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di Felice D'Ambra

La Leggenda del magico fuoco di Sant’Antonio Abate. Buon onomastico a tutti gli “ANTONIO”

In molte Regioni della nostra Bella Italia, oggi 17 gennaio di ogni anno, è usanza festeggiare con l’accensione di grandi fuochi per onorare il Santo venerato ovunque soprattutto in quelle Regioni, città e paesi, a prevalenza agricola pastorale.

Quando arriva il primo rigido freddo e dopo il torrido caldo, la popolazione subisce subito il rigido sintomo dell’inverno, soprattutto nelle località marine e montane; ma non tutti conoscono l’autore che ha inventato il fuoco; ancora oggi si consumato nei caminetti, stufe, forni, cucine per scaldare l’ambiente in modo naturale e anche romantico, soprattutto in quei paesi sperduti nelle montagne e non solo. 

La leggenda o credenza popolare del fuoco, si perde nella notte dei tempi, sin da quando non lo si conosceva, e d'inverno, gli abitanti del mondo avevano molto freddo. La leggenda narra che un Santo chiamato Antonio Abate, impietosito dal freddo che pativamo gli abitanti, un giorno decise di recarsi all'inferno per porre rimedio.

Prima di salire verso l’alto; il Santo si procurò un bastone di ferula e un maialino, e quando fu arrivato a destinazione, bussò al portone dell'inferno custodito dai diavoli che diffidenti e preoccupati, non desideravano farlo entrare, ma dopo, concessero al Santo di dare una sbirciatina ma solo dall'esterno.  

Ma, appena i diavoli aprirono uno spiraglio, l’astuto Santo liberò immediatamente dentro l'inferno il maialino il quale, cominciò a correre all’impazzata come un forsennato e a strillare proprio come un maiale inferocito. I diavoli preoccupati che il fracasso potesse disturbare il beato sonno di Babbo Satana, hanno tentato di acchiapparlo ma non riuscendovi, anche se di malavoglia, decisero di fare entrare il Santo per riprendersi il maialetto.

Quando fu dentro nel grande salone, Sant’Antonio disse ai diavoli di sentire freddo e desiderava scaldarsi un poco. I diavoli presi alla sprovvista, chiesero a Babbo Satana, che se ne stava al centro del fuoco al calduccio e dopo aver avuto da lui il permesso, concessero al Santo di scaldarsi, stando però lontano dal fuoco. Sant’ Antonio stette all'inferno seduto davanti al fuoco, per tre giorni sempre controllato a vista dai diavoli, muovendo di tanto in tanto le braci con la punta del bastone.

Dopo essersi ben scaldato, il Santo si alzò e preso in braccio il maialino, ringraziò i diavoli e si avviò verso l'esterno, non prima però che i diavoli, felicissimi di vederlo andar via e dopo averlo perquisito e controllato anche la punta del bastone per vedere se si fosse appiccicata qualche scintilla, lo lasciarono andar via, chiudendo alle sue spalle il pesante portone dell'inferno.

Fu così che Sant’Antonio e il maialino ritornarono sulla terra e quando il Santo, sentitosi al sicuro, sollevò verso l’alto il bastone di ferula e roteandolo come un mulinello lasciò che le scintille nascoste nel cuore del bastone, si sprigionassero e si spargessero ovunque nei cieli del mondo. Nei secoli passati e ancora oggi, la festa di Santo Antonio e del fuoco, è una ricorrenza più sentita e diffusa nelle zone rurali del nostro “Bel Paese”, in modo particolare a Mamoiada.

Un paesino di poche migliaia di anime dove è proprio qui che il millenario rito propiziatorio tra il sacro e il profano, e i suggestivi bagliori di luci del magico falò, illuminano e scaldano i cuori di migliaia di visitatori e turisti, provenienti anche dall’estero. In ogni paese il Santo col maialino, è venerato e portato dai fedeli in processione per il paese e dopo aver fatto per tre volte il giro attorno al grande fuoco, il parroco dopo aver benedetto gli animali, dà il via alla tradizionale festa dei canti, balli della tradizione e alla grande abbuffata dei caratteristici spiedi di carne di porchetto, agnello e cinghiale, che trionfano sul fuoco ardente in attesa.

Ma è qui che il vino rosso cannonau di Sardegna, che fra l’altro detiene in assoluto, il più potente antiossidante e dove anche filu è ferru (acquavite locale) scorre a fiumi, a beneficio dei grandi bevitori di questo nettare degli dei, osannato anche dal Gabriele D’Annunzio, fino alle ore piccole del mattino.

Mamoiada è la sede più antica delle figure dei mamuthones e issohadores ed è anche la sede del museo delle Maschere , il più importante del Mediterraneo; ma Mamoiada è anche  un paese caratteristico incastonato tra Fonni, il Santuario San Cosimo e Nuoro, è un paese agricolo, pastorale, che produce anche un ottimo vino e non solo, è fatto di gente laboriosa abituata al mondo del lavoro,  dove l’incessante attività della  locale “Pro Loco” è molto efficiente, e dove gli abitanti sono laboriosi ed è per questo, che l’accoglienza e l’ospitalità è unica, esclusiva.

Il famoso carnevale di Sardegna, non ha nulla a che vedere con quello del nostro Bel Paese, fatto di costumi, fantocci, maschere di carta pesta, Venezia esclusa. In Sardegna il carnevale è fatto di maschere di legno orripilanti che incutono paura, ma che da secoli, è un’antica tradizione per scacciare gli spiriti maligni che circondano i paesi barbaricini e non solo.

I riti che si compiono sono antichissimi e tutti legati strettamente alla vita contadina dove Sant’Antonio, ch’è considerato il “Santo del Popolo” e anche il Santo il protettore per eccellenza dei malati e proprio del terribile “fuoco di Santo Antonio”.  

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