di Ennio Fiocco
A “Ittata ‘i l’Astricu” nella tradizione di Ustica importata dalle Eolie.
L'arciduca Luigi Salvatore d'Austria (1847 + 1915) si convinse fin da giovane a non avere alcuna vocazione per la carriera politica e spinto da un appagante desiderio di conoscere i luoghi meno frequentati e dimenticati del Mediterraneo, acquistò uno yacht di cinquanta metri, il “Nixe”, con a seguito una equipe di esperti che doveva aiutarlo a raccogliere informazioni sui territori visitati.
Ne scaturì una serie di importanti pubblicazioni geografiche ed antropologiche illustrate con schizzi e disegni eseguiti dallo stesso arciduca.
Nella pubblicazione “Defensive architecture of the Mediterranean” di A. Marotta e R. Spallone, il nobile viaggiatore viene descritto come “un personaggio particolarmente eclettico, colto, con una forte inclinazione per il naturalismo...documentandone acutamente luoghi, costumi, tradizioni...(impiegando) un innovativo questionario...era solito consegnarlo al sindaco, al parroco, al medico, all’insegnante, al giudice e ai residenti più in vista stimolandoli nella raccolta di ogni notizia utile ad una puntuale illustrazione delle loro attività....”.
Nel volume su Ustica (pubblicato nel 1898) L.S. d'Austria descrive “le case di campagna, semplici volumi con tetto piano caratterizzati dal pergolato antistante composto da pilastri quadrati, caratteristica questa che differenzia la tipologia usticese da quella eoliana in cui i pilastri, invece, sono quasi sempre di forma circolare (i pulera)...I disegni dell’arciduca...mostrano quella sensibilità propria dei grandi eruditi; la compresenza, nel testo, dei disegni di sensazione e di accurate tabelle...che denotano il carattere assolutamente scientifico dell’opera, ci mostrano un personaggio di sconcertante ed incredibile modernità.”.
Con questa mia ricerca intendo indagare su piccoli aspetti comuni tra Ustica e le Eolie, come già evidenziato nelle mie precedenti pubblicazioni del 2020. Appare indiscutibile che nel 1763 un folto gruppo di Eoliani abbiano colonizzato Ustica con 86 famiglie di 399 persone e che, di conseguenza, vi sia stato il trasporto di usi e costumi nel nuovo territorio occupato. In un ulteriore articolo di D. Bilello viene esaminata la festa della “Ittata ‘i l’Astricu”. “È una festa privata che...segna un’occasione di gioia e di divertimento...
L’Astricu è la copertura...stendendo su travi di legno listelli di castagno o robuste canne e coprendo gli interstizi con pietruzze molto porose e leggere in modo da formare un supporto su cui veniva stesa una malta di calce e lapillo. Seguiva la fase del getto di malta e della sua battitura con pestelli di legno fino a farne un suolo compatto, impermeabile e isolante. L’operazione andava conclusa in una unica soluzione prima del calar del sole...racchiude in sé la soddisfazione e l’orgoglio della maestranza coinvolta che conclude positivamente un tempo di fatiche e di attese...è un lieto evento...ha radici che affondano nella secolare tradizione eoliana...I coloni liparoti portarono a Ustica con il loro bagaglio di sofferenze e di speranze anche le loro tradizioni a dimostrazione che ogni popolo ha il desiderio di mantenere saldamente vive nella mente e nel cuore le proprie memorie, le proprie abitudini di vita anche se lontano dalla terra natia.
La più antica testimonianza della tradizione eoliana è stata rintracciata tra le carte di una indagine disposta dal Governatore dell’Isola nel 1769, ossia nell’anno in cui fervevano i lavori per la costruzione delle case del nuovo centro abitato. Il verbale riporta la testimonianza di tale Leonarda Schillaci...la quale dichiara di essere stata con altre donne «in casa Giacomo Coltraro ove Domenico Tranchina faceva festino a stile di Lipari per causa che nella sua casa si gettava l’astraco...e alla fine del pranzo vi fu il violino e posti in allegria tutti si spassavano ballando...messo il moccatore sopra le spalle ballavano fra donne».
Confermano la testimonianza Grazia Zajia...asserendo che «dopo di essersi ritrovata nella casa di Giacomo Coltraro ove si faceva banchetto col violino perché Domenico Tranchina aveva gettato l’astraco...e doppo finito il pranzo [vi fu] il sono [sic] del violino» e Domenico Tranchina...il quale dichiarò «che nel giorno che gettò l’astraco della sua casa a stile del suo paese che si fa la manciata dei mastri che travagliano all’astraco assieme ad alcuni suoi amici e parenti … vi era il violino e lo pranzo si fece in casa»”.
Anche l'Arciduca Luigi Salvatore d'Austria ci ha lasciato la sua testimonianza sulla festa di Ustica così descrivendola: “ultimata la costruzione di una nuova casa, se ne festeggia l’inaugurazione. Appena viene buttato sull’Astricu il primo mastello (bugliolo) d’impastu (calce e pietrisco), si alza la bandiera nazionale in segno di festa, e quando l’Astricu è terminato si fanno inviti e si offrono gnocchi oppure pizze al forno. La sera di solito ha luogo anche un ballo”.