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di Bartolino Ferlazzo

IL NON RICORDO DEL RICORDO (il non ricordo di chi non vuole)

Nelle primissime ore del 24 maggio, nei pressi del monte Colovrat, in provincia di Udine, una pattuglia esplorativa di alpini del battaglione Cividale è in avanscoperta in territorio nemico. Intercettata dalle guardie confinarie austriache, comincia una scaramuccia.
Sono le quattro del mattino, a terra rimane il corpo senza vita dell’alpino Riccardo Giusto.
È il primo caduto italiano nella Prima guerra mondiale.

La sua vita è durata solo vent’anni. Fa parte di quei ragazzi che si sono trovati all’appuntamento con la storia, che in quel lunedì 24 maggio marciano «per raggiunger la frontiera e fare contro il nemico una barriera».
La data sarà poi consacrata dalla canzone La Leggenda del Piave. La scriverà di getto, nel giugno 1918, un musicista impiegato postale napoletano, Giovanni Ermete Gaeta, che si firma con lo pseudonimo di E.A. Mario. La canzone avrà un successo immenso fra i combattenti e non solo.
Prima che quelle strofe risuonino, passeranno quarantuno lunghissimi mesi di guerra, di distruzione e di morti, ma anche di coraggiosi atti di eroismo e di imprese audaci.
Soprattutto, però, saranno tre anni – per parafrasare Ungaretti – dove i paesi più straziati saranno i cuori di chi non rivedrà più i loro cari fare ritorno. Sono gli oltre 650mila morti costati all’Italia.
Ciò avvenne la notte tra il 23 e 24 maggio 1915, quando l'Itaolia dichiarò guerra all'Impero austro-ungarico e sferrò il primo attacco contro l'Imperiale Regio esercito, marciando dal presidio italiano di Forte Verena dell'alto piano di Asiago, verso le frontiere orientali.-

Si celebra oggi quel lontano, glorioso 24 maggio del 1915, quando l'Italia entrò in guerra contro l'Impero Austro-ungarico, per liberare definitivamente l'Italia da una secolare oppressione e completare il disegno risorgimentale dell'unità della Nazione. .

Quella data è presente nella nostra memoria e ricorre nei nostri spazi immaginativi, perché si lega, a doppio filo, a quella sintesi storica ed emblematica della Grande Guerra, racchiusa nella cosiddetta “Epica” del Piave, il Fiume sacro alla Patria.

Quel “venerato” Fiume, fu attraversato il 24 Maggio, dalle nostre truppe in marcia verso il fronte, dopo la dichiarazione di Guerra, come ricorda la celebre Canzone del Piave che esalta quel giorno.

Ma il Piave racconta molto di più di quello storico passaggio dei Fanti italiani sopra i suoi ponti .Esso rappresenta la linea rossa, l’invalicabile frontiera, la barriera del coraggio eroico, del sacrificio estremo, il luogo da cui, sbarrato il passo all’avanzata nemica, i Soldati italiani lanciarono l’irresistibile controffensiva che annientò quello che era considerato uno dei più forti eserciti del mondo.

E fu Vittorio Veneto e la vittoria!Tutto questo e’ contenuto in quella data ; non soltanto l’inizio della guerra contro gli Imperi Centrali, ma anche il “durante e il dopo”: la sofferenza, l’eroismo, la tragedia dei nostri Caduti, da Caporetto fino al Bollettino della vittoria firmato Diaz.Ciò nondimeno è importante sottolineare che la splendida Canzone di E.A.Mario, composta sul finire del conflitto, dopo la Battaglia del Solstizio, ha contribuito non poco a fissare nella nostra memoria quella data e gli eventi succedutisi da quel giorno di Maggio,

“La Leggenda del Piave”.Quel canto della notturna marcia verso il fronte e delle alterne vicende della Guerra, esprime intensamente il brivido patriottico, l’orgoglio, l’emozione, l’ansia struggente ed anche la paura di tutti gli italiani di tutte le madri, i padri, le spose, per un evento, tragico come la guerra, ma al quale la Patria chiamava nell’intento di vedere compiuto quel destino unitario sognato da Mazzini, da Garibaldi, da Cavour. Senza dimenticare tanti altri Patrioti e, tra i primi, i Bersaglieri di Lamarmora, che, da Goito al Piave, furono sempre avanguardia coraggiosa e spavalda di quel sogno.

E così il Piave “calmo e placido” di quella notte di primavera, è diventato un simbolo, una grande metafora della nostra storia, della grandezza dei nostri valorosi combattenti e dei nostri gloriosi Caduti.Ed è per queste ragioni che il 24 maggio di quei versi e quel motivo musicale, rimane e rimarrà inciso, forse per sempre, nell’anima di noi Italiani, come colonna sonora della nostra autentica passione patriottica e della nostra più orgogliosa e forte identità nazionale.

Chi non ricorda, non ha presente, ma nion ha nemmeno futuro, e questo vuol dire che Riccardo Giusto, non avrà quelle riconoscenze di altri che magari, da dietro una scrivania sono statyo, sono e saranno ricordati per non aver fatto nulla.-

Oggi nessuna testata giornalistica ha ricordato l'evento, meglio parlare di moda, di cinema, di sport, di futilità senza renderci conto che se possiamo credere di essere "liberi" lo doabbiamo a loro e, mai come in questi frangenti risuona l'area del Nabucco di Verdi " ... o mia patria si bella e perduta ...".-

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