di Felicia Raffaele
Auguro a questa gente che ha avuto la brillante idea di aprire un bar in un giardino del centro storico circondato da abitazioni, a pochi metri dalla nostra casa e dalle camere da letto di persone anche anziane, di riflettere.
La sera quando vado a dormire e sento il fruscio degli alberi mossi dal vento, cerco di imprimerlo bene nella mente, nella mia memoria troppo labile, perché non so se potrò sentirlo ancora. Gli uccellini che ci svegliavano la mattina sono già stati sovrastati da un concerto di trapani e martelli.
Non so se dovremo vendere questa casa, che è la casa della mia infanzia, quella in cui mio padre mi rimboccava le coperte la sera, quella che mia madre ha fatto sacrifici per ristrutturare. Non so cosa accadrà. Ma mi si stringe il cuore, perché nulla sarà lo stesso. E nessuno lo sa. E a nessuno importa nulla.
Non importa a questi criminali che distruggono il ritmo tranquillo di tutta una vita, uno dei luoghi di una famiglia, il silenzio a cui ognuno dovrebbe avere diritto. Non importa alla Sovrintendenza ignorante e bieca che rilascia permessi senza chiedersi che impatto avranno sulle vite altrui. Non ho dubbi che a nessuno di loro sia mai capitato nulla del genere.
Mercoledì andrò via con il cuore gonfio di tristezza, rabbia, impotenza e nostalgia. Odio. Profondo. E meno male che queste dovevano essere le mie ferie prima di una dura estate di lavoro. Perché si, partire è sempre un po' morire. Ma certe volte lo è di più.