caeo.jpgdi Marco Cicala per il Venerdì-la Repubblica

La notizia è di quelle che leggendole ti dici: eppure non tocco alcol da giorni... La notizia è che Capri - avete presente? l' isola dei 15 mila sbarchi giornalieri nei picchi estivi, dell' immobiliare a 10/20 mila euro il metro quadro, dei B&B a 300 svanziche la notte - ebbene, Capri soffre. Non è nemmeno lontanamente in crisi, ma si lamenta, si sente menomata, maltrattata, negletta. Qualche settimana fa, il suo barrito di dolore si è materializzato in una petizione promossa insieme ad altre 35 località dell' Ancim (Associazione nazionale Comuni delle Isole Minori): si raccolgono firme con l' obiettivo di una legge di iniziativa popolare che modifichi la Costituzione all' articolo 119, intrufolando dopo il comma quinto codeste elevate parole: «Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall' insularità e dispone le misure necessarie a garantire una effettiva parità ed un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili». Insomma, nel 2018 l' isola si scopre isolata ed è come se a risarcimento chiedesse un certificato di invalidità permanente. Capri? Il sindaco Gianni De Martino mette le mani avanti: «Non vogliamo soldi, ma pari servizi con la terraferma» assicura nell' ufficio che affaccia sull' azzurro totale del golfo. Pezzi del pavimento provengono dalla tiberiana Villa Jovis, e accanto al ritratto di Mattarella c' è sul muro un Guttuso raffigurante Lenin - qui in vacanza nel 1908-10 - che discetta con un pescatore. Le rimostranze capresi riguardano trasporti, scuola, pubblici sportelli, sanità...L' ospedale Capilupi è sorto in epoca risorgimentale, 1860. Pochi anni fa l' hanno ristrutturato, ma non si direbbe. Sotto le palme ha un' aria contusa da vecchio nosocomio coloniale, sperduto avamposto conradiano. E comunque "ospedale" è parola grossa: 18 posti letto, è poco più di un pronto soccorso. Cercando un medico spingo una porta con maniglione anti-panico, che però è bloccato e quindi diventa pro-panico. Con l' aiuto di un infermiere la facciamo cedere a spallate/ginocchiate. Di turno c' è adesso il dottor Pasquale Marchionne, chirurgo dall' espressione sardonica sotto il baffo. Mi dà del Voi. «Voi giornalisti avete scritto parecchie fesserie su questo posto». Allude al luglio scorso, quando sette persone tra medici e dipendenti vari finirono agli arresti dopo un' incursione anti-assenteismo della Guardia di Finanza. Furbetti del cartellino; badge strisciati per procura in barba alle telecamere - nascoste però non tanto: nelle registrazioni si vedrebbero gruppuscoli di cospiratori che tentano di brutalizzarne i collegamenti e non riuscendoci si rassegnano ad oscurarle. Con un cerotto. E con che sennò al pronto soccorso? Si aspetta il processo. Il dottor Marchionne scuote la testa: «Gogna mediatica». È vero che al Capilupi ci sono le telecamere, però mancano cardiologi, radiologi, ortopedici, oculisti. E ginecologi: «A Capri non si può più nascere». Per partorire tocca spostarsi in terraferma. Intendiamoci: quello alle porte del paese è la fotocopia dei tanti - acciaccati, ma anche valorosi - presidi sanitari di frontiera sparsi nel Mezzogiorno. Però a Capri, isola-smart, fa un altro effetto. Se d' estate un tycoon, un oligarca, uno sceicco, un magnate del neocapitalismo digitale s' infortuna sul panfilo che fanno, lo portano qui? «Per la prima assistenza magari sì» dice Marchionne. E si congeda con una storiella: «Anni fa, in omaggio al marito che prima di morire era stato bene accudito, una benefattrice tedesca elargì una donazione di due milioni di euro per ammodernare l' ospedale. Unica condizione: che i lavori non si dilungassero oltre una certa data». Invece si paralizzarono. «E la somma venne ritirata». Come il 70 per cento degli impiegati nella sanità, nella scuola, negli uffici pubblici, anche il dottore appartiene al popolo dei pendolari verso Capri. «Alle otto di mattina, novecento, mille persone sbarcano da Napoli o, come me, da Sorrento. Quando d' inverno c' è mare sono i singoli comandanti a decidere se affrontarlo oppure no. Soltanto con uno il dubbio non si pone mai: lo chiamano Capitan Tempesta, lui salpa con qualsiasi meteo» racconta Gianluca Morvillo, che insegna italiano e latino al liceo dell' istituto Axel Munthe. Quando un professore resta bloccato a terra, a scuola si accorpano classi, si organizzano attività parallele. Se invece il prof non può rientrare da Capri scatta il mutuo soccorso: «Si pernotta a scuola, dai bidelli...». Un tempo insegnare sull' isola «dava diritto al doppio punteggio nelle graduatorie, e tra i precari si sgomitava per venire qui». Poi il sistema è stato abolito, e da concupita la sede svantaggiata è ridiventata svantaggiata e basta. Se ti devi alzare alle cinque per imbarcarti in una duplice traversata thriller finisce che giri il muso dell' auto verso altre destinazioni. Per gli insegnanti bisognerebbe inventarsi nuovi incentivi? «Guardi, io sarei già contento se potessi scaricare i viaggi dalle tasse» sorride Morvillo. «Non esiste un abbonamento unico. Quello della compagnia che fa più corse costa 98 euro al mese, quello della società che ne effettua di meno 35. Per sicurezza, siamo obbligati a comprarli tutti e due». Quando in Piazzetta sganci sei euro per un cappuccino, la formula "Capri isola svantaggiata" torna ad ammantarsi di surrealismo. Qualche imprenditore storce il naso, ma per motivi di marketing: «"Svantaggiata" è una parola che non fa bene a Capri, alla sua immagine, ne incrina il sogno... "svantaggiata" sa tanto di "terremotata"...». C' è anche chi, pur condividendone lo spirito, pensa che la richiesta di modificare la Costituzione sia un' iniziativa velleitaria, sproporzionata: «A cambiare la Costituzione non ce l' ha fatta Renzi e mo ci riusciamo noi qua?» sterza scettico l' ex assessore Salvatore Ciuccio. «Ma no, basterebbe una leggina che parificasse le isole alle comunità montane...». Altri ti invitano a riflettere profondamente sul fatto che Capri non è esosa soltanto per i villeggianti. Rispetto al «continente», tutto costa un 30-40 per cento in più. Le merci, ma pure i servizi: il gas, che esce ancora dalle bombole, o i rifiuti che d' estate salpano verso Napoli a botte di 450 quintali giornalieri, mantenendo accesi gli appetiti dei clan. A Capri un inceneritore c' era, ma negli anni 70 fu travolto da una frana e non si rialzò mai più. Quindicimila abitanti (compresa Anacapri) che in alta stagione diventano il doppio; 170 tra alberghi, affittacamere, e affini («Non c' è più una casa in affitto: le hanno trasformate tutte in B&B»), oltre 100 ristoranti, 15 stabilimenti, 14 night, una decina tra Spa e Beauty Farm: «Capisc' ammé, qua viviamo un miracolo di Dio e se ci lamentiamo facciamo peccato! Però ti sembra normale che se c' è mare ci ritroviamo gli uffici postali chiusi?» s' infervora Ciro Lembo, un tipo sanguigno, molto popolare. Ha guidato il Comune per due mandati (2004-2014). Lo chiamavano il sindaco-pescatore perché appena aveva un momento libero s' allontanava in barca. Mi elenca le sue conquiste: «Feci riaprire via Krupp», che però adesso è di nuovo sbarrata, tra polemiche sulla sicurezza ed eventuali privatizzazioni. «Ho pure messo i Giardini di Augusto a pagamento, vieni». Mi ci porta. Aiuole e siepi sono tosate come in Svizzera, e la vista sui Faraglioni è notoriamente da ictus. «Non ti sembra che tutto questo valga un biglietto da un euro? Un euro, uno!» dice Lembo evidenziando bene il dito. Al ritorno mi mostra il nuovo salone da barba di Carthusia, la maison dei profumi capresi. È un sogno di barbiere monoposto: c' è un' unica poltrona e ti ci puoi sedere soltanto prenotando con voluminoso anticipo. Per poi abbandonarti al nirvana del mago Armando Aprea, che taglia e rade dall' età di 11 anni nella più ferma obbedienza al metodo classico: forbice, rasoio a mano, pannuccio caldo, unguenti pre e post rasatura...Si insiste tanto sul capello, «ma guardi che anche la barba è un' arte» ricorda Aprea esaminando la mia: «Barba complessa... a densità molto diseguale» è il referto. Prima di salutarmi, il sindaco-pescatore ci tiene a farmi vedere l' ultima perla lasciata dalla sua amministrazione alla collettività: i gabinetti pubblici sotto la funicolare. Piastrellatissimi, con aria condizionata e musica in sottofondo: «Non sono 'na bellezz'?». Altroché. A Capri il primo sold out c' è stato durante il maxiponte del 25 aprile: 14 mila arrivi in 24 ore. E si torna a parlare di numero chiuso, questione annosissima, ormai quasi una disputa filosofica da Magna Grecia. «Sono stato io a introdurre per primo il concetto di numero chiuso» rivendica un altro ex sindaco, Costantino Federico. «Si chiacchiera tanto, ma la soluzione è l' uovo di Colombo: basterebbe distanziare, ridurre le corse di navi e aliscafi contenendo gli sbarchi entro gli 8 mila giornalieri». Federico è il Ted Turner dell' isola, patron di ReteCapri (canale recentemente ceduto a Mediaset) e di TeleCapri: «Siamo stati la prima rete all news al mondo». E la Cnn? «Loro erano via cavo, noi via etere». Per l' isola lui aveva in serbo anche altre idee maestose. Per esempio quella di farne un principato «modello Montecarlo». Ma lì avevano Ranieri, qui verrà tutt' al più - il pur grande - Massimo Ranieri... «Non pensavo a un principato in senso tecnico» precisa Federico. «L' idea era che, un po' come Grace Kelly per Monaco, anche per Capri ci volesse un supertestimonial, una figura che ne portasse l' immagine nel mondo, un ambasciatore... Perciò avevo suggerito il diplomatico Staffan de Mistura, legato all' isola sin dall' infanzia». Negli anni 50 la principessa Grace passava da Capri quasi ogni estate. Ormai tocca accontentarsi di sua nipote Charlotte Casiraghi, avvistata in paese a maggio. Finita per sempre l' epoca dei Dado, dei Giangi, dei Fuffi, dei Dudi, dei Buby, delle Mona e delle Consuelo, tramontato da un bel pezzo il jet-set, non rimane che il vippame. O, più spesso, i parenti del vippame: l' ex moglie di Trump, la sorella di Belén, la figlia di Eva Henger... «I ricchissimi, i famosissimi se ne restano per lo più sulle barche, d' estate li vedi poco in giro» dice Anna Maria Boniello, che in materia di attualità caprese fa Cassazione, da decenni la racconta per giornali e tv. L' hanno definita la Elsa Maxwell del posto, ma è molto più brava, e soprattutto molto più comunista. Alle pareti della sua redazione - la più piccola e bella del mondo, a due passi dalla Piazzetta - sono appesi i volti del "Che", di Fidel, di Maduro. "Comunisti a Capri" suona un po' come "Fascisti su Marte", però non si creda. Benché sulla stampa del Partito l' isola venisse additata come «il museo degli orrori della borghesia italiana», la nomenklatura non se ne perdeva le delizie. Venivano Amendola, Pajetta, Alicata, Napolitano Ma l' aneddoto più commovente - anche se Boniello nega che sia vero - ha per protagonista Togliatti, che pizzicato in un costoso ristorante da un giornalista velenosetto, si sente rivolgere la domanda: E lei che ci fa qui? Risposta: «Conosco tutte le opere di Marx, ma in nessuna si dice che un comunista non debba frequentare ritrovi di lusso». Capri e non più Capri si intitolava una splendida raccolta di scritti di Raffaele La Capria. La potete trovare nella benemerita libreria La Conchiglia (via le Botteghe, 12). L' elegia, il rimpianto di un' isola perduta sono connaturati a Capri, al suo mito. «Capri non esiste più» sentenziava, già nel 1934, il regista Carlo Ludovico Bragaglia attribuendo la colpa della decadenza agli scavi archeologici di Amedeo Maiuri e all' interesse turistico che avevano scatenato. Mentre, nel dopoguerra, Alberto Moravia (lo racconta Marcella Leone De Andreis in Vita Dolce Vita) osservava con malcelato disgusto i nuovi gitanti maschi in «costumi stinti e slabbrati, le scarpe gialle con le calze», per non parlare delle donne, che «hanno caviglie grosse come polpacci, polpacci grossi come cosce, cosce grosse come la vita di una donna normale e un seno sviluppatissimo ma difficilmente separabile in due distinte mammelle». Più in particolare era inorridito dai femminoni che andavano su e giù per gli stabilimenti giustificandosi: «Lo faccio per farmi scendere la panza, ho mangiato tanta pasta e lenticchie!». Chissà che direbbe oggi davanti al popolo delle infradito, del tatuaggio, del trolley. Ormai chi a Capri scende in albergo ci rimane in media due notti. Le orde del mordi e fuggi restano tre ore al massimo. Capri e non più Capri: non cambia solo la cronaca rosa, ma anche la cronaca tout court. A inizio giugno ha fatto sensazione la notizia di un operaio napoletano borseggiato a bordo di un aliscafo. I ladri? Due turisti tedeschi. Col napoletano derubato dal tedesco siamo a una svolta antropologica, a una frattura epistemologica di cui è attualmente impossibile prevedere le conseguenze. Però a Capri c' è anche qualcosa che non muta. Nel 1922 Filippo Tommaso Marinetti fu invitato a un convegno sulla difesa del paesaggio caprese. Ma nell' intervento le sparò grosse come suo solito - si guadagnava da vivere così - vagheggiando un' isola futurista tutta grattacieli, ponti metallici, in cima ai Faraglioni bar raggiungibili in ascensore. Quasi un secolo dopo, invece, a Capri c' è ancora un' unica carrozzabile, una funicolare avviata nel 1905 e una seggiovia costruita nel '52. A maggio, su iniziativa del sindaco di Anacapri Franco Cerrotta, sono stati presentati alla popolazione i risultati d' uno studio di fattibilità per una nuova funicolare che però nel caso sarebbe una specie di metrò. L' auditorium era gremito. «Secondo me, alla fine si realizzerà. I turisti non vengono a Capri per fare la fila» preconizza Luca Lallini, titolare della seggiovia di Monte Solaro. Ma per ora, dal percorso all' impatto paesistico (sotterranea o scoperta?) c' è disaccordo su tutto. Su www.comunedianacapri.it i rendering la mostrano già come cosa fatta. Ma scrutando i volti ermetici dei capresi è difficile indovinare se funicolare sarà. O di nuovo funiculì funiculà.

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