Inaugurata ad Amsterdam la mostra "Mirabilia maris/Sicily and the sea" dedicata alle testimonianze storico-archeologiche subacquee provenienti dai fondali siciliani dalla preistoria fino alle epoche più recenti. L'evento nasce come percorso espositivo itinerante del patrimonio culturale subacqueo siciliano in collaborazione con il prestigioso Allard Pierson Museum dell'Università di Amsterdam (NL), e prevede la partecipazione di i partner internazionali scelti fra i musei e le istituzioni culturali più prestigiosi e più noti in Europa (Ashmolean Museum di Oxford, Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen), al fine di valorizzare e promuovere quanto recuperato in Sicilia, raccogliendo e offrendo per la prima volta al pubblico una visione d'insieme più esaustiva dell'intensità degli scambi culturali, dei traffici commerciali nel Mediterraneo, aventi come protagonista la Sicilia, che per la sua posizione fin dalla preistoria è stata il baricentro della navigazione mediterranea, sia al fine di pacifici scambi, sia per operazioni militari di conquista ed espansione da parte di popolazioni diverse. La mostra ripercorre 2500 anni di storia della Sicilia fino al Sedicesimo secolo, evidenziando anche il difficile lavoro degli archeologi subacquei e le nuovissimi mezzi di indagine e prelievo in alto fondale offerti dalla tecnologia a supporto della ricerca per mare.

Critico con le istituzioni regionali interessate il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa. Il Soprintendente ritiene che nonostante la mostra sia una vetrina di eccezionale rilievo per l'isola, a dispetto dei solleciti agli enti competenti non vi sia stato alcun riscontro: "Ho ripetutamente inviato note informative su questo evento, nonché intrattenuto colloqui con responsabili regionali del turismo e delle attività produttive circa l'opportunità che ci si offre (senza alcun onere per la nostra Amministrazione) al fine di garantire sia una presenza istituzionale in occasione dell'inaugurazione, sia per organizzare eventi collaterali finalizzati alla promozione del prodotto Sicilia in una delle città più importanti e vivaci al mondo. Con estrema amarezza – rivela Tusa – devo dire che il silenzio delle istituzioni regionali è stato assordante e di ciò me ne rammarico sia come responsabile di un'istituzione che, come riconosciuto ormai al livello nazionale ed internazionale, ha dato estremo lustro alla Sicilia, sia come cittadino che vede sprecata un'altra occasione importante di promozione della nostra terra". La mostra, ideata dalla Soprintendenza del Mare e allestita interamente a spese del museo di Amsterdam, prevede varie sezioni, che mettendo insieme reperti subacquei, modellistica navale e pannelli relativi alla storia della Sicilia attraverso i quali si illustreranno sia le ultime scoperte della Soprintendenza del Mare (effettuate recentemente anche nel mare delle Eolie), sia quelle più antiche dei primordi dell'archeologia subacquea siciliana (Frost, Kapitaen, etc.) con filmati storici, video-installazioni, ricostruzioni virtuali dei siti e relitti e infine l'edizione completa di un catalogo illustrato della mostra e dei manufatti esposti in lingua italiana ed inglese. Saranno predisposti inoltre "hands-on activities" per illustrare didatticamente i metodi e le tecniche dell'archeologia subacquea e il lavoro dell'archeologo sui reperti. La sede ospitante della mostra in Olanda è stata individuata nell'Allard Pierson Museum, sito in Oude Turfmarkt ad Amsterdam, nell'edificio dell'antica Banca Nazionale. È un museo archeologico diretto dall'Università di Amsterdam, che ospita collezioni dedicate a varie civiltà antiche, dalle civiltà mesopotamiche, all'Antico Egitto, agli Etruschi, alle civiltà Greca e Romana. La mostra rimarrà aperta fino al17 aprile 2016.

---Lipari - La Soprintendenza del mare, diretta da Sebastiano Tusa, nella baia di Capistello, alle Eolie, ha recuperato un ceppo in piombo di età ellenistico-romana completo di contromarra; una brocchetta pertinente probabilmente il corredo di bordo di una delle navi inabissatesi e un altare votivo, completo di base e colonna modanata. La colonna costituisce una scoperta eccezionale per la sua rarità e per la difficoltà del recupero. Il reperto si trovava a 114 metri di profondità. (ANSA).

---Aeolian Islands Underwater Archaeology Project - 2015

capistellorepertiContinuano anche quest'anno le esplorazioni nei fondali delle Isole Eolie. Grazie ad un protocollo d'intesa siglato nel 2014 tra la Soprintendenza del Mare e la Global Underwater Explorer (GUE) si è avviata la seconda stagione di ricerche del progetto "Aeolian Islands Underwater Archaeology Project".

La campagna di esplorazioni archeologiche subacquee di quest'anno ha interessato, in particolare, i fondali delle isole di Lipari, Panarea e Filicudi.
Nel corso delle immersioni effettuate dagli esploratori subacquei professionisti della GUE, sotto la direzione scientifica del Soprintendente Sebastiano Tusa e dell'archeologo Roberto La Rocca, è iniziata la raccolta dei dati per la realizzazione della carta archeologica del patrimonio culturale subacqueo dell'arcipelago eoliano.

I subacquei, sotto la direzione tecnica di Francesco Spaggiari (GUE), hanno mappato in maniera puntuale la zona della famosa Secca di Capistello di Lipari. Le attività rappresentano il proseguimento delle prospezioni già avviate nell'anno 2014, grazie al supporto tecnico/navale del locale Ufficio Circondariale Marittimo della Guardia Costiera, dell'unità navale "Monteleone 814" dei Carabinieri e del Cantiere Nautico Portelli. L'attività ha consentito il recupero di pregevoli reperti archeologici pronti per essere trafugati, confermando come l'attività propulsiva della Soprintendenza del Mare e l'azione congiunta sia con le Istituzioni locali che con comunità locale, renda concreta l'attività di tutela e salvaguardia del patrimonio culturale subacqueo eoliano.

Nel corso delle immersioni effettuate nel mese di settembre 2015 nella baia di Capistello, sono stati recuperati numerosi reperti: un ceppo in piombo di età ellenistico-romana completo di contromarra, una brocchetta pertinente probabilmente il corredo di bordo di una delle navi inabissatesi nell'areale e un altare votivo che faceva parte della dotazione di bordo (louterion) completo di base e colonna modanata. Quest'ultimo, in particolare, costituisce una scoperta eccezionale per la rarità del ritrovamento e per la difficoltà del recupero. Il reperto, infatti, si trovava alla ragguardevole profondità di 114 metri in prossimità di uno strapiombo abissale. Il recupero è stato fatto dal team di subacquei GUE con un'immersione durata oltre 5 ore, grazie all'utilizzo di rebreathers.

La missione è proseguita nei fondali di Panarea, dove per il secondo anno consecutivo l'esplorazione del relitto denominato "Panarea III" situato a 115 metri di profondità ha permesso la realizzazione di una innovativa fotogrammetria tridimensionale che consentirà agli archeologi della Soprintendenza del Mare lo studio del relitto e la potenziale dinamica del suo affondamento. Contestualmente sono stati recuperati alcuni reperti utili allo studio: alcuni piatti da pesce, tre anfore greco italiche e un'anfora punica Mana C.
Le attività si sono concluse nell'isola di Filicudi, dove sono state condotte delle prospezioni ad ampio spettro tra gli 80 e i 100 metri di profondità, coprendo tutto l'areale tra il porto e la secca di Capo Graziano.

L'ultima immersione, infine, ha consentito la verifica dello stato di salute e la documentazione video fotografica del famoso relitto della nave posacavi "Città di Milano", inabissatasi nei pressi della Secca di Capo Graziano ad una profondità prossima ai 130 metri.

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---Sui fondali della secca di Capistello, i sub della Soprintendenza del mare hanno recuperato un braciere commemorativo del terzo secolo avanti Cristo. L'operazione è stata diretta dal sovrintendente Sebastiano Tusa con la collaborazione della Guardia costiera.
Nel tratto di mare, a una sessantina di metri, giace il relitto di una nave affondata circa 23 secoli fa e rinvenuto nel 1966 da Giovanni e Beppe Michelini, Enzo Sole e Santo Vinciguerra nel corso di un'immersione per la ricerca del corallo tra Lipari e Vulcano.
Da quel momento iniziarono reiterati tentativi di saccheggio che, per l'elevata profondità, qualche volta si conclusero tragicamente, al punto che il sito fu denominato quello del "relitto maledetto".
"L'indagine scientifica - spiega il professor Gianfranco Purpura dell'Università di Palermo - fu avviata anche per far cessare i recuperi clandestini, avvalendosi del gruppo dei rinvenitori; ma la missione dell'istituto archeologico germanico di Roma, che aveva avuto affidata la direzione dello scavo, fu sospesa poco prima che iniziasse per un incidente in cui persero la vita Helmut Schlaeger, direttore dell'Istituto, e Udo Graf, suo giovane assistente". (ANSA).

---I fondali della secca di Capistello regalano ancora tesori sommersi. I sub della Soprintendenza del mare hanno recuperato stamane un braciere commemorativo del terzo secolo avanti Cristo. L'operazione è stata diretta dal sovrintendente Sebastiano Tusa con la collaborazione della guardia costiera che era al seguito con una motovedetta.

CAPISTELLO, IL RELITTO SOMMERSO.

Il relitto della Secca di Capistello.

di Gianfranco Purpura*

Il relitto della Secca di Capistello è stato rinvenuto nel 1966 da Giovanni e Beppe Michelini, Enzo Sole e Santo Vinciguerra nel corso di un'immersione profonda per la ricerca del corallo tra Lipari e Vulcano. Quando Giovanni Michelini guidò ad una quota di circa sessanta metri la mano di Santo Vinciguerra per far toccare il collo di un'anfora greco-italica nascosta dalla posidonia, il tumulo del carico navale - posto sul ripido pendio di una insidiosa secca - appariva incontaminato. Esso nascondeva lo scafo di una nave naufragata intorno al 300 a.C. sul versante orientale dell'isola con un carico di anfore e ceramica a vernice nera.

Da quel momento iniziarono reiterati tentativi di saccheggio che frequentemente, per l'elevata profondità, si conclusero tragicamente, al punto che il sito fu denominato il "relitto maledetto".

L'indagine scientifica fu quindi avviata anche per far cessare i recuperi clandestini, avvalendosi del gruppo dei rinvenitori, ma la missione dell'Istituto Archeologico Germanico di Roma, che aveva avuto affidata la direzione dello scavo, fu sospesa poco prima dell'inizio in seguito a un tragico incidente in cui persero la vita Helmut Schlaeger, direttore dell'Istituto, e Udo Graf, suo giovane assistente.

II relitto era ubicato in un fondale fortemente inclinato che degradava fino ad una profondità esplorata di 102 m. e i tedeschi, con la collaborazione degli italiani, avevano delimitato la zona tra i sessanta e i settanta metri di profondità, ma in un'ultima immersione di controllo poco prima dell'inizio previsto dei lavori archeologici, si verificò l'incidente che determinò l'interruzione dei lavori.

A causa della particolare natura del fondale, la nave, dopo aver urtato sulla sommità della Secca, affondando aveva rovesciato il suo carico fino ad uno scoglio emergente dal pendio, assestandosi in corrispondenza di un breve pianoro. Il carico appariva sparso per un'area vasta piú di 1200 m2.

Molti anni più tardi, nel 1976, il lavoro fu ripreso con l'intervento americano dell'Institute of Nautical Archaeology (AINA) e della Sub Sea Oil Services, avvalendosi di adeguati mezzi tecnici, tra i quali una campana batiscopica, una camera di decompressione, telefono e televisione a circuito chiuso e addirittura un minisommergibile. Per la prima volta si sperimentavano le nuove tecnologie per l'esplorazione archeologica completa del relitto, che fu conclusa nel 1978. In realtà il sito, oltre a conservare le strutture lignee dello scafo, custodisce ancora numerosi reperti e l'indagine appare ben lungi dall'essersi conclusa del tutto.

Le dimensioni originarie della nave dovevano superare di molto quella di Kyrinia (Cipro). Il fasciame appariva semplice e senza alcun rivestimento in piombo; i madieri e le ordinate risultavano alternate. Alcune parti del carico conservavano la posizione di stivaggio, con gruppi di anfore disposte verticalmente e pile di ceramica a vernice nera riposte negli interstizi. Il carico risultava formato essenzialmente da anfore c.d. greco italiche (oltre un centinaio recuperate), contrassegnate da bolli e trattate internamente con resina. Molte delle anfore erano ancora chiuse da un tappo di sughero sigillato con resina. I bolli impressi sulle anfore, con nomi greci interi o abbreviati (Cháres, Bíon, Eúxenos, Pop, Díon, Pare, Pist), sono stati confrontati con timbri analoghi rinvenuti a Ischia, Selinunte, Taranto e Gela. Oltre alle greco italiche sono state recuperate alcune anfore puniche del tipo Mañá C 1. Si è ipotizzato che alcune anfore avrebbero potuto contenere salsa di pesce di provenienza siciliana.

Diverse centinaia di vasi a vernice nera di varie forme - per lo piú piatti e coppe, oltre ad alcune kylikes dipinte con motivi vegetali bianchi all'interno e ad alcune lucerne su alto piede sagomato – dimostrano che il carico anforico era integrato da ceramica pregiata che differisce profondamente dai pochi vasi (piatti e brocche) in terracotta acroma, destinati alla cambusa di bordo.

In base alle dichiarazioni dei rinvenitori lo scafo era dotato di due ancore con ceppi in piombo. Uno è stato recuperato insieme a pesi per reti da pesca, alcune barre in piombo e ad un lingotto di stagno di circa 10 kg. di peso.

*Dipartimento di Storia del Diritto Università di Palermo

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