di Claudio Costanzo e Riccardo D'Andrea
La storica rivalità tra Salina e Lipari ormai ha lasciato il posto a un acceso scontro fra le tre Amministrazioni della seconda isola più grande dell’arcipelago.
Oggi, Santa Marina, Malfa e Leni difendono con orgoglio diritti conquistati faticosamente e risorse vitali per la loro economia.
Eppure, il turista (e non solo) si chiede come mai siano presenti tre enti in un’unica isola, quando Lipari, che vanta maggiori estensione e popolazione, ha un solo Comune che peraltro abbraccia le “sorelle” minori.
La spiegazione affonda le radici nel tempo, come racconta il docente universitario messinese Marcello Saija: «Naufragata la proposta borbonica della divisione amministrativa tra Salina, Alcudi e Filicudi da un lato e Lipari, Vulcano, Panarea e Stromboli dall’altro, nel 1861 nacque il Comune di Santa Marina. Con l’Unità d’Italia, il governo italiano accettò l'autonomia, ma soltanto di Salina, in pieno sviluppo grazie alla produzione e al commercio della malvasia».
Quindi, Santa Marina assunse lo scettro di capoluogo. Una conquista maldigerita da Malfa e Leni, le cui pressioni per avere una propria Amministrazione divennero sempre più forti. Quando – aggiunge Saija – la Fillossera, nel 1888, distrusse tutti i vigneti, i paesi di Salina non fruirono più risorse autonome.
Pensarono così che avere più Comuni equivaleva a drenare dallo Stato maggiori risorse. In più, Malfa e Leni accusavano Santa Marina di fare i propri interessi rispetto alle altre borgate. E i consiglieri non potevano partecipare ai Consigli perché gli spostamenti via mare erano spesso difficoltosi.
Cominciarono a litigare e misero sotto accusa il segretario comunale di allora, il notaio Giuffrè, lo fecero addirittura arrestare all'inizio del Novecento. La guerra diventò fratricida. Ugo di Sant’Onofrio, deputato del Collegio, per riuscire a ottenere i voti di tutti e tre i comuni, diede inizio alle pratiche della scissione.
Così, nel 1909, vi erano tre Comuni insieme. Circa le ostilità con Lipari, a metà Ottocento le entrate economiche di Salina erano certamente superiori alla dirimpettaia. La malvasia di Salina assicurava più introiti rispetto alla pomice di Lipari, grazie a un commercio nel Mediterraneo garantito da una flotta di cento velieri.
Lipari, inoltre, sperava che Salina non disponesse di un porto, ma i fatti andarono nelle direzione opposta. «Un’accesa diatriba – spiega Saija – si registrò pure sulla malvasia. Alla fine nel 1938, nacque un consorzio col nome di “Malvasia delle Lipari”, nonostante il luogo di produzione fosse Salina».
Ottenuta l’autonomia, i sindaci di Santa Marina, Malfa e Leni pensarono ai rispettivi comuni anche se «i contrasti, alcuni molto recenti, non mancarono – evidenzia lo storico –. Si pensi alla realizzazione di un’area per il conferimento dei rifiuti nell’isola o al piano regolatore della Preriserva».
La separazione amministrativa, a giudizio di Saija, autore insieme ad Alberto Cervellera del libro “Mercanti di mare”, «si traduce oggi in spese più elevate e soprattutto in maggiori difficoltà nella gestione dei problemi. Un esempio? Il ticket di sbarco dei biglietti per chi arriva: Santa Marina e Malfa l’hanno introdotto, Leni no.
I proventi devono essere divisi tra gli enti ma il calcolo è difficile da attuare, per cui Santa Marina si rifiuta di dare la sua parte a Malfa e quest’ultima ha intrapreso un contenzioso».
La soluzione migliore, secondo Saija, sarebbe quella pensata dai Borboni, al fine di gestire meglio tutti i territori delle Eolie, sfruttarne le potenzialità nell’interesse dell'intera comunità.
Ma qual è, oggi, la località salinota che cresce meglio? Lo storico non ha dubbi: «Chi si si sviluppa meglio è certamente Malfa, che ha fatto un salto di qualità importante grazie a una oculata gestione imprenditoriale. Gode di un’impalcatura commerciale e di un flusso turistico maggiore rispetto a Santa Marina e Leni».
La rivoluzione dell’aliscafo
Per lo sviluppo delle Eolie un fattore determinante è stato l’introduzione dell’aliscafo: «Siamo nella metà degli anni Cinquanta – ha spiegato Saitta – e ciò ha determinato nei due decenni successivi una trasformazione profonda dei trasporti via mare, che ha consentito il decollo turistico delle Eolie, facilmente raggiungibili in breve tempo non solo dalla Sicilia».
La navigazione veloce, quindi come elemento vitale: «Non ci facciamo caso – ha spiegato il docente dell’Università di Messina – ma ciò ha cambiato l’economia dell’arcipelago. Dal punto di vista della toponomastica, è francamente ingiustificabile che Messina non abbia onorato Carlo Rodriquez, che è stato un capitano d'industria e un imprenditore visionario, con la “i” maiuscola, che ha realizzato a Messina un mezzo di trasporto via mare tra i più efficienti».
L’isola di Salina misura 26,4 km² ed è la seconda per estensione e per popolazione dopo Lipari. È divisa in tre comuni della Città metropolitana di Messina: Santa Marina Salina, Malfa e Leni (fino al 1867 faceva parte del territorio di Lipari, successivamente fu comune autonomo ) e conta complessivamente circa 2.300 abitanti.
È Formata da sei antichi vulcani, possiede il primo e terzo rilievo più alto dell'arcipelago: il monte Fossa delle Felci, 962 m, e il monte dei Porri, 860 m, che conservano la tipica forma conica. L’attuale nome deriva invece da un laghetto presente nella frazione di Lingua del Comune di S. Marina di Salina, dal quale si estraeva il sale.(gazzettadelsud.it)