di Giovanna Nigi
L’adagio popolare “salvare capra e cavoli” sembra trarre le sue origini da un gioco di logica del IX secolo, appartenente al ciclo degli attraversamenti dei fiumi: come potrà il contadino obbligato a trasportare una cosa alla volta, far passare dall’altra parte del fiume il lupo, la capra e i cavoli senza che il lupo mangi la capra e la capra i cavoli?
Un dilemma simile è quello che si sta cercando di risolvere da mesi ad Alicudi. Dopo il tormentone delle donne volanti è la volta delle capre, che voci sempre più allarmate e allarmanti dipingono come Erinni fameliche e infuriate pronte a distruggere l’isola, invocando soluzioni di qualsiasi tipo, soprattutto finali. C’è chi, però, ad Alicudi, non si accontenta di digerire verità già masticate, chi nota che i conti non sempre tornano, e che non ci si può omologare o appiattire sui pensieri altrui, soprattutto se preconfezionati. E, tanto per cominciare, decide di partire dall’osservazione diretta della natura, che si vorrebbe resa deserta e inaridita dalla voracità delle 600 capre arcudare. E come prima cosa nota un dettaglio, che tale non dovrebbe essere, sfuggito ai potenziali capricidi : l’isola non è mai stata così verde. Più verde delle altre dell’arcipelago eloliano, per la prima volta nella storia. E più popolata di uccelli, ricci e insetti. Cosa è successo? "Che le capre hanno aiutato la vegetazione e la biodiversità: in presenza di una folta comunità di capre selvatiche la vegetazione spontanea dell’isola diventa necessariamente più florida e variegata” ci rispondono gli ambientalisti di Alicudi. "Le isole mediterranee si sono evolute in presenza di grandi erbivori. Nel Pleistocene e Olocene gli erbivori si sono distribuiti in tutto il Mediterraneo, nel Neolitico tutte le isole del Mediterraneo erano piene di capre. Da questo si evince che la nostra natura e le capre sono in relazione positiva, che, fatte l’una per l’altra, si sono evolute insieme. Le capre distruggono habitat che non si sono evoluti con la loro presenza, ma la macchia mediterranea insulare si è evoluta proprio sotto la spinta di erbivori. Questo è il motivo di base per cui le capre non danneggiano questa natura, perché ne fanno parte integrante. La natura di Alicudi è una natura che ha una caratteristica eccezionale: è in gran parte selvatica. L’agricoltura e l’allevamento non sono significativi qui e questo ci permette di vivere immersi nella vegetazione spontanea. E ora abbiamo anche una considerevole popolazione di capre selvatiche, molto rara e preziosa, rara perché ormai le capre esistono solo negli allevamenti, quindi preziosa per gli etologi che possono studiare il comportamento naturale di questi animali. Abbiamo l’unica popolazione di capra Girgentina libera, non allevata. La girgentina libera si è estinta".
Improvvisamente ci troviamo quindi davanti a un capovolgimento totale dei ragionamenti fin qui accettati come assennati e convincenti: scopriamo, grazie agli studi fatti dagli ambientalisti di Alicudi, come le capre aiutino la biodiversità e siano in grado, grazie al fatto che mangiano e defecano libere, di diffondere i semi e aumentare il verde. "E’ stata, al contrario, proprio l’eradicazione delle capre selvatiche ”dicono" a causare, nelle altre isole, il declino della diversità vegetale, a portare a un'omologazione del paesaggio e all'espansione di specie invasive come il fico d’india e l'aliantus cinese. Salvare le capre ci permette di salvare l’unicità dell’isola. Gli escrementi delle capre fertilizzano il suolo, fornendo azoto, fosforo e potassio, elementi che servono soprattutto agli alberi. Le carcasse delle capre morte nutrono sia gli insetti utili all’ecosistema che gli uccelli rapaci: falchi e aquile negli ultimi anni hanno visto lievitare la propria popolazione grazie all’aumentato numero di capre presenti sull’isola. Scopriamo anche che le capre proteggono dagli incendi, mangiando l'erba secca e le parti legnose secche degli arbusti e degli alberi. Nutrendosi infatti della parte bassa di ulivi e lentisco, le capre fanno una sorta dei potatura che rinverdisce le chiome alte, creando una forma a cupola in grado di favorire la produzione della rugiada durante la notte. Questa umidità è utile sia per gli incendi, sia per le piante sia per gli insetti che se ne servono per bere, come le api. La Sicilia è uno dei posti con più alta biodiversità in Europa. A causa dell’agricoltura e dell’allevamento l’uomo ha distrutto la biodiversità, creando vaste zone con pochissime specie animali o vegetali. Alicudi è unica da questo punto di vista, perché, non essendo coltivata e non essendoci allevamenti, ha conservato miracolosamente una natura spontanea. La presenza dei pochissimi orti che prosperano nell’isola e delle scarsissime coltivazioni non può giustificare in alcun modo lo sterminio o la deportazione di tutte le capre di Alicudi. L’attenzione dei media internazionali invece si dovrebbe focalizzare sul fatto che siamo un posto unico in Europa in quanto la vegetazione è selvaggia e ora abbiamo anche una consistente fauna selvaggia di falchi, aquile, capre, ricci, ecc. Una delle priorità è quella di invitare biologi delle università per fare di Alicudi un osservatorio del rapporto tra capra selvatica e vegetazione spontanea. I giovani alicudari potrebbero fare da guide naturalistiche agli studiosi di cui si cerca di attirare l’attenzione".
Un’altra voce allarmante che deve essere ridimensionata alla luce degli studi fatti da chi vuol salvare capre e ambiente riguarda il timore che le capre aumentino all’infinito in assenza di predatori, e che finiscano per distruggere l’ambiente: si tratta di una voce del tutto contraria alla letteratura scientifica. Nessuna popolazione, infatti, aumenta senza autolimitarsi. Nessuna popolazione si riproduce fino a impoverire l’ambiente che gli fornisce sostentamento. Esistono delle dinamiche naturali di regolazione della popolazione, che possono essere sia ambientali (cioè risorse alimentari, predatori, malattie) che interne, attraverso il comportamento messo in atto dai gruppi. Nel caso delle capre selvatiche di Alicudi accade che, come molti altri animali, riducano le nascite attraverso la segregazione sessuale. Si formano dei gruppi di sole femmine, matrilineari, e dei gruppi di soli maschi.
Una semplice legge dovrebbe in realtà governare tutto ciò che alla Natura appartiene: quello che la Natura, madre di questa grande famiglia terrestre di "herbe et animali", decide di fare, per porre rimedio a una disfunzione (provocata dall’uomo) al suo interno, è giusto e sacrosanto, e l’uomo non solo non è in grado di rimediare a ciò che di sbagliato fa, ma spesso i suoi rimedi si rivelano peggiori del male. Siamo pessimisti? Non più di chi, nel corso dei secoli, ha denunciato come insensati e presuntuosi i tentativi da apprendisti stregoni che gli esseri umani, nella loro continua ricerca di imitare l’intelligenza superiore che ordina giornalmente il cosmo (il modo con cui viene chiamata è ininfluente) mettono in opera. I risultati si vedono: qualunque interferenza fatta ai danni della natura viene pagata a carissimo prezzo. Tutto quello che gli umani escogitano per migliorare ciò che non è assolutamente migliorabile per il semplice fatto che è perfetto, in quanto obbedisce a leggi immutabili di armonia e d’amore, porta a un cul de sac, a una strada senza via d’uscita. Ma noi, incaponiti come siamo ("Chi come Dio?" avrebbe dovuto insegnarci qualcosa) non facciamo che cercare di porre rimedi ancora più dementi a questioni dementi da noi stessi fabbricate. La questione delle capre di Alicudi rientra in queste tristi categorie.
Siamo di fronte a un antropocentrismo violento, all’attitudine a eliminare qualunque animale ci disturbi, per occupare tutto il territorio e considerare violazione della proprietà privata l’ingresso di un animale nel nostro giardino. La stupida e sanguinosa rappresaglia messa in atto contro gli orsi in Trentino dovrebbe farci riflettere. Quindi le capre sono in equilibrio con la natura, l’arricchiscono e non la impoveriscono. In natura non avviene mai una crescita illimitata delle capre. Solo le capre non selvatiche che hanno una riproduzione guidata dagli allevatori aumentano fino a danneggiare la vegetazione. Cosa rispondere infine a chi invoca la soluzione finale per le capre di Alicudi ?
“Che la capra è un animale che fa parte naturalmente di questa natura, perché la capra è nella memoria collettiva, non stiamo parlando di orsi polari, si è sempre mangiata la carne di capra nel Mediterraneo, nelle isole, in Italia, in Grecia. Da poco abbiamo letto un articolo in cui si parla di un paesino di campagna in Germania in cui ci sono sette cervi. Questi sette cervi entrano nel cimitero del paese e mangiano i fiori sulle tombe. Quindi gli abitanti del paese hanno deciso di uccidere i sette cervi. E’ questo un modo di ragionare che abbia un senso?"
L’intervista del Notiziario alla giornalista Giovanna Nigi, Alicudi il gusto della vita