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di Enrico Di Giacomo 

Il Comune di Taormina gli aveva affidato il compito delicato di recuperare i soldi dei tanti morosi che non pagavano l’acqua. Lui si era dedicato giorno e notte all’incarico, era riuscito a incassare quasi un milione di euro, però quei soldi li aveva versati sul suo conto. Questa mattina, i finanzieri del comando provinciale di Messina hanno arrestato l’avvocato Francesco La Face, 60 anni, il gip Maria Militello gli ha imposto i domiciliari ritenendolo responsabile dei reati di peculato e corruzione. L’indagine coordinata dalla procura diretta da Maurizio de Lucia ha fatto scattare anche un secondo provvedimento, per il dirigente comunale oggi in pensione Giovanni Coco, 67 anni: per lui il giudice delle indagini preliminari ha disposto il divieto di dimora a Taormina. La richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Francesco La Face e Giovanni Coco da parte del pubblico ministero Rosanna Casabona risale all’8 ottobre scorso.

E con la misura cautelare arriva pure un maxi sequestro di beni, per recuperare quanto sottratto alle casse pubbliche: sigilli a tre immobili dell’avvocato e ad alcuni conti bancari del dirigente in pensione, che avrebbe intascato una mazzetta da 26 mila euro per non segnalare quanto avveniva.

L’inchiesta del comando provinciale oggi diretto dal colonnello Gerardo Mastrodomenico è nata casualmente, dopo una verifica fiscale nello studio del professionista di Taormina (e dalle intercettazioni in un procedimento a carico di ignoti per il reato di appropriazione della tassa di soggiorno da parte dei gestori di diverse strutture recettive alberghiere ed extralberghiere). Nell’abitazione del dirigente comunale è stato invece trovato un “pizzino” che per l’accusa prova i rapporti illeciti fra i due indagati. Ma anche molti altri sapeva e tacevano.

Dalla verifica emergeva l’inquietante scoperta che il professionista negoziava direttamente sul conto corrente personale gli assegni degli utenti morosi, versando al comune solo una minima parte di quanto incassato. Il tutto confermato dalle dichiarazioni dei numerosi morosi che riferivano di avere saldato i propri debiti pagando all’avv. La Face in contanti o a mezzo assegno, per evitare il distacco della fornitura.

Il pagamento effettuato veniva quietanzato direttamente dall’avv. La Face che apponeva il timbro con la dicitura ‘pagato’ sull’atto di diffida o da parte del Comune di Taormina che, nonostante non avesse ricevuto il pagamento, inviava la fattura con la dicitura ‘pagata’ grazie alla complicità di Giovanni Coco, già responsabile dell’area servizi generali del Comune di Taormina e responsabile, fino al 2015 del servizio di Bollettazione e riscossione del servizio acquedotto. Essendo Coco l’unico impiegato del Comune ad occuparsi della riscossione del sistema idrico, rimaneva l’unico realmente a conoscenza dei pagamenti effettuati.

C’E’ UN TERZO INDAGATO

Sono tre gli indagati nell’ambito dell’operazione AcqueWin. Oltre all’avvocato Francesco La Face e all’ex dirigente Giovanni Coco, nelle maglie dell’inchiesta è finito anche Roberto Mendolia, 57 anni, originario di Taormina. Deve rispondere di favoreggiamento personale in quanto avrebbe aiutato La Face “a dichiarare falsamente” alla Guardia di finanza “di non aver versato allo stesso la somma richiesta” con una diffida e messa in mora del 3 settembre 2014, relativa al pagamento di oltre 3.700 euro “per fatture insolute del servizio idrico” di Palazzo dei Giurati. Avrebbe anche riferito ai militari “di non vedere La face da qualche mese, mentre in realtà si era recato presso il suo studio il 13 dicembre 2018”.

CONNIVENZA’ E OMERTA’

L’appropriazione del denaro pubblico da parte degli indagati era nota a molti impiegati addetti al servizio, come emerge dalle intercettazioni, ma – scrive il gip -“l’omertà e la connivenza dei pubblici dipendenti ha consentito il perpetrarsi nel tempo delle condotte illecite“.

Il comune gestiva le fatture del sevizio idrico e le relative diffide attraverso un software, denominato ‘AcqueWin3’ – – da qui il nome dell’operazione –, fino al 2016. Nel programma sono stati scaricati i pagamenti effettuati direttamente a Coco e a La Face.

La cosa più grave appare come tale strutturata ed indisturbata attività di sistematica appropriazione di denaro pubblico risultasse nota a molti impiegati della macchina comunale della Perla dello Jonio, come emerge dal contenuto delle intercettazioni.

Secondo l’ipotesi d’accusa, proprio il connubio criminale oggi disvelato consentiva al legale di riuscire a mantenere l’incarico, sin dal lontano 1995, nonostante i vari avvicendamenti delle amministrazioni comunali, continuando, in tal modo, a perseverare in maniera indisturbata nella sua azione criminogena.

Come funzionava il sistema? Da un lato il legale avrebbe dovuto essere pagato per il servizio svolto dal Comune di Taormina – la prima delibera parla di 6 milioni annui, previa la presentazione di relazione bimestrale sull’attività svolta e relative distinte dei pagamenti incassati. In realtà tali attestazioni non sono mai state rinvenute dalla Finanza, e Coco non avrebbe sorvegliato a dovere sulla rendicontazione di La Face.

Dall’altro, il dirigente presentava al bilancio una sorta di rendicontazione generica dei crediti recuperati, ascrivendo somme complessive ai relativi lassi di tempo, senza indicare le specifiche. Infine, il dirigente manometteva l’anagrafica del servizio idrico, inserendo nel sistema informatico comunale Acquewin 3 attestazioni di pagamenti che invece non erano mai stati incassati per intero dal Comune. Così facendo, permetteva a La Face di avere le ricevute che poi consegnava agli utenti che pagavano a lui direttamente, ed evitava che a questi arrivassero le contestazioni per le bollette non pagate.

GLI INCARICHI ALL’AVVOCATO LA FACE? DAL LONTANO 1993…

Gli incarichi all’avvocato La Face risalgono addirittura al lontano 1993, quando la giunta comunale dell’epoca lo incaricò di recuperare il credito degli utenti morosi con il servizio idrico.

Incarico rinnovato poi nel 1995, e nel 2007 per un anno, quando con l’elezione del sindaco D’Agostino non fu riconfermato.

Ma già nel 2009, con l’elezione del sindaco Passalacqua, La Face tornò a riscuotere i crediti.

Il legale – da quanto risulta dall’inchiesta – non avrebbe mai trasmesso al comune un resoconto di tutte le somme di denaro riscosse e versate al Comune e un prospetto riepilogativo delle somme riscosse dagli utenti morosi.

Dall’analisi della documentazione contabile emerge che a fronte di un versamento complessivo nelle casse del Comune di 178 mila euro (ma come scrive il gip, la maggior parte dei versamenti furono effettuati “quando La Face era ben consapevole delle indagini in corso“), il legale avrebbe ricevuto in contanti o a mezzo assegni, la somma di 933.991,98, per cui le somme di cui l’avvocato è rimasto in debito nei confronti del Comune ammonterebbero a 775.718 euro.

Il gip poi elenca le singole posizioni degli utenti morosi che hanno pagato direttamente La Face a mezzo assegno o in contanti.

Tantissimi gli Hotel, i ristoranti, ma anche singoli cittadini e condomini.

“Io ho un problema con la Guardia di Finanza e col Comune di Taormina…senza…il Comune di Taormina, per un condominio, mi ha mandato una richiesta di bollette dell’acqua, di cui tante sono state pagate a te…(…) io te l’avevo detto e mi avevi detto di non fare niente! Ora, ora la Guardia di Finanza mi richiede di portargli…mi dice che io ho un contenzioso col Comune di Taormina…”.

Così un amministratore di condominio parla a Laface, a novembre 2018. L’amministratore, infatti, di fronte alla contestazione ricevuta nel 2014 di morosità per 34 mila euro, presenta assegni emessi e consegnati a Laface che attestano pagamenti per 40 mila euro. Alla nuova verifica successiva, dimostra di aver staccato assegni, consegnati al legale, per oltre 60 mila euro, tra il 2011 e il 2016.

Da un noto albergo invece il legale avrebbe incassato la somma di 30mila euro. Pagamento che non trovò riscontro nelle fatture con la dicitura ‘pagato’ e che allarmò poi il titolare.

In un altro caso, un altro titolare di un grosso hotel pagò all’avvocato 2.500 euro, che l’avvocato versò poi nel conto corrente personale.

Gli esempi sono tanti cosi come sono numerose le fatture fittizie che La Face avrebbe emesso per giustificare l’incasso degli assegni.

Secondo il gip Militello è evidente lo stratagemma adottato da La Face, che quando riceveva il pagamento delle morosità con uno strumento tracciabile, come l’assegno, emetteva fatture per un importo corrispondente, inserendo come causale ‘attività di consulenza’, per prestazioni mai effettuate, “col fine di dare una parvenza di liceità alle somme che riceveva per conto del Comune e che invece tratteneva per sé”.

Pagamenti tracciabili che l’indagato non gradiva tanto da abbonare, in alcuni casi, gli interessi e le spese pur di ricevere il pagamento in contanti.

Durante l’inchiesta è apparso evidente come la cautela dell’avvocato nel parlare al telefono derivasse dal fatto che sospettasse di essere intercettato. In alcuni casi alcuni testimoni chiamati dalla Guardia di Finanza vennero contattati di persona da La Face (il giorno precedente l’interrogatorio da parte della Polizia giudiziaria), che avrebbe condizionato poi le singole dichiarazioni che sono risultate essere, secondo gli inquirenti, “pilotate” se non “edulcorate”.

IL PECULATO

“Tutti conoscevano il sistema adottato dall’avv. La Face”. In una conversazione del 9 agosto 2018, il dipendente del comune di Taormina Curcuruto dice a Coco che La Face ha versato 138 mila euro nelle casse del comune. Nel corso della conversazione viene descritto quello che è realmente accaduto. L’utente moroso si recava allo studio dell’avv. La Face e pagava con assegno o in contante; l’avvocato invece di versare quanto ricevuto al Comune versava l’assegno su proprio conto corrente e non rimetteva le somme al comune neanche entro l’anno.

LA TANGENTE ALL’AMICO-DIRIGENTE

Le intercettazioni sembrano dimostrare “come il dirigente del comune Giovanni Coco fosse ben consapevole di aver ricevuto dei bonifici da parte di La Face sul suo conto corrente ed alcuni assegni emessi in favore di sua moglie per avere compiuto e per compiere atti contrari ai propri doveri di ufficio” e anticipa al suo interlocutore che giustificherà tali spostamenti di denaro con la vendita all’avvocato La Face dei mobili che ha nello studio, ricevuto per eredità, situazione di cui deve informare il fratello, a conferma della non veridicità della giustificazione. “A conferma della falsità della giustificazione ‘pre.costituita’, va segnalato che anche in sede di perquisizione presso l’abitazione dell’ex dirigente comunale, è stato rinvenuto e sequestrato un “pizzino”, un promemoria rappresentativo della giustificazione concordata tra gli attori per creare una giustificazione – ovviamente solo apparente – alla tangente ricevuta”.

“E’ CONFERMATO CHE COCO – SCRIVE IL GIUDICE MILITELLO – ABBIA CONSAPEVOLMENTE ADOTTATO ATTI CONTRARI AI PROPRI DOVERI D’UFFICIO, AVENDO RICEVUTO, NEI MOMENTI DI NECESSITA’, COSPICUI ACCREDITI DA PARTE DEL PROFESSIONISTA”.

ANCHE COCO INCASSAVA DENARO IN CONTANTI

A Coco, oltre che di aver ricevuto 25 mila euro per la complicità resa al legale, i finanzieri contestano anche di aver trattenuto direttamente circa 16 mila euro di pagamenti degli utenti.

Gli utenti morosi non potevano pagare in contanti al Comune, che non aveva esercizio di cassa, quindi Giovanni Coco non avrebbe potuto ricevere denaro in contanti; di contro è emerso – scrive il gip – “che era solito ricevere denaro in contante o assegni a lui intestati dagli utenti morosi. L’inusuale riscossione in contante da parte di Coco ha fatto sorgere dubbi nell’impiegato Allegra, il quale ha esternato più volte le sue perplessità al proprio dirigente”. “Coco mi ha ribattuto che la questione non mi riguardava… Tale comportamento mi ha indotto a chiedere anche il trasferimento dal suo ufficio che è avvenuto nel 2016”.

Più utenti hanno poi confermato di aver consegnato denaro in contanti o a mezzo assegni al dirigente comunale (circa 16mila euro), mai versati al comune.

Che si trattasse di una prassi consolidata di cui tutti erano a conoscenza “appare fuori dubbio”, scrive il gip, come emerge da alcune intercettazioni: (“Curcuruto: lo sai dove ho sbagliato Giovanni? La colpa è anche mia che non ho detto niente di questa cosa ed ho fatto finta di niente come se il discorso non fosse stato mio… una sola cosa che il versamento non veniva fato nelle casse comunali!…) e poi “Curcuruto: …quando quello maneggia soldi… i soldi se li prende… G: ma stai dicendo davvero? Curcuruto: e che lo dico per finta? e quando Franco si prendeva soldi e non li versava, si facevano i viaggi insieme a Giovanni… la Finanza se ne accorge di tutte queste cose“).

Il 14 dicembre del 2018 viene intercettata un’altra conversazione tra Rosario Curcuruto e l’impiegata comunale Maddalena Nicita sulle indagini in corso della polizia giudiziaria in cui emerge che anche … era consapevole di quello che succedeva e copriva i responsabili (R: stanno cercando di capire se si “azziccaru” soldi nelle tasche ovvio no! e se ci sono dei pagamenti registrati nel programma…dove sono numeri che non portano da nessuna parte…”).

LE ESIGENZE CAUTELARI

Per il gip appare manifesto il rischio di reiterazione delittuosa, “avendo La Face reiterato nel corso degli anni la condotta illecita, certo dell’impunità all’interno dell’ufficio comunale in quanto ha saputo compare il silenzio del dirigente”.

“Appare concreto anche il pericolo di inquinamento probatorio in quanto l’indagato è riuscito ad avere la complicità di alcuni utenti che quando sono stati convocati dalla Guardia di Finanza lo hanno preventivamente avvisato e questi fuori dall’ufficio ha concordato la versione dei fatti che avrebbero dovuto fornire”.

Nei confronti di Giovanni Coco, pur ravvisandosi la gravità indiziaria dei reati di peculato e di corruzione, “tuttavia le esigenze cautelari sono più contenute in quanto in pensione dal 31 dicembre 2018. Ciò non esclude che Coco, non possa interferire in futuro sul corretto esercizio della funzione pubblica esercitata dagli ex colleghi, che erano ben consapevoli di quello che accadeva e preferivano restare in silenzio”.

La Face è difeso dall’avvocato Salvatore Silvestro il quale spiega che il suo cliente si riserva di chiarire le vicende contestate nel corso del l’interrogatorio di garanzia.

Un terremoto giudiziario che certamente non potrà non avere conseguenze all’interno del Palazzo Municipale, essendone uscito un quadro devastante dalle condotte di alcuni singoli impiegati comunali che, anche se non per tutti di rilievo penale, non possono restare impunite.

L’AMMINISTRAZIONE SARA’ PARTE CIVILE

“Esprimo a nome dell’amministrazione uno spiacevole senso di tristezza, nonostante fossero da tempo attesi provvedimenti della magistratura”. Lo afferma il sindaco di Taormina Mario Bolognari. “Il professionista non svolgeva l’incarico della riscossione coatta da anni e la sua nomina non era stata più rinnovata dal 2013 – aggiunge -. Dal giugno 2018, cioè dal mio insediamento, il personale ha collaborato con la Gdf, fornendo ogni utile informazione. Nell’agosto dello scorso anno evidentemente preoccupato per il corso delle indagini, ha effettuato un versamento di 138 mila euro, dichiarando che si trattava di somme risalenti al 2013. Poiché il Comune di Taormina è parte lesa, si costituirà in giudizio anche al fine di recuperare il danno subito”.(stampalibera.it)

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