pgrassodi Pino Grasso

Nella storia della Terra, eruzioni vulcaniche straordinariamente imponenti, immissione di zolfo in atmosfera, rapidi cambiamenti climatici e fenomeni di acidificazione degli oceani sono stati accompagnati da grandi eventi di estinzione di massa e crisi di biodiversità.

Attraverso osservazioni in ambienti sottomarini vulcanici ed esperimenti di laboratorio, un team internazionale di biologi marini e paleontologi ha svelato i possibili meccanismi che hanno portato alcune specie a sopravvivere e ad adattarsi a condizioni ambientali estreme, come la riduzione del pH degli oceani. Queste condizioni sono già state registrate in passato e sono previste per un prossimo futuro, se le emissioni di gas serra da parte dell'uomo non verranno ridotte.

Il confronto tra popolazioni di molluschi marini provenienti dall'isola di Vulcano e da altre zone della Sicilia, insieme ad analisi di laboratorio condotte sulla loro capacità di calcificazione ed i loro tassi metabolici, rappresentano la prima evidenza sperimentale dei meccanismi biologici alla base di un fenomeno noto ai paleontologi come "effetto Lilliput".

Secondo questo fenomeno, finora mai spiegato sperimentalmente, alcuni organismi sopravvissuti alle estinzioni di massa del passato erano molto più piccoli in dimensioni di quanto non fossero nei periodi precedenti.

A discapito di una crescita lenta e con dimensioni delle conchiglie notevolmente ridotte, gli organismi studiati hanno mostrato una sorprendente capacità di massimizzare le risposte fisiologiche e di produrre carbonato di calcio anche in condizioni ambientali estreme, sopperendo così ai continui attacchi della dissoluzione dovuti all'acidificazione delle acque marine.

Il livello di acidificazione degli oceani previsto per la fine di questo secolo dagli scienziati del Pannello Intergovernativo per lo studio dei Cambiamenti Climatici (Ippc) è molto simile a quello di circa 252 milioni di anni fa, alla fine del Permiano, quando si verificò il più grave evento di estinzione della Terra.

Pubblicata ieri sulla rivista Nature Climate Change la ricerca è stata co-diretta da Marco Milazzo (Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare), Vittorio Garilli (dottore di ricerca Unipa ed oggi ricercatore presso Paleosofia-APEMA) e Riccardo Rodolfo-Metalpa (Institut de recherche pour le développement – IRD, Francia), in collaborazione con Daniela Parrinello (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche) e altri ricercatori di varie istituzioni tra cui l'INGV di Palermo, l'Università di Plymouth e il Museo di Storia Naturale di Londra (UK).

Il DiSTeM dell'Università di Palermo ed il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) hanno cominciato a studiare gli effetti dell'acidificazione degli oceani sin dal 2009 utilizzando le emissioni vulcaniche di gas delle Isole Eolie come laboratorio naturale. In collaborazione con oltre 20 istituti di ricerca nazionali ed internazionali e anche nell'ambito del progetto FP7 MedSeA, coordinato dal professor Antonio Mazzola, il DiSTeM ha condotto vari studi in questo siti privilegiati.

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