Al Belvedere di Sestriere si arriva a piedi, sugli sci, con la funivia o in elicottero. La fatica per raggiungerlo è però presto ricompensata dal panorama circolare che tutt’attorno si dischiude. A novant’anni dalla sua costruzione a 2658 metri d’altezza, è divenuto un rifugio familiare, restaurato dall’architetto Paolo Luigi Grassi.
Il Belvedere è stato uno dei primi edifici costruiti per la stazione sciistica di Sestriere, inventata dalla più famosa famiglia di Torino: gli Agnelli. Nel 1931 a Sestriere, a poco più di 100 chilometri da Torino, non c’è quasi nulla: la casa cantoniera, qualche casa rurale, il baraccone degli Alpini, un alberghetto. La moderna Sestriere nasce come stazione sciistica novant’anni fa come operazione della famiglia Agnelli, che ha saputo cogliere lo spirito del tempo: il futuro dello sci è determinato dall’introduzione di impianti di risalita che permettono di evitare la fatica della scalata e di godere di un gran numero di discese spericolate. Gli Agnelli scelgono Sestriere come sede di una nuova stazione sciistica grazie ai suoi immensi campi di neve, all’altitudine e al comodo collegamento con Torino.
Prima ancora di avviare i lavori per le iconiche torri circolari, inaugurano una funivia. Nel 1931 vede la luce la Alpette-Sises: lo studio dell’impianto è dell’azienda tedesca Bleichert, ma i materiali e i fornitori sono tutti italiani – come sottolineato dalla pubblicistica. Tutti gli edifici tecnici sono progettati da Vittorio Bonadè Bottino, ingegnere di fiducia di Giovanni Agnelli, che da lì a poco disegnerà anche le torri di Sestriere nonché lo stabilimento di Fiat Mirafiori a Torino. Il primo impianto di risalita è costituito da quattro edifici: la partenza che sorge sul pianoro al centro di Sestriere (oggi piazza Agnelli), la stazione intermedia che permette agli sciatori meno esperti di provare una discesa facilitata dall’Alpette, la spettacolare stazione d’arrivo sul Sises protesa verso valle, e, in cima al monte, il Belvedere. Il Belvedere viene concepito come edificio aggiuntivo all’impianto di risalita, a scopo contemplativo. Dentro questo piccolo edificio a due piani a base dodecagonale vi erano solamente una piccola cucina, un tavolo e poche sedie: a farla da padrone erano le dodici finestre quadrate che aprivano a una vista a 360°. Non essendo collegato via fune agli altri tre edifici, era raggiungibile solo con gli sci o le racchette da neve in inverno e a piedi in estate. Proprio per questo viene presto abbandonato.
Acquistato da un privato nel 2015, il Belvedere si trova in condizioni precarie: decadi e decadi di abbandono lo avevano ridotto a un involucro di calcestruzzo a vista, coperto da un tetto sfondato dai carichi di neve. Il restauro della struttura viene affidato all’architetto Paolo Luigi Grassi. Il committente, racconta il progettista, desiderava “un pensatoio”, uno spazio di pace e riflessione, ma al contempo un rifugio d’alta quota dal calore familiare. Di fronte a un edificio spoglio e semi-distrutto, Grassi sonda dapprima gli archivi alla ricerca dei dettagli del progetto originale dell’ingegnere Bonadè Bottino. Successivamente, il progetto di restauro si arricchisce dello studio dal vero degli altri edifici dell’impianto meglio conservati. In particolare, dall’arrivo del Sises sono riproposte le balaustre, le persiane e le porte. L’architetto decide di non cancellare completamente l’opera compiuta dalla natura: non ripristina l’intonaco giallo che copriva il Belvedere, ma lascia a vista la struttura in calcestruzzo. L’impressione di trovarsi di fronte a un’opera brutalista più che razionalista viene però mitigata dalla riproposizione di alcuni elementi originali – come le balaustre – e dall’inserimento di nuovi materiali con forme e linee pulite. Un’altra richiesta della famiglia era quella di un rifugio “a basso impatto energetico”, continua Grassi, che per rendere autonomo il Belvedere si è ispirato al funzionamento dei rifugi. Per questo motivo, pannelli solari ad aria e fotovoltaici, un serbatoio di accumulo di acqua piovana e un generatore permettono di dotare l’edificio di tutti i comfort.
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