di Laura Taccari
Filicudi, nelle Eolie, è una di quelle isole che è difficile da raccontare. Ha un’anima tutta sua, una luce tutta sua. Si finisce sempre per scivolare nel cliché e non rendere l’idea. Filicudi va vissuta, scoperta piano, va accolta attraverso i gesti quotidiani, i rituali, i volti dei locali. I ristoranti non sono molti, neppure i bar, non c’è la solita smania che assale i turisti contemporanei di depennare una lunga lista di tip.
Quello che va trovato è un proprio ritmo con cui scandire le giornate e poi mettersi in empatia con mare e colline. Ma un posto da non perdere c’è, una galleria e residenza d’artista ambientata in una rimessa di pescatori davanti al molo di Pecorini Mare. Si chiama Studio Casoli e accoglie ogni estate artisti di rilievo internazionale. A fondarlo è stato Sergio Casoli, gallerista italiano legato da molti anni all’isola.
Una vita tessuta di arte, che comincia con l'apertura de Lo Scalino a Milano nel 1976, prosegue poi in Corso Monforte 23, dove apre Studio Casoli, in quello che fu lo storico studio di Lucio Fontana. Nel 2018 debutta a Roma con la galleria Casoli De Luca. A Filicudi Sergio è arrivato nel 1990. “Fin dall’inizio è stato un insieme di amore e amicizia”, racconta il gallerista. Per mantenere questo legame ha cercato di fare il mio, rilevando, insieme a Maurizio Cattelan, La Sirena di Pecorini Mare, un ristorante con un piccolo hotel annesso. È nel suo ristorante che Sergio ha incontrato per caso l’artista scozzese Peter Doig, tra i più quotati nell'arte contemporanea, tre anni fa. “Abbiamo discusso amichevolmente per 15 minuti e quando a dicembre decisi di riaprire dopo 22 anni lo Studio Casoli a Filicudi, gli chiesi se voleva fare una mostra. E Peter accettò”.
La prima mostra è stata un successo, i collezionisti sono approdati a Pecorini appositamente per l’esposizione e le opere sono state sold out. L’anno scorso è stata la volta di Lucio Fontana, artista al quale Casoli è particolarmente legato, al quale è stata dedicata la mostra “Unimetaverso Spaziale”. “Il filo conduttore delle esposizioni sono io”, dichiara il gallerista. Il tema di quest’anno è stato il colore e il movimento. La stagione è stata inaugurata dall’artista Yuri Ancarani, con “È solo un film”, una serie di fotografie prodotte durante la realizzazione del film Atlantide, presentato in anteprima alla 78° Mostra del Cinema di Venezia.
La mostra è stata ispirata dalla sequenza fotografica di Ugo Mulas del 1964 su Lucio Fontana durante la realizzazione dei quadri Attese. “Davanti alle foto di Mulas mi sono reso conto che la rappresentazione in sequenza dell’azione di Fontana faceva il lavoro, cioè quelle foto erano potenti per il senso di movimento e non per la qualità delle foto in sé”, spiega Yuri Ancarani, che per Studio Casoli ha sperimentato il concetto di sintesi e di semplificazione, attraverso una serie di immagini statiche.
A luglio sono state esposte le fotografie che Ornella Tondini, storica d’arte e fotoreporter in vari paesi del mondo, ha scattato sull’isola nel 1978. “Il mio non era uno sguardo verso gli isolani in quanto tali. Mi hanno colpita e profondamente segnata le loro storie, i loro racconti, misteriosi, ambigui, oltraggiosi, ma soprattutto i loro sguardi che affrontano la camera fotografica sempre con straordinaria fierezza”, racconta l’artista oggi ottantenne. Si è da poco conclusa la terza mostra, “colore reticolo”, che ha visto protagoniste alcune opere di Piero Dorazio, uno dei maggiori esponenti dell’astrattismo europeo del secondo Novecento.
Sempre fino al 10 settembre, la galleria ha accolto la mostra “Era, Ora”, di Seboo Migone, artista che nel 2022 ha partecipato alla prima residenza nello Studio Casoli. Le opere, un insieme di quadri di grandi dimensioni realizzati all’inizio degli anni Novanta e lavori più recenti, svelano una mitologia in bilico tra sogno e realtà. “I soggetti dei quadri non sono mai prestabiliti, ma nascono sempre da un’assenza di certezze, gli autoritratti e i paesaggi sono come una finestra che può essere aperta per lasciar entrare qualcos’altro, rivelando un’idea mutevole e sfuggente del concetto di identità”, spiega l'artista.(vogue.it)