di Marco Zaia
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Piove sul bagnato in via Michelino. Alle trattative in atto per la nomina del nuovo presidente, per la modifica dello statuto, per il conferimento (confermato) del Palazzo dei Congressi e quello di Palazzo degli Affari, tramutato dalla Giunta della Camera di Commercio in una vendita all'asta, si sommeranno da oggi le grane giudiziarie relative alla decadenza di Duccio Campagnoli dalla carica di presidente, avvenuta lo scorso anno. Campagnoli ha infatti citato in giudizio BolognaFiere per risarcimento del danno non patrimoniale, del danno morale e della lesione dell'immagine professionale e personale. Ingente il risarcimento richiesto, che ammonta a 200mila euro netti.
La causa, affidata all'avvocato e consigliere regionale Piergiovanni Alleva e all'avvocato Marco Zaia, ha un'udienza già fissata per il 7 settembre 2017. Al centro della richiesta, secondo i legali dell'ex presidente, ci sarebbero le azioni che lo scorso anno portarono al decadimento di Campagnoli. Ottenuto, sempre secondo i legali di Campagnoli, senza procedere a un recesso per giusta causa, ma piuttosto in funzione dell'articolo 19.6 dello statuto di BolognaFiere, che recita: "Qualora, per qualsiasi ragione, venga a mancare la maggioranza degli amministratori in carica, l'intero Consiglio d'Amministrazione si intenderà decaduto e dovrà senza indugio esser convocata l'Assemblea dei soci per gli opportuni adempimenti".
È un epilogo, quello della causa tra Campagnoli e BolognaFiere, che arriva a poco più di un anno dalle vicende di quei giorni, caratterizzati da un progressivo acuirsi delle discussioni tra i soci di via Michelino e la governance, e dalle mancate dimissioni di Campagnoli che generarono le dimissioni in blocco dei consiglieri la decadenza del Cda, presidente compreso. "Preso atto delle dimissioni del Cda – disse solo a caldo Campagnoli all'epoca –, ho proposto di convocare un'assemblea dei soci con un mio ordine del giorno. Primo punto: comunicazione dei soci pubblici in ordine all'incarico del presidente di BolognaFiere. Secondo punto: rinnovo del cda". E sulle mancate dimissioni, aggiunse: "Non l'ho fatto per rispetto dello statuto di BolognaFiere, che così prevede, e per rispetto della decisione dei soci pubblici che devono presentare le loro decisioni all'assemblea".
Allora come oggi, sullo sfondo c'era un piano di restyling e c'era uno scontro tra i soci. Resta il cortocircuito di uno scontro tra un presidente che veniva dalla politica (Campagnoli era stato assessore regionale alle attività produttive per tre legislature) e che alla guida di BolognaFiere era stato indicato dai soci pubblici. Gli stessi che contribuirono poi alla sua rimozione, e ai quali Campagnoli – indirettamente, visto che BolognaFiere ha raggiunto la maggioranza pubblica – oggi fa causa.(ilrestodelcarlino.it)