Il Comune di Venezia è autorizzato «ad adottare nelle proprie politiche di bilancio, in alternativa all'imposta di soggiorno, l'applicazione del contributo di sbarco previsto per le isole minori. Inoltre, l'importo massimo consentito per entrambe tali misure è elevato a 10 euro». È quanto prevede, all'articolo 1, il comma 1129 del maxiemendamento alla legge di bilancio per il 2019 appena approvata dal Parlamento. Si tratta della cosiddetta “tassa di sbarco”, in sostanza un ticket di ingresso tra i 2,5 e 5 euro già previsto per alcune isole minori come le Eolie e l’Elba per chi - con qualunque vettore - arrivi a Venezia per turismo e non pernotti nella città lagunare.
La strada del sostituto d’imposta
Tra i destinatari, oltre ai turisti “mordi e fuggi”, anche i passeggeri delle grandi navi da crociera. La misura fiscale, si legge nel dossier parlamentare che spiega i contenuti della manovra, «potrebbe conseguire un effetto selettivo e moderare l'accesso delle cosiddette grandi navi alla zona lagunare». L'ipotesi è che la nuova tassa di sbarco per Venezia funzioni con sostituto d'imposta: a pagare, come sovrapprezzo sui biglietti, dovrebbero essere cioè le compagnie che fanno servizio di trasporto - pullman, aerei, navi da crociera – a fini commerciali in arrivo a Venezia.
Possibile gettito tra i 40 e i 50 mln di euro
Secondo le prime stime, dalla nuova tassa potrebbe maturare un gettito annuo tra i 40 e i 50 milioni di euro. Gli operatori del settore turistico, pur non esponendosi ufficialmente, ipotizzano infatti che su una platea complessiva di circa 20 milioni di arrivi “giornalieri”, diminuita per approssimazione alla metà - 10 milioni - per le categorie esentate (lavoratori, studenti, chi fa visita a parenti veneziani) e una tassa pari all'attuale imposta di soggiorno (5 euro), si potrebbe arrivare facilmente a una cinquantina di milioni di euro l'anno. Cifra tutta da verificare, per eccesso o per difetto, computabile solo quando verrà emanato un regolamento sulle modalità e sulle categorie oggetto del contributo. L'imposta di soggiorno pagata oggi da chi dorme nelle strutture ricettive veneziane genera invece oltre 30 milioni di euro l'anno, 33 milioni il dato nel 2018.
La soddisfazione di “Venessia.com”
Plaude alla nuova tassa turistica Matteo Sechi, portavoce dell'associazione “Venessia.com”, che si batte per la difesa della città lagunare dal turismo di massa. «La “tassa di sbarco” punta giustamente a “colpire” i turisti giornalieri, che sono la maggior parte dei visitatori della città, ma portano in termini di fatturato solo il 30% a fronte del 70% portato dai pochi milioni di pernottanti che pagano da anni la tassa di soggiorno», spiega Sechi. I turisti giornalieri, prosegue, «sono i responsabili degli intasamenti che tanto mettono in difficoltà la cittadinanza. Da anni i veneziani chiedono misure concrete per gestire le masse turistiche e adesso che finalmente c'è la possibilità di sfruttarle economicamente e cercare quindi di gestirle e contarle».
Bocca (Federalberghi): giusto, nostre città come musei
D'accordissimo sul balzello introdotto dalla manovra anche Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, perché «le nostre città sono musei: come accade nei musei, è giusto pagare il biglietto d'ingresso». Il modello di tassazione previsto per Venezia, auspica Bocca, dovrebbe essere «mutuabile anche in altri centri che soffrono di sovraffollamento». «Finora - spiega - è toccato soltanto ai turisti che soggiornavano negli alberghi di Venezia “pagare il conto”, quella tassa di soggiorno da cui era esente chi dormiva in altre località o trascorreva soltanto la giornata in città, creando un enorme sovraffollamento. È giusto, invece, che paghino il biglietto di ingresso anche coloro che non lasciano ricchezza alla città, che sostengano anche loro i bilanci di destinazioni di questo tipo».(v.nuti ilsole24ore.com)