Lipari, 11 febbraio 2017
Al Provveditore agli Studi di Messina
Oggetto: quale valore educativo ha sospendere un alunno della Ia elementare?
Egregio Provveditore, giovedì scorso è stato emesso un provvedimento di sospensione di due giorni dalle lezioni a carico di un mio nipotino, che frequenta la Ia classe della scuola elementare di Lipari. Certamente il comportamento di un bambino quando disturba le lezioni non può né deve essere giustificato, ed è giusto che docenti e genitori intervengano nel correggere atteggiamenti o azioni sbagliate, perché ciò fa parte di un percorso educativo e formativo importante che tutti abbiamo vissuto e conosciamo. Ma mi chiedo che senso abbia scegliere un provvedimento di sospensione, o meglio, come può essere recepito e compreso da un bambino di appena 6 anni? Quando tornerà in classe, dopo un paio di giorni, siamo certi che avrà capito il perché di questa punizione? Invece di intervenire reprimendolo e correggendolo sul posto e sul momento, lo si allontana: forse perché la scuola non è in grado di assolvere appieno il suo compito? Come è possibile che oggi in una classe dotata di almeno tre insegnanti non si sia in condizione di fare fronte a incidenti del genere, che – ribadisco – non vanno giustificati ma sono perfettamente plausibili perché legati all’irruenza dell’età e alla novità del percorso scolastico, quando – ormai più di mezzo secolo fa – nella scuola elementare che frequentavo una unica figura di insegnante sapeva perfettamente gestire queste circostanze? Eppure, la dirigente scolastica Fanti non solo ha ratificato il provvedimento ma, nel corso di un colloquio, ha addirittura suggerito alla famiglia di rivolgersi a uno psicologo. Su quale base una dirigente esprime questo genere di valutazioni, che trovo anche piuttosto lesive della dignità del bambino? Le porgo questi quesiti in forma pubblica perché sono sicuro che una vicenda del genere non riguarda soltanto il mio nipotino e il ristretto ambito della mia famiglia, ma può interessare anche un più vasto numero di genitori, perché questa è diventata la scuola dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Salvatore Basile
LA REPLICA
di Mirella Fanti*
NON SBATTETE I VOSTRI FIGLI IN PRIMA PAGINA !!!
Essendo stata chiamata in causa pubblicamente, rispondo alla lettera pubblica del sig. Salvatore Basile.
Premesso che la lettera del nonno sta violando gravemente la privacy del bambino interessato. Premesso che non entrerò nel merito della questione “comportamento singoli alunni” che per noi operatori scolastici è argomento strettamente riservato e coperto da segreto d'ufficio.
Premesso che le problematiche particolari dei singoli alunni vengono da noi discusse e affrontate nelle sedi opportune: consigli di classe/interclasse, riunioni scuola-famiglia, incontri con i genitori.
Visto che si afferma che la “scuola non è in grado di assolvere appieno il suo compito” e che invece “più di mezzo secolo fa......una unica figura di insegnante sapeva benissimo gestire...”, vorrei proprio rispondere che forse più di mezzo secolo fa non era nemmeno lontanamente immaginabile che un bambino di 6 anni ricoprisse i docenti di parolacce e improperi e venisse per questo difeso dai genitori.
A questo punto mi limito a formulare alcune considerazioni di carattere generale. Il dirigente scolastico ha il dovere di segnalare alle famiglie la presenza di un disagio e consigliare l'intervento di un esperto (psicologo, educatore). La famiglia ha il dovere di intervenire dove questo disagio è palese e persistente. Negare il problema significa non compiere adeguatamente il proprio ruolo di educatori. Delegare ogni intervento alla scuola significa rinunciare al proprio ruolo di genitori. Infine, questo uso ed abuso dei social media da parte di alcuni genitori e nonni, secondo noi operatori della scuola e professionisti della formazione, interferisce pesantemente con il processo educativo e formativo, il quale è momento delicato e imprescindibile dello sviluppo della personalità e richiede invece maggiore silenzio, ascolto, riflessione, ponderazione, umiltà e condivisione da parte di tutti i soggetti interessati – famiglie, docenti, esperti. Il che non significa passività da parte delle famiglie, anche acceso dibattito e partecipazione attiva, se volete dialettica di vedute. Anche chiamando in causa autorità “superiori”. Ma nelle sedi opportune, con mezzi e strumenti di comunicazione riservata ed attenta. Con tutto il rispetto per questo Giornale che ospita anche la mia risposta (e per questo lo ringrazio), non è la sede opportuna per discutere il comportamento di un bambino di 6 anni.
*Dirigente scolastico IC “Lipari 1”
I COMMENTI
di Alfio Ziino
Ogni congregazione umana dedita alla produzione di beni o servizi viene giudicata dal suo prodotto. Che la scuola italiana sia scadente è un fatto e lo è già nella didattica. Per professione leggo scritti provenienti da ogni dove, a volte richiedendoli io stesso.
Nei così detti giovani, infra i quaranta anni, sintassi e punteggiatura son pressocchè sconosciute e sovente anche la graammatica
è latitante. Il glossario è modesto. Che quei giovani ignorino tali cose non può che essere imputato agli insegnanti, non certo ai genitori che i figli a scuola han mandato anche, o sopratutto, per questo. Ma non solo a ciò la scuola è deputata, dovendo essa provvedere, in tal caso sì con il concorso dei genitori, alla "formazione" degli alunni, ad insegnar loro le regole della convivenza, il rispetto delle norme e del prossimo, la disciplina, termine, quest' ultimo, che in fondo racchiude tutto quanto il resto. Maria Montessori pose a fondamento del metodo educativo da lei introdotto un principio: la disciplina deriva dal "lavoro libero" ed essa nasce solo quando nel bambino emerge un interesse autentico, ossia quando egli sceglie il lavoro assecondando il proprio istinto.
Ed è quì che si misura il valore di un insegnante. Sospendere un bambino di sei anni, oltre ad essere una idiozia ritenendosi che a quella età si comprenda il significato della sospensione, è la dimostrazione del fallimento, della incapacità, della latitanza di quell' insegnante che nel bambino in questione nulla ha saputo scorgere e, quindi, incoraggiare.
Il signor Salvatore Basile dice bene: qualche decennio addietro un unico insegnante sapeva benissimo gestire gli alunni affidatigli, e la ragione era semplice: quell'insegnante ci appariva persona autorevole, non autoritaria come un dispensatore o dispensatrice di sospensioni. Sapeva catturare la nostra intenzione. Ci poneva da soli al primo banco per far quel lavoro che non intendevamo fare o che fingevamo di svolgere disturbando i compagni. Si sacrificava, tenendoci sotto il suo sguardo severo e non mollandoci. Non ci spediva a casa. E quell'insegnante non si presentava in classe con giovanili pantaloni più o meno sdruciti, con felpe da quattro soldi, con improbabili scarpe da tennis, affrontando, per ben comparire, sacrifici non indifferenti sapendo che la forma è sostanza. E quel professore, il mattino in aliscafo, recandosi al lavoro, non parlava di polpette innestando con i colleghi una diatriba condita da risa sguaiate e dialettali espressioni non commendevoli, non si dilungava su dolori e doloretti intimi. Quel professore aveva contegno.
di Antonio Scandurra
CRESCITA MORALE E REGOLE
Con regole solide i bambini crescono e imparano a governare la propria vita e i propri istinti. Senza regole invece, i bambini spesso sono più irrequieti e paurosi, diventano provocatori e tiranni.
Le regole, però, prima di essere comprese e interiorizzate, sono vissute nei comportamenti. Spetta quindi, in primo luogo, alla famiglia e dopo alla scuola, far sperimentare ai bambini quelle regole e poi farle consolidare in un clima cooperativo.
I bambini infatti trovano riferimento negli adulti(genitori, nonni, insegnanti) esempi concreti del possibile rapporto con le norme : attraverso il loro modello i bambini imparano a riconoscere la necessità e l'importanza di osservare le regole nella vita quotidiana e nei diversi contesti nei quali sono inseriti.
Turiel dice che più è precoce la capacità di interiorizzare le regole, più si interagisce presto nei contesti sociali diversi e prima si contrastano comportamenti devianti e prepotenti.
Si deve sempre essere attenti , sereni, fiduciosi nelle Istituzioni,conoscere bene la realtà prima di esprimere giudizi, guardando sempre, prima di tutto, ai propri limiti e alle proprie insufficienze.