, e un paradigma interpretativo della viticoltura del futuro: un'analisi del passato attraverso queste isole, per capire quale era l'Italia della viticoltura prima dell'aggressione della società moderna, e intuire quello che dovrebbe essere in futuro".
Storia ed origine della viticoltura delle Eolie
La presenza dell'uomo nelle Eolie risale a circa 6.000 anni fa e la coltivazione delle vite è stata accertata fin dal II millennio a.C, nell'Età del Bronzo, come testimoniano i ritrovamenti di vinaccioli appartenenti sia alla vite selvatica che sativa. Questa contemporanea presenza di semi appartenenti alle due sottospecie di Vitis vinifera indica un'attività molto precoce di domesticazione della vite che nel Mediterraneo è documentata solo nel Levante medio-orientale e nell'Iraq occidentale. La citazione a questo riguardo nel IX Libro dell'Odissea, colloca le isole Eolie nell'immaginario poetico ed epico della nascita della viticoltura e del mito del vino nel Mediterraneo. Anche il ritrovamento di anfore, tra le più antiche databili in Italia e risalenti a circa 2.000 anni prima di C., non solo contenitori di "vini in transito", ma usate per conservare vini prodotti in loco, pongono queste isole al centro dei traffici fenici e greci, verso gli emporion occidentali. Ai greci di Cnido, località della costa vicino a Rodi, si fa risalire nel 588 a.C. la prima produzione di un vino a Lipari, simile al Protropo che producevano in patria, un vino passito di "madre goccia", ottenuto dal mosto che colava spontaneamente dall'uva appassita ammucchiata in attesa della pigiatura. L'importanza di questa produzione è testimoniata dalle monete che venivano coniate sulle isole attorno la IV secolo che riportano i segni della produzione di uva e di vino, la vera ricchezza di quei territori poveri di cereali e di biade. Il Bacci, alla fine del 1500, dà dei vini eoliani una precisa descrizione: "Lipari ha numerose colline feconde e vigneti dai quali produce un vino genuino in virtù del calore sotterraneo, un vino che merita di essere paragonato al Mamertino e che viene trasportato per mare per molti porti d'Italia, ottenendo grandi lodi e realizzando lo stesso prezzo del Siciliano". Lo Spallanzani, medico modenese, nel 1788 scrive un libro dal titolo "Destinazione Eolie" dove descrive le uve che vengono prodotte, soprattutto a Lipari. Oltre alle "mostali" usate per produrre vino comune, cita le Passoline che "altro non è che l'uva di Corinto" ed infine la "quarta qualità", la famosa Malvasia di Lipari. Del vino di Malvasia scrive : "vino di uno schietto color d'ambra,generoso e soave,che inonda e conforta la bocca di un'amabile fragranza,con un ritorno di soavità alcun tempo appresso di averlo gustato." Nel periodo prefillosserico una varietà era molto comune per produrre un vino comune, la Montuonica o Mantonica, la quale incrociata con il Sangiovese (chiamato Corinto a Lipari nella sua forma apirene a causa delle virosi), ha dato origine a Gaglioppo e di Nerello Mascalese. Forse alcuni vitigni siciliani e calabresi hanno avuto origine nelle Eolie.
Inquadramento geografico, il clima, i suoli e la viticoltura
Sono sette isole disposte ad arco, di cui tre sono sede di attivi vulcani, (Stromboli,Vulcano,Lipari) quali risultato di fenomeni di subduzione, causati dalla tettonica a placche che le spinge verso la Calabria. Nello stesso spazio a completare l'arco ci sono altri sei vulcani sottomarini dalla altezze varianti da 1.500 m dal fondale marino a poche centinaia di metri dalla superficie dell'acqua, (Sisifo, Enarete, Eolo, Lamentini, Palinuro, Alcione) che appartengono ad un complesso vulcanico ancora attivo, più grande dell'Etna. La più antica è Filicudi che risale al Pleistocene inferiore, dell'età di 1 milione di anni, la più recente a Alicudi, di 90.000 anni.
Il clima è tipicamente mediterraneo, con estati calde e secche, (600 millimetri di piogge annuali, 30-40 mm d'estate), molto ventoso con venti prevalenti da nord-ovest (Maestrale) e da sud-est (Scirocco). La viticoltura si realizza fino a 400 metri sul livello del mare, talvolta su terrazze che consentono di immagazzinare l'acqua invernale e di ridurre i danni dell'erosione.
I suoli sono molto giovani, immaturi, in continua evoluzione, leggeri, costituiti da pomice e da altri materiali piroclastici, a reazione subacida, poveri di carbonati e ricchi di potassio. Molto diversi da quelli di Pantelleria e ed Etna. A Salina si possono riconoscere tre tipi di suolo :nella zona di Malfa i suoli sono costituiti da pomice, più o meno ricchi di silice e minerali ferrosi e da tufi bruni, nella zona di Valdichiesa, tra i due vulcani dell'isola, i suoli sono più ricchi di scheletro che consente maggiori riserve idriche, mentre il versante sud dell'isola che presenta suoli formati dalle eruzioni di Vulcano, leggermente limosi e pietrosi, dà origine a vini meno strutturati ma più aromatici. Il vitigno quasi esclusivo è la Malvasia delle Lipari, (forse la vera malvasia greca di Monemvasia ) che presenta diversi sinonimi e luoghi di coltivazione nel Mediterraneo (Malvasia di Dubrovnich in Dalmazia, Greco di Bianco o di Gerace nella Calabria ionica, Malvasia di Bosa in Sardegna, Malvasia di Sitges a Barcellona e nelle Canarie).
La prima citazione del vitigno, a Salina, è del 1653 e nel XVIII secolo la produzione di vino era di 3.500 ettolitri. Alla fine del 1800 con l'arrivo della fillossera la viticoltura delle isole entra in una crisi dalla quale si solleverà solo verso gli anni '70 con la Denominazione d'Origine " Malvasia delle Lipari". È un vitigno medialmente aromatico, molto adatto all'appassimento che avviene su stuoie per la durata di 10-20 giorni. Di giorno le uve sono esposte al sole e di notte sono protette da coperture chiamate "pinnate". La forma d'allevamento tradizionale oltre all' alberello basso, è la "prieula", una pergoletta in quadro molto bassa (60-70 cm da terra), adatta alle condizioni molto ventose delle isole.
L'arcipelago presenta una superficie di vigneti di circa 160 ettari, dei quali 90 a Malvasia, per due terzi sull'isola di Salina ed un quarto a Lipari. La produzione di vino è di 6.700 ettolitri, dei quali 1.000 a Doc. Le isole producono anche altri vini bianchi e rossi Igt Salina da vitigni quali Nero d'Avola, Nerello mascalese, Inzolia e Catarratto.
Le isole Eolie e la Sicilia.
Molto suggestiva è l'ipotesi che il vino siciliano Pollio, famoso in epoca classica per le sue note aromatiche e mielate e portato dai Fenici in Sicilia da Byblion, città del Libano, oggi Jubail, altro non sia che il vino delle Lipari. Il vitigno, Malvasia o Moscato, dal quale veniva prodotto, sulla cui identità si sono divisi gli storici dell'Ottocento, proveniva dalla Tracia, patria di Dioniso ed era il vino che Ulisse aveva offerto a Polifemo. Le Eolie potrebbero essere quindi uno dei primi luoghi di acclimatazione di vitigni orientali portati in Sicilia e quindi diffusi in altre zone di influenza greca come la Croazia, la Calabria, la Sardegna, la Catalogna dove la Malvasia è ancora presente con altri nomi.
Queste isole identificano il modello antropologico delle storia ciclica che si contrappone a quella cosiddetta lineare. Nella storia ciclica gli eventi si verificano in una realtà atemporale e sono costretti a ripetersi: la storia non è quindi un prolungamento nel futuro ma un destino già segnato in partenza.
Cosa significa questo nella vita di tutti i giorni?Noi dipendiamo dalle oscillazioni del gusto, dell'etica, in una parola dai valori presenti nell'attualità. I miti dell'origine capisaldi della storia ciclica, che sono alla base delle cultura delle isole del Mediterraneo, e che sono ancora presenti in località lontane come la Grecia o in civiltà precedenti come quella fenicia o etrusca. La storia lineare nel suo procedere nasconde gli elementi identificativi di un luogo, di una cultura che sono ben evidenti dove la storia è ciclica. E per questa ciclicità, dopo secoli di oblio, di rassegnazione e di dissanguamento sociale per l'emigrazione, le piccole isole tornano ad essere luoghi ambiti e frequentati per la bellezza dei luoghi e per la qualità dei loro prodotti, vino in primis.
Il vigneto ed il vino di queste isole, di "questi pezzi di terra apparentemente conchiusi", come diceva Platone, si trasformano da luoghi fuori "dal mondo" in luoghi "dentro di noi" . Se il paesaggio rurale in generale è un mosaico di immagini locali alle quali l'agricoltura è storicamente inscindibile, dalla forma del suolo, dal clima e dalle produzioni tipiche, solo quello delle piccole isole diventa rappresentazione di un rapporto equilibrato tra prodotto e contesto della produzione, dove non vi è traccia di agricoltura industrializzata. La vera agricoltura sostenibile è l'unica presente, a tal punto che la produzione è talmente integrata con la manutenzione del territorio da identificarsi con la natura dei luoghi. Nell'agricoltura industrializzata dove i presidi paesaggistici sono ormai rari iconemi da proteggere come relitti di un paesaggio dismesso, le isole nella loro interezza sono i soli paesaggi della diversità biologica e culturale, rimasti tali non tanto per la scarsa redditività delle colture ma per il valore intrinseco che conferiscono all'offerta turistica elitaria. La viticoltura in questo contesto appare la protagonista dei cosiddetti paesaggi dell'eccellenza agricola dove la qualità dei vini traspare dalla limitazione dei presidi chimici, dalla cura del suolo, dalla manutenzione dei muretti, dei sentieri, degli edifici rurali e dalla biodiversità delle specie spontanee ed alimentari di antica coltivazione, quali antidoto alla strisciante omologazione alimentare.
La Sicilia può trarre una lezione importante da questi avamposti della cultura occidentale, dando contenuti concreti alla multifunzionalità della sua viticoltura che non può prescindere da una sostenibilità integrale delle sue produzioni.
I 10 motivi perché la Sicilia "Mi piace", credit Alessandro Regoli, direttore WineNews
Che la Sicilia, un "continente", per le sue tante "anime", le sue storie antiche e la continua voglia di innovare, le realtà consolidate e quelle emergenti, dove vecchie e nuove generazioni ancora convivono, con tutti i suoi pregi e contraddizioni, sia una delle Regioni rampanti del vino italiano, i cui nettari sono sempre più apprezzati in tutto il mondo, è ormai un fatto.
Una nuova ed ultima conferma, ma solo in ordine di tempo perché di certo altre ce ne saranno, è arrivata quando, freschi di entusiasmo per il trionfo agli Oscar del capolavoro di Paolo Sorrentino "La grande bellezza", e dell'Italia in generale, WineNews ha pensato subito al vino italiano, al successo che ha nel mondo, e a quale fosse la sua "grande bellezza". E lo ha chiesto, di recente, alle firme più prestigiose della stampa enoica internazionale (da The Wine Advocate a Wine Enthusiast, da JancisRobinson.com a Master of Wine e famosi wine writer ...).
Il risultato? La Sicilia è una delle Regioni del vino italiano che, con Toscana e Piemonte, racconta meglio "La grande bellezza" dell'Italia del vino. Ma non è questo l'unico motivo, per cui quest'isola affascinante, complicata e divertente, mi piace.
1 - Perché guardando nel passato, vede sempre il suo futuro, in un "laboratorio" di soggetti privati e pubblici, studiosi ed importanti università, in cui si riscoprono antichi vitigni e si fanno rinascere con successo interi territori.
2 - Per la contaminazione che si riflette anche nei vini, tra autoctoni e internazionali che nel "continente siciliano (con le sue isole)" si incontrano per la gioia di chi ama i grandi vini.
3 - Per la stratificazione storica, dalla colonie greche all'abusivismo edilizio, passando per Bizantini, Arabi, Normanni, spagnoli, francesi ...
4 - Perché le "grandi" cantine si alleano con le più piccole, grazie ad aziende "pioniere" che hanno fatto e fanno ancora oggi da apripista a tante altre realtà, non solo del vino, diventate di eccellenza.
5 - Per le tavolate con i prodotti che si prendono dal campo e si portano direttamente in tavola, preparati sul momento, dai pomodori ai capperi, dai pistacchi alle nocciole, ma anche per i "trionfi" di crudité e dolci siciliani.
7 - Perché vecchie e nuove generazioni fanno ancora le cose insieme, e i più anziani non si tirano mai indietro, ma anzi sostengono, le idee che partono da figli e nipoti (dall'attenzione alla sostenibilità al mondo della rete, solo per fare un esempio).
8 - Perché c'è il feudo antico ma anche il resort più moderno, conservati, restaurati, in entrambi i casi alla base del rilancio, insieme a molto altro, della Sicilia come una delle mete turistiche più importanti al mondo.
9 - Perché ci sono il mare ed il vulcano, sintesi estrema delle tante anime di questo "continente", meglio ancora, dal punto di vista enologico, di quelle nuove, capaci in poco tempo di raggiungere un grande successo.
10 - Perché senza i suoi "mali" che, purtroppo, l'affliggono non sarebbe la Sicilia che "Mi piace" raccontare.
I vitigni più diffusi e i dati di produzione della Sicilia
Un 73% di vitigni autoctoni o di antica coltivazione siciliani, un 21% di internazionali, e il 6% di italiani: ecco, secondo i dati 2013 dell'Assessorato alle Risorse Agricole della Regione SicilianaLo staff di Assovini Sicilia con al centro il presidente Antonio Rallo, lo spettro ampelografico della Sicilia, dove dominano nettamente i vitigni isolani. Tra i bianchi, il più presente è il Catarratto Bianco, che rappresenta il 33% di tutta l'uva a bacca bianca coltivata in Sicilia, seguito da Grillo (8%), Inzolia (7%), Chardonnay (6%) e Grecanico (5%), e da una miriade di altri vitigni a spartirsi il restante 41%. Sul fronte delle uve a bacca nera, domina il Calabrese (alias Nero d'Avola) con il 47% del totale, seguito dal Syrah (15%), dal Merlot (12%), dal Cabernet Sauvignon (8%) e dal Nerello Mascalese (7%), con gli altri vitigni che si spartiscono l'11%. Nel complesso, la vendemmia 2013, in Sicilia, ha prodotto 6.151.724 milioni di ettolitri, di cui 738.428 litri a Doc e Docg, 2.630.683 a Igt, e 2.78.613 di vino da tavola.
di Andrea Gabbrielli
Location spettacolare e 6 aziende in più dello scorso anno. Ma anche qualche vistosa mancanza. Così si preannuncia Sicilia en primeur, introdotta dal 25 maggio da 7 itinerari per cantine e aree vinicole della regione. Domani si arriva a Vulcano per degustare e parlare di viticoltura eroica. Come sarà? Ecco le anticipazioni.
Per l'undicesima edizione di Sicilia en Primeur (Sep), Assovini ha scelto una location davvero spettacolare: la piccola isola di Vulcano, nell'Arcipelago delle Eolie. E anche l'approfondimento di quest'anno - non poteva essere diversamente - sarà dedicato alla viticoltura delle piccole isole siciliane. La manifestazione d'altra parte, ormai da tempo ha scelto di essere itinerante e ha l'obiettivo sia di promuovere i vini delle cantine associate, sia di valorizzare i territori di produzione della regione, presentandoli alla stampa nazionale e internazionale: le isole erano un approdo logico. "A Sep 2014 hanno aderito 35 aziende" ci anticipa il presidente di Assovini, Antonio Rallo (Donnafugata) "un record rispetto alle 29 della scorsa edizione. In primis ci sarà l'anteprima dell'annata 2013 che riserva delle sorprese interessanti, specialmente sul fronte dei bianchi". Per Francesco Ferreri (Valle dell'Acate) la scelta delle Eolie "permette di parlare della viticoltura eroica e fa conoscere un territorio importante dal punto di vista paesaggistico e produttivo che illustra bene la biodiversità siciliana". Alessio Planeta aggiunge che "proprio perché quella insulare è una viticoltura difficile, occorre dedicargli un'attenzione particolare: l'isolamento delle aziende, per lo più di dimensione assai ridotta, infatti limita molto la commercializzazione dei prodotti". Il prof. Attilio Scienza dell'Università di Milano che illustrerà le particolarità dei vini insulari osserva che "Dal punto di vista della sostenibilità la Sicilia è un esempio per tutti, ma la sfida didomanisarà la viticoltura di precisione e le Isole Eolie possono raccontare molto sia per la loro storia enologica che culturale". Quello della ricchezza della regione è il tema toccato da Mariangela Cambria (Cottanera) che sottolinea "Il nostro appeal sta proprio nella grande diversità dei terroir siciliani, Vulcano in primis: per noi che veniamo da un altro vulcano (Etna) sarà un'ottima opportunità di confronto". "D'altra parte" dice Laurent de la Gatinais (Rapitalà-Giv) "Credo sia importante e nello stile della manifestazione non solo far conoscere i nostri vini, ma anche dare lustro agli splendidi territori che la Sicilia offre".
Sicilia en primeur 2014 inizierà nel pomeriggio di domenica 25 maggio quando gli 80 giornalisti provenienti da una ventina di Paesi europei ed extraeuropei, partiranno dagli aeroporti di Palermo e di Catania per 7 diversi itinerari che li porteranno nelle cantine e nelle principali aree vinicole della regione. Il 27 maggio, poi, arrivo in serata all'isola di Vulcano dove il 28 e 29 maggio si svolgerà la manifestazione vera e propria con la degustazione dei vini 2013 e delle annate in commercio delle 35 aziende partecipanti. "Vino e turismo insieme" conclude Antonio Rallo "sono un volano fortissimo per il nostro sviluppo economico. In Sicilia, negli anni scorsi la collaborazione non è stata così forte come in altre regioni. Bisogna migliorare questo connubio per incrementare il turismo e far sì che il turismo enologico spinga anche lo sviluppo turistico della regione". Alberto Tasca che ha rappresentato la Sicilia nella recente assise dei Master of Wine a Firenze, parla della sua regione "come un modello di sviluppo ormai consolidato tanto da essere preso ad esempio anche da altri. Ora si tratta di costruire un mercato diverso nel quale i nostri valori abbiano i riconoscimenti che meritano".
Ma come è stata l'annata 2013 in Sicilia? Secondo Stefano Caruso (Caruso&Minini) decisiva è stata la versatilità dei terroir e soprattutto il binomio tra vino e natura. "Il 2013 è stata un'annata equilibrata, non solo per i bianchi: i vini da noi sono maturati nei tempi giusti, senza quelle accelerazioni dovute ai picchi di caldo che favoriscono la durezza dei tannini". Per Laurent Bernard de la Gatinais (Rapitalà-Giv) "è stata una vendemmia che ha messo a dura prova gli enologi e gli agronomi, nella quale chi ha la stoffa, unita ad un terroir di pregio, ha fatto la differenza. Non la annovererei come la migliore per i rossi da lungo invecchiamento, ma interessante per una ritrovata freschezza e per la speziatura dei nero d'Avola".
Alberto Tasca (Tasca D'Almerita) nota che "Siamo ritornati alle vendemmie di tanti anni fa con rese più abbondanti e gradazione alcolica più misurate. Comunque anche la 2014 si presenta molto particolare tanto che in qualche caso la fioritura è in grande ritardo". Continua Alessio Planeta: "Se a Noto l'andamento è stato siccitoso a Menfi è stato più piovoso. Il risultato è stato bianchi molto buoni e rossi un po' di meno. Però dopo due anni di scarsa produzione abbiamo ricostituito le scorte in cantina: ci voleva proprio".
Svolgere Sep 2014 a Vulcano e dedicare l'approfondimento alla viticoltura insulare, è una scelta che merita il sostegno e il plauso convinto di tutti. Peccato però che le aziende vinicole di Panarea, Lipari, Vulcano e Salina, ad eccezione di Capofaro Tasca e Barone di Villagrande, non saranno presenti: non essendo socie di Assovini e non partecipando nemmeno alla gravosa gestione economica dell'evento, non hanno potuto essere coinvolte. Di Hauner o Fenech (Salina), di Paola Lantieri (Vulcano), della Tenuta di Castellaro (Lipari) o di Andrea Pedrani (Panarea), solo per citarne qualcuno, si sentirà la mancanza. Un'esclusione comprensibile, per i motivi detti sopra, ma forse stavolta, entrambi le parti, potevano fare di più. L'occasione valeva la pena.
Il vino delle isole proprio a Vulcano esprime il suo carattere più eroico. Del resto la storia della viticoltura stessa dell'isola è un succedersi di coraggiosi passi in avanti e tragici arresti. La sua nascita si deve a uno scozzese, Sir James Stevenson (1822-1903) che dopo aver acquistato gran parte dell'isola (1870) sviluppò l'attività mineraria, impiantò i primi vigneti di cui si ha notizia e contribuì ad accrescere la vegetazione con alberi da frutto e tanti fichi. All'improvviso però, il 3 agosto 1888, il vulcano esplose uccidendo i "coatti" che lavoravano nel cratere. L'eruzione continuò sino al marzo 1890 seppellendo sotto la sabbia e la cenere, buona parte del lavoro di Stevenson, il quale, vista la malaparata, salito a bordo del suo yacht a vapore, il Firefay, fece rotta per l'Inghilterra e non tornò mai più. Sull'isola rimasero pochi vulcanari, ridotti allo stremo, per lo più contadini e pastori della zona di Gelso e di Piano. Attualmente sono presenti le aziende Paola Lantieri – Punta dell'Ufala, Pinnata di Mauro Pollastri mentre Carlo Hauner ha un vigneto.
---Si svolgerà il 28 al 29 maggio alle Isole Eolie, in un palcoscenico di grande effetto e precisamente nell'isola di Vulcano, Sicilia En Primeur 2014, la manifestazione giunta ormai alla 11a edizione organizzata da Assovini Sicilia, presieduta da Antonio Rallo. 35 aziende vitivinicole associate si sono date appuntamento per presentare i propri vini ad una selezione di oltre 70 giornalisti provenienti da tutto il mondo. Originalità ed unicità della manifestazione derivano dall'offrire ai propri ospiti un approccio articolato al mondo del vino siciliano, fatto in primo luogo da una degustazione "ad ampio raggio" che vede sfilare una selezione rappresentativa di campioni en primeur e di vini che stanno già esprimendo in modo completo la loro personalità. Ma non solo degustazioni a Sicilia en Primeur: sono parte integrante della manifestazione gli enotour nelle varie zone viticole - da Monreale a Marsala, dalla valle del Belìce all'agrigentino, dalle Madonie a Ragusa e alla Val di Noto – nonché i dibattiti che vedono protagonisti produttori e giornalisti e momenti di approfondimento accademico. Un insieme di approcci per rendere più leggibile il panorama per altro complesso di una viticoltura di eccellenza che interpreta la più grande regione vitata d'Italia.
---Prosegue la collaborazione tra le Capitanerie di porto e l'associazione Marevivo, per la promozione, la difesa e la tutela del mare. Anche per l'anno 2014 Marevivo ha promosso una manifestazione a livello nazionale denominata "PFU Zero nelle isole minori", che prevede una raccolta straordinaria di Pneumatici Fuori Uso abbandonati in mare e che coinvolgera' i fondali del porto di 10 isole italiane: Capri, Procida, Vulcano, Ustica, Pantelleria, Favignana, Lampedusa, Maddalena, Sant'Antioco e l'Elba, con il coinvolgimento delle Capitanerie locali. Il progetto e' partito ieri dall'isola di Ponza, in occasione dello "European Clean Up Day", alla presenza del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Gian Luca Galletti, del Presidente di Marevivo, Rosalba Giugni, del Presidente di EcoTyre, Enrico Ambrogio e del Sindaco di Ponza, Piero Vigorelli. L'evento di raccolta straordinaria gratuita e' stato uno degli appuntamenti previsti dalla campagna europea "Let's Clean Up Europe" contro il littering, l'abbandono di rifiuti nell'ambiente, ed ha visto una serie di iniziative organizzate in banchina che hanno coinvolto turisti e cittadini, in particolare i piu' piccoli, per ricordare l'importanza della salvaguardia dell'ambiente marino.