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di Pippo Pracanica*

 Il 30 giugno era a Roma dopo un viaggio pieno di peripezie, condotto in tre giorni su di una traballante automobile. Ma che cosa si poteva sperare dalle amministrazioni dello Stato in quei mesi di confusione e di dolore? Mons. Paino capì ben presto che l'attesa sarebbe stata lunga e che la sua Cattedrale sarebbe rimasta per molti anni ancora cumulo di macerie. Non si smarrì tuttavia e nello scoraggiamento generale egli solo ebbe fede.

Cercò e trovò una ditta coraggiosa, vendette tutto quello che di prezioso aveva accumulato per il decoro della città: la galleria dantesca, quadri di valore, sculture, anche il suo anello pastorale e la croce: tutto ciò non era però sufficiente; accumulò debiti su debiti. Ma prima ancora che il ricostituito Stato Italiano organizzasse le provvidenziali leggi per la riparazione dei danni bellici, il Duomo di Messina tornava a dominare lo Stretto con la sua immensa mole, promessa e invito di resurrezione per tutta la città.

Il duplice martirio della Cattedrale, due volte distrutta e due volte rinata, veniva compensato dall'onore del titolo di Basilica, con il quale Pio XII la insigniva nell'agosto del 1947, nell'occasione della sua riapertura al culto. Più tardi vennero le leggi e le provvidenze dello Stato e della Regione Siciliana e come al solito Mons. Paino ne fu l'intelligente studioso a profitto delle cento chiese distrutte o bisognose di restauro”.

*Medico

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