foto di Gaetano Di Giovanni hanno collaborato Emanuel Raffaele e Lillo Manganaro
Nella confusione generata dalla caduta del governo Draghi e dalla successiva (e caotica) campagna elettorale, la notizia sulle isole minori è passata inevitabilmente in secondo piano. Eppure a luglio, in un Parlamento che si accingeva a chiudere la propria esperienza, è passata in sordina la modifica all’art.119 della Costituzione che, appunto, ha inserito un comma in più in cui la Repubblica Italiana “riconosce le peculiarità delle Isole” e “promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”.
Sin dalla scelta, in verità piuttosto infelice, di definirle “minori”, le 27 isole abitate (vanno escluse ovviamente Sicilia e Sardegna) sono da sempre considerate allo stesso tempo luogo di sperimentazioni ambientali e possibili modelli di circolarità. Le ridotte dimensioni, infatti, teoricamente si prestano meglio a implementare strategie virtuose che possono poi essere replicate su larga scala.
Eppure finora hanno prevalso i disagi, vale a dire gli “svantaggi derivanti dall’insularità” che sono stati riconosciuti dalla recente modifica costituzionale. Qualcosa però sembra che stia per cambiare. Perché le isole minori hanno le potenzialità per essere non soltanto un luogo ad altissima densità turistica d’estate (e quasi abbandonate nel resto dell’anno) ma possono essere portatrici di cambiamenti significativi a livello ambientale e circolare.
Il Pnrr e le isole minori
Inevitabile, anche per le isole minori, partire dai fondi del Pnrr, il più ingente investimento degli ultimi anni. A maggio il ministero della Transizione Ecologica ha annunciato che “sono 140 i progetti di sviluppo sostenibile presentati dai 13 Comuni delle 19 isole minori in risposta al bando PNRR Isole Verdi, chiuso il 22 aprile scorso. Gli interventi, per un valore complessivo di 200 milioni di euro, saranno finanziati con le risorse dell’Investimento 3.1 (M2C1) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.
L’obiettivo della misura, si apprende ancora dal MiTE, è di “superare i problemi legati alla mancanza di connessione con la terraferma, quelli di efficientamento energetico, lo scarso approvvigionamento idrico e il complesso processo di gestione dei rifiuti, intervenendo in modo integrato e specifico in queste aree caratterizzate da un elevato potenziale di miglioramento in termini ambientali ed energetici e trasformando le piccole isole in laboratori per lo sviluppo di modelli 100% sostenibili”.
Altri provvedimenti più specifici sono stati poi elaborati dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile ad agosto: si va dal “contributo straordinario volto a compensare l’aumento dei costi del carburante” per i collegamenti con le isole minori della Sicilia alla possibilità di installare impianti di produzione di energia rinnovabili negli aeroporti delle isole minori “per favorire lo sviluppo delle comunità energetiche”. Può bastare?
Il report di Legambiente e i problemi irrisolti delle isole minori
Ogni anno il report “Isole sostenibili”, realizzato da Legambiente e dall’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IIA) analizzando diversi studi di settore, monitora la situazione ambientale delle isole minori. Al 2022 i risultati sono ancora altalenanti: se da una parte “cresce nel complesso la raccolta differenziata”, dall’altra la diffusione delle rinnovabili viene giudicata “troppo lenta”, mentre “in stallo” restano mobilità sostenibile, depurazione e comparto idrico.
Anche il report di Legambiente e CNR si concentra dunque sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, “che ha portato attenzione e investimenti sulle isole e messo in moto progetti e iniziative che vanno osservati con attenzione e approfonditi”. Oltre ai 200 milioni espressamente destinati alle isole minori – le quali hanno concentrato le proprie attenzioni soprattutto sulla depurazione delle acque – un’altra opportunità per l’innovazione arriva indirettamente dai fondi del Pnrr per la digitalizzazione, gestito dal Mise.
“Next generation EU – si legge nel report – assegna infatti 45 milioni per collegare in banda ultralarga le piccole isole italiane. Dopo il primo bando di gennaio andato deserto, la gara da 45 milioni è andata in porto ed è stata vinta dalla società Elettra Tlc. Il piano per connettere le isole minori di Sicilia, Sardegna, Toscana, Lazio, Campania e Puglia con la banda ultralarga è allo studio da anni, ma solo adesso ha trovato la ricaduta concreta. L’obiettivo è colmare il divario digitale con la terraferma, dotando anche le realtà più piccole e remote di connessioni veloci, resistenti e all’avanguardia. Tra le isole destinatarie del piano vi sono Favignana, Lipari, Lampedusa, Pantelleria, Ustica, Ponza, le Tremiti, l’Asinara e Ventotene”.
Leggendo dettagliatamente il dossier, la sensazione che se ne ricava è che da solo il Pnrr non basterà a risolvere i problemi atavici delle isole minori. L’inserimento delle stesse nella Costituzione in questo senso è un punto di partenza, a patto che non si ragioni in termini di interventi salvifici ma di nuovi approcci sistemici. Come può essere l’economia circolare.
“Molti progetti si stanno muovendo, ma come raccontano i numeri e le schede del rapporto, i ritardi da recuperare sono rilevanti e i cambiamenti procedono ancora troppo lentamente – si legge nel report – I problemi più rilevanti riguardano la depurazione (larga parte delle isole ancora incredibilmente manca di impianti o quelli presenti non sono sufficienti), il passaggio da una produzione energetica incentrata sulle fonti fossili (oggi sono vecchi e inquinanti impianti a gasolio a garantire la produzione elettrica) alle rinnovabili (troviamo i numeri più bassi d’Italia di diffusione e la crescita è ancora estremamente bassa), la gestione dei rifiuti (In molte isole non è ancora stato attivato il servizio di raccolta porta a porta e non sono presenti impianti di trattamento della frazione organica), la mobilità verso le isole (resa difficoltosa dalle condizioni meteorologiche dei mesi invernali) e all’interno delle isole (con modalità ancora poco sostenibili). Su tutti questi punti, i risultati sono altalenanti e i cambiamenti hanno velocità variabile”.(economiacircolare.com)
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