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di Felice D’Ambra. 

Turi Alivu- Il mattatore di Lipari 

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Ascoltando la bellissima poesia su Turi Alivu del mitico fotografo di Lipari Nello Raffaele, pubblicata su Notiziario Eolie online di Bartolino Leone, senza volerlo, mi ha catapultato in un ritorno al passato a ricordate l’autentico personaggio di Marina Corta, comunemente chiamato “Turi Alivu”.

Il territorio dell’Arcipelago Eoliano non era ancora assurto a “Patrimonio Mondiale Umanità Unesco”. Il turismo era agli albori, pochi ma buoni, oggi mordi e fuggi e medio basso, tranne che a Panarea, considerata l’Isola elitaria per eccellenza. Allora anche se non fa testo, fra i frequentatori turisti, c’erano anche i confinati, e l’economia era basata sull’industria della pomice ed anche dall’economia locale delle micro imprese.

Dopo la seconda guerra mondiale, si ebbe la grande emigrazione di siciliani, eoliani e non solo, ma anche di numerose famiglie di pescatori provenienti dai magnifici paesini della Riviera dei Ciclopi, trascritta nell’Odissea dal Poeta Omero: Acitrezza Aci Castello, Aci Sant’Antonio. Gli acitani di allora, grandi pescatori, avevano appreso dai loro padri sin dai tempi remoti, che il mare delle Isole Eolie, era il più pescoso della “Magna Grecia” e del Mediterraneo.

Uniti in gruppi di famiglie, si organizzarono e decisero di abbandonare i loro paesi. Esperti di mare e con grosse barche colorate a festa, cariche di attrezzi e delle poche cose e senza mai voltarsi indietro, solcarono la costa del Tirreno, verso lo Stretto di Scilla e Cariddi.

Dopo il Capo di Milazzo, puntarono la prua dritta sulle Eolie. Sbarcando a Marina Corta e sulla spiaggia di Portinente. Essi furono ben accettati dai liparesi e felicemente S’insediarono nel rione del centro storico di “Supa 'a terra”, vicinissimo alla suggestiva Piazza di Marina Corta ( denominata), il salotto di Lipari) i, e lì crearono il loro mondo, il luogo ideale, esclusivo, dove, elessero la loro residenza, continuando il loro modo di vivere.

Oggi quel lembo di terra di vecchie case basse di pietra furono rase al suolo, e da quel rione, negli anni divenne irriconoscibile, poiché Da quelle case rase al suolo, nacquero bellissime ville, dimore moderne, confortevoli, piazzette, giardini fioriti e murales.

Una nuova località tanto bella, che riesce ad affascinare, visitatori e turisti che la visitano come un antico importante sito turistico. Tanti erano a quei tempi i personaggi che popolavano Marina Corta, punta di diamante e cuore pulsante dell’economia locale, anche se non è mai stata “eletta” come si dice, a Salotto di Lipari”.

In questa grandiosa piazza, luogo incantevole, un angolo di paradiso vicino all’antica chiesetta del Purgatorio e affacciata sul mare, fiore all’occhiello, esclusivo per i visitatori e forestieri ed anche “officina” di uomini bruciati dal sole e dalla salsedine, dediti alla pesca, a cucire le reti e di barche che tirate a secco durante le tempeste di mare che come una cartolina fotografica, fanno parte degli attrezzi di sopravvivenza della loro famiglia, fanno parte della storia di Marina Corta.

Ma fra questi pescatori di Marina Corta, spicca in modo espressivo si, una figura stravagante, carismatica, al tempo stesso, quella di un personaggio solitario. Uno strano individuo, anche lui venuto giovanissimo dal mare di Acireale, che a Lipari si faceva chiamare col nomignolo di “Turi Alivu”.

Un personaggio particolare, estroverso, che senza volerlo, sarebbe potuto nascere dalla penna del grande Giovanni Verga, scrittore del romanzo “I Malavoglia”, che racconta le vicissitudini catastrofiche di una povera e disgraziata famiglia di pescatori di Acitrezza. 

Dal tragico romanzo dei “Malavoglia” di Giovanni Verga, il regista Luchino Visconti ha fiutato la grande opera e ne ha tratto un film veritiero dal titolo “La Terra Trema”, dove gli interpreti e forse anche Turi Alivu ha avuto una parte in questo film di grande spessore umano.

Quasi tutte le scene cinematografiche furono girate ad Acitrezza e dintorni, era interamente parlato in dialetto siciliano di quei posti, e fu presentato per la prima volta a Parigi. Il film per l’autenticità, crudezza delle scene e il tipico linguaggio del luogo, ebbe un grande successo. Turi Alivu il pescatore ormai cittadino di Lipari, era un uomo fiero, sicuro di sé e si vantava di essere uno dei più abili pescatori di Lipari.

Egli era anche un affabile “Cicerone” e come un autentico condottiero, si sentiva il “principe” di Marina Corta, quasi come Don Fabrizio Corbera, il vero Principe di Salina, il personaggio storico e figura autobiografica del “Gattopardo”, famoso romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Turi Alivu remando come un forsennato me in tutta segretezza, andava a pescare sulla costa ionica calabrese, a Brancaleone, dove egli, accompagnato solo dalla sua inseparabile attrezzatura: specchio e fiocina”; restava a pescare quasi due giorni.

Quando al ritorno a Lipari si fermava sulla banchina della vecchia pescheria di Marina Corta, gongolante come un fanciullone” e come da trionfatore, mostrava con orgoglio a tutti la sua barca carica del pescato. I pescatori meravigliati, ignoravano dove andasse a pescare e come facesse con il solo specchio e fiocina, a prendere tanto pesce.

Nonostante la sua grande forza di pescatore incallito ma, uomo di fede, Turi Alivu usava recarsi a ringraziare San Bartolo Protettore.

Poi stremato dalla grande fatica, seduto sugli scalini, ai piedi della statua, si assopiva, mentre sulla sua testa sempre coperta dal berretto azzurro sbiadito, fra grandi occhi di bambino sognante, sulla sua faccia olivastra, appariva, un lungo solco, come una specie di beato sorriso.

I suoi occhi castani stranamente chiari in un viso la cui la sua pelle olivastra e i suoi lineamenti, degni di un nobile saraceno d’altri tempi, avrebbero potuto accendere l’estro artistico di un pittore dell’antica Pompei. Il giovane Turi Alivu che isolano di Lipari non era, se non per adozione, era una delle figure più caratteristiche dell’Arcipelago Eoliano.

Erano molti i turisti e soprattutto turiste affascinati dal folcloristico personaggio che desideravano incontrarlo a Marina Corta, davanti ai Bar Il Gabbiano du ‘zù Minicu Ziino, al Pescatore di Teresa e Federico Finocchiaro e davanti alla chiesa di San Pietro, al Bar di Angelo Sardella, rinomato per le sue impareggiabili granite, e anche per chiacchierare con lui. 

Il mitico Turi Alivu come ogni mattina usava sorseggiare mezzo bicchiere di birra, per darsi la carica di grande anfitrione, e con fare allegorico a raccontare la sua storia di pescatore e soprattutto grande fiocinatore e amante della musica.

Turi Alivu era veramente un pescatore di classe, se si pensa che con il suo specchio, tenuto con la mano sinistra e usare la fiocina con la mano destra, mentre il suo corpo era immerso nell’acqua, e restata appeso alla barca solo con i piedi. Incredibile ma vero, Turi Alivu con la fiocina era ineguagliabile, tanto bravo da essere persino odiato dagli altri pescatori.

Era terribilmente geloso della sua fiocina, ed era tanta la paura che gliela potessero rovinare, che durante la notte se la portava persino a letto. Di fatto Turi Alivu, all’Anagrafe era Salvatore Di Mauro, e, forse non tutti sanno che il suo cognome, apparteneva anche alla moglie dello scrittore Giovanni Verga, anche se lui era fiero di essere conosciuto più col soprannome, che col suon nome anagrafico.

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