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di Leandro Ianni*

Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. E disastri, danni e morti si ripetono inesorabilmente. Dopo la tragica, ultima alluvione, nelle Marche, Italia Nostra si associa al cordoglio generale per le vittime, alcune giovanissime.

Ogni anno, ormai, con desolante regolarità, lutti e distruzioni accompagnano l’inizio dell’autunno. Lungo le pendici e in prossimità dei versanti montuosi, si assiste sempre più spesso a piene improvvise, dovute a fenomeni meteoclimatici intensi, esacerbati dal cambiamento climatico.

È necessario affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici: le amministrazioni locali sono chiamate a mettere in sicurezza i torrenti e i fiumi, soprattutto nelle aree dove più critica è la situazione e più fragile il territorio a causa delle dissennate politiche che hanno permesso l’edificazione in deroga a qualsiasi principio di cautela. Ancora una volta Italia Nostra si trova a ripetere quanto affermato in altre occasioni simili: il dissesto idrogeologico è prodotto dall’uomo, non dalla natura.

Per far fronte alle onde alluvionali delle cosiddette “bombe d’acqua” bisogna dare “spazio” ai corsi d’acqua, siano essi fiumi o torrenti con andamento stagionale. Questo significa mitigare strozzature, prevedere bacini di laminazione, ampliare e non restringere gli alvei là dove possibile.

I fondi del PNRR e quelli regionali destinati al dissesto idrogeologico devono essere spesi in modo tempestivo ed efficace, o i territori saranno sempre meno resilienti ai cambiamenti climatici. Abolire la “Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche”, detta anche #italiasicura, varata dal governo Renzi e smantellata dal governo Conte, è stato sbagliato, senza aver previsto una cabina di regia alternativa.

In Italia, ci sono 1,3 milioni di abitanti che vivono in zone a rischio frane, con mezzo milione di edifici nelle aree a pericolosità elevata e molto elevata, mentre ci sono altri 7 milioni di persone in aree a rischio alluvione e 1,5 milioni di edifici nelle aree inondabili nello scenario medio. Nel complesso, nel corso del 2021, è aumentata la superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni, con un incremento che vale circa il 4% e il 19%. Quasi tutti i comuni italiani (94%) hanno aree a rischio dissesto e/o soggette a erosione costiera.

In Sicilia, il dissesto idrogeologico coinvolge persone, edifici, beni culturali e attività imprenditoriali. Nell’Isola ci sono circa 320mila residenti che vivono in aree a rischio frane: un dato che si distribuisce per quasi duemila chilometri quadrati di territorio (7% del totale della superficie regionale). Lo rivela il rapporto 2021 “Dissesto idrogeologico in Italia”, presentato nei giorni scorsi dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che fornisce il quadro di riferimento nazionale in ordine alla pericolosità associata a frane, alluvioni e all’erosione costiera dell’intero territorio italiano.

La graduatoria provinciale isolana, valutando una stima della popolazione potenzialmente presente nelle aree a rischio, vede in cima Palermo, con poco più di 36mila persone coinvolte, e quindi Messina, con circa 17mila; ma anche la provincia di Caltanissetta risulta tra le più vulnerabili. Numeri che posizionano l’Isola tra le regioni più fragili a livello nazionale, considerando che, proprio per le aree a livello di pericolosità più elevata, il numero di isolani è valutato tra i più alti d’Italia.

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Ma non ci sono solo persone e territorio nel mirino dell’emergenza idrogeologica. A rischio frane e alluvioni, infatti, si registrano anche case, attività produttive e beni culturali. In Sicilia, secondo i dati dell’ISPRA, ci sono 102mila edifici, pari a circa il 5,9% del totale, e 22.472 imprese che risultano nelle aree a rischio. Tra questi ci sono anche circa un migliaio di beni culturali, un patrimonio rilevantissimo che attende risposte. Da considerare, inoltre, anche la presenza di circa 120mila edifici che si trovano in aree a rischio idrogeologico.

Ma anche l’erosione costiera rappresenta un altro gravissimo problema idrogeologico, ormai da anni al centro di un costante monitoraggio di enti ambientali preposti al controllo e di associazioni ambientaliste. Calabria, Sicilia, Sardegna e Puglia sono le regioni con il maggior numero di chilometri di costa in arretramento. Il loro sviluppo costiero è pari a più di due terzi della costa nazionale e, nonostante la complessa articolazione geomorfologica delle coste basse e i lunghi settori di costa alta, il 61% dei litorali italiani in erosione appartengono ad esse. In Sicilia, in particolare, il dato relativo alla costa in erosione è pari a 139 chilometri, si tratta del secondo dato più elevato d’Italia, dopo la Calabria (161 km), e prima di Sardegna (116 km) e Puglia (95 km).

Vedremo cosa faranno il prossimo Parlamento e il prossimo Governo – regionale e nazionale – per tutelare, per mettere in sicurezza il nostro territorio. Da anni attendiamo l’approvazione di una Legge sul consumo di suolo e auspichiamo una corretta pianificazione del territorio, a partire dal rispetto dei Piani paesaggistici. Così come attendiamo l’istituzione della Carta del rischio del patrimonio culturale e del paesaggio siciliani.

*Presidente di Italia Nostra Sicilia

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