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di Pierluigi Siclari

Non è solo un’ode ai suoi paesaggi mozzafiato, né un mero esercizio di stile, il documentario Stromboli, di Alessandro Genitori ed Elis Karakaci, proiettato in anteprima nazionale ieri (lunedì 29 ottobre) presso l’Auditorium Fasola, su iniziativa di Messina film commission, in collaborazione con Cinemage, Radiostreet, Corto di sera e con il supporto della libreria Ciofalo e del cinema Apollo.

Il documentario è una vera narrazione corale, in cui gli intervistati sono testimoni della magia che caratterizza l’isola eoliana. Vulcanologi, teatranti, artisti del fuoco, pescatori, guide turistiche, gente nata sull’isola, altri che l’hanno scoperta in età adulta per non lasciarla più, e ancora quelli che fedelmente ci tornano anno dopo anno; profili profondamente diversi l’uno dall’altro, ma tutti accumunati dagli occhi che brillano mentre si parla di Stromboli. Altro elemento ricorrente, il rispetto per il vulcano. Non si sale sulla sua vetta per sport, né per dimostrazione di coraggio, ma per reverenza verso il vulcano stesso, per provare le emozioni che può regalare. Lassù, inoltre, ci si sente piccoli davanti all’enormità della natura, e questa sensazione porta le persone a essere più vicine le une alle altre. Ma in generale è proprio l’intera vita sull’isola a spingere verso la costituzione – ormai, il consolidamento – di un gruppo sociale ben affiatato (c’è poca acqua, se io la spreco, tu resti senza spiega uno degli intervistati). I vulcani non sono interessati alle statistiche, ci ricordano gli scienziati, né si interessano alla vulcanologia, ma possono regalare sorprese; per fortuna lo Stromboli è gentile, e ci mostra la forza della natura senza metterci davvero in pericolo.

Vulcano a parte, il discorso ritorna sempre sugli elementi naturali – fuoco, aria, acqua e terra. Tutti concordano sul fatto che, appena messo un piede sull’isola, la loro percezione cambia immediatamente, e ognuno può trovare ciò di cui ha bisogno. Viene inoltre sottolineato come non si guardi l’orologio o il cellulare, ma quanto tempo il sole sta in cielo.tempostretto.it

Sul punto torna anche il regista Alessandro Genitori, presente in sala: “Mentre lavoravo al documentario mi alzavo alle cinque, perché sull’isola si vive con i ritmi della luce naturale. Le riprese sono durate un mese, e molti mi hanno preso in giro dicendomi che avevo trovato il modo di concedermi una lunga vacanza. In realtà, durante quel mese sono riuscito a fare solo un bagno. Sono molto legato a Stromboli, dove vado da dieci anni, e terminato il mio precedente lavoro, che mi ha portato a stare per molto tempo a Torino, è sorto in modo naturale il desiderio di raccontare l’isola”.

Messina film commission, come ha spiegato Francesco Gulletta, pone tra i propri obiettivi sia la valorizzazione del territorio che degli artisti locali, e in tal senso si sono collocate, a precedere Stromboli, le proiezioni dei lavori di tre debuttanti.

Ha aperto la serata il video Missina - già caso su Youtube – di Ezio Cosenza, che ha mostrato, dall’alto, una Messina bellissima ma anche “lontana”. “L’ho girato in un momento particolare, non facile, e questo di sicuro traspare nel video” ha confermato Cosenza, emozionato dopo aver visto una sua produzione per la prima volta sul grande schermo invece che sui social network. “Per molto tempo ho sentito che Messina non mi stava dando niente, ma devo dire che negli ultimi mesi ho ricevuto i complimenti e l’affetto di tanti concittadini, segno che se facciamo davvero qualcosa per la nostra città possiamo ottenere dei risultati”. Si sono dichiarati d’accordo i ragazzi di ArcheoMe, che hanno collaborato con il filmmaker, e hanno ribadito il proprio impegno nell’organizzare eventi culturali che fungano da proposte stimolanti per la cittadinanza.

È stata quindi la volta dei sei microfilm di Pasquale Marino che compongono Alice in the house, realizzati per celebrare una collezione di Marco De Vincenzo, messinese classe ’78 astro nascente della moda. Attraverso i sei capitoli, pur puntando lo sguardo su borse, abiti e, soprattutto, un paio di stivaletti, Marino non tralascia l’aspetto psicologico della protagonista, che finisce con l’organizzare una festa a cui partecipa da sola.

Ha chiuso il trittico un teaser del documentario U mastru, di Andrea Scimone, dedicato all’ultimo maestro d’ascia messinese. “Quando non c’erano tutti gli attrezzi si usavano solo ascia, pialletto e sega a mano” dice l’artigiano-artista sullo schermo, “io non ho studiato sui libri, e perciò non ho i limiti che si trovano proprio sui libri. Ma questo mestiere non si improvvisa, bisogna averlo nel sangue, e noi nelle vene non abbiamo sangue, ma segatura. Mio padre è morto contento, perché sapeva che io avrei portato avanti il suo nome e il suo mestiere, purtroppo per me non sarà lo stesso”. “Passavo sempre davanti la bottega del maestro mentre andavo a scuola” ha aggiunto Scimone “e mi ha sempre affascinato. Spedirò la versione estesa del documentario a diversi concorsi, e spero che venga apprezzato”.

Tre storie molto diversa l’una dall’altra, ha sottolineato Francesco Gulletta parlando con i giovani autori, ma accomunate dalla nostalgia. Il dover lasciare la propria città, il sentirsi soli, il veder scomparire una tradizione sono punti di partenza – in un certo senso – simili, e anche il risultato è stato – sempre in un certo senso – simile per i tre debuttanti, visto che ognuno di loro ha ricevuto calorosi, e benauguranti, applausi dagli spettatori presenti al Fasola.(tempostretto.it)

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